Sentenza N. 436 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1997
Data deposito/pubblicazione
23/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1997
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Annibale MARINI;
d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di
assistente sociale in attuazione dell’art. 9 del d.P.R. 10 marzo
1982, n. 162), come modificato dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5
luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14,
concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale) e
dall’art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della
professione di assistente sociale e istituzione dell’albo
professionale), promossi con ordinanze emesse il 16 gennaio ed il 18
marzo 1997 dal Tribunale di Palermo nei procedimenti civili vertenti
tra Maimone Concetta e Amoroso Letteria ed altre contro il
Commissario pro-tempore per la prima formazione dell’albo degli
assistenti sociali della Regione siciliana ed altro iscritte ai nn.
109 e 538 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 12 e 37, prima serie speciale,
dell’anno 1997;
Visto l’atto di costituzione di Amoroso Letteria ed altre;
Udito nell’udienza pubblica del 9 dicembre 1997 il giudice relatore
Fernanda Contri;
Udito l’avvocato Vincenzo Sigillò per Amoroso Letteria ed altre.
il Commissario pro-tempore per la prima formazione dell’albo degli
assistenti sociali della Regione Siciliana ed il Ministero di grazia
e giustizia, il Tribunale di Palermo, con ordinanza emessa il 16
gennaio 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del
diploma di assistente sociale in attuazione dell’art. 9 del d.P.R.
10 marzo 1982, n. 162), modificato dall’art. 3, comma 1, del d.P.R.
5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n.
14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente
sociale), “nella parte in cui fissa alle scuole dirette a fini
speciali universitarie per assistenti sociali un termine perentorio
per la valutazione dei titoli degli aspiranti all’abilitazione
professionale”.
Alla parte privata il Commissario convenuto aveva negato
l’iscrizione all’albo degli assistenti sociali adducendo che la
convalida dei titoli necessari da parte della competente scuola
diretta a fini speciali era intervenuta dopo la scadenza del termine
all’uopo (indirettamente) fissato dall’art. 5 della legge 23 marzo
1993, n. 84 (Ordinamento della professione di assistente sociale e
istituzione dell’albo professionale), che rinvia al decreto del
Presidente della Repubblica n. 14 del 1987, come modificato dal
decreto del Presidente della Repubblica
n. 280 del 1989.
Il rimettente ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
questione sollevata dall’attrice nel procedimento civile a quo per
censurare una disciplina che subordina l’abilitazione professionale e
la possibilità di iscrizione all’albo ad un termine massimo di
completamento delle operazioni di convalida dei titoli necessari da
parte della scuola, anziché ad un termine ultimo di presentazione
delle domande. L’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 14 del 1987 – che assegna alle scuole dirette a fini speciali
universitarie per assistenti sociali il compito di convalidare,
previo esame ed entro il termine di tre anni dalla sua entrata in
vigore, i titoli rilasciati nel precedente ordinamento in esito ai
corsi per assistenti sociali da enti e istituzioni pubbliche e
private – appare al Tribunale di Palermo in contrasto con i princìpi
di eguaglianza, imparzialità e buon andamento della pubblica
amministrazione, giacché comporta che situazioni identiche (è il
caso di soggetti in possesso dei medesimi titoli che abbiano
presentato contemporanea e tempestiva domanda) siano trattate in modo
differente “in funzione esclusiva dei tempi con i quali le scuole
universitarie esaminano la domanda degli interessati provvedendo alla
fissazione delle sessioni di esame ed alla valutazione dei titoli”.
Il giudice rimettente aggiunge che in ipotesi analoghe – come
quella contemplata dall’art. 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56
(Ordinamento della professione di psicologo) – il legislatore ha
adottato criteri opposti, ricollegando la possibilità di ottenere il
riconoscimento di specifiche competenze ed esperienze professionali
non già ai tempi dell’attività valutativa rimessa agli organi
destinatari dell’istanza, bensì al tempo di presentazione della
domanda da parte degli aspiranti in possesso, ad una certa data, di
determinati requisiti.
Nell’ordinanza di rimessione si esclude la possibilità di
considerare meramente ordinatorio il termine triennale di cui
all’art. 5 del d.P.R. n. 14 del 1987, sia in considerazione della
natura transitoria della disciplina censurata, sia in considerazione
della ritenuta necessità di ricorrere ad un successivo decreto del
Presidente della Repubblica (n. 280 del 1989) per prorogare di un
anno il termine medesimo, la cui perentorietà è stata confermata
dal Consiglio di Stato con il parere, richiamato nell’ordinanza, reso
dalla Seconda sezione il 28 agosto 1991.
2. – Nel corso di un secondo giudizio promosso da Letteria Amoroso
ed altri contro il Commissario pro-tempore per la prima formazione
dell’albo degli assistenti sociali della Regione Siciliana ed il
Ministero di grazia e giustizia, il Tribunale di Palermo, con
ordinanza emessa il 18 marzo 1997, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84
(Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione
dell’albo professionale), che rinvia all’art. 5, comma 1, del d.P.R.
15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente
sociale in attuazione dell’art. 9 del decreto del Presidente della
Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato dall’art. 3, comma 1,
del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio
1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di
assistente sociale), “nella parte in cui fissa alle scuole dirette a
fini speciali universitarie per assistenti sociali, ai fini
dell’iscrizione agli albi professionali degli assistenti sociali, un
termine perentorio per la valutazione dei titoli degli aspiranti
all’abilitazione professionale”.
Anche in questo caso la rilevanza della questione sollevata si
connette alla circostanza che il Commissario convenuto aveva negato
alle parti attrici nel giudizio a quo l’iscrizione all’albo degli
assistenti sociali, adducendo che la convalida dei titoli necessari
da parte della competente scuola diretta a fini speciali era
intervenuta dopo la scadenza del termine fissato dall’art. 5 della
legge 23 marzo 1993, n. 84, che rinvia al decreto del Presidente
della Repubblica n. 14 del 1987, come modificato dal decreto del
Presidente della Repubblica n. 280 del 1989.
Si tratta di questione analoga ma non identica a quella sollevata
con la precedente ordinanza, giacché in questo caso il giudice
rimettente impugna esplicitamente anche l’art. 5 della legge n. 84
del 1993, che rinvia ai citati d.P.R. L’argomentazione della non
manifesta infondatezza della questione è affidata alle
considerazioni già proposte con la precedente ordinanza.
3. – Nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituite le
parti attrici nel secondo giudizio a quo per contrastare, innnanzi
tutto, l’assunto interpretativo in base al quale si qualifica come
perentorio il termine previsto dall’art. 5, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 14 del 1987, e per svolgere, in via
subordinata, deduzioni a sostegno delle argomentazioni proposte
nell’ordinanza di rimessione, aggiungendo che la lesione del
principio di eguaglianza si configurerebbe anche in relazione
all’art. 1 della legge 11 ottobre 1986, n. 697, che riconosce la
validità dei diplomi rilasciati da scuole per interpreti senza
prevedere un obbligo di convalida.
In prossimità della data fissata per l’udienza, ma fuori termine,
alcune delle parti private costituite hanno presentato una ulteriore
memoria illustrativa.
di Palermo dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1,
del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di
assistente sociale in attuazione dell’art. 9 del decreto del
Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162), modificato
dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni
al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante
del diploma di assistente sociale), nella parte in cui impone alle
scuole dirette a fini speciali universitarie per assistenti sociali,
per la convalida dei titoli degli aspiranti all’abilitazione
professionale non in possesso del diploma rilasciato dalle medesime
scuole, un termine perentorio (di tre anni, successivamente prorogato
di un anno) la cui inosservanza precluderebbe, agli assistenti
sociali in possesso di titoli convalidati oltre il termine,
l’iscrizione nell’albo professionale. Ad avviso del rimettente, la
disciplina censurata comporta che situazioni identiche (soggetti in
possesso dei medesimi titoli, che abbiano presentato contemporanea e
tempestiva domanda) siano trattate in modo differente “in funzione
esclusiva dei tempi con i quali le scuole universitarie esaminano la
domanda degli interessati provvedendo alla fissazione delle sessioni
di esame ed alla valutazione dei titoli”. La disciplina impugnata
provocherebbe altresì una disparità di trattamento in relazione
all’art. 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della
professione di psicologo), che non subordina il riconoscimento di
specifiche competenze ed esperienze professionali all’esaurimento
dell’attività valutativa degli ordini professionali, competenti a
stabilire la validità della certificazione presentata
dall’interessato.
Con la seconda delle due ordinanze indicate in epigrafe (r.o. n.
538 del 1997), il rimettente prospetta una questione identica quanto
ai profili, ma differente quanto all’oggetto, giacché impugna l’art.
5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della professione di
assistente sociale e istituzione dell’albo professionale), che
implicitamente rinvierebbe all’art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio
1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in
attuazione dell’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10
marzo 1982, n. 162), modificato dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5
luglio 1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14,
concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale).
2. – I giudizi introdotti con le due ordinanze, emesse dallo stesso
giudice rimettente, presentano una sostanziale connessione di
oggetto, concernendo entrambi la disciplina della convalida di cui
all’art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14. Essi,
pertanto, possono essere riuniti e decisi con un’unica pronuncia.
3. – La questione sollevata con la prima ordinanza è
manifestamente inammissibile.
Le censure del giudice a quo investono infatti l’art. 5, comma 1,
del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di
assistente sociale in attuazione dell’art. 9 del d.P.R. 10 marzo
1982, n. 162) – modificato dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio
1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14,
concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale) –
che, come questa Corte ha già avuto occasione di constatare
(sentenza n. 114 del 1993), ha natura regolamentare, e pertanto non
può costituire oggetto del controllo da parte del giudice della
legittimità costituzionale delle leggi.
4. – La questione sollevata con la seconda ordinanza è
inammissibile.
In questo caso, il giudice rimettente ha formalmente denunciato
l’art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della
professione di assistente sociale e istituzione dell’albo
professionale), che, a suo avviso, implicitamente, rinvierebbe
all’art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, modificato
dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280. Nondimeno, il
vizio denunciato non è imputabile alla disposizione legislativa
impugnata, non essendo il generico rinvio ai due d.P.R. incluso
nell’art. 5 della legge n. 84 del 1993 idoneo a fare proprio, con
efficacia novatrice della fonte, il contenuto normativo di ogni
singola disposizione dei richiamati decreti, con conseguente
sottrazione dell’intera disciplina regolamentare dei titoli
abilitanti in questione al controllo di legittimità dei giudici
ordinari ed amministrativi.
Nel disporre in via transitoria che l’iscrizione all’albo
professionale “è consentita a coloro che abbiano conseguito
l’abilitazione all’esercizio della professione ai sensi del citato
d.P.R. n. 14 del 1987, come da ultimo modificato dal d.P.R. n. 280
del 1989”, l’impugnato art. 5 della legge n. 84 del 1993 non opera
un rinvio recettizio all’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 14 del 1987,
come modificato dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. n. 280 del 1989.
Alla disposizione legislativa impugnata non si possono pertanto
imputare le distorsioni derivanti dalla disciplina del procedimento
di convalida contenuta nelle menzionate disposizioni regolamentari,
le quali, beninteso, rimangono soggette al controllo di legittimità
del giudice comune – ordinario o amministrativo – chiamato a
sindacare la conformità della norma secondaria sia alla legge sia
alla Costituzione, attraverso gli strumenti – disapplicazione o
annullamento – a sua disposizione.
Poiché la disciplina denunciata come ingiustificatamente
discriminatrice non deriva dalla legge né da atti aventi forza di
legge, essa non può – secondo quanto ripetutamente affermato da
questa Corte in casi analoghi a quello in esame (v., ex plurimis
sentenza n. 199 del 1993; ordinanze nn. 484 e 311 del 1993, 121 del
1988) – formare oggetto di sindacato da parte del giudice della
legittimità costituzionale delle leggi, ciò che comporta
l’inammissibilità della questione sollevata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del
d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di
assistente sociale in attuazione dell’art. 9 del d.P.R. 10 marzo
1982, n. 162), modificato dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio
1989, n. 280 (Modificazioni al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14,
concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale),
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal
Tribunale di Palermo con l’ordinanza in epigrafe (r.o. n. 109 del
1997);
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5 della legge 23 marzo 1993, n. 84 (Ordinamento della
professione di assistente sociale e istituzione dell’albo
professionale), che rinvia all’art. 5, comma 1, del d.P.R. 15 gennaio
1987, n. 14 (Valore abilitante del diploma di assistente sociale in
attuazione dell’art. 9 del d.P.R. 10 marzo 1982, n. 162), modificato
dall’art. 3, comma 1, del d.P.R. 5 luglio 1989, n. 280 (Modificazioni
al d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante
del diploma di assistente sociale), sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Palermo con
l’ordinanza in epigrafe (r.o. n. 538 del 1997).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1997.
Il direttore della cancelleria: Di Paola