Sentenza N. 417 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1998
Data deposito/pubblicazione
23/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI;
della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell’assicurazione
obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli
artigiani ed ai loro familiari), come novellato dall’art. 12 della
legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione dell’assicurazione
obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli
esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e
coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori
autonomi), promossi con ordinanze emesse il 3 ottobre 1996 dal
Tribunale di Trani nel procedimento civile vertente tra l’INPS e
Visicchio Domenico Francesco iscritta al n. 1293 del registro
ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 49, prima serie speciale, dell’anno 1996 ed il 21 agosto 1997 dal
pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Bentivogli
Alfredo ed altri e l’INPS iscritta al n. 753 del registro ordinanze
1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45,
prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di costituzione dell’INPS;
Udito nell’udienza pubblica del 29 settembre 1998 il giudice
relatore Fernanda Contri;
Udito l’avv. Fabio Fonzo per l’INPS.
Domenico Francesco Visicchio, il Tribunale di Trani, con ordinanza
emessa il 3 ottobre 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
24 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7, ultimo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463
(Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come
modificato dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613
(Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai
loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti
pensionistici per i lavoratori autonomi), nella parte in cui prevede
che i contributi indebitamente versati dalle imprese artigiane siano,
salvo il caso di dolo, restituiti all’assicurato od ai suoi aventi
causa senza interessi, anche in caso di colpevole ritardo dell’ente
nella restituzione di quanto indebitamente richiesto e percepito.
Davanti al Tribunale di Trani, l’INPS impugnava la sentenza del
pretore di Trani che – in accoglimento del ricorso presentato
dall’assicurato per ottenere dall’ente appellante il rimborso di
contributi, relativi al periodo 1980-82, indebitamente richiesti e
versati – aveva condannato l’INPS al pagamento, in favore del
ricorrente, degli interessi e della rivalutazione monetaria dal
giorno della costituzione in mora, in applicazione dei principi
generali in materia di indebito oggettivo.
La rilevanza della questione sollevata discenderebbe dalla
circostanza che, con l’atto di appello, l’INPS aveva invocato la
disposizione impugnata, a norma della quale i contributi
indebitamente versati, salvo il caso di dolo, sono restituiti
all’assicurato, o ai suoi aventi causa, senza interessi.
Al Collegio rimettente la disciplina impugnata appare in contrasto
con l’art. 3 della Costituzione, in quanto irragionevolmente
discriminatoria sia rispetto ad ogni altro credito previdenziale,
legalmente produttivo di interessi, sia, più in generale, rispetto
ad ogni altra ipotesi di indebito oggettivo.
Il Tribunale di Trani dubita altresì della legittimità
costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge n. 463 del
1959, come modificato dall’art. 12 della legge n. 613 del 1966, in
relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione in quanto, senza
apparente giustificazione, limiterebbe il diritto di azione e di
difesa “di una specifica categoria di cittadini”, gli artigiani,
impedendo loro di chiedere ed ottenere il risarcimento del danno da
ritardo, anche nei casi di assoluta assenza di colpa da parte loro, e
di rimborso tardivo imputabile esclusivamente a colpa dell’INPS.
2. – Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituito l’INPS,
per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata infondata.
Ad avviso dell’ente appellante nel procedimento civile a quo la
disciplina impugnata appare giustificata in considerazione delle
peculiarità del rapporto assicurativo di cui si tratta: un rapporto
previdenziale nel quale il soggetto che esegue il versamento è,
contemporaneamente, anche il soggetto personalmente interessato
all’entità della prestazione. Tale peculiarità renderebbe
comprensibile “che i versamenti (in qualche modo) ‘irregolari’ siano
considerati con una qualche maggiore rigidità rispetto ad analoghi
versamenti da lavoro dipendente”.
3. – Una questione parzialmente analoga è stata sollevata dal
pretore di Bologna nel corso di un giudizio promosso da Bentivogli
Alfredo ed altri soci ed eredi di soci della Autotrasporti Fratelli
Bentivogli s.n.c. contro l’INPS. Il pretore di Bologna, con ordinanza
emessa il 21 agosto 1997, ha sollevato, in riferimento all’art. 3,
primo comma, della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 12 della legge n. 613 del 1966.
I ricorrenti nel giudizio a quo hanno convenuto l’INPS davanti al
pretore di Bologna deducendo che: fino al mese di novembre 1985 la
società aveva versato all’Istituto i contributi obbligatori per
l’invalidità e la vecchiaia come impresa artigiana; a seguito di una
ispezione conclusasi nel novembre 1985, l’INPS aveva accertato che la
società aveva superato il limite di legge nel numero degli occupati
e che pertanto non poteva più essere considerata artigiana ai fini
della contribuzione dovuta per i propri dipendenti; in séguito a
tale accertamento, dopo aver provveduto a regolarizzare la
contribuzione, i ricorrenti chiesero inutilmente all’INPS la
restituzione della contribuzione obbligatoria versata per il periodo
1978-1985, comprensiva di interessi legali e rivalutazione monetaria
dal momento della domanda di restituzione di quanto indebitamente
pagato.
Costituitosi nel giudizio davanti al pretore di Bologna, l’INPS ha
eccepito che l’art. 12 della legge n. 613 del 1966 esclude il
pagamento degli interessi legali nel caso della restituzione di
contributi indebitamente versati da artigiani e commercianti.
Il giudice rimettente ritiene rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimità dell’art. 12 della legge n.
613 del 1966, sollevata ad istanza dei ricorrenti nel procedimento
civile a quo.
Quanto alla rilevanza della questione sollevata, il pretore di
Bologna osserva che “ove non venisse affermata dalla Corte
costituzionale la illegittimità costituzionale di tale norma, la
domanda dei ricorrenti di ottenere il pagamento dall’INPS degli
interessi legali sulle somme che lo stesso istituto aveva dovuto
restituire loro, in quanto contributi divenuti oggettivamente non
dovuti, dovrebbe essere respinta”.
Nel merito, il rimettente rileva che la disciplina impugnata –
nell’escludere la corresponsione di interessi in caso di
restituzione, da parte dell’INPS, di contributi indebitamente versati
da artigiani e commercianti – appare in contrasto con l’art. 3 della
Costituzione, introducendo un’ingiustificata disparità di
trattamento “rispetto a quanto disposto in ogni caso di ripetizione
dell’indebito, ed anche nelle altre gestioni previdenziali”.
Indicando, quale tertium comparationis gli artt. 1282 e 2033 del
codice civile, ed altresì – invocandola genericamente – la
disciplina riguardante altre categorie di contribuenti lavoratori
autonomi, nonché quella delle assicurazioni dei dipendenti
dell’industria e dell’agricoltura, il giudice a quo dubita che la
diversità di trattamento disposta dal legislatore abbia o conservi
“idonee e valide ragioni, che derivino dalle caratteristiche
specifiche del rapporto assicurativo-previdenziale” delle categorie
di cui si tratta.
4. – Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituito l’INPS,
per chiedere che la questione sollevata dal pretore di Bologna sia
dichiarata inammissibile o infondata.
Ad avviso dell’INPS, la questione dovrebbe essere dichiarata
inammissibile in quanto sollevata senza adeguata precisazione dei
termini, dei motivi e dei profili della medesima, e senza sufficiente
motivazione della sua rilevanza nel giudizio a quo. A quest’ultimo
riguardo, l’INPS rileva che “i ricorrenti facevano parte di una
società artigiana, mentre la norma di riferimento si inserisce
all’interno del testo normativo riguardante i commercianti”.
Quanto al merito della questione, l’INPS osserva che la disciplina
impugnata, derogatoria rispetto ai princìpi generali in materia di
indebito oggettivo, trova la sua giustificazione nel sistema
normativo, concernente i commercianti, nel quale è inserita.
L’assicurazione generale obbligatoria a favore dei commercianti, si
deduce nell’atto di costituzione, viene alimentata esclusivamente dai
contributi versati dagli iscritti, cosicché qualunque sottrazione di
risorse si tradurrebbe in un depauperamento del fondo e nella
incapacità del medesimo a pagare le prestazioni dovute. La
disposizione denunciata risponderebbe pertanto ad un “supremo
interesse pubblicistico alla corretta erogazione delle prestazioni”.
Secondo l’INPS, inoltre, “non rileva come elemento di comparazione
la disciplina civilistica menzionata dal Pretore, afferendo la stessa
ad ipotesi di rapporti contrattuali fra privati in cui gli interessi
dei medesimi si pongono su un piano di parità e non esistendo in
ipotesi alcun soggetto debole da tutelare”. Per contro, sottolinea la
difesa dell’Istituto, “il fondo assicurativo … ha come obiettivo il
raggiungimento di un interesse superiore al quale deve essere
sacrificato l’interesse singolo, interesse superiore costituito
dall’erogazione delle prestazioni a favore degli iscritti”.
5. – In prossimità dell’udienza, l’INPS ha depositato un memoria
illustrativa per svolgere ulteriormente argomenti già addotti, con
l’atto di costituzione, a sostegno dell’infondatezza della questione
sottoposta a questa Corte dal pretore di Bologna, da estendere anche
a quanto già a suo tempo dedotto per argomentare l’infondatezza
della questione sollevata dal Tribunale di Trani.
Nella memoria si aggiunge che la specialità della disciplina
dell’indebito versamento di contributi alla gestione di cui si tratta
era già prevista ab origine dalle norme novellate dall’impugnato
art. 12 della legge n. 613 del 1966.
In relazione alla posizione dei ricorrenti nel giudizio a quo
l’INPS sottolinea che la pretesa degli stessi è conseguenza di un
loro comportamento illegittimo, avendo essi indebitamente richiesto
l’iscrizione come impresa artigiana pur non avendone diritto, come
accertato dallo stesso istituto in sede ispettiva.
La difesa dell’INPS richiama infine l’ordinanza n. 485 del 1988 di
questa Corte, per rimarcare le diversità che contraddistinguono il
lavoro autonomo rispetto a quello subordinato.
e 113 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art.
7, ultimo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione
dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come modificato
dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione
dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari
coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i
lavoratori autonomi), nella parte in cui prevede che i contributi
indebitamente versati all’INPS dagli artigiani siano, salvo il caso
di dolo dell’assicurato, restituiti a quest’ultimo od ai suoi aventi
causa senza interessi. Specialmente nel caso in cui il pagamento
indebito consegua ad una specifica richiesta dell’INPS, ed il ritardo
nella restituzione dipenda da colpa dell’ente di previdenza, la
disciplina impugnata appare al collegio rimettente in contrasto con i
menzionati parametri costituzionali. Per quanto concerne il contrasto
con l’art. 3, i tertia comparationis indicati dal collegio rimettente
sono, da un lato, i princìpi in tema di accessori dei crediti
previdenziali; dall’altro, i princìpi in tema di indebito oggettivo,
applicabili alla generalità dei creditori, di cui all’art. 2033 cod.
civ.
Della legittimità dell’art. 12 della legge n. 613 del 1966, che
sostituisce l’ultimo comma dell’art. 7 della legge n. 463 del 1959,
dubita anche il pretore di Bologna. La disposizione viene da
quest’ultimo impugnata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
nella parte in cui prevede che i contributi indebitamente versati
dagli artigiani siano, salvo il caso di dolo, restituiti
all’assicurato senza interessi.
Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione denunciata
sarebbe irragionevolmente discriminatoria rispetto alla disciplina
della restituzione dei contributi indebitamente versati all’INPS in
favore di altre categorie di lavoratori (ad esempio, lavoratori
dipendenti dell’industria e del settore agricolo) e rispetto ad ogni
altra ipotesi di indebito oggettivo.
2. – Le due ordinanze prospettano questioni in parte analoghe ed in
parte oggettivamente connesse. I relativi giudizi possono pertanto
essere riuniti e definiti con un’unica pronuncia.
3. – Preliminarmente, va disattesa l’eccezione, sollevata
dall’INPS, di inammissibilità della questione prospettata dal
pretore di Bologna.
Risulta dal testo della disposizione denunciata che la disciplina
recata dal primo comma è estesa dal secondo comma ai contributi
versati dagli artigiani, prevedendo espressamente il secondo comma
dell’impugnato art. 12 della legge n. 613 del 1966 che sia abrogato
“e sostituito dal primo comma dello stesso art. 12” l’art. 7, ultimo
comma, della legge n. 463 del 1959, riguardante l’assicurazione
obbligatoria degli artigiani. La circostanza che tale disposizione
modificativa della disciplina concernente gli artigiani sia inserita
in un testo legislativo prevalentemente destinato a disciplinare la
previdenza degli esercenti attività commerciali non influisce in
alcun modo sulla rilevanza della questione di legittimità
costituzionale sollevata dal pretore di Bologna, né rende carente la
delimitazione della questione di legittimità costituzionale.
4. – In riferimento all’art. 3 della Costituzione, entrambi i
rimettenti sollevano la questione di legittimità costituzionale in
relazione a più di un tertium comparationis.
Viene prospettata innanzi tutto la violazione del principio di
eguaglianza in relazione alla disciplina dell’indebito oggettivo
contenuta nell’art. 2033 del codice civile “che i giudici a quibus
considerano il tertium comparationis prioritario” assumendosi
ingiustificata l’esclusione degli interessi legali decorrenti dal
momento della domanda amministrativa nell’ipotesi di tardiva
restituzione, da parte dell’INPS, di contributi previdenziali
indebitamente versati da artigiani iscritti alla relativa gestione
dell’Istituto.
La questione, nei limiti di seguito precisati, è fondata.
Per scrutinarne il merito è tuttavia necessario scinderne due
differenti profili.
Occorre verificare, in primo luogo, se debba ritenersi
costituzionalmente dovuta l’estensione dell’obbligo di corrispondere
gli interessi legali; in secondo luogo, se debba ritenersi imposta
dalla Costituzione l’estensione, all’ipotesi di cui si tratta, della
disciplina della decorrenza degli interessi contenuta nell’art. 2033
cod. civ.
Quanto al primo profilo, il vulnus recato al principio di
eguaglianza dalla disciplina impugnata deriva non già dalla
esclusione degli interessi legali, bensì dalla esclusione totale di
interessi, che la disciplina impugnata non riconosce neppure in una
misura ridotta. Legittimamente il legislatore, nell’esercizio della
sua discrezionalità, potrebbe decidere di quantificare gli stessi in
una diversa, purché non simbolica, misura, tenendo conto anche,
eventualmente, delle molteplici e differenti possibili cause di
indebito contributivo.
Una volta stabilito, coerentemente con l’art. 3 della Costituzione,
il principio che impone il riconoscimento all’assicurato, in una
misura non simbolica da determinarsi discrezionalmente ad opera del
legislatore, degli interessi sulla contribuzione indebitamente pagata
alla gestione, si presenta il problema della decorrenza degli stessi.
Anche sotto questo secondo profilo, la Costituzione non richiede
una meccanica estensione dei princìpi di cui all’art. 2033 cod.
civ., che non assurgono al rango di princìpi costituzionali. Il
legislatore può anzi scegliere tra una pluralità di soluzioni,
tutte idonee a ristabilire la conformità alla Costituzione della
disciplina dell’indebito contributivo degli artigiani iscritti nella
gestione speciale dell’INPS per i lavoratori autonomi.
Non essendo desumibile dai parametri invocati una soluzione univoca
né in ordine alla quantificazione degli interessi, né in ordine
alla loro decorrenza, questa Corte deve limitarsi a dichiarare la
disciplina impugnata costituzionalmente illegittima nella parte in
cui non prevede la liquidazione di alcuna somma a titolo di
interessi. La individuazione dei criteri di quantificazione di tale
somma è tuttavia rimessa al necessario intervento del legislatore,
al quale spetta il compito di trovare un punto di equilibrio tra
l’esigenza di ragionevole armonizzazione della disciplina impugnata
con i principi generali in tema di indebito oggettivo “derogabili
entro i limiti precisati” e l’esigenza di tener conto delle
particolarità della materia dell’indebito contributivo dei
lavoratori autonomi assicurati presso l’INPS.
Spetta al legislatore valutare l’opportunità di diversificare la
disciplina in relazione alla molteplicità delle possibili cause di
indebito contributivo. Così come allo stesso compete di disciplinare
il termine di decorrenza necessario a consentire all’Istituto
l’attività di verifica e di controllo dei presupposti della
restituzione. Gli interessi da corrispondere sulla somma
indebitamente pagata dall’assicurato dovranno pertanto maturare dalla
scadenza di un congruo termine, decorrente dalla presentazione della
domanda di restituzione, idoneo a consentire all’INPS l’accertamento
del carattere indebito dei contributi chiesti in restituzione,
nonché l’assenza del dolo, a norma delle stesse disposizioni
censurate.
Rimangono assorbiti gli ulteriori profili prospettati dalle
ordinanze in epigrafe.
5. – La dichiarazione di illegittimità costituzionale, nei
medesimi termini e limiti sopra precisati, deve estendersi, in
applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche
all’art. 15 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 (Elevazione dei
trattamenti minimi di pensione e di riordinamento delle norme in
materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e
mezzadri), come sostituito dall’art. 12, secondo comma, della legge
n. 613 del 1966, ed al primo comma di quest’ultimo articolo,
concernente gli esercenti attività commerciali. Tra le due
disposizioni da ultimo menzionate “alle quali deve estendersi in via
conseguenziale la dichiarazione di incostituzionalità” e l’ultimo
comma dell’articolo 7 della legge n. 463 del 1959, impugnato nel
presente giudizio nel testo modificato dall’art. 12 della legge n.
613 del 1966, vi è infatti “in virtù della equiparazione disposta
dallo stesso art. 12” piena coincidenza testuale, ed i medesimi
motivi che impongono di dichiarare l’illegittimità costituzionale
dell’art. 7, ultimo comma, della legge n. 463 del 1959, come
sostituito dal predetto art. 12, sussistono anche con riferimento
alla restituzione dei contributi indebitamente versati da coltivatori
diretti ed esercenti attività commerciali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo
comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione
dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come modificato
dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione
dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari
coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i
lavoratori autonomi), nella parte in cui non prevede la
corresponsione di una somma a titolo di interessi dalla scadenza di
un congruo termine, secondo i principi di cui in motivazione;
2) dichiara in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 della legge
9 gennaio 1963, n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e
di riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori
diretti e dei coloni e mezzadri), come sostituito dall’art. 12,
secondo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 613, e dell’art. 12,
primo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione
dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i
superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari
coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i
lavoratori autonomi), nella parte in cui non prevedono la
corresponsione di una somma a titolo di interessi dalla scadenza di
un congruo termine, secondo i principi di cui in motivazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola