Sentenza N. 478 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
19/12/1991
Data deposito/pubblicazione
19/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
comma, della legge della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47 (Norme
per l’esercizio della delega di funzioni amministrative ai consorzi
dei bacini di trasporto e ai singoli comuni in materia di navigazione
lacuale, fluviale, lagunare, e sui canali navigabili e idrovie
relativamente ai servizi di trasporto non di linea) promossi con n. 2
ordinanze emesse il 31 gennaio 1991 dal Tribunale amministrativo
regionale per il Veneto iscritte rispettivamente ai nn. 378 e 397 del
registro ordinanze 1991 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 1991;
Visti gli atti di intervento della regione Veneto;
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
ordinanze di analogo contenuto, emesse il 31 gennaio 1991 nel corso
di altrettanti giudizi pendenti, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3, 41, primo comma, e 117 della Costituzione, questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 13, ultimo comma, della legge
della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47, nella parte in cui esclude
che l’autorizzazione all’esercizio del servizio pubblico di noleggio
da banchina con conducente di natante a motore di portata non
superiore a venti persone (c.d. taxi-acqueo) possa essere rinnovata
dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età del titolare.
La norma impugnata prevede, infatti, la decadenza delle suddette
autorizzazioni al compimento del sessantesimo anno di età del
soggetto, salvo il rinnovo (solo) “fino al compimento del
sessantacinquesimo anno, previo accertamento annuale della idoneità
fisica per l’espletamento del servizio, effettuato dall’autorità
sanitaria competente per territorio”.
Poiché si tratta di attività che, pur svolta in regime di
autorizzazione ai fini della sicurezza del suo esercizio e del suo
corretto svolgimento, rientra nella generale capacità e libertà
economica dei privati, e poiché la norma regionale vuole
evidentemente garantire, per ragioni di sicurezza, che i titolari
delle autorizzazioni siano fisicamente idonei, ad avviso del giudice
a quo essa, fissando una sorta di presunzione assoluta di inidoneità
per gli ultrassessantacinquenni, determinerebbe un’ingiustificata
discriminazione tra soggetti in possesso dei requisiti di idoneità
fisica allo svolgimento del servizio a seconda che abbiano o meno
raggiunto il predetto limite di età.
Sotto un diverso profilo la stessa norma riserverebbe
un’ingiustificata disparità di trattamento a questi soggetti
rispetto agli esercenti il servizio da piazza con autovetture, per i
quali la legge 14 agosto 1974, n. 394 non prevede limiti massimi di
età, ma soltanto accertamenti sanitari biennali.
Sarebbe altresì ravvisabile la violazione di un principio
fondamentale della legislazione statale di settore (codice della
navigazione e regolamento della navigazione interna), che non recano
alcun limite di età per le autorizzazioni di cui si tratta.
La norma impugnata si porrebbe, poi, in contrasto con l’art. 41,
primo comma, della Costituzione, in quanto determinerebbe un
impedimento al libero svolgimento di un’attività economica privata,
impedimento che non sarebbe giustificato né in relazione al secondo
comma dello stesso art. 41 della Costituzione, né dalla necessità
di tutelare beni oggetto di altre norme costituzionali, poiché
l’idoneità psico-fisica degli esercenti sarebbe pur sempre garantita
dagli accertamenti sanitari annuali.
2. – È intervenuta nel giudizio la regione Veneto precisando che
la legge regionale, di cui fa parte la norma impugnata, dopo aver
definito il servizio pubblico di noleggio da banchina (art. 9), aver
sottoposto il servizio stesso ad autorizzazione (art. 11), da
rilasciarsi soltanto a chi è in possesso di determinati requisiti,
ed aver stabilito che il titolo abilitante non può essere rilasciato
a chi è titolare di autorizzazioni o licenze per l’esercizio di
altre attività remunerative (art. 12, terzo comma), ha previsto che
le nuove autorizzazioni siano assegnate nel rispetto di una
graduatoria, per la cui formazione detta apposite modalità.
Ciò starebbe a testimoniare che si è inteso dare rilevanza, non
soltanto all’idoneità fisica del richiedente l’autorizzazione o il
rinnovo della stessa, ma, fissandosi il limite al sessantacinquesimo
anno di età – che, tra l’altro, coincide con quello del
pensionamento – si sarebbe tenuto presente l’interesse della
collettività al ricambio degli addetti ed alla conseguente creazione
di nuovi posti di lavoro.
Tanto premesso le censure di incostituzionalità non sarebbero
fondate, perché non è invocabile il principio di eguaglianza tra
categorie disomogenee, né è possibile sostenere, nel silenzio della
legislazione statale – che non reca alcun limite di età per le
controverse autorizzazioni – l’esistenza di un principio generale che
operi come limite per le competenze regionali nella specifica
materia, né, infine, può essere ignorata, a prescindere dalle
esigenze di sicurezza, la finalità sociale che la norma impugnata
intende perseguire, e cioè quella di dare spazio all’occupazione di
altri lavoratori.
3. – Nell’imminenza dell’udienza la regione Veneto ha presentato
una memoria, nella quale ribadisce le considerazioni svolte nell’atto
di intervento.
In particolare contesta l’esistenza di principi fondamentali
stabiliti dalle leggi dello Stato che, nella specifica materia, si
porrebbero come limite alle competenze legislative regionali. In
proposito ricorda che detti principi sono stati individuati dalla
giurisprudenza costituzionale in quegli orientamenti e in quelle
direttive di carattere generale e fondamentale che si possono
desumere dalla connessione delle norme che concorrono a formare in un
dato momento storico il tessuto dell’ordinamento vigente, e che,
proprio in mancanza di leggi cornici appositamente emanate per le
materie di competenza concorrente delle regioni, i vincoli in
questione non possono consistere che in criteri generali ai quali si
uniforma una determinata disciplina legislativa statale, perché
altrimenti il potere legislativo regionale si ridurrebbe ad un
semplice potere regolamentare.
Con riferimento alla norma in esame, non vi è dubbio che essa
attiene ad una materia che l’art. 117 della Costituzione riserva alle
regioni e che il legislatore statale non ha dettato espresse
normative di principio, sia omettendo di emanare una legge cornice,
sia mantenendo sul punto il silenzio anche in occasione del
trasferimento, avvenuto con l’art. 97 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616, delle funzioni amministrative relative alla navigazione interna,
ivi compresa “l’autorizzazione al pilotaggio”. Cosicché dalla
constatazione che le norme del codice della navigazione e del
regolamento della navigazione interna, invocate come norme interposte
in relazione all’art. 117 della Costituzione, non prevedono alcun
limite di età per il rinnovo delle autorizzazioni di cui si discute,
non può farsi derivare l’affermazione di un principio fondamentale
della materia come limite all’esercizio delle competenze regionali.
dell’art. 13, ultimo comma, della legge della regione Veneto 8 maggio
1980, n. 47, nella parte in cui esclude che l’autorizzazione comunale
per l’esercizio del noleggio da banchina con conducente, per il
trasporto di persone con natanti a motore (taxi acquei) nella laguna
di Venezia, possa essere rinnovata dopo il compimento del
sessantacinquesimo anno di età del titolare.
Si sostiene nelle ordinanze di rinvio che la norma denunciata
contrasterebbe: a) con l’art. 3 della Costituzione, per illogicità e
irragionevolezza, perché fisserebbe una presunzione assoluta di
inidoneità per gli ultrasessantacinquenni, mentre si sarebbe potuto
prevedere di sottoporre anche questi soggetti a controlli sanitari
ricorrenti, al fine di non discriminarli, se idonei, rispetto ai
colleghi più giovani; b) con l’art. 3 della Costituzione, per
disparità di trattamento, perché per gli esercenti del servizio di
piazza con autovetture non è previsto dalla legge dello Stato n. 394
del 1974 alcun limite di età, essendo la relativa esigenza garantita
da accertamenti sanitari biennali; c) con l’art. 117 della
Costituzione e le norme interposte (codice della navigazione e
regolamento per la navigazione interna approvato con d.P.R. 28
giugno 1949 n. 631, che non recano alcun limite di età per dette
autorizzazioni), assumendosi violato un principio fondamentale della
legislazione statale di settore; d) con l’art. 41, primo comma, della
Costituzione poiché si determinerebbe un impedimento al libero
svolgimento di un’attività economica privata, impedimento che non
sarebbe giustificato né in relazione al secondo comma dello stesso
art. 41 della Costituzione, né dalla necessità di garantire la
sicurezza delle persone e della navigazione, che potrebbe pur sempre
essere assicurata attraverso l’accertamento sanitario della idoneità
psico-fisica.
2. – I due giudizi possono essere riuniti per connessione e decisi
con unica pronuncia.
3.1. – Le questioni, sollevate in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, non sono fondate.
Per quel che riguarda il profilo della illogicità ed
irragionevolezza, ritiene in primo luogo la Corte di non poter
condividere la tesi della regione interveniente che, per sostenere la
validità della norma, osserva che la censurata limitazione possa
giustificarsi, fra l’altro, con l’esigenza di favorire nel settore
dei trasporti “il ricambio degli addetti creando così nuovi posti di
lavoro”. In proposito devesi ricordare come la Corte abbia affermato
che esula dalla competenza regionale la materia della politica
sociale in tema di occupazione (sentenze n. 20 del 1989 e n. 998 del
1988) per cui non potrebbero giustificarsi limitazioni alla libertà
di lavoro introdotte con leggi regionali per il perseguimento di
finalità attinenti a tali categorie di interessi.
La norma impugnata deve ritenersi invece non irragionevole se
considerata in relazione alla ratio che si desume dal contesto in cui
si colloca, perché essa risulta ispirata dalla presunzione del venir
meno della idoneità fisica del titolare dell’autorizzazione al
raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età. Che sia questa la
ratio della norma si evince dalla circostanza che la disposizione in
cui essa è contenuta (art. 13, quarto comma cit., della legge
regionale n. 47 del 1980) prevede che “l’autorizzazione decade al
compimento del sessantesimo anno di età del titolare e può essere
rinnovata fino al compimento del sessantacinquesimo anno, previo
accertamento annuale della idoneità fisica ..”. Ciò significa che
dopo il sessantesimo anno la possibilità del rinnovo è subordinata
ad un accertamento positivo circa tale idoneità, mentre, dopo il
sessantacinquesimo anno, il legislatore, nel suo discrezionale
apprezzamento, ritiene in via di presunzione che il requisito stesso
venga a cessare.
Così individuata la ratio della norma, essa non può reputarsi
irragionevole e discriminatoria rispetto al trattamento riservato ai
lavoratori più giovani, perché la scelta del legislatore appare
fondata su di una presunzione tratta da una regola di comune
esperienza e presente nel nostro ordinamento positivo secondo cui,
indipendentemente da accertamenti sanitari, al raggiungimento di una
certa età – che è poi quella che per la maggior parte dei
lavoratori dipendenti costituisce il limite massimo dell’attività
lavorativa, proprio in virtù di una ragionevole presunzione del
genere – viene meno l’idoneità psico-fisica per l’esercizio di
attività di lavoro. Ciò in particolare quando tali attività, come
nella specie quella della guida di natanti destinati al trasporto di
più persone, coinvolgano la sicurezza del trasporto e quindi
l’incolumità dei soggetti trasportati postulando perciò in chi le
esercita particolari attitudini psico-tecniche destinate con
ragionevole presunzione ad attenuarsi con l’avanzare degli anni.
3.2. – Per quel che riguarda poi l’asserita violazione dell’art. 3
della Costituzione per disparità di trattamento rispetto agli
esercenti del servizio di piazza con autovettura – per i quali non è
previsto dalla legge n. 394 del 1974 alcun limite di età, salvo
(art. 3) il biennale accertamento sanitario attitudinale – osserva la
Corte che il giudice a quo pone in realtà a raffronto situazioni fra
loro non omogenee, dovendosi in proposito tener conto della
diversità qualitativa dei due tipi di attività confrontate per
giustificare la differente disciplina adottata. Il legislatore
regionale ha evidentemente considerato che, per l’attività di
navigazione interna nel proprio territorio, che in gran parte attiene
ai trasporti lagunari, si debba tener conto più delle attitudini
proprie della gente di mare che non di quelle dei conducenti di
autovetture e, quindi, una volta che si è di fronte ad una così
evidente diversità di situazioni, perde ogni valore il raffronto
operato a sostegno della censura che non ha quindi fondamento.
4. – Non fondata è anche la questione sollevata in riferimento
all’art. 117 della Costituzione ed alle norme (considerate dal
giudice a quo interposte, in quanto espressive di principi
fondamentali) del codice della navigazione e del regolamento della
navigazione interna.
Il principio fondamentale – che secondo le ordinanze di rinvio
sarebbe desumibile dalle norme richiamate, costituendo limite per la
legislazione regionale – che escluderebbe l’esistenza della
presunzione assoluta del venir meno del requisito dell’idoneità
fisica, legato all’età, ben può difatti, ove riconosciuto
esistente, conoscere deroghe, se queste appaiano dettate da elementi
di obbiettiva diversità rispetto alla regola. Nella specie, la
ragionevolezza della deroga rispetto a detto eventuale principio
fondamentale trova un indubbio referente nella peculiarità della
navigazione interna della regione interessata, che solo il
legislatore regionale, titolare della materia, è in grado di
valutare con piena cognizione di causa e che quindi egli soltanto
può adeguatamente apprezzare nello stabilire i requisiti di coloro
che debbano esercitare l’attività nel proprio ambito territoriale.
5. – Per le ragioni anzidette deve ritenersi non fondata anche la
questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento
all’art. 41 della Costituzione. Come è noto, il secondo comma di
quest’ultimo articolo prevede la possibilità di una serie di
limitazioni all’iniziativa economica privata facendo riferimento a
beni della vita quali, tra l’altro, quello della “sicurezza”. Ma, una
volta esclusa, in base a quanto in precedenza osservato in
riferimento agli altri parametri costituzionali invocati dal giudice
a quo, l’irragionevolezza di una scelta legislativa la cui ratio è
individuabile appunto nell’esigenza di salvaguardare la sicurezza dei
trasporti di interesse regionale, non può ritenersi violato, nel
bilanciamento dei contrapposti interessi, il precetto costituzionale
in tema di libertà dell’iniziativa economica, quando le limitazioni
rispondano a tale esigenza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 13, quarto comma, della legge
della regione Veneto 8 maggio 1980, n. 47 (Norme per l’esercizio
della delega di funzioni amministrative ai consorzi dei bacini di
trasporto e ai singoli comuni in materia di navigazione lacuale,
fluviale, lagunare, e sui canali navigabili e idrovie relativamente
ai servizi di trasporto non di linea) sollevate, in riferimento agli
artt. 3, 41, primo comma, e 117 della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto con le ordinanze indicate in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 19 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI