Sentenza N. 477 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1991
Data deposito/pubblicazione
19/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
terzo del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il
18 marzo 1991 dal Pretore di Fermo nel procedimento civile vertente
tra la s.r.l. Rita e l’I.N.P.S. iscritta al n. 355 del registro
ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 22, prima serie speciale, dell’anno 1991;
Visti gli atti di costituzione della S.r.l. Rita e dell’I.N.P.S.
nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 1991 il Giudice
relatore Renato Granata;
Uditi l’avvocato Giulio Prosperetti per la S.r.l. Rita e Leonardo
Lironcurti per l’I.N.P.S. e l’Avvocato dello Stato Giorgio D’Amato
per il Presidente del Consiglio dei ministri;
circondario di Fermo – nel procedimento civile promosso dalla
società RITA a r.l. contro l’Istituto Nazionale per la Previdenza
Sociale ed avente ad oggetto contributi e sanzioni in materia di
previdenza obbligatoria – ha sollevato questione di legittimità
costituzionale in via incidentale dell’art. 444, terzo comma, cod.
proc. civ. nella parte in cui prevede la competenza del “pretore, in
funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede l’ufficio
dell’ente” per contrasto con gli artt. 3, 24 e 25 Cost.
Nel delibare in via pregiudiziale l’eccezione di incompetenza
territoriale sollevata dalla difesa dell’Istituto convenuto, che assume essere competente il Pretore di Ascoli Piceno qui avendo sede
l’ufficio INPS presso il quale la società sarebbe iscritta ai fini
contributivi, il Pretore – considerato che egli ha “sede in località
ove esiste un ufficio dell’ente e si controverte se tale ufficio
abbia tra le sue attribuzioni quella influente ai fini della
determinazione della competenza territoriale per la causa in esame” –
dubita della legittimità costituzionale della norma citata perché
conferisce all’ente previdenziale il potere di influire sul riparto
della competenza territoriale mediante atti interni organizzativi,
attribuendo la trattazione di affari all’uno o all’altro dei suoi
uffici, senza alcun vincolo normativo, neppure regolamentare, ma
esercitando la più ampia ed insindacabile discrezionalità, che in
ipotesi potrebbe essere ispirata proprio dall’intento di “scegliere”
il giudice preferito. Si determina in tal modo – secondo il giudice
rimettente – una condizione di inferiorità della controparte, lesiva
del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), del diritto alla difesa
(art. 24 Cost.) e della garanzia della precostituzione del giudice
(art. 25 Cost.).
2. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri a
mezzo dell’Avvocatura generale di Stato, eccependo preliminarmente il
difetto di rilevanza della sollevata questione di costituzionalità,
sul rilievo che dovrebbe prima accertarsi se l’ufficio INPS di Fermo
abbia, o no, competenza in ordine al rapporto previdenziale oggetto
del giudizio.
La questione è poi altresì inammissibile – secondo l’Avvocatura
– per contraddittorietà della prospettazione giacché il giudice
rimettente fa riferimento – come criterio per determinare la
competenza territoriale – ad un modulo organizzativo generale e nello
stesso tempo sembra dare rilievo a singoli atti interni dell’ente
previdenziale attributivi della trattazione di un determinato
rapporto ad un ufficio diverso da quello in astratto competente.
Nel merito l’Avvocatura sostiene essere la questione infondata
atteso che per “ufficio” al quale fa riferimento la norma censurata
deve intendersi l’organo periferico presso il quale devono essere
assolti gli obblighi assicurativi del datore di lavoro e che ha il
potere di pretenderne l’adempimento. Si tratta quindi di un criterio
oggettivo che non viola il principio del giudice naturale
precostituito per legge. Inoltre non c’è aggravio per l’accesso alla
giurisdizione perché il datore di lavoro può rivolgersi al giudice
del luogo dove è gestita la sua posizione assicurativa.
3. – Si è costituita la società RITA sostenendo che, ove per
“ufficio dell’ente” si intenda quella struttura periferica dove viene
in concreto gestita la posizione contributiva del singolo datore di
lavoro, risulterebbe un’ampia discrezionalità dell’ente
previdenziale che potrebbe attribuire la posizione contributiva di un
singolo datore di lavoro ad un ufficio situato in località diversa
da quella in cui il medesimo datore di lavoro abbia la propria sede o
residenza, ancorché in quest’ultima vi sia un ufficio dell’ente
abilitato alla gestione di posizioni contributive. Ha chiesto
pertanto la pronunzia di una sentenza che dichiari l’illegittimità
costituzionale della norma censurata nella parte in cui prevede che
l'”ufficio dell’ente” si identifichi necessariamente con quello
presso il quale il datore di lavoro è chiamato in concreto ad
assolvere alle proprie obbligazioni contributive, per effetto della
quale – a suo avviso – la cognizione delle controversie previdenziali
in discorso verrebbe rimessa alla competenza del “Pretore nel cui
mandamento ha sede l’ufficio dell’ente astrattamente competente in
ordine agli “obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione delle
sanzioni” e nella cui sfera di competenza territoriale risiede il
contribuente”. In subordine ha chiesto una sentenza di non fondatezza
che in via interpretativa conduca alla stessa soluzione sopra
auspicata.
Si è costituito altresì l’INPS sostenendo l’infondatezza della
questione di costituzionalità ove per “ufficio dell’ente” si
intenda, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di cassazione,
quell'”ufficio fornito di potere di rappresentanza e che costituisce
il luogo ove il datore di lavoro deve adempiere a quegli incombenti
la cui decisione dà luogo alla controversia”.
dell’art. 444, terzo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui
prevede, in materia di previdenza obbligatoria, la competenza del
“pretore, in funzione di giudice del lavoro, del luogo in cui ha sede
l’ufficio dell’ente” (previdenziale), in riferimento agli art. 3, 24
e 25 Cost. per sospetta ingiustificata disparità di trattamento nel
processo civile di una parte (datore di lavoro assoggettato agli
obblighi contributivi) rispetto alla controparte (ente
previdenziale), nonché per violazione del diritto alla difesa in
giudizio e della garanzia della precostituzione del giudice.
2. – Vanno preliminarmente respinte le eccezioni sollevate
dall’Avvocatura di Stato.
Il Pretore – chiamato ad applicare l’art. 444, comma 3, cit. in
quanto investito di controversia “relativ(a) agli obblighi dei datori
di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per
l’inadempimento di tali obblighi” – contesta in radice la
legittimità costituzionale della disposizione perché essa individua
il giudice territorialmente competente in base ad un dato fattuale la
cui determinazione in concreto è rimessa all’assoluto arbitrio di
una delle parti in causa, cioè dell’ente previdenziale.
Di fronte a questa radicale contestazione si rivela ininfluente
l’accertare se l’ufficio di Fermo abbia o non abbia esercitato
qualche competenza in ordine al rapporto previdenziale oggetto del
giudizio, e così anche se lo stesso ufficio abbia (il che secondo
l’ordinanza sarebbe controverso) tra le sue attribuzioni quella
influente ai fini della determinazione della competenza territoriale
per la causa in esame. Come pure ininfluente si rileverebbe
l’eventuale contraddizione in cui il giudice a quo, secondo
l’Avvocatura, sarebbe incorso nella individuazione del criterio di
identificazione dello “ufficio dell’ente” cui fa riferimento l’art.
444, comma 3, (contraddizione, peraltro insussistente in quanto il
giudice a quo ha inequivocamente precisato di aderire, puntualmente
richiamandolo, all’orientamento giurisprudenziale che attribuisce
rilievo al solo criterio organizzativo astratto ritenendo irrilevante
una eventuale attribuzione concreta diversa in ragione di specifici
provvedimenti derogatori). L’uno e l’altro rilievo sono infatti privi
di qualsiasi influenza ai fini del decidere, una volta che il giudice
dubita della legittimità costituzionale della norma che egli –
indipendentemente dalle peculiarità del caso concreto e dalle
conseguenze pratiche alle quali, alla stregua di quella norma,
potrebbe pervenirsi – dovrebbe comunque applicare al fine di regolare
la propria competenza.
3. – Ammissibile in rito, la questione è però infondata nel
merito.
Come si è visto, secondo il giudice a quo l’art. 444, comma 3,
violerebbe gli articoli 3, 24 e 25 della Costituzione perché, ai
fini della individuazione del giudice territorialmente competente,
rinvia ad un dato fattuale rimesso all’arbitrio dell’ente: cioè
correla la individuazione del giudice all’ufficio dell’ente
attributario della gestione del rapporto assicurativo del quale si
discute, ufficio la cui localizzazione è peraltro determinata
dall’ente a proprio libito.
È però errata la premessa sulla quale la proposizione si fonda,
in quanto deve negarsi la sussistenza – alla stregua della
interpretazione della norma da parte della Corte di Cassazione – di
una illimitata discrezionalità dell’ente nel tracciare il quadro
organizzativo degli uffici ai quali attribuisce la competenza a
gestire i rapporti assicurativi e previdenziali facenti capo alle diverse imprese.
Secondo tale orientamento, infatti, da una parte per “ufficio
dell’ente” – al quale ha riguardo il terzo comma dell’art. 444 cit. –
deve intendersi quello che, in quanto investito di potere di gestione
esterna, sia in generale legittimato, per legge o per statuto, a
ricevere i contributi e conseguentemente a pretenderne giudizialmente
il pagamento o a restituirne l’eccedenza; d’altra parte la sua
individuazione in concreto va correlata alla sede dell’impresa (o ad
una sua dipendenza) nel senso che l’ufficio dell’ente previdenziale
preso in considerazione dalla norma è quello nell’ambito della cui
circoscrizione territoriale ha sede l’impresa titolare dei rapporti
assicurativi dei quali si controverte e rimangono ininfluenti
eventuali provvedimenti derogatori con cui si attribuiscano tutti o
parte di questi rapporti ad uffici aventi competenza territoriale su
ambiti non ricomprendenti la sede dell’impresa.
Così esplicitato (dalla giurisprudenza) il parametro di
collegamento spaziale, sinteticamente (quanto implicitamente)
contenuto nel mero riferimento all'”ufficio dell’ente”, risultano
conseguentemente predeterminate (per legge) le coordinate di
individuazione del giudice territorialmente competente con pieno
rispetto del precetto costituzionale del giudice naturale (art. 25
Cost.).
Né la norma censurata comporta – sotto il profilo denunciato –
una disparità tra le parti nel processo o un ostacolo ad agire in
giudizio giacché il criterio di determinazione della competenza
territoriale si raccorda anche alla sede dell’impresa (o di una sua
dipendenza) ed è ispirato all’interesse generale di avvicinare
tendenzialmente il processo al luogo dov’è la documentazione
rilevante.
Certamente rimane affidata alle scelte discrezionali dell’ente la
delimitazione delle circoscrizioni territoriali dei propri uffici,
attributari delle competenze relative alla gestione dei rapporti
assicurativi delle varie imprese, circoscrizioni che l’ente potrebbe
ritagliare a suo piacimento, articolando la propria organizzazione
secondo uno schema di decentramento più o meno accentuato, fino ad
attribuire la competenza sull’intero territorio nazionale ad un unico
ufficio. Ed in tale evenienza potrebbero profilarsi censure di
incostituzionalità, di cui la Corte si è occupata in altre
occasioni (sent. n. 4 del 1969; sent. n. 117 del 1990). Si tratta
però di profili che, in questa sede, sfuggono al sindacato della
Corte in quanto non prospettati nell’ordinanza di rimessione, né
comunque rilevanti atteso che l’ente previdenziale in questione
(I.N.P.S.) ha per legge organi periferici (v. art. 42 e seg. legge 9
marzo 1989 n. 88).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 444, terzo comma,
codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3,
24 e 25 Cost., dal Pretore di Fermo con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI