Sentenza N. 488 del 1992
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1992
Data deposito/pubblicazione
29/12/1992
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1992
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
Lombardia riapprovata il 6 agosto 1992 dal Consiglio regionale,
avente per oggetto: “Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni
dell’art. 22 della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 ‘Ordinamento
dei servizi e degli uffici della giunta regionale’, e successive
modificazioni ed integrazioni”, promosso con ricorso del Presidente
del Consiglio dei ministri, notificato il 2 settembre 1992,
depositato in cancelleria l’11 successivo ed iscritto al n. 63 del
registro ricorsi 1992;
Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;
Udito nell’udienza pubblica del 1° dicembre 1992 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Uditi l’Avvocato dello Stato Antonio Bruno, per il ricorrente, e
l’Avv. Valerio Onida per la Regione;
Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, in riferimento agli artt. 97 e 117 della
Costituzione, della legge della Regione Lombardia riapprovata il 6
agosto 1992 e comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri il
19 agosto 1992, recante “Modificazioni e integrazioni alle
disposizioni dell’art. 22 della l.r. 1° agosto 1979, n. 42
‘Ordinamento dei servizi e degli uffici della giunta regionale’ e
successive modificazioni e integrazioni”.
L’Avvocatura dello Stato premette che con la delibera impugnata la
Regione Lombardia intende modificare l’art. 22 della legge regionale
n. 42/79 che prevede, nell’ordinamento organizzativo della Regione,
la presenza delle segreterie particolari, strutture con compiti ben
definiti dalla legge, a supporto diretto delle esigenze operative del
presidente, del vice presidente e degli assessori della giunta
regionale. L’art. 1 e l’annessa tabella A rideterminano il
contingente massimo del personale assegnabile alle segreterie
particolari, specificando, altresì, la composizione degli organici-tipo delle stesse, con la previsione della figura dirigenziale (1ª,
qualifica dirigenziale) per l’incarico di responsabile della
struttura. All’art. 3 viene, di conseguenza, abrogato il terzo comma
dell’art. 22 della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 e successive
integrazioni e modificazioni, già disciplinante gli organici delle
segreterie.
La delibera impugnata, prosegue il ricorrente, è illegittima per
quanto riguarda l’art. 2, che estende anche al personale
semplicemente addetto alle segreterie – non solo ai responsabili
delle stesse, come consentito già in altri ordinamenti regionali –
la disposizione dell’art. 2, terzo comma, della legge regionale n. 31
del 1977, la quale prevede, per il personale assegnato ai gruppi
consiliari con la qualifica inferiore a quella propria del posto di
contingente tabellare coperto, un assegno personale integrativo non
pensionabile e non riassorbibile, pari alla differenza tra i
trattamenti economici iniziali corrispondenti alle due qualifiche.
L’art. 2, attribuendo al personale comunque assegnato alle
segreterie particolari il trattamento economico previsto per la
qualifica funzionale superiore corrispondente alle attribuzioni
conferite con il provvedimento di incarico, indipendentemente dalla
qualifica di appartenenza, configura, invero, un ingiustificato
beneficio e si pone in contrasto con i principi di omogeneizzazione,
trasparenza dei trattamenti economici, onnicomprensività e divieto
di trattamenti economici integrativi di cui agli artt. 4 e 11 della
legge-quadro per il pubblico impiego n. 93 del 1983.
La stessa disposizione, conclude l’Avvocatura, conferendo anche al
personale comandato il surriferito trattamento di maggior favore, non
è altresì in linea con i principi della normativa sul trattamento
economico del personale comandato che impone il mantenimento della
retribuzione già in godimento presso l’ente o l’amministrazione di
provenienza.
2. – Si è costituita la Regione Lombardia concludendo per il
rigetto del ricorso.
Osserva la Regione che entrambe le contestazioni svolte nel
ricorso appaiono frutto di una mancata comprensione dei presupposti
che fondano il riconoscimento dell’assegno integrativo di cui alla
norma regionale in questa sede impugnata.
Le attribuzioni delle segreterie particolari del presidente, del
vicepresidente e degli assessori prevedono lo svolgimento di
attività del tutto diverse da quelle proprie delle altre unità
organizzative dell’ente, come è facilmente riscontrabile
dall’esemplificazione contenuta nell’allegato (parte seconda) della
legge regionale 1° agosto 1979, n. 42.
Si pone quindi con tutta evidenza, nel caso del personale
assegnato a tale particolare struttura, il problema della
corrispondenza fra il livello delle mansioni svolte e quello delle
mansioni inerenti alla qualifica rivestita. Quando ciò si verifica
evidentemente non sorge alcun problema, rispetto al diritto
riconosciuto ai dipendenti di svolgere le funzioni inerenti alla
qualifica rivestita. Quando invece, per effetto dell’assegnazione
alle segreterie particolari dei massimi responsabili dell’ente, il
dipendente si trova a svolgere mansioni diverse da quelle proprie
della qualifica di appartenenza – e quindi, in sostanza, gli vengono
conferite con atto dell’amministrazione “mansioni superiori” – non vi
è dubbio che ad esso spetti anche il riconoscimento del relativo
trattamento economico.
Nel caso di specie la norma quindi non attribuisce affatto un
trattamento “integrativo” al personale in ragione dell’assegnazione
ad una diversa struttura organizzativa – il che potrebbe in ipotesi
costituire una violazione delle norme e dei principi invocati nel
ricorso – ma provvede soltanto a far corrispondere il trattamento
economico alle mansioni effettivamente e formalmente conferite.
Tale corrispondenza, costituendo una conseguenza immediata del
principio costituzionale della giusta retribuzione di cui all’art. 36
della Costituzione, rappresenta un diritto per il personale
interessato, che sussisterebbe anche indipendentemente dal
riconoscimento normativo di cui alla norma regionale in questa sede
contestata.
Infatti, dopo le pronunce di questa Corte (sent. n. 57 del 1990 –
recte, del 1989 – e ord. n. 908 del 1988), la giurisprudenza
amministrativa si è orientata nel senso di affermare che al pubblico
dipendente spetta la retribuzione corrispondente alle mansioni di
fatto svolte purché l’amministrazione abbia, implicitamente o
esplicitamente, accettato volontariamente la prestazione. La
retribuzione corrispondente alle mansioni di qualifica superiore
spetta a maggior ragione quando l’incarico derivi da una previsione
di legge o comunque da un atto formale (Consiglio di Stato, Sez. V,
27 maggio 1991 n. 847).
La norma regionale in questione quindi, essendo tesa a riconoscere
al personale assegnato alle segreterie particolari – e addetto a
mansioni superiori a quelle proprie della qualifica di provenienza –
un trattamento economico corrispondente a tali mansioni formalmente
conferite, non si pone affatto in contrasto con i principi propri del
pubblico impiego ma ne costituisce piuttosto esatta applicazione.
Del resto, lo stesso ricorrente sembra ammettere la legittimità
della corresponsione del trattamento limitatamente ai responsabili
delle segreterie particolari, che occupano posti di qualifica
funzionale dirigenziale, ma la nega per ciò che riguarda il restante
personale addetto alle segreterie. Il che è contraddittorio: non si
vede perché il principio di corrispondenza fra retribuzione e
mansioni proprie della qualifica in atto attribuita nell’organico
della segreteria particolare debba valere per il responsabile e non
per gli altri addetti all’ufficio, per i quali pure la legge – non
diversamente che per il responsabile – precisa le qualifiche
funzionali corrispondenti ai posti ricoperti.
Circa, poi, l’ulteriore contestazione, svolta nel ricorso, del
conferimento di tale trattamento economico integrativo al personale
comandato, va detto che la regola del mantenimento della retribuzione
già in godimento presso l’ente o l’amministrazione di provenienza
può valere solo a parità di mansioni effettivamente svolte. In caso
contrario – quando cioè al personale comandato siano formalmente
conferite mansioni superiori – non vi è ragione per non applicare
anche a tale personale il principio di corrispondenza tra mansioni e
trattamento economico.
In caso contrario si avrebbe una ingiustificata differenziazione
tra il personale comandato e quello proprio dell’ente, in aperta
violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Osserva, infine, la Regione che l’art. 2 della legge regionale
impugnata realizza la piena equiparazione tra personale addetto alle
segreterie particolari e personale addetto ai gruppi consiliari. Il
beneficio economico di cui si tratta era stato infatti riconosciuto
al personale assegnato ai gruppi con l’art. 2, terzo comma, della
legge regionale n. 31 del 1977, senza che tale disposizione sia stata
mai oggetto di alcuna contestazione.
Ora, con la norma in questa sede impugnata, il regime del
personale addetto alle segreterie particolari si adegua, con
riferimento al medesimo beneficio, a quello del personale addetto ai
gruppi consiliari: il che è del tutto logico e conforme al principio
di uguaglianza, trattandosi in entrambi i casi di strutture
organizzative con compiti peculiari del tutto analoghi.
legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 97 e 117
della Costituzione – dell’art. 2 della legge della Regione Lombardia
riapprovata il 6 agosto 1992, recante “Modificazioni ed integrazioni
alle disposizioni dell’art. 22 della l.r. 1° agosto 1979, n. 42
‘Ordinamento dei servizi e degli uffici della giunta regionale’, e
successive modificazioni e integrazioni”. Il predetto art. 22 della
legge regionale n. 42 del 1979 ha istituito, nell’ambito delle
strutture organizzative dipendenti dalla giunta regionale (cfr. art.
9), le segreterie particolari del presidente, del vice presidente e
di ciascun assessore, “per lo svolgimento delle attività di ausilio
immediato” a questi ultimi, meglio specificate nella seconda parte
dell’allegato alla legge medesima.
La legge riapprovata dal Consiglio regionale il 6 agosto 1992, da
un lato (art. 1) stabilisce analiticamente, mediante l’allegata
tabella, le qualifiche funzionali che deve rivestire il personale
assegnato alle dette segreterie (ed abroga di conseguenza con l’art.
3 la più generica previsione contenuta nel terzo comma del citato
art. 22); dall’altro prevede, con la norma che forma esclusivo
oggetto del presente giudizio (art. 2), che al predetto personale
“appartenente ai ruoli organici della Regione o comandato presso la
medesima, si applicano le disposizioni previste dal terzo comma
dell’art. 2 della l.r. 23 giugno 1977, n. 31 ‘Assegnazione di
personale ai gruppi consiliari’ e successive modificazioni ed
integrazioni”. Quest’ultima norma stabilisce che “a coloro che
rivestono qualifica inferiore a quella propria del posto di
contingente tabellare coperto spetta, limitatamente al periodo di
servizio presso il gruppo, un assegno personale integrativo, non
pensionabile e non riassorbibile per effetto della progressione
economica e di altri aumenti di retribuzione, pari alla differenza
tra i trattamenti economici iniziali lordi corrispondenti alle due
qualifiche”.
Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata, attribuendo
(mediante il rinvio alla legge n. 31 del 1977) a tutto il personale
assegnato alle segreterie particolari – e non solo ai responsabili
delle stesse, come già consentito in altre regioni – il menzionato
diritto al trattamento economico integrativo ove rivesta qualifica
inferiore a quella propria del posto coperto, configura un
ingiustificato beneficio e si pone in contrasto con i principi di
omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, trasparenza dei
trattamenti economici, onnicomprensività e divieto di trattamenti
economici integrativi di cui agli artt. 4 e 11 della legge-quadro sul
pubblico impiego n. 93 del 1983. Inoltre, la norma medesima,
estendendo il suddetto beneficio anche al personale comandato presso
la Regione, violerebbe altresì i principi vigenti in tema di
trattamento economico di detto personale, che impongono il
mantenimento della retribuzione già in godimento presso
l’amministrazione o l’ente di provenienza.
2. – La questione non è fondata.
Come esattamente rileva la Regione resistente, la norma impugnata
si limita, in realtà, a riconoscere un diritto che rinviene la sua
fonte direttamente in un principio costituzionale e che, pertanto,
dovrebbe comunque trovare applicazione.
Questa Corte, invero, ha già più volte avuto modo di affermare
(cfr. ord. n. 908 del 1988 e sentt. nn. 57 del 1989, 296 del 1990 e
236 del 1992) il “diritto dell’impiegato, assegnato a mansioni
superiori alla sua qualifica, di percepire il trattamento economico
della qualifica corrispondente, giusta il principio di equa
retribuzione sancito dall’art. 36 Cost.” (v. cit. sent. n. 236 del
1992), riconosciuto direttamente applicabile anche nel caso – che
ovviamente non rileva nella fattispecie – di mancanza di un atto
formale di preposizione alle mansioni superiori (art. 2126, primo
comma, del codice civile).
È pur vero che nella sentenza da ultimo citata questa Corte ha
anche affermato che “ciò non significa che l’art. 36 debba trovare
incondizionata applicazione ogni volta che il pubblico impiegato
venga adibito a mansioni superiori”. Ma certamente nel caso in esame
non ricorrono quelle condizioni allora individuate (assegnazione
meramente temporanea per esigenze eccezionali di buon andamento dei
servizi; intervento legislativo che regolarizzi ex post le posizioni,
riconoscendo agevolazioni e vantaggi tali da compensare il mancato
riconoscimento, per il passato, del trattamento economico superiore),
che possono, in ipotesi, costituire un giustificato limite
all’attuazione del richiamato principio.
Le considerazioni fin qui esposte sono di per sé sufficienti ad
escludere qualsivoglia violazione delle norme costituzionali invocate
dal ricorrente. Ma si può inoltre rilevare che lo stesso legislatore
statale ha recentemente affermato, con norma espressamente
qualificata come principio fondamentale ai sensi dell’art. 117 della
Costituzione, che nel pubblico impiego la temporanea assegnazione
alle mansioni superiori comporta “il riconoscimento del diritto al
trattamento corrispondente all’attività svolta” (art. 2, primo
comma, lett. n, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante “Delega
al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline
in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di
finanza territoriale”).
Quanto, infine, al profilo di censura relativo all’applicabilità
della norma impugnata non solo al personale di ruolo della Regione,
ma anche a quello comandato presso la medesima, va osservato che il
richiamato principio di equa retribuzione di cui all’art. 36 della
Costituzione – che importa, come detto, salvo casi eccezionali, la
corrispondenza del trattamento economico alla qualità del lavoro
effettivamente prestato – non può non avere ovviamente valenza
generale, quale che sia la posizione, di ruolo o di comando, del
dipendente; esso pertanto deve essere applicato anche al personale
comandato che versi nella situazione prevista nella norma censurata
(e ciò a prescindere dal rilievo che l’opposta soluzione darebbe
luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge della Regione Lombardia riapprovata il 6
agosto 1992 (Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni
dell’art. 22 della l.r. 1° agosto 1979, n. 42 “Ordinamento dei
servizi e degli uffici della giunta regionale” e successive
modificazioni e integrazioni), sollevata, in riferimento agli artt.
97 e 117 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei
ministri con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA