Sentenza N. 456 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1994
Data deposito/pubblicazione
30/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni)
e dell’art. 25 del D.M. 11 novembre 1930 (Approvazione di uno schema
di polizza a tipo unico per abbonamento al telefono), in quanto
recepito dall’art. 2 del citato d.P.R. n. 156, promossi con le
seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 marzo 1994 dal Tribunale di Potenza
nel procedimento civile vertente tra Collazzo Rosa e la S.I.P.,
iscritta al n. 344 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale,
dell’anno 1994;
2) ordinanza emessa il 10 marzo 1994 dal Tribunale di Potenza nel
procedimento civile vertente tra Sole Fortunato e la S.I.P., iscritta
al n. 345 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno
1994;
Udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice
relatore Cesare Ruperto;
Società concessionaria del servizio telefonico da due utenti, i
quali avevano visto il proprio nominativo rispettivamente omesso e
trascritto in modo inesatto nell’elenco ufficiale degli abbonati, il
Tribunale di Potenza, con due identiche ordinanze emesse il 10 marzo
1994, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 del d.P.R. 29
marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni)
e 25 del D.M. 11 novembre 1930 (Approvazione di uno schema di polizza
a tipo unico per abbonamento al telefono) in quanto recepito
dall’art. 2 del citato d.P.R. n. 156, nella parte in cui dette norme
esonerano la società concessionaria (S.I.P.) dalla responsabilità
nelle ipotesi descritte.
Il giudice a quo premette: a) che non si controverte, nella specie, delle indennità o dei rimborsi previsti dal codice postale, ma
si verte esclusivamente nell’àmbito del risarcimento dei danni, per
cui non è applicabile la disposizione che impone il preventivo
esperimento del reclamo in via amministrativa, b) che entrambe le
vicende sono anteriori al nuovo regolamento di servizio per gli
abbonamenti telefonici approvato con D.M. 8 settembre 1988, n. 484.
Nel merito il Tribunale remittente osserva che la norma di cui
all’art. 6 esonera il concessionario da ogni responsabilità fuori
dei casi stabiliti dalla legge, mentre nell’art. 2 si opera un rinvio
alle disposizioni regolamentari, una delle quali sarebbe appunto
quella contenuta nell’art. 25 del D.M. 11 novembre 1930.
Tale sistema determinerebbe un’ingiustificata disparità di
trattamento tra concessionario ed utente, così da “alterare la
materia sostanzialmente privatistica del rapporto tra gli stessi
contraenti”. A riguardo viene richiamata la giurisprudenza
costituzionale in tema di responsabilità dell’amministrazione
postale per la perdita di raccomandate e della S.I.P. per
interruzioni del servizio dovute a sua colpa. In tale occasione sono
state sottolineate, ricorda il Tribunale, la necessità che i
rapporti con gli utenti si conformino ad un regime privatistico e
l’anacronismo di un “privilegio del fisco” in favore del servizio
pubblico.
Secondo questa prospettiva le limitazioni alla responsabilità
dovrebbero essere specifiche e giustificate, mentre la deroga in
argomento consentirebbe alla S.I.P. di sottrarsi al risarcimento
anche ove l’omissione o l’errore circa le indicazioni relative
all’abbonato siano ad essa addebitabili. Risulterebbe in tal modo
alterato “l’equilibrato componimento degli interessi riferibili alle
parti del contratto di utenza”.
dell’art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, che prevede
l’esclusione o la limitazione della responsabilità
dell’amministrazione postale e dei concessionari dei servizi postali,
di bancoposta e di telecomunicazioni, nonché dell’art. 25 del D.M.
11 novembre 1930 (recepito dall’art. 2 del citato d.P.R. n. 156 del
1973), che espressamente esclude la responsabilità della Società
concessionaria dei servizi telefonici per omissioni o errori negli
elenchi degli abbonati.
Il Tribunale remittente si avvale della medesima argomentazione,
concernente l’asserita disparità di trattamento tra concessionario
ed utente, in entrambe le ordinanze, relative a due distinti
procedimenti aventi ad oggetto i casi di due utenti, il cui
nominativo era stato rispettivamente omesso e trascritto in modo
inesatto nell’elenco ufficiale degli abbonati.
I due giudizi, per la stretta analogia della materia, debbono
essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.
2. – Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile la
censura della disposizione regolamentare di cui all’art. 25 del D.M.
11 novembre 1930, palesemente non suscettibile, per la sua natura di
norma secondaria, di essere sottoposta al controllo diretto di
legittimità costituzionale.
3. – Tuttavia – come ha già affermato questa Corte in un caso del
tutto analogo (sentenza n. 1104 del 1988) – l’inammissibilità della
questione proposta nei confronti della disposizione regolamentare non
può comportare anche l’inammissibilità, per difetto di rilevanza,
delle censure formulate nei confronti dell’art. 6 del d.P.R. n. 156
del 1973.
Quest’ultima disposizione, infatti, trova applicazione attraverso le
specificazioni espresse dalla normativa regolamentare, i cui
contenuti integrano il precetto della norma primaria, in quanto fatti
salvi fino all’emanazione del nuovo regolamento postale dall’art. 2
dello stesso d.P.R. n. 156 del 1973.
Il rapporto che così si determina tra la legge e la fonte
secondaria, che ne concretizza un preciso significato, consente lo
scrutinio di costituzionalità dell’art. 6, nella parte in cui
esclude la responsabilità del concessionario del servizio telefonico
per omissione parziale od errori nelle indicazioni relative
all’abbonato negli elenchi telefonici.
Sotto tale profilo la questione è fondata.
È evidente che il totale esonero dalla responsabilità del
concessionario per omissioni o errori di numeri, diciture,
qualifiche, titoli, indirizzi e quant’altro risulti necessario alla
individuazione dell’abbonato e della sua utenza telefonica, non trova
una ragionevole giustificazione in esigenze proprie del servizio
telefonico, in vista delle quali soltanto va considerata in linea con
i princìpi costituzionali la configurabilità di una disciplina
speciale nella materia della responsabilità stessa, a fronte di
quella prevista in via generale dal codice civile. Disciplina
speciale che, d’altronde, viene ad alterare – per la disposta
esclusione di un qualunque risarcimento dei danni subiti dall’utente
per colpa del concessionario – l’equilibrato componimento degli
interessi delle parti del contratto d’utenza (cfr. sentenza n. 1104
del 1988, nonché sentenze n. 132 del 1985 e n. 303 del 1988).
Non a caso, del resto, con l’art. 26, comma 3, del successivo
regolamento di servizio (approvato con il D.M. 8 settembre 1988, n.
484, ma non applicabile nei giudizi a quibus) è stata dettata una
disciplina che, seppure entro limiti assai ristretti, prevede la
responsabilità della società concessionaria nelle ipotesi in
argomento.
Nel senso attribuitogli dall’art. 25 del D.M. del 1930, quindi,
l’impugnato art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973 va dichiarato
illegittimo.
4. – La citata norma regolamentare non è invece idonea a fondare
un’interpretazione dell’art. 6, tale da escludere la responsabilità
in caso di totale omissione di ogni annotazione relativa all’utente.
Come ha in più occasioni affermato la giurisprudenza di
legittimità, infatti, col riferirsi a numeri, diciture, qualifiche,
indirizzi e simili, la disposizione in parola intende considerare
solo errori ed omissioni parziali, presupponendo che il diritto
all’inserzione nell’elenco, sia pure in modo imperfetto, si sia
comunque realizzato ed implicando quindi che il nome non sia stato
del tutto omesso. Tesi, questa, confortata anche dal rilievo che, ove
avesse inteso comprendere nell’esonero dalla responsabilità il caso
dell’omissione totale, il legislatore non avrebbe certo provveduto a
specificare tutti i possibili oggetti dell’omissione stessa e degli
errori incorsi, ai quali soltanto si correla dunque la lamentata
esclusione.
La lettura conforme a Costituzione che ne consegue, conduce ad
escludere, secondo tale prospettiva, la fondatezza della questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 del d.P.R.
29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di
telecomunicazioni), nella parte in cui esclude la responsabilità
della Società concessionaria del servizio telefonico per le erronee
indicazioni nell’elenco degli abbonati, come specificate dall’art. 25
del D.M. 11 novembre 1930 (Approvazione di uno schema di polizza a
tipo unico per abbonamento al telefono);
dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la
questione di legittimità costituzionale della medesima norma,
sollevata dal Tribunale di Potenza in riferimento all’art. 3 della
Costituzione con l’ordinanza n. 344 del 1994;
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 25 del D.M. 11 novembre 1930, sollevata
dallo stesso Tribunale con le ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: RUPERTO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA