Sentenza N. 446 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
23/12/1994
Data deposito/pubblicazione
23/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3-septies, 2 e 3 della legge
regionale approvata il 26 maggio 1994, recante “Norme per
l’applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai
dipendenti dell’Italkali, addetti al comparto dei sali alcalini”,
promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione
siciliana, notificato il 3 giugno 1994, depositato in cancelleria il
10 successivo ed iscritto al n. 49 del registro ricorsi 1994;
Visto l’atto di costituzione della Regione siciliana e l’atto di
intervento della S.p.A. Italkali;
Udito nell’udienza pubblica del 22 novembre 1994 il Giudice
relatore Massimo Vari;
Uditi l’Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente,
e gli Avvocati Giovanni Pitruzzella e Laura Ingargiola per la
Regione, nonché l’Avvocato Michele Giorgianni per la S.p.A.
Italkali.
Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato
questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 3-bis,
3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3-septies, 2 e 3 della legge approvata
dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 26 maggio 1994
(Norme per l’applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27,
ai dipendenti dell’Italkali, addetti al comparto dei sali alcalini),
per contrasto con gli artt. 3, 41, 81, quarto comma, e 97 della
Costituzione.
2. – Viene denunciato, anzitutto, l’art. 1 della predetta legge
che aggiunge al comma 3 dell’art. 28 della legge regionale 1
settembre 1993, n. 25, sette ulteriori commi, censurando in
particolare, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione:
a) il comma 3-bis, con il quale si dispone l’applicazione delle
provvidenze di cui ai commi 2 e 3 del menzionato art. 28 della legge
regionale n. 25 del 1993 (c.d. prepensionamento) a tutti i lavoratori
non riammessi nell’attività lavorativa a causa del fermo produttivo
dei sali alcalini, norma che sarebbe viziata da irragionevolezza e
non corretta amministrazione della cosa pubblica, concretando un
esodo di manodopera qualificata confliggente con la dichiarata
volontà di riprendere l’attività estrattiva;
b) il comma 3-ter, che sarebbe illegittimo sia per i motivi
testé esposti, sia perché non si evince la ragione per la quale i
benefici in questione vengono estesi a coloro che, già in possesso
dei requisiti per il prepensionamento, ai sensi del predetto art. 28
della legge regionale n. 25 del 1993, non abbiano ritenuto di
avvalersene, ed altresì per l’ingiustificato dispendio di denaro
pubblico dovuto al fatto che fra i destinatari della norma rientrano
anche coloro il cui rapporto di lavoro sia cessato in virtù di
licenziamento per giusta causa;
c) il comma 3-quater, che risulterebbe irragionevole e
contrastante con il principio della certezza del diritto, perché
esclude dai benefici menzionati i lavoratori delle unità produttive
per le quali sono intervenuti i piani di ristrutturazione, revocando
così un beneficio già concesso o concedibile. Ove, invece, a tale
norma si dovesse dare efficacia per il futuro, essa creerebbe una
ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che si trovano
nelle medesime condizioni;
d) il comma 3-quinquies, con cui si autorizza l’amministrazione
regionale ad utilizzare, in servizi socialmente utili, i dipendenti
della Italkali ammessi alle provvidenze statali ex lege 23 luglio
1991, n. 223. Questo perché non è dato neanche conoscere se, per
gli anni decorsi, le provvidenze previste dalla citata legge siano
state concesse dai competenti organi statali, né è dato sapere
quale soggetto dovrà, per l’avvenire, attivare le procedure per
l’applicazione della normativa statale in questione.
Il ricorso investe altresì l’art. 2, che prevede, senza
pregiudizio di eventuali provvedimenti di decadenza o revoca delle
concessioni, l’assegnazione di un termine, alla società
concessionaria Italkali, per la ripresa dell’attività. Secondo il
Commissario dello Stato, la disposizione sarebbe “incongrua e
pleonastica”, giacché, se sussistono i presupposti per la decadenza
o la revoca, i relativi provvedimenti possono essere adottati dalle
competenti autorità in base alle norme vigenti; al tempo stesso, non
sarebbe comprensibile la previsione di una ingiunzione, alla
società, di riavviare l’attività produttiva, entro un certo
termine, quando la società medesima ha manifestato la volontà di
abbandonare l’attività. Secondo il ricorso, sarebbe, altresì, in
contrasto con l’art. 41 della Costituzione l’obbligo, previsto, a
carico dell’Italkali, dalla ultima parte dell’art. 2, di reinserire
prioritariamente nell’azienda i lavoratori di cui al comma
3-quinquies e cioè quelli che fruiscono delle provvidenze della
legge n. 223 del 1991.
Costituisce oggetto di impugnazione anche l’art. 3 della legge,
che autorizza il trasferimento della quota di capitale della Italkali
gestita dall’Ente minerario siciliano (E.M.S.) all’Ente siciliano per
la promozione industriale (E.S.P.I.). La disposizione contrasterebbe,
infatti, con il principio di imparzialità di cui all’art. 97 della
Costituzione, essendo la norma rivolta ad influire sull’esito di un
giudizio civile in corso.
Una ultima questione ha per oggetto l’art. 1, là dove aggiunge al
comma 3 dell’art. 28 della legge regionale n. 25 del 1993 il comma
3-septies, che dispone la copertura dell’onere finanziario derivante
dai precedenti commi 3- bis e 3- ter per il solo esercizio in corso,
violando così l’art. 81, quarto comma, della Costituzione.
3. – Si è costituita in giudizio la Regione siciliana, eccependo,
anzitutto, l’inammissibilità del ricorso. Rilevato che la gran parte
delle censure riguarderebbe scelte insindacabili del legislatore, la
resistente deduce, in particolare, circa i commi 3- bis e 3-ter,
aggiunti all’art. 28 della legge n. 25 del 1993, la prospettazione ad
opera del ricorso di un nuovo tipo vizio, la “non corretta
amministrazione della cosa pubblica”. Riguardo al comma 3-quinquies,
osserva che la censura investe la tecnica di redazione della
disposizione, ma non coinvolge problemi di costituzionalità, mentre
ulteriore motivo di inammissibilità sarebbe la configurazione, come
parametro, del principio della certezza del diritto, che non risulta
costituzionalizzato.
Ancora inammissibile sarebbe la censura avverso il primo periodo
dell’art. 2, nel senso del carattere pleonastico della disposizione.
Del pari inammissibili sarebbero le questioni sollevate sull’art.
3 che, oltre ad investire il merito delle scelte del legislatore,
invocano l’art. 97 della Costituzione, inidoneo a fungere da
parametro di costituzionalità, alla stregua delle censure mosse
(dovendosi se mai, fare riferimento agli artt. 104 e 41 della
Costituzione).
Nel merito, le questioni sarebbero comunque manifestamente
infondate.
Quanto all’art. 1 si deduce in particolare che:
a) in conseguenza del fermo produttivo delle attività della
Italkali nel settore dei sali potassici, non sarebbe possibile
formulare i piani di ristrutturazione previsti dall’art. 28 della
legge regionale n. 25 del 1993, onde non sarebbe irragionevole la
estensione, disposta dai commi 3- bis e 3-ter, del prepensionamento a
soggetti, non riammessi in servizio, in possesso dei requisiti minimi
di età e contribuzione già previsti dalla precedente normativa
(legge regionale n. 27 del 1984), ivi compresi coloro il cui rapporto
di lavoro sia cessato per cause diverse dalle dimissioni;
b) la esclusione dai benefici delle unità produttive per le
quali sono intervenuti i piani di ristrutturazione, disposta dal
comma 3-quater, sarebbe collegata ad una oggettiva diversità delle
situazioni disciplinate: nel settore del salgemma, infatti, a
differenza di quello dei sali alcalini, non sussistono ostacoli per
la ripresa della produzione;
c) le perplessità relative alla mancata indicazione del
soggetto che dovrà attivare, giusta il comma 3-quinquies, le procedure per l’applicazione della disciplina prevista dalla legge statale
(legge n. 223 del 1991) non sono fondate; anzi, in pendenza di un
giudizio civile in materia, bene ha fatto il legislatore siciliano a
non indicarlo espressamente, evitando così di interferire con le
decisioni dell’autorità giudiziaria.
Altrettanto infondate sarebbero le censure relative all’art. 2,
giacché la Regione, individuando un termine per la ripresa delle
attività, a pena di decadenza dalle concessioni, ha inteso evitare
che la Italkali frapponga nuovi ostacoli, a fini speculativi. D’altro
canto, prevedendo, nel caso che la società decida di utilizzare
nuove unità di personale, il prioritario reinserimento dei
lavoratori già dipendenti dall’impresa, la legge si è rifatta ad un
principio generale applicabile ai lavoratori in mobilità.
Manifestamente infondate, oltre che inammissibili, sarebbero anche
le doglianze relative all’art. 3, norma che si sarebbe resa
necessaria per tre motivi: 1) la eliminazione di una situazione nella
quale il socio di minoranza – che per statuto ha i poteri di gestione
– può bloccare le deliberazioni dell’assemblea, adducendo a motivo
il contrasto di interessi con l’E.M.S.; 2) il processo di
scioglimento degli enti pubblici economici in corso in Sicilia, che
investe anche l’E.M.S.; 3) il vincolo di indisponibilità gravante
sulle azioni, che il legislatore ha dovuto rimuovere per consentire
il trasferimento all’E.S.P.I. della quota azionaria.
Sarebbe, infine, infondata, quanto al comma 3-septies, aggiunto
dall’art. 1 della legge impugnata, la censura di violazione dell’art.
81, quarto comma, della Costituzione, non richiedendo detto articolo,
per le spese continuative, che la legge precisi, anche per gli anni a
venire, l’onere e la relativa copertura.
4. – In prossimità dell’udienza, il Commissario dello Stato ha
depositato una memoria intesa a sollecitare un intervento della Corte
che precisi i limiti che il legislatore siciliano incontra in materia
di leggi provvedimento, trattandosi di un delicato problema che
dimostra l’infondatezza dell’assunto secondo il quale il ricorso
costituirebbe un’invasione nella discrezionalità del legislatore.
Nello sviluppare gli argomenti già addotti nel ricorso, si osserva,
riguardo all’art. 1: che il riferimento alla “non corretta
amministrazione della cosa pubblica” sarebbe da intendere come
violazione del principio di buon andamento; che le censure sollevate
avverso i commi 3- bis e 3- ter non possono definirsi “generiche”,
attenendo alla ragionevolezza delle disposizioni denunciate; che la
censura avverso il comma 3-quater non può essere superata
dall’apodittica affermazione della non costituzionalizzazione del
principio di certezza del diritto; che il comma 3-quinquies ebbe a
suscitare, per la sua ambigua formulazione, notevoli perplessità
circa la sua applicabilità da parte di numerosi deputati. Sull’art.
2, si ribadisce che sarebbe “privo di valore normativo” e, comunque,
incongruo rispetto ai fini perseguiti. Se, poi, all’ultima parte
dell’articolo, e cioè quella che obbliga la società ad assumere
prioritariamente i lavoratori di cui al comma 3-quinquies, si dovesse
attribuire “valore normativo”, esso sarebbe incostituzionale non solo
per contrasto con l’art. 41 della Costituzione, ma anche perché
disciplina materie di diritto privato sottratte alla competenza
regionale.
Quanto all’art. 3, si ribadisce che non può essere reputato
imparziale il legislatore che si sostituisce alla amministrazione
nella adozione di provvedimenti che incidono su di una controversia
in corso.
Sulla dedotta violazione dell’art. 81, quarto comma, della
Costituzione, da parte dell’art. 1, comma 3-septies, la memoria
lamenta la mancanza di una complessiva quantificazione della spesa
pluriennale. A seguire una diversa interpretazione, occorrerebbe
riconsiderare la costituzionalità della legge 19 maggio 1976, n.
335, e della analoga legge siciliana in materia di contabilità,
nella parte in cui ammettono il rinvio ai bilanci successivi a quello
in corso, per la determinazione delle quote della spesa globale
destinate a gravare sui relativi esercizi.
5. – Anche la Regione siciliana ha presentato una memoria con la
quale, nel riconfermare la richiesta di declaratoria di
inammissibilità ovvero di infondatezza del ricorso, si eccepisce la
inammissibilità dell’atto di intervento della Italkali S.p.A..
6. – Con ordinanza letta in udienza, la Corte, premesso che
l’Italkali S.p.A. ha depositato, in data 25 luglio 1994, atto di
intervento in giudizio, ha dichiarato – sulla scorta della costante
giurisprudenza secondo la quale, nei giudizi di legittimità
costituzionale in via principale, non è ammessa la presenza di
soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà
legislativa il cui atto è oggetto di contestazione –
l’inammissibilità dell’intervento medesimo.
ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ha per
oggetto la legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana nella
seduta del 26 maggio 1994, recante “Norme per l’applicazione della
legge regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai dipendenti dell’Italkali
addetti al comparto dei sali alcalini”. La legge denunciata, nel
quadro delle misure volte a provvedere allo stato di fermo produttivo
verificatosi nel predetto settore, modifica l’art. 28 della legge 1
settembre 1993, n. 25 (avente ad oggetto: “Interventi straordinari
per l’occupazione produttiva in Sicilia”), al quale vengono aggiunti,
dopo il comma 3, sette nuovi commi, che estendono ai lavoratori
interessati dal fermo talune provvidenze (c.d. prepensionamento) che
erano già state previste per i dipendenti dell’Italkali risultati in
esubero, a seguito dei piani di ristrutturazione delle singole unità
produttive. Al tempo stesso, la legge detta disposizioni per
l’impiego, in servizi socialmente utili, dei lavoratori che, non
avendo i requisiti dell’età o della contribuzione previdenziale
previsti dal precedente comma 3, fruiscono della disciplina di cui
alla legge 23 luglio 1991, n. 223 (contenente “Norme in materia di
cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro
ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”). La legge
denunciata prevede, per questi ultimi, anche l’eventualità del
reimpiego, in caso di ripresa dell’attività dell’Italkali nel
settore dei sali potassici, senza pregiudizio, peraltro, di
provvedimenti di revoca o decadenza delle concessioni (art. 2).
Contempla, infine (art. 3), nell’ambito di una complessa situazione
concernente i rapporti, in parte litigiosi, fra l’ Ente minerario
siciliano e la stessa Italkali S.p.A., il trasferimento delle quote
di capitale, detenute dal primo nella seconda, all’ Ente siciliano
per la promozione industriale.
2. – Le questioni sollevate investono, anzitutto, taluni dei commi
aggiunti dall’art. 1 all’art. 28 della precedente legge regionale n.
25 del 1993, chiamando, in particolare, la Corte a stabilire:
a) se il comma 3-bis, nel prevedere che i benefici di cui ai
commi 2 e 3 del predetto art. 28 “si applicano anche ai dipendenti
non riammessi nell’attività lavorativa a causa del fermo produttivo
dei sali alcalini”, contrasti con gli artt. 3 e 97 della
Costituzione, “sotto il profilo della irragionevolezza e della non
corretta amministrazione della cosa pubblica, poiché il massiccio
esodo di manodopera altamente qualificata confligge con la dichiarata
volontà di riprendere nel più breve tempo possibile l’attività
estrattiva”;
b) se il comma 3-ter, nell’ammettere ai benefici di cui sopra
anche i lavoratori che, “a far data dal 31 dicembre 1992 non si siano
dimessi volontariamente”, contrasti, del pari, con gli artt. 3 e 97
della Costituzione, sia per le ragioni esposte a proposito del
precedente comma 3-bis, sia perché dalla sua ambigua e generica
formulazione, non si evince la ragione per cui i benefici in
questione vengono estesi a coloro che, già in possesso dei requisiti
per accedere al prepensionamento, ai sensi dell’art. 28 della legge
regionale n. 25 del 1993, non hanno ritenuto di avvalersene, ed
altresì perché l’inclusione fra i beneficiari di coloro il cui
rapporto di lavoro sia cessato per cause diverse dalle dimissioni,
quali per ipotesi i licenziati per giusta causa, dà luogo ad una
“cospicua elargizione di denaro pubblico che non trova alcuna
plausibile giustificazione”;
c) se il comma 3-quater, nell’escludere dai benefici come sopra
previsti i lavoratori delle unità produttive per le quali sono
intervenuti piani di ristrutturazione, sia illegittimo per contrasto
con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, revocando,
irragionevolmente, un beneficio già concesso nel momento stesso in
cui viene esteso ad altri lavoratori, e ledendo, altresì, il
principio della certezza del diritto. Ove, poi si dovesse dare alla
norma efficacia per l’avvenire, essa creerebbe una ingiustificata
disparità di trattamento tra soggetti che si trovano nelle medesime
condizioni;
d) se il comma 3-quinquies, nell’autorizzare l’amministrazione
regionale ad utilizzare in servizi socialmente utili i dipendenti
della Italkali che, non possedendo i requisiti dell’età o della
contribuzione previdenziale, fruiscono delle provvidenze statali
previste dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, contrasti con gli artt.
3 e 97 della Costituzione, non essendo neanche dato conoscere se, per
gli anni decorsi, le provvidenze previste dalla legge n. 223 del 1991
siano state concesse dai competenti organi statali, né “quale
soggetto dovrà per l’avvenire attivare le procedure per
l’applicazione della normativa statale in questione”, avendo la
società Italkali manifestato l’intento di abbandonare la concessione
e messo in dubbio la propria qualità di datore di lavoro;
e) se il comma 3-septies, il quale limita la copertura
dell’onere finanziario di cui ai commi 3- bis e 3- ter al solo
esercizio in corso, contrasti con l’art. 81, quarto comma, della
Costituzione.
3. – Va disattesa, anzitutto, quanto ai commi 3- bis e 3-ter,
aggiunti dall’art. 1 della legge all’art. 28 della precedente legge
regionale n. 25 del 1993, l’eccezione sollevata dalla Regione
siciliana, secondo la quale le questioni sarebbero inammissibili in
ragione sia della loro genericità, sia per il fatto di toccare il
merito delle scelte operate dal legislatore.
Infatti, l’oggetto delle questioni sottoposte al giudizio della
Corte risulta adeguatamente definito nel ricorso, oltre che con
l’indicazione dei parametri costituzionali incisi, con il
riferimento, da un canto, alla pretesa irragionevolezza delle norme
impugnate e, dall’altro, alla violazione del principio di “corretta
amministrazione”, da intendersi, più esattamente, come il ricorrente
ha avuto modo di precisare, nel senso di buon andamento. Non può,
perciò, convenirsi con quanto affermato dalla Regione resistente,
vale a dire che le censure sarebbero generiche e che le stesse
toccherebbero il merito della legge.
Sotto questo secondo aspetto, è sufficiente, infatti, rammentare
il ripetuto orientamento di questa Corte, secondo il quale le censure
di legittimità non si distinguono da quelle di merito per la natura
sostanziale delle valutazioni da operare, bensì soltanto per il dato
formale che, nel primo caso, a differenza del secondo, le regole o
gli interessi assunti come parametro del giudizio sono sanciti in
norme della Costituzione ovvero di legge (sentenza n. 991 del 1988).
Aggiungasi che, sempre secondo la ricordata giurisprudenza,
nemmeno il riferimento alle finalità sociali, economiche ovvero di
politica generale della norma denunciata comporta un giudizio di
merito, quando sia funzionale al tentativo di dimostrare la pretesa
violazione di parametri costituzionali e segnatamente del principio
di buon andamento (sentenza n. 266 del 1993).
4. – Le questioni sollevate ancorché ammissibili sono, tuttavia,
infondate.
Le ragioni del contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
del comma 3- bis e, correlativamente, del comma 3- ter
discenderebbero, secondo il Commissario dello Stato, dalla
contraddittorietà del provvedimento in questione, in quanto volto ad
ipotizzare, da una parte, un considerevole esodo di manodopera e,
dall’altro, una ripresa dell’attività produttiva da realizzare in
tempi brevi. Obietta, a questo riguardo, la Regione resistente che,
al di là del problema sul futuro dell’attività mineraria
dell’Italkali, la disciplina apprestata si spiega e si giustifica con
la situazione di fermo produttivo totale verificatosi nel settore dei
sali potassici, tale da rendere, al momento, prevedibile l’esecuzione
delle sole manutenzioni attinenti alla sicurezza degli impianti, con
limitato impiego di unità lavorative, rispetto al contingente prima
utilizzato. Tutto ciò chiarisce anche perché, contrariamente alle
situazioni originariamente ipotizzate dall’art. 28 della legge 1
settembre 1993, n. 25, questa volta non si assuma più, a presupposto
del prepensionamento, la presenza di piani di ristrutturazione che,
nelle condizioni esistenti, non potrebbero essere formulati.
La ratio ispiratrice del provvedimento, così come sopra
evidenziata, sulla scorta, tra l’altro, di quanto è dato desumere
dagli atti del dibattito assembleare svoltosi nella fase di
approvazione della legge, induce ad escludere l’esistenza dei vizi
denunciati dal Commissario dello Stato. Va, d’altro canto, tenuto
conto che il giudizio affidato alla Corte, sotto il profilo della
ragionevolezza e dell’osservanza del canone di buon andamento, non
può che consistere in una valutazione esterna delle scelte legislative che riguardi la palese arbitrarietà o la manifesta
irragionevolezza della disciplina denunciata, e non può spingersi,
invece, a valutazioni in ordine ai possibili altri modi con cui
provvedere alle situazioni considerate dal legislatore, modi che
attengono per l’appunto al merito delle scelte operate; né, tanto
meno, può implicare una revisione o riformulazione della
ponderazione degli interessi compiuta dal legislatore (sentenza n.
390 del 1989).
5. – Del pari infondata è l’altra questione sollevata nei
confronti del comma 3-ter, norma che, nel disporre che “sono ammessi
ai benefici di cui ai commi 2 e 3 i lavoratori che a far data dal 31
dicembre 1992 non si siano dimessi volontariamente”, si presterebbe
ad essere censurata sotto il duplice profilo della ingiustificata
concessione dei benefici oggetto della legge anche a coloro che, pur
potendo fruire del prepensionamento ai sensi dell’art. 28 della legge
regionale n. 25 del 1993, non abbiano ritenuto, a suo tempo, di
avvalersene ed altresì a coloro che siano cessati dal rapporto per
cause diverse dalle dimissioni, tra cui, eventualmente, la giusta
causa.
Quanto ai primi, la coerente ricostruzione in termini sistematici
della disciplina apprestata porta ad escludere la fondatezza
dell’ipotesi formulata nel ricorso. Di ciò è riprova la successiva
disposizione del comma 3-quater, anch’esso oggetto di impugnativa, ma
che, se rettamente inteso, nell’escludere dai benefici di cui
trattasi “i lavoratori delle unità produttive per le quali sono
intervenuti i piani di ristrutturazione di cui al comma 2” tende ad
evitare, come più ampiamente si vedrà, proprio l’eventualità
paventata nel ricorso.
Quanto, poi, a coloro che siano cessati per cause diverse dalle
dimissioni e, segnatamente, in quanto licenziati per giusta causa, la
scelta del legislatore regionale, di non discriminarli ai fini del
prepensionamento, appare plausibile e giustificata alla luce dei
generali orientamenti, talora recepiti anche dalla giurisprudenza di
questa Corte, secondo i quali sui trattamenti di fine rapporto non
devono in generale incidere i motivi della cessazione, attesa
l’intangibilità dei trattamenti stessi.
6. – Venendo, dopo di ciò, alla questione di legittimità
costituzionale del comma 3-quater, questione connessa, come
accennato, con quella di cui al comma 3-ter, va esaminata, anzitutto,
l’eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione resistente,
in quanto l’invocato principio della certezza del diritto non
assurgerebbe a dignità di parametro costituzionale. L’eccezione va
disattesa, giacché, come è dato evincere da tutto il contesto del
ricorso, il ricorrente, nel richiamare il principio della certezza
del diritto, ha inteso, in realtà, riproporre il problema, più
volte affrontato da questa Corte, della legittimità delle leggi che
si riflettano retroattivamente su situazioni già definite.
Inquadrata in questi più esatti termini, la questione, ancorché
ammissibile, è da reputare, tuttavia, infondata, giacché la
disposizione denunciata, lungi dal revocare benefici già concessi,
ha semplicemente lo scopo di circoscrivere l’ambito di applicazione
della nuova disciplina. Come chiarisce la Regione resistente e come
si evince dagli atti del dibattito svoltosi all’Assemblea regionale
nella fase di approvazione della legge, la norma dell’art. 28 della
legge n. 25 del 1993, nell’originaria sua formulazione, concerneva
anche i lavoratori del settore del salgemma, nel quale non sussistono
gli ostacoli alla ripresa della produzione che esistono, invece, nel
settore dei sali potassici, tanto da poter definire i piani di
ristrutturazione con l’ammissione al prepensionamento dei soggetti in
esubero aventi i requisiti di età e di contribuzione.
La norma dell’art. 1, comma 3-quater, tende, sia pure con una
formulazione non del tutto chiara e felice, a far sì che i nuovi
benefici restino limitati solo ai lavoratori del settore dei sali
potassici, e non vengano, invece, estesi anche a quelli del salgemma
già a suo tempo considerati dall’art. 28 della più volte ricordata
legge regionale n. 25 del 1993.
7. – Va accolta, invece, l’eccezione di inammissibilità proposta
dalla Regione, in ordine alla questione di legittimità del comma
3-quinquies, che autorizza l’amministrazione regionale ad utilizzare
in servizi socialmente utili i dipendenti dell’Italkali che fruiscono
delle provvidenze statali della legge 23 luglio 1991, n. 223. Invero,
il ricorso, nel lamentare la violazione degli artt. 3 e 97 della
Costituzione, adduce, a motivazione della questione sollevata, il
fatto che non sarebbe dato conoscere se le provvidenze previste dalla
legge n. 223 del 1991 siano state concesse dai competenti organi
statali, né “quale soggetto dovrà per l’avvenire attivare le procedure per l’applicazione della normativa statale in questione”, avendo
l’Italkali messo in dubbio la propria qualità di datore di lavoro.
Come già altre volte affermato da questa Corte, sono inammissibili
le questioni che “non contengono elementi idonei a cogliere il
livello costituzionale delle censure” (sentenza n. 342 del 1990)
ovvero che non sono sorrette da adeguata motivazione che consenta,
tra l’altro, di “determinare inequivocabilmente l’oggetto della
questione sottoposta al giudizio di costituzionalità e di verificare
l’eventuale arbitrarietà, pretestuosità o astrattezza dei dubbi di
legittimità prospettati” (sentenza n. 85 del 1990).
Orbene, nella specie, non è dato scorgere la reale portata, in
termini di giudizio di costituzionalità, di una prospettazione che
sembrerebbe, invero, evidenziare un problema attinente all’utilità
in sé della disposizione denunciata, in relazione, tra l’altro,
all’attendibilità e verificabilità delle situazioni in essa
ipotizzate.
8. – Non fondata è la questione sollevata nei confronti del comma
3-septies, che ad avviso del ricorrente violerebbe l’art. 81, quarto
comma, della Costituzione, in quanto limita la copertura della spesa
prevista al solo esercizio in corso. La norma denunciata, per far
fronte agli oneri comportati dai precedenti commi 3- bis e 3-ter,
dispone l’incremento, per l’esercizio 1994, del fondo di cui all’art.
13, lettera a), della legge regionale 6 giugno 1975, n. 42,
costituito in occasione di precedenti analoghi interventi in favore
dei lavoratori dello zolfo.
Per quanto concerne l’asserita violazione dell’art. 81, quarto
comma, della Costituzione, va ricordato che la giurisprudenza di
questa Corte ha riconosciuto compatibile con tale norma
costituzionale il fatto che una Regione ordinaria rinvii la
quantificazione delle spese continuative e ricorrenti, nonché
l’individuazione dei relativi mezzi di copertura, al momento della
redazione e dell’approvazione del bilancio annuale: e questo in
relazione a quanto previsto nella legge-quadro in materia di bilancio
e contabilità regionale (legge 19 maggio 1976, n. 335), dove si
prevede espressamente la possibilità di rinviare alla legge di
bilancio la determinazione dell’entità delle spese relative ad
attività o interventi continuativi e ricorrenti (art. 2),
imponendosi contestualmente l’obbligo dell’equilibrio dei bilanci
regionali (art. 4) (v. sentenza n. 331 del 1988).
Tale principio, come la Corte ha già avuto occasione di affermare
(v. sentenza n. 26 del 1991), può valere anche nei confronti della
Regione siciliana, nel cui ambito la materia del bilancio e della
contabilità risulta regolata dalla legge regionale 8 luglio 1977, n.
47, il cui art. 7 stabilisce, infatti, che le leggi regionali che
autorizzano spese pluriennali determinano “di norma” l’ammontare
complessivo della spesa per tutto il periodo della loro efficacia,
nonché la quota del primo anno, lasciando pertanto aperta la
possibilità di adottare, se del caso, anche la diversa soluzione
prevista dalla legge-quadro statale, consistente nel rinvio della
quantificazione della spesa e della copertura degli oneri alla legge
annuale di bilancio.
9. – Il Commissario dello Stato sottopone, poi, al giudizio della
Corte le seguenti ulteriori questioni:
a) se l’art. 2 della legge, nella parte in cui contempla
l'”adozione di provvedimenti immediati di decadenza o di revoca delle
concessioni minerarie”, contrasti con gli artt. 3 e 97 della
Costituzione, in quanto pleonastico ed incongruo, atteso che, già in
base alla normativa vigente, la Regione potrebbe adottare
provvedimenti immediati di revoca o decadenza;
b) se la medesima disposizione, nella parte in cui prevede che
l’Assessore regionale per l’industria, preso atto dell’avvenuta
consegna delle opere infrastrutturali di cui all’art. 2 della legge
regionale 1 febbraio 1991, n. 8 (relative agli impianti idrici,
fognari e di smaltimento dei rifiuti), ingiunge alla società
Italkali il termine entro il quale essa è tenuta a riavviare
l’attività produttiva delle miniere, contrasti con gli artt. 3 e 97
della Costituzione, trattandosi di uno strumento che non potrebbe
essere utilizzato, poiché la società ha manifestato la volontà di
abbandonare l’attività;
c) se la stessa disposizione, nella parte in cui prevede
l’obbligo della Italkali di reinserire prioritariamente nell’azienda
i lavoratori di cui al comma 3-quinquies, contrasti con l’art. 41
della Costituzione, non essendo consentito al legislatore siciliano
imporre ad imprese private l’obbligo di assumere determinate
categorie di soggetti.
10. – Va dichiarata l’inammissibilità delle prime due questioni,
come sopra sollevate, in quanto il rilevato carattere incongruo o
pleonastico della disposizione, ovvero l’inattendibilità della
previsione formulata circa la volontà o meno della società Italkali
di riavviare l’attività, appaiono critiche che tutt’al più mettono
in discussione la tecnica di redazione della disposizione stessa o la
plausibilità del suo contenuto, ma non assumono, certamente,
nonostante l’invocazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 97 della
Costituzione, la consistenza di censure apprezzabili sul piano della
conformità o meno a Costituzione dell’articolo denunciato.
11. – Non fondata è, invece, l’ulteriore questione, sollevata con
riferimento all’art. 41 della Costituzione, in base all’assunto che
l’art. 2 della legge impugnata disponga l’obbligo a carico
dell’Italkali di reinserire nell’attività i lavoratori di cui al
comma 3-quinquies, e cioè quelli che fruiscono delle provvidenze
della legge n. 223 del 1991. A tal fine, il ricorso richiama quella
giurisprudenza che ritiene illegittimo il c.d. imponibile di
manodopera, per violazione della libertà di iniziativa economica
privata e per ingiustificata compressione di un elemento
caratterizzante dell’impresa, quale quello relativo al suo
dimensionamento e al conseguente profilo di organizzazione interna.
Quel che risulta, tuttavia, erronea è la premessa interpretativa
dalla quale muove il ricorso, giacché la stessa formulazione della
disposizione, la quale prevede che i lavoratori vengano reinseriti
“prioritariamente” nell’azienda, porta ad intenderla rettamente nel
senso che l’obbligo intanto insorgerà in quanto la società stessa
deciderà di assumere nuovo personale. In questi limiti, la
disposizione non incide sul dimensionamento e sull’organizzazione
interna dell’impresa, limitandosi a recepire il principio secondo il
quale i lavoratori messi in mobilità hanno la preferenza in caso di
nuove assunzioni.
12. – Il Commissario dello Stato censura, infine, l’art. 3 della
legge, per contrasto con l’art. 97 della Costituzione, sotto il
profilo della violazione del principio di imparzialità, in quanto
l’autorizzazione concessa all’E.M.S. a trasferire all’E.S.P.I. la
quota di capitale detenuta nell’Italkali sarebbe uno “strumento
surrettizio” volto ad influire sull’esito di un giudizio civile in
corso, sorto a seguito dell’impugnativa da parte di alcuni azionisti
di una delibera assembleare per conflitto di interessi relativo
all’E.M.S. (che sarebbe in tal modo sostituito con l’E.S.P.I.,
estraneo alle questioni di causa). La censura è inammissibile, sia
perché il ricorso, pur dilungandosi ad illustrare in punto di fatto
i rapporti litigiosi pendenti fra E.M.S. e Italkali, non spiega se
ed in qual modo la pretesa influenza su un giudizio in corso, da
parte della norma denunciata, si traduca in una vera e propria
interferenza sulla funzione del giudice, assumendo così rilievo
costituzionale, sia perché, a sostegno della questione, viene
richiamato un parametro improprio ed inidoneo, quale l’art. 97 della
Costituzione.
Quest’ultimo, infatti, nel far riferimento all’imparzialità,
intende aver riguardo alla pubblica amministrazione, enunciando un
principio fondamentale cui deve uniformarsi in tutte le sue
articolazioni l’organizzazione dei pubblici uffici, sì da ispirare
anche l’opera del legislatore nell’emanazione di leggi aventi ad
oggetto tale organizzazione. Ma si tratta, come è evidente, di
un’accezione con la quale non ha nulla a che vedere l’imparzialità
nel senso in cui la intende il ricorso, che vuole porre in realtà un
diverso problema, e cioè quello del modo in cui il legislatore si
sarebbe rapportato, nella specie, agli interessi sottostanti alla
legge dallo stesso emanata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara:
1) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana
nella seduta del 26 maggio 1994 (Norme per l’applicazione della legge
regionale 9 maggio 1984, n. 27, ai dipendenti dell’Italkali, addetti
al comparto dei sali alcalini) nella parte in cui aggiunge il comma
3-quinquies all’art. 28 della legge regionale 1 settembre 1993, n.
25 (Interventi straordinari per l’occupazione produttiva in Sicilia),
nonché dell’art. 2 della medesima legge approvata il 26 maggio 1994,
sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal
Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con il ricorso
indicato in epigrafe;
2) inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994,
sollevata, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, dal
Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso
indicato in epigrafe;
3) non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994, nella
parte in cui aggiunge i commi 3-bis, 3- ter e 3-quater all’art. 28
della predetta legge n. 25 del 1993, sollevate, in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la
Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe;
4) non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge regionale approvata il 26 maggio 1994, nella
parte in cui aggiunge il comma 3-septies all’art. 28 della citata
legge n. 25 del 1993, sollevata, in riferimento all’art. 81, quarto
comma, della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione
siciliana con il ricorso indicato in epigrafe;
5) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2 della medesima legge
regionale approvata il 26 maggio 1994, sollevata, in riferimento
all’art. 41 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la
Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: VARI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA