Sentenza N. 487 del 1992
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1992
Data deposito/pubblicazione
29/12/1992
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1992
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI;
legge 29 febbraio 1984, n. 18 (Disciplina della proroga dei termini
di vigenza delle leggi e proroga di taluni termini in scadenza al 31
dicembre 1983); 6, n. 30, della legge 29 febbraio 1988, n. 48
(Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi
contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme
in materia di organizzazione dell’INPS); 7, n. 5, della legge 7
dicembre 1989, n. 389 (Disposizioni urgenti in materia di evasione
contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi
contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamenti dei patronati);
promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1991 dal Tribunale di
Genova nel procedimento civile vertente tra Allegranza Cesarina, ed
altre, e l’ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza delle
Ostetriche (E.N.P.A.O.), iscritta al n. 305 del registro ordinanze
1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23,
prima serie speciale, dell’anno 1992;
Visto l’atto di costituzione di Allegranza Cesarina, ed altre,
nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 18 novembre 1992 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
Uditi gli avvocati Franco Agostini e Manfredi Caniglia per
Allegranza Cesarina, ed altre, e l’Avvocato dello Stato Franco Favara
per il Presidente del Consiglio dei ministri;
altre nei confronti dell’ente nazionale di previdenza ed assistenza
delle ostetriche (ENPAO) in liquidazione, al fine di ottenere il
trattamento pensionistico di vecchiaia in misura non inferiore a
quello minimo erogato ai lavoratori autonomi delle gestioni speciali
INPS, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 21 novembre 1991,
pervenuta alla Corte costituzionale il 20 maggio 1992, ha sollevato,
in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., questione di
legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 4, del d.l. 29
dicembre 1983, n. 747, convertito nella legge 27 febbraio 1984, n.
18, 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito nella
legge 29 febbraio 1988, n. 48, e 7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989,
n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389.
In primo luogo, il giudice remittente censura le norme denunciate
– che hanno via via prorogato al 30 giugno 1990 il termine per lo
scioglimento dell’ENPAO, originariamente previsto dall’art. 1,
secondo comma, della legge n. 127 del 1980 alla scadenza del regime
transitorio triennale di cui al primo comma, ossia alla data del 27
aprile 1983 – perché non hanno provveduto ad adeguare, senza altri
indugi, il trattamento pensionistico delle ostetriche iscritte
all’ENPAO a quello assicurato ai lavoratori autonomi delle gestioni
INPS, in attuazione della direttiva espressa nell’art. 4, ultimo
comma, della stessa legge n. 127. In subordine, lamenta che i citati
decreti di proroga non abbiano almeno provveduto ad adeguare alle
variazioni del costo della vita i minimi di pensione determinati
dall’art. 4 della legge n. 127 del 1980, considerato che il Ministro
del lavoro non ha mai esercitato il potere discrezionale di
adeguamento anno per anno attribuitogli dall’art. 5.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite le
ricorrenti aderendo alle argomentazioni dell’ordinanza di rimessione
e concludendo per una dichiarazione di fondatezza della questione.
In un’ampia memoria aggiunta esse sostengono la possibilità –
avvalorata dall’abrogazione del quarto comma dell’art. 4 della legge
del 1980, disposta dall’art. 4 della legge 7 agosto 1990, n. 249 – di
interpretare le norme in esame nel senso che fin dalla scadenza del
triennio indicato nell’art. 1 della legge n. 127 del 1980 è già
sorto in capo alle titolari di pensioni corriposte dall’ENPAO il
diritto a un trattamento minimo di ammontare pari a quello spettante
ai lavoratori autonomi delle gestioni INPS.
Se non si accedesse a questa interpretazione, la censura di
incostituzionalità non potrebbe essere evitata. Risulterebbero
violati sia il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.,
perché le ostetriche titolari di pensione a carico dell’ENPAO
sarebbero discriminate rispetto alle ostetriche collocate in pensione
dopo il 30 giugno 1990 a carico dell’INPS, sia l’art. 38, secondo
comma, Cost., perché il trattamento pensionistico minimo garantito
ai lavoratori autonomi dalle gestioni INPS deve ritenersi la misura
minima di adeguatezza alle esigenze di vita del lavoratore
pensionato, il che si argomenterebbe dall’art. 7 della legge 15
aprile 1985, n. 140.
3. – È intervenuto il Presidente del consiglio dei ministri,
rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.
La legge n. 127 del 1980 già aveva previsto, alla scadenza del
regime transitorio triennale, la parificazione del trattamento
pensionistico minimo delle ostetriche al minimo garantito ai
lavoratori autonomi dalle gestioni INPS, nonché un meccanismo di
adeguamento delle prestazioni dell’ENPAO durante il regime
transitorio alle variazioni del costo della vita. Le norme impugnate
si sono limitate a prorogare il termine per lo scioglimento
dell’ENPAO, probabilmente per ragioni connesse ai dissesti finanziari
dell’ente, e quindi nulla avrebbero potuto aggiungere alla legge del
1980 in ordine all’adeguamento dei trattamenti pensionistici delle
istanti.
aveva disposto lo scioglimento dell’ente nazionale di previdenza e
assistenza delle ostetriche (ENPAO) alla scadenza del termine
triennale di cui al primo comma, decorrente dalla data di entrata in
vigore della legge medesima (27 aprile 1980). Stabiliva inoltre che
“con decorrenza immediatamente successiva alla data di scioglimento
dell’ENPAO (27 aprile 1983) i trattamenti mensili di pensione
dovranno comunque garantire un trattamento minimo pensionistico pari
a quello previsto per i lavoratori autonomi delle gestioni dell’INPS”
(art. 4, quarto comma), mentre per la durata del regime transitorio
l’art. 5 attribuiva al Ministro del lavoro il potere di aumentare
annualmente le pensioni erogate dall’ente in misura percentuale
correlata alle variazioni dell’indice del costo della vita.
Per ragioni connesse al dissesto finanziario dell’ENPAO (in
soccorso del quale dovette intervenire lo Stato con un contributo
straordinario di quindici miliardi di lire: art. 8 della legge 15
aprile 1985, n. 140), la data di scioglimento dell’ente è stata via
via prorogata dall’art. 4, comma 8, del d.l. 12 settembre 1983, n.
463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638 (al 31 dicembre
1983), dall’art. 2, comma 4, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747,
convertito nella legge 27 febbraio 1984, n. 18 (al 31 marzo 1984),
dall’art. 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito
nella legge 29 febbraio 1988, n. 48 (al 31 dicembre 1987), dall’art.
7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7
dicembre 1989, n. 389 (al 30 giugno 1990). Corrispondentemente la
proroga ha determinato lo spostamento del termine iniziale di
efficacia del diritto attribuito alle istanti dall’art. 4, quarto
comma, della legge del 1980: in capo alle ostetriche già titolari di
pensione ENPAO alla data del 30 giugno 1990 il diritto a un
trattamento minimo pari a quello garantito ai lavoratori autonomi
delle gestioni INPS è sorto – nei confronti dello stesso INPS
(gestione degli interventi assistenziali e di sostegno delle gestioni
previdenziali) subentrato al disciolto ente ai sensi dell’art. 1
della legge 7 agosto 1990, n. 249 – con decorrenza dal 1° luglio
1990.
2. – Le norme di proroga contenute nel secondo, nel terzo e nel
quarto dei decreti-legge citati nel numero precedente sono impugnate
dal Tribunale di Genova “nella parte in cui prorogando il termine per
lo scioglimento dell’ENPAO stabilito dall’art. 1 della legge n. 127
del 1980, non hanno previsto alcun meccanismo di adeguamento dei
valori monetari relativi ai minimi di pensione di vecchiaia delle
ostetriche, fissati dall’art. 4 della medesima legge, quanto meno
alle variazioni del costo della vita”.
3. – L’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità della
questione, sul rilievo che l’impugnazione di costituzionalità non
appare proponibile nei confronti delle norme denunciate, le quali si
sono limitate a prorogare il termine per lo scioglimento dell’ENPAO,
e quindi nulla avrebbero potuto aggiungere alla legge del 1980 in
ordine all’adeguamento dei trattamenti minimi pensionistici delle
istanti.
L’eccezione è fondata.
La difesa delle istanti replica che il giudice a quo muove da una
valutazione di non incostituzionalità dell’art. 4, quarto comma,
della legge del 1980, nella parte in cui ritardava di tre anni
l’adeguamento dei minimi di pensione delle ostetriche, purché la
durata del regime transitorio restasse contenuta entro questo termine
o al massimo non si spingesse oltre la prima proroga, di pochi mesi,
disposta dal d.l. n. 536 del 1983 (non impugnato). La violazione
degli artt. 3 e 38 Cost. è sopravvenuta col d.l. n. 747 del 1983 e i
due successivi che, con efficacia dal 1° gennaio 1984, hanno
prorogato di sette anni il termine originario. Correttamente, quindi,
il giudice remittente ha censurato soltanto questi decreti perché
non hanno provveduto a sganciare l’adeguamento dei trattamenti
pensionistici minimi erogati dall’ENPAO dalla condizione dello
scioglimento dell’ente.
Va obiettato che, alla stregua della detta valutazione, i decreti
di proroga avrebbero dovuto essere impugnati congiuntamente con
l’art. 4, quarto comma, della legge del 1980, atteso che da tale
disposizione, in quanto modificata dalle proroghe della data di
scioglimento dell’ente, è derivato l’ostacolo – fino al 30 giugno
1990 – all’adeguamento del trattamento minimo di pensione delle
istanti. Senza l’impugnativa dell’art. 4, quarto comma, manca la
norma sulla quale dovrebbe eventualmente innestarsi il provvedimento
additivo chiesto al giudice delle leggi.
4. – Inammissibile è pure la questione subordinata di
legittimità costituzionale delle norme denunciate, nella parte in
cui, prorogando il regime transitorio della legge del 1980, non hanno
previsto almeno un meccanismo di adeguamento delle pensioni erogate
dall’ENPAO agli aumenti del costo della vita.
A tal fine un meccanismo, suscettibile di operare anche per i
periodi di proroga del regime transitorio, era già congegnato
dall’art. 5 della legge del 1980, né questa norma potrebbe essere
censurata per la mancanza di carattere autoapplicativo, essendo
rimesso al potere discrezionale del Ministro del lavoro l’adeguamento
anno per anno degli importi delle pensioni alle variazioni
dell’indice ISTAT: l’art. 38 Cost. lascia al legislatore libertà di
scelta tra l’uno o l’altro tipo di meccanismo (cfr. sentt. nn. 337
del 1992, 497 del 1988). L’art. 5 legittimava le istanti a reagire
all’inerzia del Ministro del lavoro con una domanda di emissione del
decreto ivi previsto e a impugnare l’eventuale silenzio-rifiuto
davanti al giudice amministrativo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 2, comma 4, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747 (Disciplina
della proroga dei termini di vigenza delle leggi e proroga di taluni
termini in scadenza al 31 dicembre 1983), convertito nella legge 27
febbraio 1984, n. 18; 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536
(Fiscalizzazione degli
oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno,
interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione
dell’INPS), convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, e 7,
comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338 (Disposizioni urgenti in
materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri
sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamenti
dei patronati), convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389,
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal
Tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.
Il presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA