Sentenza N. 48 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
16/05/1968
Data deposito/pubblicazione
16/05/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
30/04/1968
BIAGIO PETROCELLI- Dott. ANTONIO MANCA – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof.
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI, Giudici, –
R.D. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti tributari,
promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1966 dal Tribunale di
Torino nel provvedimento civile vertente tra la società F.I.M.I. e
l’Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 243 del
Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 25 del 28 gennaio 1967.
Visti gli atti di costituzione della società F.I.M.I. e
dell’Amministrazione finanziaria dello Stato; udita nell’udienza
pubblica del 1 aprile 1968 la relazione del Giudice Michele Fragali;
uditi l’avv. Emilio Romagnoli, per la società F.I.M.I., ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per
l’Amministrazione delle finanze dello Stato.
1. – In riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione,
un’ordinanza del Tribunale di Torino, datata 14 ottobre 1966 ed emessa
in un procedimento per opposizione ad ingiunzione fiscale promossa
dalla società F.I.M.I. contro l’Amministrazione delle finanze dello
Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale degli artt.
20 e 21 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli
ordinamenti tributari, in quanto siano interpretati nel senso che,
nell’ipotesi di più pondebitori solidali d’imposta, decada dal diritto
di contestare il valore accertato anche quel contribuente cui non sia
stato notificato il valore venale che l’amministrazione reputa doversi
attribuire ai beni oggetto di un trasferimento sottoposto ad imposta,
sufficiente essendo che quel valore sia notificato ad uno degli altri
condebitori solidali.
Il Tribunale ha rilevato che in tal senso è la interpretazione
ormai costante della Cassazione e che da tale interpretazione esso non
intente discostarsi; ha soggiunto che il sistema che ne risulta viene a
frustrare il diritto del cittadino di fare accertare dalle commissioni
tributarie il valore tassabile e nega al contribuente la tutela
giurisdizionale di un proprio diritto. Assolutamente inutile è
approntare organi ai quali è affidato il compito di apprestare tale
tutela quando al cittadino è impedito di adirli; e tale impedimento
sussiste quando il cittadino non è messo in grado di aver conoscenza
di un provvedimento soggetto a ricorso e del momento da cui inizia il
decorso del termine di decadenza per la presentazione
dell’impugnazione.
L’ordinanza è stata notificata alla parte privata il 21 novembre
1966 ed il giorno successivo all’Avvocatura dello Stato per
l’Amministrazione delle finanze dello Stato, e quindi al Presidente del
Consiglio dei Ministri il 28 stesso mese. È stata comunicata alle due
camere del Parlamento in data 19 novembre 1966. L’ordinanza è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 28 gennaio
1967, n. 25.
2. – Si sono costituiti innanzi a questa Corte il contribuente e
l’Amministrazione delle finanze; non vi è stato intervento del
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il contribuente si è limitato a chiedere l’illegittimità delle
norme denunziate.
L’Amministrazione delle finanze ha contrastato tale istanza. Ha
rilevato in primo luogo che le norme suddette non fanno cenno della
solidarietà tributaria e non vietano al contribuente di agire in
giudizio per la tutela del propri diritti né limitano tale azione: la
configurazione giuridica della solidarietà fiscale nel senso indicato
dal Tribunale promana dai principi fondamentali dell’ordinamento
tributario e da norme peculiari ad ogni particolare ordinamento
dell’imposta (nella specie, dall’art. 93 della legge di registro), in
considerazione del carattere pubblicistico della prestazione e della
sua unitarietà, perché è unico ed inscindibile l’oggetto
dell’imposta, quindi il presupposto dell’obbligazione, così da
determinare la nascita di un rapporto giuridico oggettivamente unico, e
da escludere che l’accertamento del tributo sia scomponibile in tanti
parziali accertamenti quanti sono i condebitori. La conseguenza è che
gli atti delle varie fasi del processo di accertamento, svolti nei
confronti di uno solo degli obbligati, debbono ritenersi comunicabili
agli altri. Il potere di riscossione dei tributi riceve nella
Costituzione una sua particolare tutela, e il maggior rigore che
informa il sistema interpretato nel modo suddetto ha una propria ragion
d’essere nell’opportunità di evitare, in una materia intensamente
permeata dall’interesse pubblico, la possibilità che, nella stessa
controversia, si abbiano più pronuncie difformi ovvero una disparità
di trattamento fra più soggetti passivi dell’obbligazione d’imposta.
È prassi degli uffici fiscali di notificare l’accertamento a tutti i
coobbligati perché ciò corrisponde ad una più efficace tutela degli
interessi fiscali; ma se talora la notificazione viene omessa nei
confronti di uno di essi o, come nella specie, non ha potuto eseguirsi,
non ne risulta una lesione della garanzia inerente alla tutela
giurisdizionale, perché i condebitori sanno che l’obbligazione
solidale è sorta nel momento in cui si è verificato il presupposto, e
che la dichiarazione d’imponibile è oggetto di revisione da parte
dell’amministrazione finanziaria; l’inerzia del condebitore, che non
abbia comunicato agli altri la notifica dell’accertamento, non può
essere a rischio dell’amministrazione e determinare un vizio di
incostituzionalità. Tra i condebitori esiste normalmente il diritto di
rivalsa, e il debitore pregiudicato dall’inerzia del condebitore può
far dichiarare la responsabilità di quest’ultimo.
3. – All’udienza del 1 aprile 1968 i difensori delle parti hanno
ribadito le proprie tesi.
1. – Senza fondamento si sostiene che il Tribunale di Torino non ha
dato al giudizio odierno un obietto idoneo.
L’assunto si fonda sulla lettera delle norme denunciate (gli artt.
20 e 21 del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, concernente la riforma degli
ordinamenti tributari), che non pone espressi divieti o limitazioni
alla tutela giurisdizionale del diritti del contribuente.
Ma il Tribunale ha interpretato quelle norme nel senso che,
nell’ipotesi di obbligazione tributaria solidale, la notificazione
dell’accertamento di valore fatta ad uno solo del contribuenti fa
decorrere anche contro gli altri il termine per il ricorso alla
commissione distrettuale delle imposte; e in ciò ha ravvisato una
lesione della garanzia inerente alla tutela giurisdizionale. Poiché
tale avviso risulta appoggiato ad una adeguata motivazione sulla
rilevanza della questione e sulla sua non manifesta infondatezza, il
presente giudizio può reputarsi ritualmente provocato.
2. – Circa il merito della questione proposta, questa Corte rileva
che il Tribunale di Torino ha preso l’avvio da un’opinione secondo la
quale l’obbligazione solidale di diritto tributario non riunisce più
vincoli, come l’obbligazione solidale di diritto civile, ma lega in
unico rapporto tutti i debitori, fino al punto che, contestata verso
uno solo di essi, la pretesa fiscale di nuova stima del bene oggetto di
trasferimento svolge i suoi effetti anche verso tutti gli altri,
assorbendo nella difesa di uno la difesa di tutti.
Questa interpretazione del sistema, consolidata da lunghissimo
tempo, ha resistito al dissenso di una parte notevole della dottrina;
ma non riesce a superare il vaglio della norma costituzionale invocata
nell’ordinanza che ha dato origine all’odierno giudizio.
3. – Secondo l’art. 24, primo comma, della Costituzione, la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi è garantita a “tutti”:
la norma ha una formulazione tanto generale da colpire qualsiasi
esclusione della tutela giurisdizionale, soggettiva od oggettiva, e
qualsiasi limitazione che ne renda impossibile o difficile l’esercizio
da parte di uno qualunque degli interessati. Non possono perciò dirsi
coerenti a così larga garanzia, norme come quelle denunciate, per le
quali la tutela giurisdizionale di tutti i condebitori viene consumata
dall’esercizio o dalla disposizione del diritto che ne fa uno solo di
essi.
La norma costituzionale, nella sostanza, dà ad ogni soggetto
protetto dall’ordinamento il diritto di esperire le azioni e le difese
che siano idonee a realizzare la protezione del proprio interesse; la
pluralità del debitori di una medesima prestazione, determinando la
contemporanea incidenza dell’obbligazione nella sfera di più soggetti,
fa sì che ciascuno è abilitato – ad esperire un’azione o una difesa
processualmente autonoma, per la tutela contro le pretese del creditore
che eccedano l’ambito del dovuto. Per quanto, del resto, unitariamente
possa essere costruito il vincolo che lega i condebitori di imposta,
esso mai darebbe luogo a rapporti di reciproca rappresentanza, per le
ragioni altre volte espresse riguardo all’obbligazione solidale di
diritto civile sotto il vigore del Codice del 1865. Con riferimento
particolare all’imposta di registro, rispetto ad essa manca spesso un
interesse comune financo fra gli autori dell’atto che vi soggiace, se
pure alcuni di costoro siano in comunione riguardo al diritto che è
oggetto del negozio documentato: basterà ricordare che l’art. 1475 del
Codice civile, se non vi è patto contrario, pone a carico
dell’acquirente le spese del contratto di vendita e le altre accessorie
(tra le quali si sogliono comprendere quelle inerenti all’imposta di
registro), in modo da porre in contrasto di interessi, rispetto a
questa imposta, venditore e compratore. E un contrasto del genere si
riproduce fra le parti di ogni altro atto, ove questo contenga la
clausola, ritenuta valida fra le parti, che pone l’imposta a carico di
una sola di esse.
Un sistema che toglie ad alcuni condebitori di un tributo ogni
possibilità di difesa autonoma del proprio interesse perché fa
espandere fino a loro gli effetti del giudicato ottenuto nei confronti
di altro coobbligato, un sistema che estende a quei condebitori una
preclusione verificatasi nei rapporti di un altro o che comunque
consente di comunicare ad uno solo del coobbligati una pretesa che
riguarda anche tutti gli altri, permette all’amministrazione
finanziaria di notificare la pretesa stessa a quel condebitore che,
essendo nullatenente, o per altre ragioni, possa non avere convenienza
a contrastare l’istanza o ad impugnare la pronunzia sfavorevole,
eventualmente anche per evitare anticipi di spese da lui non
sopportabili; pertanto è un sistema che lascia arbitra
l’amministrazione finanziaria di porre fuori dal diritto di difesa
condebitori interessati ad esplicarla. Il che è contrario alla regola
inderogabile fissata nell’art. 24, primo comma, della Costituzione.
La notifica del maggior valore di un bene oggetto di un atto
imponibile non lede certamente questa regola se può servire, per un
larghissimo accostamento all’art. 1310 del Codice civile, ad impedire
la decadenza dell’amministrazione finanziaria dal diritto a far valere
la sua pretesa di nuova stima entro il termine fissato nel secondo
degli articoli denunciati, non si deve avere rilevanza sul decorso del
termine stabilito per ricorrere anche per colui al quale essa non è
stata rivolta; il quale dell’istanza viene ad ignorare l’esistenza, pur
dovendo risentirne gli effetti. Se il contribuente al quale il
condebitore non ha reso nota la pretesa che l’amministrazione fiscale
gli ha notificato potrà anche aver diritto verso di questi al
risarcimento del danno, tale diritto non riceverebbe pratica
soddisfazione ove il condebitore non avesse beni sufficienti a coprire
la propria responsabilità patrimoniale.
Non è persuasivo obiettare che, contestandosi soltanto verso uno
degli obbligati la pretesa fiscale ad una nuova stima, si evitano
contrasti o difformità di giudicati relativamente alla stessa
obbligazione d’imposta, e si evita altresì che l’accertamento venga
scomposto in tanti diversi accertamenti quanti sono i condebitori: se
l’obbligazione d’imposta è inscindibile, come sostiene
l’amministrazione finanziaria, l’accertamento non potrà essere che
unico rispetto a tutti i condebitori, e la decisione sulle opposizioni
non potrà pronunziarsi se non in confronto di tutti gli obbligati,
secondo le norme degli artt. 102 e 331 del Codice di procedura civile,
le quali esprimono regole di ordine generale.
Le norme denunciate non si legittimano nemmeno facendo capo alla
speciale posizione che l’ordinamento costituzionale assicura alla
potestà tributaria, secondo la giurisprudenza di questa Corte: la
tutela preferenziale non può intendersi apprestata alla pretesa
fiscale fino ad obbligare all’imposta soggetti che non vi sono tenuti,
o a porre l’obbligazione a loro carico in una misura superiore a quella
concretamente dovuta, come potrebbe accadere se, in parte qua,
rimanessero in vita le disposizioni portate dal Tribunale di Torino al
sindacato di questa Corte.
4. – La questione proposta è perciò fondata nei limiti suddetti.
La declaratoria relativa non può limitarsi agli effetti
dell’imposta di registro alla quale si riferisce la causa pendente
innanzi al giudice a quo, data la formulazione delle norme denunciate,
che contemplano genericamente e inscindibilmente tutte le imposte sui
trasferimenti di ricchezza e dato che le ragioni addotte non hanno
carattere esclusivo per l’imposta di registro.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 20 e 21 del
R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, sulla riforma degli ordinamenti
tributari, limitatamente alla parte per la quale, dalla contestazione
dell’accertamento di maggior imponibile nei confronti di uno solo del
coobbligati, decorrono i termini per l’impugnazione giurisdizionale
anche nei confronti degli altri.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 aprile 1968.
ALDO SANDULLI – BIAGIO PETROCELLI –
ANTONIO MANCA – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI.