Sentenza N. 419 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
25/11/1993
Data deposito/pubblicazione
25/11/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/11/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
legge regionale della Sicilia 21 agosto 1984, n. 55 (Nuove norme per
la gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette in
Sicilia), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 15 dicembre 1992 dal
Tribunale di Nicosia nei procedimenti civili vertenti tra la SO.GE.SI
S.p.A. e Anello Rosaria e Maria, iscritte ai nn. 161 e 162 del
registro ordinanze del 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 1993;
Visti gli atti di costituzione di Anello Rosaria e Anello Maria
nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
relatore Enzo Cheli.
15 dicembre 1992 nel corso delle controversie di lavoro, in grado di
appello, vertenti rispettivamente tra la SO.GE.SI S.p.A. e Anello
Maria e sempre tra la SO.GE.SI. S.p.a. e Anello Rosaria, il Tribunale
di Nicosia, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione
di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge
regionale della Sicilia 21 agosto 1984, n. 55 (Nuove norme per la
gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette in
Sicilia), in relazione agli artt. 3 e 4 della Costituzione.
Il Tribunale rimettente rileva che ai sensi del citato art. 5
della legge regionale n. 55 del 1984 i titolari di esattorie in
carica alla data del 31 dicembre 1984 sono stati assunti, su loro
richiesta, dalla SO.GE.SI. S.p.A., società costituita ai sensi
dell’art. 1 della stessa legge ed avente come oggetto sociale la
gestione delle esattorie delle imposte dirette in Sicilia; e che in
virtù del successivo art. 6 la SO.GE.SI. medesima ha provveduto alla
conferma del personale già in servizio presso le esattorie rilevate
purché risultasse iscritto alla data del 31 dicembre 1983 al fondo
di previdenza degli impiegati esattoriali.
Ad avviso del Tribunale di Nicosia le norme sopracitate – volte a
garantire, tanto ai titolari delle esattorie rilevate quanto ai
dipendenti delle stesse, la possibilità di proseguire nella propria
attività lavorativa – determinerebbero una ingiustificata disparità
di trattamento ai danni dei compartecipi di esattorie costituite in
forma di impresa familiare, ai sensi dell’art. 230- bis del codice
civile, che resterebbero privi della disposta tutela, non potendo
essere equiparati né ai titolari di esattorie (dal momento che il
rapporto associativo del gruppo familiare ha rilevanza esclusivamente
interna e solo il familiare-imprenditore risulta gestore dell’impresa
con rilevanza esterna) né ai lavoratori subordinati delle esattorie
stesse (dato che tra i partecipanti all’impresa familiare non
sussiste alcun vincolo di subordinazione). Pertanto, con la legge
sospettata di incostituzionalità si sarebbe determinata una
discriminazione tra i lavoratori che, non avvalendosi dell’istituto
dell’impresa familiare, sono stati confermati a svolgere la loro
attività presso le esattorie SO.GE.SI. e quelli che, facendo ricorso
all’impresa familiare, si sono visti respingere le relative richieste
di assunzione.
Per questo il giudice a quo ha ritenuto rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale,
per violazione degli artt. 3 e 4 della Costituzione, prospettata
dalle resistenti, che si sono viste respingere dalla SO.GE.SI. le
proprie richieste di assunzione, in virtù della soprarichiamata
normativa regionale, pur avendo svolto attività lavorativa dal 1
gennaio 1977 al 30 settembre 1980 presso le esattorie comunali di
Agira e Nicosia come dipendenti e dal 26 dicembre 1980 fino al
conferimento delle esattorie alla SO.GE.SI. quali partecipanti
all’impresa familiare costituita con il genitore-esattore.
2. – Con distinti atti di intervento di identico contenuto,
depositati fuori termine, sono intervenute nei giudizi Anello Rosaria
e Anello Maria, appellante nei procedimenti a quo, per aderire alle
tesi formulate dal Tribunale rimettente.
3. – Si è costituita nei due giudizi, con atti di identico
contenuto, la Regione Sicilia, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
generale dello Stato, eccependo l’infondatezza della questione.
A giudizio della Regione non potrebbe essere sindacata sotto il
profilo della legittimità costituzionale la scelta discrezionale
operata dal legislatore regionale di non estendere la tutela di cui
alle norme impugnate anche alla diversa e peculiare fattispecie dei
compartecipi dell’impresa familiare.
La Regione condivide l’assunto del Tribunale rimettente secondo il
quale i suddetti compartecipi non sarebbero assimilabili né alla
figura del titolare-esattore, che è il componente-imprenditore
dell’impresa familiare, né a quella dei lavoratori dipendenti, data
l’assenza di un rapporto di subordinazione all’interno della stessa
impresa familiare. Ma proprio tali considerazioni, unitamente a
quella che i partecipanti all’impresa familiare percepiscono una
quota di utili, varrebbero a contrastare – a giudizio della stessa
Regione – la pretesa violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Né sarebbe fondata l’asserita violazione dell’art. 4 della
Costituzione, in quanto la normativa regionale impugnata non avrebbe
interferito in alcun modo sulla libera scelta della forma di
svolgimento dell’attività lavorativa da parte di quanti avevano a
suo tempo deciso di fare ricorso all’istituto dell’impresa familiare.
con due ordinanze di identico contenuto ha sollevato, con riferimento
agli artt. 3 e 4 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale nei confronti degli artt. 5 e 6 della legge regionale
siciliana 21 agosto 1984, n. 55, in quanto in tali disposizioni non
si prevede – ai fini della possibilità di assunzione, su domanda,
presso la SO.GE.SI S.p.a., succeduta alle precedenti gestioni
esattoriali delle imposte dirette – l’equiparazione tra i
compartecipi di impresa familiare di esattoria ed i titolari o i
dipendenti delle imprese esattoriali costituite in altre forme
giuridiche.
2. – I due giudizi, stante l’identità di contenuto delle
ordinanze di rimessione, possono essere riuniti e definiti con unica
sentenza.
3. – La questione non è fondata.
Nella fase di passaggio tra il vecchio sistema di esattorie in
concessione ed il nuovo sistema nel quale il servizio di riscossione
delle imposte dirette è stato affidato ad una società di diritto
privato, la SO.GE.SI S.p.A., il legislatore regionale, con la legge
21 agosto 1984, n. 55, ha ritenuto di assicurare la possibilità di
assunzione, a domanda, presso tale società per due categorie di
soggetti: gli imprenditori già titolari delle esattorie
concessionarie in carica alla data del 31 dicembre 1984 (art. 5) ed i
lavoratori dipendenti delle medesime esattorie, iscritti al fondo di
previdenza degli impiegati esattoriali alla data del 31 dicembre 1983
(art. 6). La stessa possibilità di assunzione non è stata, invece,
prevista dalla disciplina in contestazione per i partecipanti alle
imprese esattoriali costituite in forma di impresa familiare ai sensi
dell’art. 230- bis del codice civile.
Questa scelta legislativa trova, peraltro, la sua giustificazione
nel fatto che l’impresa familiare, così come configurata nell’art.
230- bis del codice civile, si caratterizza come istituto associativo
del tutto peculiare: un istituto cioè che è tale da escludere, da
un lato, nei rapporti esterni, la presenza di un vincolo societario
suscettibile di estendere la responsabilità gestionale al di là
della figura del familiare-imprenditore; dall’altro, nei rapporti
interni, la possibilità di ricondurre allo schema proprio del
rapporto di lavoro subordinato l’apporto collaborativo prestato dal
singolo familiare nell’ambito dell’impresa. Tale particolare
configurazione dell’impresa familiare viene, del resto, posta in luce
dallo stesso giudice a quo, che, nelle ordinanze di rinvio, rileva
come i compartecipi dell’impresa familiare diversi dal familiare-imprenditore non possano essere equiparati né ai titolari di
esattorie (poiché il rapporto associativo del gruppo familiare ha
rilevanza esclusivamente interna e solo il familiare-imprenditore
risulta gestore dell’impresa con rilevanza esterna), né ai
lavoratori dipendenti delle stesse esattorie (dato che nell’impresa
familiare non sussiste il vincolo di subordinazione proprio del
rapporto di lavoro subordinato).
Queste considerazioni conducono, pertanto, a escludere –
contrariamente a quanto asserito dal giudice a quo – che il
legislatore regionale, per il fatto di non avere esteso ai
compartecipi di impresa familiare la tutela prevista per le categorie
dei titolari di impresa e dei lavoratori dipendenti, possa avere
violato il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della
Costituzione, in quanto la diversa disciplina adottata nelle due
ipotesi corrisponde a situazioni obbiettivamente differenziate il cui
apprezzamento, in sede di individuazione dell’ambito di operatività
della disciplina adottata, non può non risultare riservato alla
sfera propria della discrezionalità del legislatore.
Né va trascurato il fatto che nel d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43,
istitutivo del servizio di riscossione dei tributi dello Stato, in
attuazione della delega disposta con la legge 4 ottobre 1986, n. 657
– i cui principi sono stati espressamente riferiti anche alla Regione
siciliana, che in materia ha competenza legislativa di tipo
concorrente – è stata prevista una salvaguardia dei preesistenti
rapporti di lavoro che, in analogia a quella stabilita dalla
normazione regionale impugnata, non si estende ai soggetti che hanno
prestato la loro attività nell’ambito dell’impresa familiare (v.
artt. 122 e 123).
4. – Infine, non può essere accolta la censura formulata con
riferimento all’art. 4 della Costituzione, dal momento che questa
norma non offre una garanzia costituzionale in ordine alla
conservazione del posto di lavoro, ove siano intervenuti mutamenti
nelle situazioni, giuridiche ed economiche, su cui il rapporto di
lavoro risulti fondato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge regionale
siciliana 21 agosto 1984, n. 55 (Nuove norme per la gestione del
servizio di riscossione delle imposte dirette in Sicilia), in
riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione, sollevata dal
Tribunale di Nicosia, in funzione di giudice del lavoro, con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CHELI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 25 novembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA