Sentenza N. 451 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1998
Data deposito/pubblicazione
30/12/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
codice civile promosso con ordinanza emessa il 19 dicembre 1997 dal
Tribunale di Ferrara nei procedimenti civili riuniti vertenti tra
Massari Cristiano ed altri e il Fallimento “La Costruzione” società
cooperativa a r.l., iscritta al n. 105 del registro ordinanze 1998 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima
serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di costituzione di Bianchi Enrico ed altri;
Udito nell’udienza pubblica del 29 settembre 1998 il giudice
relatore Annibale Marini;
Udito l’avvocato Mario Parizzi per Bianchi Enrico ed altri.
privilegiata al passivo del fallimento di una società cooperativa di
produzione e lavoro di crediti vantati da taluni soci a titolo di
retribuzioni e trattamento di fine rapporto, il Tribunale di Ferrara,
con ordinanza del 19 dicembre 1997, ha sollevato, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2751-bis, numero 1, del codice civile “nella
parte in cui non prevede tra i crediti aventi privilegio generale sui
mobili del debitore il credito del socio della cooperativa di
produzione e lavoro”.
Assume il rimettente che la questione sarebbe rilevante ai fini
della definizione del giudizio di merito in quanto i crediti dei
quali si richiede l’ammissione al passivo in via privilegiata non
potrebbero essere ricompresi nella tassativa previsione di cui alla
norma denunciata che fa riferimento ai crediti dei lavoratori
subordinati. La non manifesta infondatezza della questione viene,
poi, motivata dal rimettente con l’assunto di una ingiustificata
disparità di trattamento tra i crediti dei lavoratori subordinati
per retribuzioni ed indennità di fine rapporto che sarebbero
assistiti dal privilegio generale sui mobili del debitore ex art.
2751-bis numero 1, del codice civile ed i crediti per i compensi
spettanti ai soci di cooperative di produzione e lavoro che, pur
avendo natura retributiva, ne sarebbero invece esclusi.
Sostiene, infatti, il rimettente che tali ultimi crediti, pur
dovendo collocarsi in un rapporto a struttura associativa, avrebbero
una natura, retributiva, sostanzialmente analoga a quella dei crediti
dei lavoratori subordinati per effetto ed in conseguenza di una
legislazione, in tema di orario di lavoro, riposo settimanale e
domenicale, malattia, periodicità della retribuzione, improntata
alla tutela dell’attività lavorativa in quanto tale,
indipendentemente dal fatto che sia prestata dal lavoratore
subordinato o dal socio di una cooperativa di lavoro.
La tesi tradizionale, secondo la quale la misura della
remunerazione del lavoro del socio altro non sarebbe che un mero
anticipo sugli utili (con la conseguente impossibilità di ipotizzare
l’esistenza stessa di un credito in caso di assenza di utili),
sarebbe da ultimo smentita, secondo il giudice a quo “dalla
previsione dell’art. 24 legge 196/1997, che prevede l’intervento del
Fondo di garanzia (istituto che interviene in caso di dissesto del
datore di lavoro) anche per i crediti dei soci nei confronti della
cooperativa”.
Ulteriore argomento a conforto del dubbio di costituzionalità
sarebbe infine rappresentato, ad avviso del rimettente, dalla
circostanza che la mancata estensione al socio lavoratore del
privilegio di cui alla norma denunciata renderebbe inapplicabile
all’ipotesi del pagamento effettuato dal Fondo a favore del socio
della cooperativa la surrogazione di diritto del Fondo medesimo al
lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio spettante sul
patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli artt. 2751-bis e 2776
del codice civile per le somme da esso pagate (art. 2, comma 7, della
legge n. 297 del 1982).
Si sono costituite in giudizio le parti private, opponenti nel
giudizio a quo, concludendo per la declaratoria di illegittimità
costituzionale della norma denunciata, sulla scorta delle medesime
argomentazioni esposte nell’ordinanza di rimessione. Ad avviso degli
intervenienti, la norma suddetta si porrebbe in contrasto, oltre che
con l’art. 3, con l’art. 36 della Costituzione, posto a tutela del
lavoro in ogni sua forma e, quindi, anche di quello prestato dal
socio di una cooperativa di produzione e lavoro.
costituzionale dell’art. 2751-bis, n. 1, del codice civile, nella
parte in cui non prevede tra i crediti aventi privilegio generale sui
mobili del debitore i crediti dei soci delle cooperative di
produzione e lavoro per il lavoro prestato in adempimento del
contratto sociale. A parere del Tribunale rimettente risulterebbe
violato l’art. 3 della Costituzione per la disparità di trattamento
che si determinerebbe tra i crediti dei lavoratori subordinati, per
retribuzioni ed indennità di fine rapporto, che sarebbero assistiti
dal privilegio generale sui mobili del debitore ai sensi dell’art.
2751-bis numero 1, del codice civile ed i crediti dei soci delle
cooperative di lavoro e di produzione che ne sarebbero invece
esclusi.
2. – La questione non è fondata.
3. – Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di
privilegi “è possibile, in tesi, sindacare – all’interno di una
specifica norma attributiva di un privilegio – la ragionevolezza
della mancata inclusione, in essa, di fattispecie omogenee a quella
cui la causa di prelazione è riferita. Non è invece consentito
utilizzare lo strumento del giudizio di legittimità per introdurre,
sia pur in considerazione del rilievo costituzionale di un
determinato credito, una causa di prelazione ulteriore, con
strutturazione di un autonomo modulo normativo che codifichi la
tipologia del nuovo privilegio ed il suo inserimento nel sistema di
quelli preesistenti” (sentenze n. l del 1998 e n. 84 del 1992).
Precisati in tal modo i limiti del sindacato di costituzionalità, si
tratta allora di accertare se la figura del socio di una cooperativa
di produzione e lavoro, che presti attività lavorativa in
adempimento del contratto sociale, possa ritenersi omogenea a quella
del prestatore di lavoro subordinato, risultando in caso contrario
precluso l’invocato intervento additivo.
4. – Il rimettente muove dalla premessa – conforme alla
giurisprudenza di questa Corte ed alla giurisprudenza di legittimità
assolutamente prevalente – che i crediti vantati dagli attori non
derivano da una prestazione di lavoro subordinato ma si collocano
“nell’ambito di un rapporto a struttura associativa”.
La natura retributiva del compenso corrisposto ai soci delle
cooperative di lavoro e produzione viene, conseguentemente, affermata
dallo stesso rimettente facendo leva non già sulla qualificazione
del socio in termini di lavoratore subordinato, bensì sulla tendenza
espansiva della legislazione giuslavoristica dalla quale emergerebbe,
ad avviso del rimettente, con sempre maggiore nettezza di contorni,
una “considerazione dell’attività di lavoro come tale e nella sua
oggettività, indipendentemente dal fatto che sia prestata dal
lavoratore subordinato ovvero dal socio di una cooperativa di
lavoro”.
La tesi, del resto non nuova, è stata disattesa da questa Corte
rilevandosi, in particolare, come l’estensione al lavoro cooperativo
di taluni aspetti della disciplina del lavoro subordinato, rinvenendo
la sua ratio nella tutela della persona del lavoratore, non possa
legittimare l’affermazione di un processo, ormai compiuto, di
detipizzazione del contratto di lavoro che resta, dunque, distinto da
altri contratti coinvolgenti, come quello che viene nella specie in
considerazione, la capacità di lavoro di una delle parti (sentenza
n. 30 del 1996).
Né in contrario varrebbe richiamarsi, come fa il rimettente, alla
disciplina in tema di Fondo di garanzia che l’art. 24 della legge 24
giugno 1997, n. 196 dichiara applicabile ai crediti dei soci delle
cooperative di lavoro e la cui ratio, di natura assistenziale, è
solo quella di garantire al socio, nell’ipotesi di insolvenza della
società o comunque di insufficienza del patrimonio sociale, il
pagamento del compenso per l’attività lavorativa svolta in
conformità alle previsioni del contratto sociale.
Si tratta, dunque, di un intervento legislativo che, operando
all’esterno del rapporto sociale attraverso cui si svolge la
prestazione lavorativa, non ne altera la tipicità e la diversità
rispetto a quello di lavoro subordinato.
La inapplicabilità, poi, all’ipotesi del pagamento effettuato dal
Fondo di garanzia al socio lavoratore della norma, dettata in tema di
lavoro subordinato, che dispone la surrogazione del Fondo nel
privilegio spettante al lavoratore sui beni del datore di lavoro,
lungi dal comprovare la fondatezza della questione sollevata dal
rimettente, rinviene una coerente e logica spiegazione proprio
nell’assenza di quella omogeneità tra le due categorie di crediti
posti a raffronto che sola potrebbe legittimare la invocata pronuncia
di incostituzionalità.
L’infondatezza della questione di incostituzionalità trova,
infine, ulteriore, pur se indiretta, conferma in un duplice ordine di
considerazioni. L’estensione ai crediti dei soci lavoratori del
privilegio di cui all’art. 2751-bis numero 1, del codice civile sui
mobili della cooperativa comporterebbe, infatti, un inammissibile
soddisfacimento preferenziale dei diritti dei soci sul patrimonio
della società di cui gli stessi soci fanno parte, e una
corrispondente compressione dei diritti dei terzi che quel patrimonio
è, per definizione, destinato a garantire.
Mentre del tutto priva di giustificazione risulterebbe
l’introduzione di una causa di prelazione che, in quanto fondata
sulla tutela del lavoro cooperativo, sarebbe sostanzialmente omogenea
a quella già accordata ai crediti delle cooperative di produzione e
lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei
manufatti (art. 2751-bis, n. 5, del codice civile).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2751-bis, n. 1, del codice civile, sollevata, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Ferrara,
con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Marini
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola