Sentenza N. 460 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1994
Data deposito/pubblicazione
30/12/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI,
prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo
VARI, dott. Cesare RUPERTO;
degli artt. 3 del regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022
(Ordinamento giudiziario militare) e 2 della legge 7 maggio 1981, n.
180 (Modifiche dell’ordinamento giudiziario militare di pace), come
integrato dall’art. 13 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449
(Approvazione delle norme per l’adeguamento dell’ordinamento
giudiziario militare al nuovo processo penale ed a quello a carico
degli imputati minorenni), promosso con ordinanza emessa il 7
febbraio 1994 dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale
militare di Padova nel procedimento penale a carico di Pietro
Nicolosi, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1994 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie
speciale, dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Nicolosi, il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale
militare di Padova, su eccezione del pubblico ministero, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25, primo comma, della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato
disposto degli artt. 3 del regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022
(Ordinamento giudiziario militare) e 2 della legge 7 maggio 1981, n.
180 (Modifiche dell’ordinamento giudiziario militare di pace), come
integrato dall’art. 13 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449
(Approvazione delle norme per l’adeguamento dell’ordinamento
giudiziario militare al nuovo processo penale ed a quello a carico
degli imputati minorenni), nella parte in cui non prevede, nel caso
di giudizio abbreviato che si svolge nell’udienza preliminare dinanzi
all’autorità giudiziaria militare, la devoluzione della cognizione
ad un organo collegiale, con l’intervento di un militare, di grado
pari a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di
ufficiale, con funzioni di giudice.
Il giudice rimettente premette che il legislatore non ha emanato
norme di adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare al nuovo
processo penale, che si applica anche dinanzi ai tribunali militari
in base all’art. 1 del codice di procedura penale ed all’art. 207 del
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Tuttavia,
nell’applicazione del nuovo codice di procedura penale, anche presso
i tribunali militari sono stati istituiti il giudice per le indagini
preliminari ed il giudice dell’udienza preliminare e le relative
funzioni sono state conferite ad un giudice monocratico e
professionale. Il giudice dell’udienza preliminare ha il compito, tra
l’altro, di definire il processo con rito abbreviato che si svolge
nell’udienza preliminare, mentre in caso di giudizio ordinario la
cognizione rimane attribuita alla competenza del tribunale militare,
organo collegiale composto da due magistrati militari e da un
militare con funzioni di giudice, di grado pari a quello
dell’imputato e non inferiore ad ufficiale.
Ad avviso del giudice rimettente, in assenza del militare-giudice
si avrebbe un giudizio privo del contributo inerente alla
particolarità della vita militare necessario per integrare le
conoscenze prevalentemente tecnico-giuridiche dei giudici
professionali.
Il giudice rimettente ritiene, richiamando la sentenza di questa
Corte n. 49 del 1989, che non si può prescindere dalla presenza del
militare-giudice in tutti i casi in cui l’autorità giudiziaria
militare è investita della cognizione di un reato militare, e ciò
anche quando il giudizio si svolga nelle forme di un processo
speciale.
Così avviene per i reati di competenza del tribunale per i
minorenni, in ordine ai quali il legislatore ha salvaguardato la
composizione mista (giudice professionale e giudici esperti) anche
per il giudizio abbreviato (art. 50- bis dell’ordinamento
giudiziario, aggiunto dall’art. 14 del d.P.R. 22 settembre 1988, n.
449).
Il giudice rimettente ritiene che le norme denunciate contrastino:
a) con l’art. 3 della Costituzione, per la ingiustificata
disparità di trattamento nei confronti degli imputati che scelgono
il rito abbreviato, in quanto la pronuncia emessa nei loro confronti
nell’udienza preliminare sarebbe priva della valutazione di aspetti
della vita militare;
b) con l’art. 25, primo comma, della Costituzione, che, nello
stabilire la garanzia del giudice naturale precostituito per legge,
farebbe riferimento non solo al principio di precostituzione ma anche
all’idoneità e specializzazione del giudice.
La questione di legittimità costituzionale è ritenuta rilevante
nel giudizio principale, in quanto la caducazione della norma della
cui costituzionalità si dubita comporterebbe la celebrazione del
giudizio davanti ad un giudice diversamente composto.
2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
infondata.
L’Avvocatura osserva che l’esigenza prospettata dal giudice
rimettente può e deve trovare un contemperamento con i principi di
semplificazione e celerità alla base del giudizio abbreviato, i
quali sarebbero sensibilmente sacrificati, senza alcuna apprezzabile
utilità per l’imputato militare che ha formulato la richiesta di
giudizio abbreviato, se per la celebrazione di quest’ultimo
nell’udienza preliminare vi fosse la necessità di riunire un
collegio composto da un militare-giudice e da due magistrati
militari.
Il bilanciamento di interessi conduce piuttosto a ritenere
giustificata la prevalenza accordata alla scelta di celerità e
snellezza, rispetto all’esigenza di specializzazione nella
composizione dell’organo giudicante.
Non varrebbe addurre l’esempio del processo minorile, nel quale,
oltre all’esistenza (diversamente dal processo penale militare) di
precisi vincoli imposti dal legislatore delegante, possono
effettivamente ravvisarsi, in relazione alla posizione del minore,
diverse e più forti esigenze di specializzazione del giudice (e
quindi di integrazione del collegio con esperti anche nell’udienza
preliminare).
La discrezionalità del legislatore non sarebbe pertanto
censurabile sotto il profilo della razionalità in relazione a
fattispecie che appaiono tra loro ben distinte e tali da giustificare
il ricorso a soluzioni processuali differenti.
giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Padova
concerne la composizione dell’organo giudicante cui è devoluto il
giudizio abbreviato che si svolge nell’udienza preliminare, organo
che si vorrebbe non già monocratico, bensì collegiale ed a
composizione mista. Difatti viene denunciato il combinato disposto
degli artt. 3 del regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022 e 2 legge 7
maggio 1981, n. 180, come integrato dall’art. 13 del d.P.R. 22
settembre 1988, n. 449, nella parte in cui non prevede che
nell’udienza preliminare, per il giudizio abbreviato, non intervenga
con funzioni di giudice anche un militare di grado pari a quello
dell’imputato e comunque non inferiore al grado di ufficiale, così
come nella composizione del Tribunale militare per il giudizio con il
rito ordinario.
Il giudice rimettente considera sempre necessaria, nel processo
penale militare, la partecipazione all’organo giudicante di chi ha
esperienza della vita militare ed è così in grado di integrare le
conoscenze prevalentemente tecnico-giuridiche dei giudici
professionali.
Lo stesso giudice rimettente ritiene che la mancanza di questa
componente nel giudizio abbreviato, affidato al solo giudice
professionale, determini:
a) una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti
degli imputati che scelgono questo rito (art. 3 della Costituzione),
in quanto essi rimarrebbero privi, nel giudizio, di una valutazione
più specifica degli aspetti di vita militare;
b) la violazione della garanzia del giudice naturale
precostituito per legge (art. 25 della Costituzione), intendendo
questo principio come comprensivo, tra l’altro, della idoneità e
specializzazione del giudice.
2. – La questione è infondata, con riferimento ad entrambi i
parametri di valutazione indicati nell’ordinanza di rimessione.
Preliminarmente si deve ricordare che il principio del giudice
naturale precostituito per legge, dal quale nessuno può essere
distolto (art. 25, primo comma, Costituzione), risponde al diritto
fondamentale ad avere un giudice indipendente ed imparziale, il
quale, nel conflitto tra opposte pretese sottoposte al suo giudizio e
tra le parti che ne sono portatrici nel processo, non possa dare
adito al dubbio di essere stato appositamente istituito per quella
controversia e per quelle parti, con una scelta idonea ad essere
orientata in vista di un determinato giudizio.
La giurisprudenza costituzionale ha, sin dalla sentenza n. 29 del
1958, ripetutamente affermato che la locuzione “giudice naturale”
corrisponde a quella di “giudice precostituito per legge”. È stata
così più volte chiarita la portata del principio sancito dall’art.
25, primo comma, della Costituzione. Questa norma tutela “l’esigenza
che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una garanzia
rigorosa della loro imparzialità, venga sottratta ad ogni possibile
arbitrio attraverso la precostituzione per legge del giudice in base
a criteri fissati in anticipo e non in vista di singole controversie”
(sentenza n. 127 del 1979; nello stesso senso, tra le molte, da
ultimo sentenze n. 149 del 1994, n. 217 del 1993 e n. 269 del 1992;
ordinanze n. 161 del 1992 e n. 271 del 1989).
Non assume dunque rilievo la presunta maggiore o minore idoneità
o qualificazione, che possa essere rivendicata o riconosciuta all’uno
o all’altro organo della giurisdizione. Il criterio di
predeterminazione della competenza, in quest’ambito, ricade nella
discrezionalità del legislatore (cfr. sentenza n. 135 del 1980).
Per quanto più specificatamente concerne il giudizio abbreviato,
la Corte ha già ritenuto che il giudice naturale precostituito per
legge è quello dell’udienza preliminare, cioè un organo, anziché
un altro dello stesso ufficio, che è investito del giudizio in
presenza di determinati presupposti previsti in via generale ed
astratta dalla legge (sentenza n. 305 del 1993), senza che rilevi la
diversa composizione (monocratica, anziché collegiale) dell’organo
preordinato per il giudizio abbreviato, rispetto a quella prevista
per il giudizio dibattimentale.
La stessa valutazione deve essere espressa per il processo penale
militare, nel quale l’avere chiamato a comporre i collegi giudicanti
anche ufficiali non appartenenti all’ordine giudiziario militare può
far ritenere che la partecipazione di questi ultimi contribuisca alla
migliore comprensione, utile ai fini del giudizio, della vita e
dell’ambiente militare nel quale i fatti illeciti sono stati commessi
(sentenza n. 49 del 1989). Ma questa particolarità, se vale a
giustificare la presenza di militari nell’organo giudicante, non la
impone. La presenza di un militare con funzioni di giudice assieme a
magistrati militari in quel processo non rispecchia un contenuto
normativo costituzionalmente vincolato (cfr. sentenza n. 25 del
1981), ma risponde invece ad una valutazione di opportunità rimessa
al legislatore.
È parimenti compresa nella discrezionalità legislativa la scelta
tra diverse forme di composizione dell’organo giurisdizionale (cfr.
da ultimo ordinanze n. 10 e n. 395 del 1994). Ne segue che non è
possibile considerare elemento di comparazione o trarre argomento di
valutazione, come propone l’ordinanza di rimessione, dalla diversa
composizione del giudice per l’udienza preliminare nel Tribunale per
i minorenni, che rimane collegiale, con la partecipazione di due
giudici onorari (art. 50- bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n.
12, aggiunto dall’art. 14 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449). In
questo caso la discrezionalità del legislatore si è diversamente
orientata, con riferimento ad un organo la cui posizione non può
essere “formalisticamente equiparata a quella dei tribunali militari”
(cfr. sentenza n. 78 del 1989) ed in relazione ad un processo, quello
minorile, che ha molteplici connotazioni esclusivamente proprie,
connesse alla particolare protezione che la Costituzione assicura ai
minori.
3. – La diversa composizione nel processo militare dell’organo
giudicante nel giudizio abbreviato, al quale non partecipano militari
con funzioni di giudice, rispetto a quella dibattimentale, nel quale
tale presenza è assicurata, non determina neppure la denunciata
disparità di trattamento tra imputati.
Difatti per un verso tutti sono giudicati, nell’ambito dello
stesso rito (rispettivamente ordinario dibattimentale o abbreviato
che si svolge dinanzi al giudice dell’udienza preliminare), da organi
egualmente composti.
Per altro profilo, essendo i due riti diversi, non è possibile
comparare la composizione degli organi giudicanti per essi
rispettivamente previsti, tanto più che per accedere al rito
abbreviato è sempre necessaria la richiesta dello stesso imputato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
del combinato disposto degli artt. 3 del regio decreto 9 settembre
1941, n. 1022 e 2 della legge 7 maggio 1981, n. 180, come integrato
dall’art. 13 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, sollevata, in
riferimento agli artt. 3 e 25, primo comma, della Costituzione, dal
giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale militare di
Padova con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MIRABELLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA