Sentenza N. 476 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1993
Data deposito/pubblicazione
30/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 25 novembre
1992 dal Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna sui
ricorsi proposti da Falzoni Maria Cristina e Lami Laura contro la
Regione Emilia Romagna ed altra, iscritte ai nn. 210 e 211 del
registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1993;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
dell’E.N.P.I. con qualifica di collaboratore tecnico, hanno chiesto
al Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna, con due
distinti ricorsi, l’annullamento delle deliberazioni con cui la
Giunta regionale le aveva inquadrate nel ruolo nominativo regionale
del personale addetto al servizio sanitario nazionale attribuendo
loro la qualifica di psicologo collaboratore, anziché quella di
psicologo coadiutore da esse pretesa.
Il Tribunale adi’to, rilevato che le ricorrenti non possedevano il
requisito dell’anzianità minima di dieci anni nel ruolo tecnico
dell’amministrazione di provenienza, previsto nella tabella relativa
a biologi, chimici, fisici e psicologi riportata nell’allegato 2
(Equiparazione delle qualifiche e dei livelli funzionali del
personale da inquadrare nei ruoli nominativi regionali) del d.P.R. 20
dicembre 1979 n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali), ha sollevato questione di legittimità
costituzionale di tale normativa, per contrasto con gli articoli 3 e
97 della Costituzione.
Il requisito dell’anzianità minima ai fini dell’inquadramento
nella qualifica di psicologo coadiutore – osserva il giudice a quo –
è richiesto dalla disposizione impugnata soltanto per gli psicologi
provenienti dal parastato ed inquadrati nella prima qualifica
professionale o nel ruolo tecnico, mentre nessuna anzianità minima
è prescritta per il personale delle regioni e degli enti locali
inquadrato in livelli professionali ritenuti equivalenti.
Tale previsione di un requisito diverso e più rigoroso appare al
giudice a quo arbitraria e discriminatoria e quindi in contrasto
“oltre che con i principi ispiratori della delega contenuta nella
legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833 (articoli 47 e 67)
e con quelli di cui alla legge quadro del pubblico impiego 29 marzo
1983 n. 93 (articoli 4, 17 e segg.), principalmente e sopratutto con
i principi di eguaglianza di cui all’articolo 3 e di imparzialità e
di buon andamento di cui all’articolo 97 della Costituzione”.
Al riguardo, l’ordinanza di rimessione afferma l’analogia della
questione prospettata con quella decisa dalla sentenza di questa
Corte n. 331 del 1992, che avrebbe dichiarato l’illegittimità
costituzionale della medesima normativa nella parte in cui, ai fini
dell’inquadramento nella posizione funzionale di psicologo coadiutore
degli psicologi appartenenti al ruolo tecnico degli enti di cui alla
legge n. 70 del 1975, richiedeva che gli stessi fossero preposti alla
direzione di strutture organizzative da almeno un anno.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte non vi è stata costituzione
delle parti, né intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri.
opportuna la riunione dei relativi giudizi. Il Tribunale
amministrativo regionale dell’Emilia Romagna chiede alla Corte di
esaminare se contrasti con il principio di uguaglianza di cui
all’articolo 3 e con il principio di buon andamento della pubblica
amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione una
disposizione contenuta nella tabella che stabilisce la “equiparazione
delle qualifiche e dei livelli funzionali del personale da inquadrare
nei ruoli nominativi regionali”, riportata nell’allegato 2 del d.P.R.
20 dicembre 1979 n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali) e che, a norma dell’articolo 64 del medesimo
d.P.R., determina l’inquadramento nei ruoli nominativi regionali del
personale proveniente dagli enti e dalle amministrazioni le cui
funzioni sono state trasferite alle unità sanitarie locali. La
disposizione impugnata è, in particolare, quella che, ai fini
dell’inquadramento nella qualifica di psicologo coadiutore (che è
qualifica intermedia tra quella di psicologo dirigente e quella di
psicologo collaboratore), prescrive un’anzianità di servizio di
almeno dieci anni per gli psicologi provenienti dal parastato ed ivi
inquadrati nella prima qualifica professionale o nel ruolo tecnico
con la qualifica di collaboratore tecnico. Tale disposizione
determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto
agli psicologi provenienti dalle amministrazioni regionali ed ivi
inquadrati nell’ottavo o nel settimo livello, in quanto, per costoro,
nessun requisito collegato all’anzianità di servizio è richiesto ai
fini dell’attribuzione della qualifica di psicologo coadiutore.
2. – La questione non è fondata.
Il giudice a quo richiama, a fondamento della propria denunzia, la
sentenza di questa Corte n. 331 del 1992, che avrebbe dichiarato
l’illegittimità costituzionale della medesima normativa, nella parte
in cui, ai fini dell’inquadramento nella posizione funzionale di
psicologo coadiutore degli psicologi appartenenti al ruolo tecnico
degli enti di cui alla legge n. 70 del 1975, richiedeva che gli
stessi, oltre ad avere un’anzianità di servizio di almeno dieci
anni, fossero preposti alla direzione di strutture organizzative da
almeno un anno. In tale pronunzia, la Corte limitò il vaglio di
costituzionalità al requisito rappresentato dall’esercizio da oltre
un anno della direzione di una unità organizzativa, in quanto la
legittimità della prescrizione di un’anzianità di servizio
ultradecennale era questione che non aveva rilevanza nel giudizio a
quo. Ma la ratio decidendi della sentenza – osserva il giudice a quo
– non poteva che portare alla caducazione anche di questo secondo
requisito, poiché anch’esso faceva sì che, ai fini
dell’inquadramento nella posizione funzionale di psicologo
coadiutore, qualifiche sostanzialmente omogenee ed equivalenti sul
piano professionale fossero assoggettate ad una disciplina diversa
soltanto in ragione della diversità degli enti di provenienza.
Il giudice remittente appare non tener conto di quali siano stati
i termini effettivi della pronunzia di questa Corte. La questione
esaminata e decisa con la sentenza n. 331 del 1992, invero,
riguardava non già, come nel caso in esame, gli psicologi del
parastato con qualifica di collaboratore tecnico, bensì coloro che
avessero quella specifica qualifica di collaboratore tecnico
coordinatore che era stata introdotta dal d.P.R. n. 509 del 1979,
proprio come qualifica superiore rispetto a quella di collaboratore
tecnico. E la pronunzia è fondata, appunto, sull’esame comparativo
dei connotati di professionalità propri di tale specifica qualifica
– in raffronto a quelli propri del settimo livello degli enti locali
– quali risultavano, sul piano normativo, dalle relative
“declaratorie”, dai requisiti di accesso, dalla collocazione
nell’ambito delle rispettive classificazioni.
L’ordinanza di rimessione, invece, non solo omette qualunque
accenno ad un simile esame comparativo, ma implica indirettamente
l’assunzione di una equivalenza di contenuti professionali tra la
qualifica di psicologo collaboratore tecnico e quella di psicologo
collaboratore tecnico coordinatore, il che – lungi dall’uniformarsi
alla ratio decidendi della richiamata sentenza n. 331 del 1992 – si
porrebbe con essa in palese contraddizione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale della tabella di “Equiparazione delle
qualifiche e dei livelli funzionali del personale da inquadrare nei
ruoli nominativi regionali” riportata nell’allegato 2 del d.P.R. 20
dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità
sanitarie locali), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale
dell’Emilia Romagna con due ordinanze del 25 novembre 1992,
limitatamente alle disposizioni riguardanti gli psicologi provenienti
dagli Enti locali ed ivi inquadrati con la qualifica di collaboratore
tecnico.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA