Sentenza N. 463 del 1997
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1997
Data deposito/pubblicazione
30/12/1997
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1997
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof.
Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico
delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di
telecomunicazioni), promossi con ordinanza emessa il 13 marzo 1996
dalla corte d’appello di Milano nel procedimento civile vertente tra
la SATRIS s.p.a. ed il Ministero delle poste e telecomunicazioni e
con ordinanza emessa il 9 luglio 1996 dalla corte d’appello di Trento
nel procedimento civile vertente tra Andrea Di Francia e l’Ente poste
italiane, iscritte rispettivamente ai nn. 747 e 1270 del registro
ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 34 e 47, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il giudice
relatore Cesare Mirabelli.
delle poste e telecomunicazioni il risarcimento del danno causato dal
ritardo nella rinnovazione di un assegno postale localizzato, la
corte d’appello di Milano, con ordinanza emessa il 13 marzo 1996
(reg. ord. n. 747 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt.
43, 3 e 28 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 6, 28, 48, 49 e 93 del d.P.R. 29 marzo
1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di
telecomunicazioni).
Le disposizioni denunciate stabiliscono che l’Amministrazione non
incontra alcuna responsabilità per i servizi postali, di bancoposta
e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente
stabiliti dalla legge (art. 6); prevedono, inoltre, in caso di
perdita o manomissione di corrispondenza raccomandata o assicurata,
il pagamento, entro limiti predeterminati, di una indennità (artt.
28, 48 e 49), oltre alla quale l’amministrazione non è tenuta ad
altro risarcimento (art. 93).
La corte d’appello di Milano ritiene che, nel caso sottoposto al
suo giudizio, si sia verificato un danno da imputare a colpa
dell’amministrazione, la quale, a seguito del trafugamento di un
assegno postale localizzato, aveva provveduto con ritardo al rinnovo
del titolo, richiesto dall’interessato. Tuttavia solo la
dichiarazione di illegittimità costituzionale dei limiti stabiliti
dalla legge alla responsabilità dell’amministrazione delle poste
consentirebbe di pronunciare condanna al risarcimento del danno
secondo la regola generale, dettata dal codice civile, sulla
responsabilità del debitore.
Il giudice rimettente richiama i principi enunciati dalla
giurisprudenza costituzionale, in particolare con la sentenza n. 303
del 1988, per considerare ingiustificata la sostanziale immunità
dell’Amministrazione delle poste per inadempimenti relativi ad un
rapporto di natura contrattuale; le norme che determinano tale
situazione sarebbero in contrasto con l’art. 43 della Costituzione,
che ha istituito uno stretto collegamento tra la nozione di servizio
pubblico e la nozione di impresa.
L’esonero da responsabilità anche per il servizio di bancoposta
determinerebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 3 della
Costituzione, una irrazionale ed ingiustificata disparità di
trattamento tra l’utente che si serve del servizio bancario fornito
da un istituto di credito, al quale si applica la disciplina comune
sulla responsabilità per inesatto inadempimento, e chi invece si
rivolge, per una analoga prestazione, all’amministrazione postale.
Sarebbe, infine, in contrasto con l’art. 28 della Costituzione
l’irrazionale ed ingiustificata esclusione della responsabilità
dell’Amministrazione per fatti colposi dei propri dipendenti, quando
questi cagionano un danno all’utente, il quale si è servito del
bancoposta per estinguere una propria obbligazione e deve, a sua
volta, risarcire ai terzi, in base alla disciplina comune, i danni
derivanti dal cattivo funzionamento del bancoposta.
2. – Nel corso di un giudizio promosso per ottenere dall’Ente poste
italiane, succeduto all’amministrazione delle poste e
telecomunicazioni, il risarcimento del danno per il mancato recapito
di un plico postale contenente due domande di partecipazione ad un
concorso a posti di professore universitario di ruolo, la corte
d’appello di Trento, con ordinanza emessa il 9 luglio 1996 (reg. ord.
n. 1270 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt. 43, 3 e 28
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli
artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, nella parte in
cui escludono, in caso di mancato recapito della corrispondenza
raccomandata, l’obbligo del risarcimento del danno da parte
dell’amministrazione delle poste e telecomunicazioni, oltre al
pagamento dell’indennità determinata in base all’art. 28 delle
stesse disposizioni legislative e pari a dieci volte il diritto fisso
di raccomandazione.
Il giudice rimettente richiama le sentenze che hanno dichiarato la
illegittimità costituzionale delle disposizioni ora nuovamente
denunciate, nella parte in cui esse disponevano che l’amministrazione
postale non era tenuta al risarcimento dei danni, oltre
all’indennità commisurata al diritto di raccomandazione, in caso di
perdita o manomissione di raccomandate con le quali fossero stati
spediti vaglia cambiari emessi in commutazione di titoli di spesa
dello Stato (sentenza n. 303 del 1988), e nella parte in cui le
stesse disposizioni non eccettuavano dalla limitazione di
responsabilità i danni derivanti da sottrazione dolosa del contenuto
di corrispondenza raccomandata ad opera di dipendenti
dell’amministrazione (sentenza n. 74 del 1992). L’immunità da
responsabilità, stabilita dalle disposizioni denunciate,
costituirebbe un retaggio storico la cui conservazione non sarebbe
giustificata nell’attuale ordinamento, nel quale il servizio postale
non può essere considerato un bene patrimoniale dell’erario, ma si
configura, invece, secondo il modello delineato dall’art. 43 della
Costituzione, come una impresa gestita dallo Stato in regime di
monopolio con la quale lo Stato stesso partecipa all’attività
economica.
Ad avviso del giudice rimettente, questa considerazione sarebbe
sufficiente per eliminare definitivamente, nei confronti della
generalità degli utenti, le limitazioni di responsabilità
dell’amministrazione postale, le quali comporterebbero una
irrazionale disparità di trattamento degli utenti di servizi al
pubblico e determinerebbero una ingiustificata irresponsabilità
dell’amministrazione, tanto più che è in atto una tendenza ad
accentuare il carattere privatistico ed imprenditoriale dei servizi
postali.
l’esclusione o le limitazioni di responsabilità dell’amministrazione
delle poste per i servizi postali e di bancoposta.
La corte d’appello di Milano ritiene che gli artt. 6, 28, 48, 49 e
93 del codice postale e delle telecomunicazioni (testo unico
approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156) possano essere in
contrasto con gli artt. 43, 3 e 28 della Costituzione. Il sostanziale
esonero da responsabilità per i servizi di bancoposta non sarebbe
giustificato, trattandosi di un servizio pubblico organizzato come
impresa, del tutto analogo a quello fornito dagli istituti di credito
soggetti alla disciplina comune in materia di responsabilità per
inadempimento delle obbligazioni. La disparità di trattamento tra
utenti di analoghi servizi, a seconda che siano erogati
dall’amministrazione delle poste o da istituti di credito, sarebbe
ingiustificata; come pure sarebbe irrazionale ed ingiustificato
escludere la responsabilità dell’amministrazione per fatti colposi
dei propri dipendenti, che cagionano un danno all’utente, il quale è
invece tenuto a risarcire a sua volta i terzi secondo la disciplina
comune.
La corte d’appello di Trento ritiene che gli artt. 6, 28, 48 e 93
dello stesso codice postale possano essere in contrasto con gli artt.
43, 3 e 28 della Costituzione. L’immunità da responsabilità della
quale beneficerebbe l’amministrazione delle poste, per il mancato
recapito della corrispondenza raccomandata, costituirebbe un
ingiustificato privilegio per un servizio organizzato come impresa
gestita dallo Stato e che rappresenta una forma di partecipazione
all’attività economica. Sarebbe, inoltre, irragionevole la
disparità di trattamento tra utenti di servizi al pubblico ed
ingiustificata la irresponsabilità dell’amministrazione postale,
mentre si tende ad accentuare il carattere privatistico ed
imprenditoriale di tali servizi.
2. – Le questioni di legittimità costituzionale investono
disposizioni in gran parte coincidenti, inerenti alla disciplina dei
servizi postale e di bancoposta, e fanno riferimento agli stessi
parametri costituzionali; possono, quindi, essere riunite e decise
con un’unica pronuncia.
3. – Le disposizioni che limitano la responsabilità
dell’amministrazione delle poste, per i danni cagionati agli utenti
dei servizi erogati, sono state più volte sottoposte a verifica di
legittimità costituzionale.
La giurisprudenza costituzionale ha già considerato superata la
concezione puramente amministrativa del servizio postale, organizzato
e gestito in forma di impresa ed improntato, quindi, a criteri di
economicità. È venuta, dunque, meno la possibilità di collegare le
limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la
discrezionalità dell’amministrazione, trattandosi
dell’organizzazione di un pubblico servizio che, gestito in regime di
monopolio, configura una forma di partecipazione dello Stato
all’attività economica (sentenza n. 303 del 1988).
La qualificazione del rapporto, tra amministrazione che organizza e
gestisce il servizio postale ed utenti, come contrattuale, soggetto
al regime del diritto privato, non è tuttavia premessa sufficiente
per affermare che la responsabilità dell’amministrazione debba
comprendere il pieno risarcimento del danno, secondo la regola
generale stabilita dall’art. 1218 del codice civile. È sempre
possibile, difatti, delineare una disciplina speciale, ispirata a
criteri più restrittivi di quella ordinaria, in rapporto alla
complessità tecnica della gestione ed all’esigenza del contenimento
dei costi. Ciò è valso a giustificare, tenendo conto del basso
prezzo di un servizio non destinato al trasporto di oggetti di valore
(sentenza n. 50 del 1992), l’esclusione del risarcimento dei danni,
oltre la misura dell’indennità commisurata al diritto di
raccomandazione, in caso di perdita di lettera raccomandata. Mentre,
in caso di illecito impossessamento del contenuto della
corrispondenza operato dagli agenti postali, l’esonero da
responsabilità per la violazione dell’obbligo, nascente dal
contratto ma non correlato alla controprestazione dell’utente, di
evitare un pregiudizio ai beni del creditore, determina una deroga
senza giustificazione al principio, stabilito dall’art. 28 della
Costituzione, della responsabilità dell’amministrazione, concorrente
con quella dei suoi dipendenti (sentenza n. 74 del 1992).
Il rapporto tra amministrazione delle poste ed utenti dei servizi
offerti al pubblico si estrinseca in atti che perdono il carattere
autoritativo ed assumono connotazioni contrattuali. La progressiva
assimilazione alla disciplina di diritto comune è ancor più
accentuata nella prospettiva della trasformazione, già attuata,
dell’amministrazione postale in ente pubblico economico ed in quella,
prevista ed in corso di realizzazione, di società per azioni (art. 1
del d.-l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio
1994, n. 71; art. 2, comma 27, della legge 23 dicembre 1996, n.
662). Risultano così confermati la natura contrattuale dei rapporti
relativi ai servizi resi al pubblico ed il carattere di
corrispettivo, non più qualificabile come tassa, del pagamento
richiesto per essi.
Nella disciplina della responsabilità per inadempimento inerente
ai servizi postali, viene dunque meno la giustificazione del rilievo
un tempo attribuito ai profili soggettivi, attinenti
all’amministrazione, all’ente o alla società che li organizza e
fornisce, mentre diventano decisivi i profili oggettivi, relativi
alle caratteristiche proprie di ciascun servizio: i soli idonei a
giustificare una disciplina speciale che ragionevolmente limiti,
senza tuttavia vanificarla, la responsabilità per l’esecuzione delle
prestazioni contrattualmente dovute da chi fornisce i servizi stessi.
4. – Sulla base di tali premesse è da ritenere fondata la
questione di legittimità costituzionale sollevata dalla corte
d’appello di Milano, che riguarda la norma che esclude la
responsabilità dell’amministrazione postale per il danno cagionato
dal colpevole ritardo nel rinnovo, richiesto dall’interessato, di
assegni postali localizzati. L’art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973
prevede che non vi sia alcuna responsabilità dell’amministrazione
per i servizi di bancoposta, fuori dei casi e dei limiti stabiliti
dalla legge, ed è alla regola generale di esclusione della
responsabilità che occorre fare riferimento, in assenza di qualsiasi
altra disposizione che preveda una sia pur limitata responsabilità
per il colpevole ritardo nel rinnovo dei titoli di credito in
questione.
Negli aspetti generali i servizi di bancoposta (emissione e
pagamento di titoli di credito, riscossione di crediti, conti
correnti e buoni postali fruttiferi) non si discostano
sostanzialmente, per struttura e funzione, dagli analoghi servizi
propri dell’attività bancaria.
I relativi contratti, pur nella loro particolare regolamentazione,
non hanno caratteristiche tali da presentare elementi di
differenziazione idonei a giustificare l’esclusione generalizzata di
qualsiasi responsabilità per il colpevole inadempimento da parte
dell’amministrazione postale, in assenza di una disciplina
specificamente e ragionevolmente derogatoria.
In particolare gli assegni postali localizzati, quali disciplinati
dal codice postale e dal relativo regolamento (d.P.R. 1 giugno 1989,
n. 256), costituiscono titoli di credito per i quali è già
verificata la provvista di fondi corrispondenti; possono essere
riscossi solo presso l’ufficio postale di destinazione; in ragione
delle caratteristiche ad essi proprie, in caso di smarrimento o
sottrazione prima del recapito al beneficiario, possono essere
rinnovati subito dopo il periodo di validità dell’assegno. Non
rispecchia, pertanto, esigenze ancorate alla oggettiva configurazione
ed organizzazione di questo servizio, e quindi al canone di
ragionevolezza, la assoluta esclusione di qualsiasi responsabilità
per il colpevole ed ingiustificato ritardo dell’amministrazione nel
rinnovo di tali titoli.
Deve essere, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, nella parte in cui
dispone che l’amministrazione non è tenuta al risarcimento dei danni
in caso di colpevole ritardo nella rinnovazione di assegno postale
localizzato, smarrito, distrutto o sottratto durante la trasmissione
all’ufficio di pagamento designato dal traente.
5. – Sulla base delle medesime premesse in precedenza enunciate è,
viceversa, da ritenere infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata dalla corte d’appello di Trento in relazione
alla norma che limita la responsabilità dell’amministrazione per il
servizio postale, escludendo l’obbligo del risarcimento, oltre
l’indennità commisurata a dieci volte il diritto di raccomandazione,
nel caso di mancato recapito di corrispondenza raccomandata.
Il servizio postale, difatti, ha caratteristiche del tutto
peculiari, essendo diretto a rendere effettiva, per tutti, la
possibilità di corrispondenza, garantendone la libertà e la
segretezza. Tale servizio è esercitato in necessario collegamento
con quello degli altri paesi aderenti all’Unione postale universale,
secondo una disciplina che rispecchia, nella determinazione dei
limiti della responsabilità, principi comuni. In particolare è
predeterminata la corresponsione di una indennità, indipendentemente
dalla prova del danno ma anche come limite al risarcimento, in caso
di perdita della corrispondenza raccomandata.
Non vi è, dunque, una esclusione di responsabilità ma la
predeterminazione dell’indennizzo in rapporto ad un danno non
prevedibile da parte del debitore e che viene tipicamente commisurato
al prezzo di un servizio non destinato al trasporto di valori. Per
quest’ultimo, invece, è richiesta l’assicurazione obbligatoria, che
implica la dichiarazione del valore del contenuto della
corrispondenza e, sollecitando una adeguata diligenza, determina
l’assunzione di responsabilità dell’amministrazione per l’importo
corrispondente al valore reale o dichiarato.
Non è pertanto ingiustificato il limite della responsabilità ad
una somma determinata, nel contesto di una ragionevole limitazione
dei costi e dei prezzi per i diversi servizi, offerti alla scelta
degli utenti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 del
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di
telecomunicazioni), nella parte in cui dispone che l’amministrazione
non è tenuta al risarcimento dei danni in caso di colpevole ritardo
nella rinnovazione di assegno postale localizzato, smarrito,
distrutto o sottratto durante la trasmissione all’ufficio di
pagamento designato dal traente;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973,
n. 156, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 28 e 43 della
Costituzione, dalla Corte d’appello di Trento con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mirabelli
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.
Il cancelliere: Fruscella