Sentenza N. 455 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
27/07/1989
Data deposito/pubblicazione
27/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legislativo 2 marzo 1948, n. 142 (Attribuzioni dell’Avvocatura dello
Stato nei riguardi della Regione siciliana), promosso con ordinanza
emessa il 21 giugno 1988 dal T.A.R. per la Sicilia, Sezione staccata
di Catania, sul ricorso proposto da Grasso Giovanbattista contro lo
I.A.C.P. di Catania ed altri, iscritta al n. 78 del registro
ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 9 prima serie speciale dell’anno 1989;
Visto l’atto di costituzione della Regione Sicilia, nonché l’atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore
Enzo Cheli;
Udito l’Avvocato dello Stato Giorgio D’Amato per la Regione
Sicilia e per il Presidente del Consiglio dei ministri;
all’assegnazione di un alloggio popolare, contro l’Istituto autonomo
case popolari di Catania e la Commissione provinciale per
l’assegnazione di alloggi popolari ed economici presso tale Istituto,
il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (Sezione di
Catania) – dovendo giudicare della nullità della notificazione
dell’atto introduttivo del giudizio effettuata direttamente alla
Commissione anziché presso la competente Avvocatura distrettuale
dello Stato – ha sollevato, in riferimento agli artt. 116 e 3 Cost. e
1, 14, lettera p), e 43 dello Statuto speciale della Regione
siciliana (legge Cost. 26 febbraio 1948 n. 2), questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legislativo 2
marzo 1948 n. 142 (Attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato nei
riguardi della Regione siciliana), che ha esteso alla amministrazione
regionale siciliana le funzioni dell’Avvocatura dello Stato.
Secondo l’ordinanza di rinvio, la disciplina adottata con tale
disposizione, imponendo una particolare soluzione organizzativa in
materia di patrocinio legale degli organi della Regione siciliana,
limiterebbe indebitamente la potestà legislativa esclusiva di cui la
stessa Regione gode in tema di “ordinamento degli uffici e degli enti
regionali”, con conseguente violazione dell’autonomia regionale e
specificamente degli artt. 1 e 14 lett. p) dello Statuto speciale.
In secondo luogo, la stessa disciplina – sempre ad avviso del
giudice a quo – sarebbe tale da determinare una irrazionale
disparità di trattamento, lesiva dell’art. 3 Cost., fra la Regione
siciliana – obbligata, in forza di una legge statale, ad avvalersi
comunque del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato – e le altre
Regioni, che, in base alla legislazione vigente (art. 107, terzo
comma, d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e art. 10 legge 3 aprile 1979 n.
103), restano invece libere di decidere, con proprio atto, se ed in
quale misura fruire del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato,
ovvero avvalersi dell’apporto di professionisti del libero Foro.
La disposizione impugnata – ove fosse ritenuta attuativa dello
Statuto regionale – si presenterebbe, infine, lesiva dell’art. 43
dello Statuto speciale, secondo cui le norme di attuazione statutaria
e quelle che disciplinano il passaggio degli uffici statali alla
Regione debbono essere adottate con una particolare procedura che
contempla la preventiva delibera di una apposita Commissione
paritetica: e ciò in quanto il decreto legislativo impugnato non
sarebbe stato adottato con tale procedura né preceduto dalla
deliberazione di tale Commissione.
L’ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9, prima serie speciale, del
1° marzo 1989.
2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il
Presidente del Consiglio dei Ministri e si è costituito il
Presidente della Regione autonoma Sicilia, entrambi rappresentati e
difesi dell’Avvocatura generale dello Stato.
La Presidenza del Consiglio – dopo aver prospettato
l’inammissibilità della denunzia del vizio procedimentale in quanto
formulata in via ipotetica – osserva, nel merito, che le disposizioni
del decreto legislativo n. 142 del 1948 non attengono alla materia
dell’ordinamento degli uffici bensì alla materia processuale. Ad
avviso dell’interveniente non risulterebbe, pertanto, in alcun modo
lesa la potestà legislativa regionale in materia di uffici, tant’è
che la Regione ha potuto legiferare in ordine alle attribuzioni del
proprio ufficio legislativo e legale e disciplinare le ipotesi in cui
la Regione non possa avvalersi – ai sensi del decreto legislativo 2
marzo 1948 n. 142 – del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.
La Presidenza del Consiglio sottolinea poi il dato di fatto della
lunga ed incontrastata attuazione della norma impugnata e richiama le
argomentazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale n.
30 del 1968, con la quale venne dichiarata l’infondatezza di analoga
questione, sollevata con riguardo all’art. 55 del d.P.R. 19 maggio
1949 n. 250, che estendeva le funzioni dell’Avvocatura dello Stato
all’amministrazione regionale sarda.
Viene, infine, contestata la censura formulata con riferimento
all’art. 3 Cost.: tale censura risulterebbe priva di consistenza sia
in relazione alla natura speciale dell’autonomia siciliana, sia in
relazione al particolare regime processuale previsto per le sole
Regioni a statuto speciale, in analogia con la disciplina posta per
le amministrazioni statali.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri chiede pertanto che la
questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
3. – Nel suo atto di costituzione il Presidente della Regione
siciliana, dopo aver sottolineato il rilevante interesse che il
riconoscimento della legittimità costituzionale della norma
impugnata riveste per la Regione, fa proprie le deduzioni del
Presidente del Consiglio dei Ministri, concludendo per
l’inammissibilità o per l’infondatezza della questione.
4. – In prossimità dell’udienza di discussione il Presidente del
Consiglio dei ministri ha prodotto ampia memoria, dove si sviluppano
le argomentazioni difensive già enunciate nell’atto di intervento.
(Attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato nei riguardi della Regione
siciliana) dispone che “le funzioni dell’Avvocatura dello Stato nei
riguardi delle amministrazioni statali sono estese
all’amministrazione regionale siciliana”, nei cui confronti viene
prevista l’applicazione del Testo unico e del regolamento sulla
rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, approvati con i
RR.DD. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 1612, nonché degli artt. 25 e 144
del Codice di procedura civile: da tale disciplina discende, tra
l’altro, l’onere della notifica degli atti introduttivi dei giudizi
proposti nei confronti dell’amministrazione regionale presso
l’Avvocatura erariale, anziché direttamente all’organo che ha
emanato l’atto.
Il giudice a quo – dovendo giudicare in ordine all’ammissibilità
di un ricorso proposto mediante notifica diretta all’organo regionale
anziché presso l’Avvocatura erariale – dubita della legittimità
costituzionale di tale disciplina per tre ordini di motivi e cioè:
a) con riferimento agli artt. 116 Cost. e 1 e 14 lett. p) dello
Statuto speciale siciliano, per il fatto che la legge statale,
imponendo alla Regione una particolare soluzione organizzativa in
tema di patrocinio legale, verrebbe indebitamente a interferire in
una materia (“ordinamento degli uffici e degli enti regionali”)
riservata alla competenza legislativa esclusiva regionale; b) con
riferimento all’art. 3 Cost., per il fatto che la Regione siciliana
si troverebbe, in conseguenza della norma impugnata, obbligata
comunque a ricorrere al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato,
mentre lo stesso legislatore statale ha consentito alle Regioni
ordinarie di scegliere liberamente se avvalersi o meno di tale
patrocinio (cfr. artt. 107, terzo comma, d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616
e 10 legge 3 aprile 1979 n.103); c) in relazione all’art. 43 dello
Statuto speciale, in relazione al fatto che la disciplina di cui è
causa – ove dovesse considerarsi attuativa dello Statuto – sarebbe
stata adottata senza il rispetto della speciale procedura (delibera
della Commissione paritetica) prevista per le norme di attuazione
statutaria.
2. – La questione è infondata in relazione a tutti i profili
prospettati.
Sul piano formale, va innanzitutto richiamata la particolare
natura dell’atto normativo impugnato, in relazione al profilo,
enunciato come eventuale, concernente la violazione del procedimento
regolato dall’art. 43 dello Statuto speciale siciliano.
In proposito va ricordato che il decreto legislativo n. 142 del
1948 fu adottato dal Governo in virtù dei poteri conferiti allo
stesso dal decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1944 n. 151
(concernente la c.d. “costituzione provvisoria”), modificato con il
decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946 n. 98 e convertito,
con l’entrata in vigore della Carta repubblicana, dalla XV
disposizione transitoria. Il decreto legislativo in esame –
successivamente ratificato mediante la legge 17 aprile 1956 n. 561 –
recepiva, peraltro, con lievi varianti, il contenuto di una
disposizione in materia giurisdizionale che aveva formato oggetto di
specifico accordo tra Stato e Regione, nell’ambito dei lavori svolti
dalla prima Commissione paritetica nominata, ai sensi dell’art. 43
dello Statuto siciliano, mediante decreto del Capo dello Stato in
data 9 ottobre 1946. Con una relazione inviata all’Assemblea
regionale il 24 maggio 1947 il Presidente di tale Commissione
trasmetteva, infatti, le norme transitorie e di attuazione dello
Statuto speciale deliberate dalla stessa Commissione, norme raccolte
sotto otto paragrafi, di cui uno ( sub lett. f) dedicato agli “organi
giurisdizionali”. Nell’ambito della disciplina concernente tale
materia veniva, tra l’altro, prevista una disposizione (art.30)
relativa all’estensione delle funzioni dell’Avvocatura dello Stato
all’amministrazione regionale, con la conseguente applicazione alla
stessa della disciplina posta nei rr.dd. nn. 1611 e 1612 del 1933.
Non si può quindi dubitare del fatto che la norma impugnata, per
essere stata adottata sulla base di un consenso maturato nell’ambito
della Commissione paritetica di cui all’art. 43 dello Statuto, sia
venuta ad assumere, almeno nella sostanza, la natura di norma
attuazione dello Statuto speciale. Le diversità solo formali che è
dato riscontrare tra il testo del decreto legislativo n. 142 del 1948
e quello redatto dalla Commissione paritetica non sono, d’altro
canto, tali da intaccare la sostanziale identità delle due
discipline, mentre possono trovare una spiegazione d’ordine storico
sia nella particolare fase di transizione istituzionale in cui la
prima Commissione paritetica venne a concludere il proprio lavoro sia
nel fatto che, successivamente a tale conclusione, il decreto
legislativo n. 142 venne emanato quando non risultava ancora operante
la legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 2 (entrata in vigore il
10 marzo successivo), mediante cui fu disposta la
“costituzionalizzazione” dello Statuto speciale siciliano.
Pur nella riconosciuta natura di norma di attuazione riferibile
alla disposizione impugnata, non sussistono, dunque, elementi per
ritenere fondata – data l’esistenza di un accordo maturato
nell’ambito della Commissione paritetica e successivamente recepito
in un atto normativo del Governo – la censura di ordine procedurale
formulata, in via ipotetica, dall’ordinanza con riferimento all’art.
43 dello Statuto speciale.
3. – Da tale premessa discende agevolmente anche l’infondatezza
della censura, di carattere sostanziale, prospettata con riferimento
agli artt. 116 Cost. e 1 e 14 lett. p) dello Statuto speciale.
Basti solo rilevare che l’asserita lesione della competenza
esclusiva regionale in materia di “ordinamento degli uffici e degli
enti regionali”, nella specie, non può essere configurata non solo e
non tanto per la non diretta attinenza della norma impugnata
(incidente, in prevalenza, nella sfera della rappresentanza
processuale) alla materia in questione, quanto ed essenzialmente per
il carattere sostanzialmente consensuale della disciplina espressa da
tale norma. Tale carattere è stato, del resto, in certo senso,
avallato dallo stesso comportamento tenuto nel corso del giudizio
dalla Regione Sicilia, che, oltre ad aderire alle conclusioni
formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri, ha ritenuto di
dover affermare il proprio “rilevante interesse” alla conservazione
della norma impugnata: con ciò escludendo che nella specie sia
congruo parlare di lesione della sfera di autonomia regionale
determinata da una “particolare soluzione organizzativa” imposta
unilateralmente dallo Stato. A tale constatazione, di per sé
decisiva, può essere d’altro canto aggiunto anche il richiamo alla
precedente giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 30 del 1968)
che, con riferimento ad una fattispecie normativa del tutto identica
a quella in esame, concernente la Regione sarda (art. 55 d.P.R. 19
maggio 1949 n. 250), ha avuto modo di escludere la violazione
dell’autonomia regionale conseguente all’estensione delle funzioni
dell’Avvocatura dello Stato all’ambito di una Regione a statuto
speciale: e questo in relazione alla sfera di discrezionalità pur
sempre concessa alla stessa Regione nella scelta del difensore dalla
disciplina in questione, sia con riferimento all’ipotesi di contrasto
di interessi con lo Stato sia con riferimento all’ipotesi, per quanto
eccezionale, di affidamento della difesa ad avvocati del libero foro
(affidamento consentito dall’art. 5 del R.D. 30 ottobre 1933 n.
1611).
4. – Infondata risulta, infine, anche la censura prospettata con
riferimento all’art. 3 Cost.
La diversità di disciplina prevista per le Regioni a statuto
ordinario – nei cui confronti l’art. 107, terzo comma, del d.P.R. 24
luglio 1977 n. 616 (successivamente integrato dall’art. 10 legge 3
aprile 1979 n. 103) ha previsto la possibilità del patrocinio da
parte dell’Avvocatura dello Stato come soluzione facoltativa e non
obbligatoria – non può, infatti, assumere rilievo nel caso in esame
al fine di valutare l’eventuale lesione del principio di eguaglianza.
La possibilità di comparare le due situazioni risulta, infatti,
esclusa sia dalla specialità dell’autonomia riconosciuta alla
Regione siciliana dall’art. 116 Cost. (che può comportare soluzioni
organizzative diversificate da quelle previste per le altre Regioni,
ordinarie e speciali), sia dall’adesione espressa dalla stessa
Regione nei confronti della disciplina di cui è causa. Dato questo
che non esclude, peraltro, la possibilità di adottare in prosieguo –
così come è già accaduto per la Regione Sardegna mediante l’art.
73 del d.P.R. 19 giugno 1979 n. 348, che ha trasformato il patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato da obbligatorio in facoltativo – una
diversa soluzione, ove questa risulti concordata, anche alla luce
della disciplina posta per le Regioni ordinarie, tra Stato e Regione
siciliana, sempre nel rispetto del particolare procedimento previsto
dall’art. 43 dello Statuto speciale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 1948, n. 142,
(Attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato nei riguardi della Regione
siciliana) sollevata, con l’ordinanza di cui in epigrafe, in
relazione agli artt. 116 e 3 Cost. ed 1, 14 lett. p) e 43 dello
Statuto speciale della Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CHELI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 27 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA