Sentenza N. 471 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
31/07/1989
Data deposito/pubblicazione
31/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia
previdenziale per il personale degli enti locali), promosso con
ordinanza emessa il 12 dicembre 1988 dal Pretore di Bologna nel
procedimento civile vertente tra Maccarelli Walter e l’I.N.A.D.E.L.,
iscritta al n. 113 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale,
dell’anno 1989;
Visto l’atto di costituzione di Maccarelli Walter nonché l’atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1989 il Giudice
relatore Francesco Greco;
qualità di erede testamentario di lavoratrice assicurata presso
l’I.N.A.D.E.L. ed in presenza di “formale accettazione della volontà
testamentaria della defunta da parte degli eredi legittimari e
legittimi”, chiedeva che il detto Istituto fosse condannato a
corrispondergli l’indennità premio di servizio maturata dalla de
cuius.
L’Istituto convenuto resisteva alla domanda, opponendovi il
disposto dell’art. 3, secondo comma, della legge n. 152 del 1968 (nel
testo risultante dalle sentenze di questa Corte nn. 115/1979,
110/1981 e 821/1988), che precisa le categorie di superstiti aventi
diritto, secondo il prestabilito ordine di precedenza, all’indennità
premio di servizio in “forma indiretta”, in nessuna delle quali
poteva ritenersi compreso il ricorrente.
Il giudice adito, ritenendone in re ipsa la rilevanza, atteso il
descritto oggetto del giudizio, sollevava questione di legittimità
costituzionale della testé citata norma, in riferimento all’art. 3,
primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede la
possibilità di disporre per testamento dell’indennità premio di
servizio, qualora manchino soggetti titolati iure proprio del diritto
ovvero, se esistenti, abbiano validamente accettato le volontà
testamentarie.
Ad avviso del giudice a quo, tale disposizione sarebbe, invero,
priva di qualsiasi ragionevolezza e determinerebbe lesione del
principio di eguaglianza, traducendosi la specifica esclusione della
facoltà di disporre per testamento in un trattamento
ingiustificatamente differenziato in danno di una categoria di
cittadini.
2. – Nel susseguente giudizio davanti a questa Corte è
intervenuta l’Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del
Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per
l’inammissibilità o, in subordine, per l’infondatezza della
questione. Ciò perché, da un lato, non ricorre, nella specie,
l’ipotesi di “assenza” di soggetti aventi titolo iure proprio
all’indennità premio di servizio; dall’altro, proprio la sussistenza
di detti soggetti esclude, per definizione, che possa aprirsi la
successione nel diritto a siffatta indennità; ed infine, i connotati
precipuamente assistenziali e previdenziali di quest’ultima
giustificano coerentemente la sottrazione del relativo diritto alle
ordinarie regole successorie.
La parte privata si è costituita fuori termine.
costituzionale dell’art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968,
n. 152, nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre
per testamento dell’indennità premio di servizio, qualora manchino
soggetti titolari iure proprio del diritto ovvero, se esistenti,
abbiano validamente accettato le volontà testamentarie, in quanto
risulterebbe violato l’art. 3, primo comma, della Costituzione,
traducendosi l’esclusione di detta possibilità in un trattamento
ingiustificatamente deteriore in danno di una categoria di cittadini.
2. – La questione è fondata.
L’art. 3 della legge 8 marzo 1968, n. 152, indica le categorie di
superstiti dell’iscritto all’INADEL aventi diritto alla indennità
premio di servizio nella forma indiretta; e cioè la vedova non
separata legalmente per sentenza passata in giudicato e pronunciata
per di lei colpa, oppure, nel caso di morte della iscritta che abbia
contratto matrimonio prima del cinquantesimo anno di età, il vedovo
non separato legalmente per sentenza passata in giudicato e
pronunciata per di lui colpa, la prole (figli legittimi, legittimati,
figli naturali riconosciuti o giudizialmente dichiarati, affiliati o
adottivi sempre che il relativo atto sia avvenuto prima della
cessazione dal servizio dell’iscritto) minorenne ed in concorso con
essa, la prole maggiorenne permanentemente inabile a proficuo lavoro,
nullatenente ed a carico dell’iscritto alla data del suo decesso; le
orfane che siano nubili o vedove; i superstiti dell’iscritto cessato
dal servizio senza diritto a pensione, deceduto entro il triennio
dalla data di cessazione.
Per effetto di decisioni di questa Corte si aggiungono: i
collaterali (sentenze nn. 115 del 1979 e 821 del 1988); e i genitori
ultrasessantenni (sentenza n. 110 del 1981), inabili a proficuo
lavoro, nullatenenti e a carico dell’iscritto.
L’indennità si acquista dai soggetti suddetti ope legis, senza
possibilità per il de cuius di disporne per testamento.
Ora siffatta esclusione non ha più un’adeguata giustificazione.
L’istituto ha subito una radicale evoluzione sia per effetto della
nuova legislazione (specie dell’art. 22 della legge 29 ottobre 1987,
n. 440, di conversione del decreto-legge n. 359 del 1987), sia per
effetto di numerosi interventi di questa Corte (in particolare
sentenze nn. 208 del 1986 e 763 del 1988).
Per una nutrita categoria di dipendenti l’indennità premio di
servizio tiene luogo dell’indennità di anzianità che essi non
percepiscono.
È conteggiata sulla retribuzione contributiva con inclusione
degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità, degli
eventuali assegni in natura e anche, dal 1° gennaio 1974,
dell’indennità integrativa speciale.
È quindi un vero e proprio trattamento di fine rapporto correlato
alla capitalizzazione dei contributi all’uopo versati dal dipendente.
È un diritto del lavoratore che egli consegue durante la prestazione
della sua attività lavorativa e frutto di essa.
Se ne deve riconoscere una natura mista, retributiva,
previdenziale e assistenziale.
Il legislatore tutela l’interesse di coloro che, per essere
integrati nel nucleo familiare del dipendente, ricevevano
sostentamento dalla retribuzione che egli percepiva e che per la di
lui morte sono rimasti privi in tutto o in parte del sostentamento.
Ma siccome l’indennità entra nel patrimonio del dipendente, non può
dubitarsi che essa possa formare oggetto di successione testamentaria
nei casi in cui manchino le suddette persone tutelate in via
principale.
Trovano in sostanza applicazione quegli stessi principi posti a
fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale
dell’art. 2122, comma terzo, del codice civile nella parte in cui
escludeva che, in mancanza delle persone indicate nei primi due commi
dello stesso articolo, che sostanzialmente corrispondono a quelle
indicate nella norma in esame, il lavoratore subordinato potesse
disporre per testamento della indennità di anzianità (sentenza n. 8
del 1972).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 3, secondo
comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia
previdenziale per il personale degli enti locali) e successive
modificazioni, nella parte in cui non prevede la possibilità di
disporre per testamento dell’indennità premio di servizio, qualora
manchino le persone indicate nella norma stessa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 31 luglio 1989.
Il cancelliere: DI PAOLA