Sentenza N. 459 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1994
Data deposito/pubblicazione
30/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, avv. Mauro
FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, prof. Giuliano
VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
21 febbraio 1989, n. 63 (Disposizioni per alcune categorie di
personale tecnico ed amministrativo delle Università), promosso con
ordinanza emessa il 26 novembre 1993 dalla Corte dei conti, Sezione
giurisdizionale per la Regione siciliana nei giudizi di
responsabilità promossi dal Procuratore regionale nei confronti di
Stagno d’Alcontres Guglielmo, iscritta al n. 235 del registro
ordinanze 1994 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1994;
Visto l’atto di costituzione di Stagno d’Alcontres Guglielmo;
Udito nell’udienza pubblica del 25 ottobre 1994 il Giudice
relatore Massimo Vari;
Uditi gli avvocati Enzo Silvestri e Aldo Tigano per Stagno
d’Alcontres Guglielmo;
nel corso di otto giudizi riuniti di responsabilità promossi dal
Procuratore regionale nei confronti del Rettore dell’Università di
Messina, prof. Guglielmo Stagno d’Alcontres – la Corte dei conti,
Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato, in
riferimento all’art. 97, primo comma, della Costituzione, questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge 21 febbraio
1989, n. 63 (Disposizioni per alcune categorie di personale tecnico
ed amministrativo delle Università).
Il giudice remittente, rammentato il contenuto della norma
impugnata che attribuisce, in ogni caso, efficacia giuridica ed
economica ai provvedimenti di inquadramento del personale delle
università originariamente adottati ai sensi dell’art. 85 della
legge n. 312 del 1980 nonché ai provvedimenti successivi, adottati
in difformità da quelli originari, quando abbiano prodotto effetti
più favorevoli ai dipendenti, rileva, in sostanza, che,
dall’accoglimento della questione, dipende la definizione dei giudizi
nel senso propugnato dal Procuratore regionale. Questi agisce, nella
specie, per il ristoro del danno erariale conseguente alla avvenuta
modifica dei provvedimenti di originario inquadramento di alcuni
dipendenti dell’amministrazione universitaria ai sensi dell’art. 85
della legge n. 312 del 1980, con attribuzione di una più elevata
qualifica funzionale.
In ordine alla non manifesta infondatezza, il remittente osserva
che la norma impugnata, nel “porre nel nulla” o, per il futuro,
eventualmente, nel “prevenire” le deliberazioni di annullamento
adottate dalla Sezione di controllo della Corte dei conti nei
confronti di molti atti di inquadramento disposti dai rettori delle
università, in una generalizzata tendenza ad attribuire qualifiche
più elevate rispetto a quelle che sarebbero spettate,
rappresenterebbe un caso di “palese eccesso di potere legislativo”,
in contrasto con il principio di buon andamento nonché con il
criterio di ragionevolezza ricollegabile all’interesse protetto
dall’art. 97, primo comma, della Costituzione.
2. – Si è costituita in giudizio la parte privata, rappresentata
e difesa dagli avvocati Enzo Silvestri ed Aldo Tigano, i quali hanno
depositato una memoria con cui si chiede il rigetto della questione
proposta, assumendo che la norma impugnata ha voluto salvaguardare le
posizioni acquisite, ispirandosi ad un principio ormai riconosciuto,
specie nel campo del pubblico impiego, e corrispondente ad un valore
avente la stessa dignità di quello che sarebbe stato infranto.
Con una ulteriore memoria depositata in prossimità dell’udienza
la difesa della parte privata, nell’insistere per il rigetto della
questione, osserva in particolare che:
1) non è necessariamente conseguenziale che norme in contrasto
con la legge n. 312 del 1980 – che si assuma rispondente a criteri di
buona organizzazione – siano anche in contrasto con il principio di
buon andamento, attesa l’ampia discrezionalità nella scelta delle
soluzioni organizzative riconosciuta al legislatore anche dalla
Corte;
2) la norma impugnata interviene, dopo nove anni dalla legge n.
312 del 1980, “a convalidare situazioni forse anche irregolari, ma
oramai consolidate”. In base ad un principio generale dell’azione
amministrativa, ispirato al perseguimento del pubblico interesse, il
legislatore “ben potrebbe avere razionalmente ritenuto che una
massiccia rimozione di provvedimenti di inquadramento da lungo tempo
operanti avrebbe rischiato di compromettere gravemente l’assetto
organizzativo delle università”;
3) lungi dal proporsi di porre nel nulla gli atti negativi di
controllo dell’organo contabile, la norma impugnata avrebbe riparato
alle difficoltà e divergenze interpretative della legge n. 312 del
1980, in particolare per quanto attiene all’individuazione delle
mansioni svolte “di fatto”. Eventuali errori applicativi sarebbero
derivati dalla vaghezza dei criteri indicati dalla normativa, che
lascerebbe a chi emana i decreti di inquadramento la responsabilità
di una scelta difficile e, per certi versi, necessariamente
arbitraria.
giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge 21 febbraio 1989,
n. 63 recante disposizioni per alcune categorie di personale tecnico
e amministrativo delle Università.
La disposizione denunciata stabilisce che i provvedimenti di
inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei relativi profili
professionali di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 24 settembre 1981, originariamente adottati ai sensi
dell’art. 85 della legge 11 luglio 1980, n. 312, dispiegano in ogni
caso gli effetti giuridici ed economici in conformità a quanto dagli
stessi disposto. La stessa disposizione prevede, nel contempo, che
eventuali provvedimenti adottati successivamente a quelli originari
di inquadramento e in difformità degli stessi restano
conseguentemente privi di effetti, fatti salvi in ogni caso i
provvedimenti che abbiano già prodotto effetti più favorevoli ai
dipendenti.
Il giudice remittente chiama la Corte a stabilire se la
disposizione in questione violi l’art. 97, primo comma, della
Costituzione, giacché la conservazione degli effetti di atti
amministrativi comportanti l’attribuzione ai dipendenti di livelli e
qualifiche funzionali in contrasto con le norme (art. 85 della legge
n. 312 del 1980) precedentemente poste, e specificamente destinate a
ristrutturare le carriere dei dipendenti delle università secondo
criteri di buon andamento, non risponderebbe ad alcun criterio di
ragionevolezza ricollegabile all’interesse costituzionalmente
protetto dall’invocato parametro.
2. – La questione non è fondata.
Come risulta anche dagli atti parlamentari, la disposizione di cui
trattasi si colloca all’esito di una complessa vicenda, quale quella
dell’attuazione, nell’ambito delle amministrazioni universitarie, del
sistema delle qualifiche funzionali, di cui alla legge n. 312 del
1980, che, proprio per i suoi caratteri profondamente innovativi, non
ha mancato di creare difficoltà e divergenze interpretative ed applicative, attesa anche l’enorme mole di provvedimenti che dovevano
essere adottati.
Tanto premesso, occorre considerare che il remittente denuncia
l’art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63, assumendone
l’irragionevolezza alla luce dell’art. 97 della Costituzione e
dell’interesse ivi protetto.
Orbene, come rammenta lo stesso remittente, questa Corte ha altre
volte avuto occasione di affermare che, in sede di giudizio sulla
legittimità costituzionale delle leggi la violazione dell’art. 97
della Costituzione, sotto il profilo del principio di buon andamento,
non può essere lamentata se non quando si assuma l’arbitrarietà o
la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata rispetto al
fine indicato dal precetto costituzionale.
La norma denunciata si propone di attribuire stabilità agli
assetti organizzativi delle strutture amministrative delle
università, considerando ormai irreversibili, a distanza di anni,
gli effetti dei provvedimenti di inquadramento del personale adottati
in applicazione della legge n. 312 del 1980. Con ciò essa rivela
l’intento di evitare le conseguenze di caducazioni di provvedimenti
in base ai quali è stato, comunque, garantito lo svolgimento della
funzione.
A ben vedere, risulta che proprio l’osservanza dell’invocato
principio di buon andamento ha determinato il legislatore – secondo
un riconosciuto canone – a considerare prevalente, nella ponderazione
degli interessi in contrasto, quello del mantenimento di effetti
comunque consolidatisi nel tempo, con il sicuro vantaggio di un
servizio garantito, rispetto a quello dell’eventuale recupero della
pura regolarità formale di provvedimenti, con il rischio di un
probabile diffuso disservizio.
Tale valutazione di prevalenza da parte del legislatore – nei
limiti della peculiare situazione di specie e delle specifiche
connesse ragioni di opportunità – non appare palesemente
irragionevole; onde va escluso il lamentato contrasto con l’art. 97
della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge 21 febbraio 1989, n. 63 (Disposizioni per
alcune categorie di personale tecnico e amministrativo delle
Università) sollevata, in riferimento all’art. 97, primo comma,
della Costituzione, dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale
per la Regione siciliana, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: VARI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA