Sentenza N. 49 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
26/03/1969
Data deposito/pubblicazione
26/03/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/03/1969
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE, Giudici,
2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante “Nuove disposizioni
per l’applicazione delle leggi di registro, dell’i.g.e. e del bollo ai
contratti di locazione dei beni immobili urbani”, promossi con le
seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 9 novembre 1966 dalla commissione
provinciale delle imposte di Milano sul ricorso di Angeli Benito contro
l’Ufficio del registro di Milano, iscritta al n. 106 del Registro
ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 170 dell’8 luglio 1967;
2) ordinanza emessa il 16 giugno 1967 dal tribunale di Milano nel
procedimento civile vertente tra le Società immobiliari Mesapa, Sacisa
e Dorica S.p.A. e l’Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta
al n. 194 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 271 del 28 ottobre 1967.
Visti gli atti di costituzione delle Società immobiliari Mesapa,
Sacisa e Dorica S.p.A. e dell’Amministrazione finanziaria dello Stato e
di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 12 febbraio 1969 la relazione del
Giudice Luigi Oggioni;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l’Amministrazione
delle finanze.
Con ordinanza emessa il 9 novembre 1966 nel procedimento
concernente il ricorso proposto da Angeli Benito contro l’Ufficio del
registro di Milano, quella commissione provinciale delle imposte ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2
della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, recante “Nuove disposizioni per
l’applicazione delle leggi di registro, dell’i.g.e. e del bollo ai
contratti di locazione dei beni immobili urbani”. La questione è stata
sollevata in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
La commissione osserva nell’ordinanza che, secondo le norme
impugnate, i detti contratti di locazione sono assoggettati alla
“imposta proporzionale di registro” in ragione del 6 per cento della
rendita catastale, per quelli censiti, e del 4 per cento dell’ammontare
del prezzo e dei corrispettivi pattuiti, per quelli non censiti,
precisandosi che tali aliquote “sono comprensive” dell’imposta generale
sull’entrata di cui all’art. 3, lett. a, del D.L. 9 gennaio 1940, n. 2,
e successive modificazioni.
Poiché al secondo comma dell’art. 1 della legge impugnata, dove si
parla di immobili non censiti, si stabilisce che l’imposta è dovuta
secondo la durata pattuita dalla locazione, ed eguale criterio dovrebbe
evincersi, per quanto riguarda gli immobili censiti, dal capoverso
dell’art. 2 della legge in esame, secondo cui per i contratti di
locazione pluriennali l’imposta di registro è liquidata annualmente in
relazione al valore della rendita catastale, la Commissione deduce la
sussistenza di una sperequazione tributaria fra le locazioni in
discorso e quelle concernenti gli altri beni, cioè i mobili e i fondi
rustici. Infatti, mentre per gli immobili urbani sia il tributo di
registro che quello sull’entrata sarebbero dovuti, con le aliquote
sopra indicate, anche se i prezzi e corrispettivi non vengono
effettivamente riscossi, in vista appunto della insensibilità della
imposta alle vicende del contratto registrato, per le locazioni degli
altri beni soltanto il tributo di registro sarebbe dovuto sul cumulo
dei prezzi e dei corrispettivi previsti per tutta la durata della
locazione, e l’i.g.e. invece sarebbe dovuta solo nel caso che i prezzi
e i corrispettivi pattuiti vengano effettivamente pagati.
Tale differente trattamento sarebbe anche confermato dalla mancanza
di disposizioni che esonerino dall’i.g.e. i corrispettivi delle
locazioni di immobili urbani, per cui le aliquote previste dalle norme
impugnate non potrebbero non intendersi come aliquote complesse
riguardanti i due distinti ed autonomi tributi di registro e
sull’entrata.
In tale situazione la commissione ha ravvisato la probabile
violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della
Costituzione nonché del principio della capacità contributiva di cui
all’art. 53 della Costituzione ed ha pertanto disposto la trasmissione
degli atti alla Corte per l’ulteriore corso.
L’ordinanza, notificata il 24 febbraio 1967 e comunicata come per
legge, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ulliciale n. 170 dell’8
luglio 1967.
Avanti alla Corte costituzionale si è costituito il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, che ha depositato le deduzioni difensive il 26 aprile
1967.
L’Avvocatura osserva che la legge impugnata sarebbe stata emanata
allo scopo di evitare, mediante la condensazione in una imposta unica,
le molteplici evasioni all’i.g.e. che si verificavano in materia, ed
anche per semplificare i servizi di riscossione delle due imposte di
registro e sull’entrata. Dovrebbe d’altra parte escludersi la lamentata
violazione del principio di eguaglianza, poiché la fattispecie
contemplata dalla legge presenterebbe tutte le caratteristiche atte a
giustificare un trattamento differenziato rispetto alle locazioni dei
beni mobili e dei fondi rustici. Evidente, infatti, sarebbe la
differente situazione dei beni mobili, per la loro stessa natura e per
la minima rilevanza tributaria, mentre per quanto riguarda l’esclusione
dei fondi rustici del detto regime tributario, essa sarebbe ampiamente
giustificata dalle esigenze di tutela della redditività agricola,
tenuta presente dal legislatore nel disporre l’esclusione stessa.
Quanto alla pretesa violazione dell’art. 53, l’Avvocatura osserva
poi che per capacità contributiva si deve intendere l’idoneità
soggettiva alla obbligazione di imposta, rivelata dal presupposto al
quale la prestazione tributaria è collegata. E tale criterio sarebbe
stato rispettato dalla norma impugnata, in quanto l’imposta unica in
esame, anche se di fatto comprende l’i.g.e., dovrebbe considerarsi come
imposta di registro, e come tale collegata ad un indice di capacità
contributiva posto in essere dal semplice fatto della presentazione
alla registrazione del contratto di locazione. Comunque non rimarrebbe
senza causa neppure l’imposizione relativa all’entrata, poiché il
contratto farebbe logicamente presumere l’entrata in denaro o altri
mezzi di pagamento, di cui parla appunto l’art. 1 della legge
istitutiva dell’i.g.e.
E se tale presunzione non trovasse per avventura conferma nella
realtà, per la risoluzione del contratto, per la morosità o
l’inadempimento della parte, si tratterebbe pur sempre di ipotesi che
troverebbero nell’ordinamento giuridico e nelle sanzioni che questo
prevede “la possibilità del loro superamento”.
D’altra parte, a norma dell’ultimo comma dell’art. 2 impugnato, che
prevede, per i contratti pluriennali, il pagamento dell’imposta anno
per anno, in deroga all’art. 54 della legge di registro, che dispone
invece il versamento anticipato per tutta la prevista durata della
locazione, si sarebbe posto in essere, secondo l’Avvocatura, un sistema
tendente a far coincidere i termini della presunzione con la realtà
economica effettiva, dovendosi ritenere che, se il contratto di
locazione pluriennale viene, per qualsiasi causa, a caducarsi, il
contribuente potrà essere esonerato dal pagamento dell’imposta per gli
anni successivi.
E ciò anche a prescindere dalla considerazione che nel campo
dell’i.g.e. sarebbe ammesso e non di rado adottato il sistema
forfettario o quello di abbonamento, che svincolerebbero l’imposizione
dal movimento effettivo del denaro.
Conclude pertanto chiedendo dichiararsi infondate le proposte
questioni.
Con ordinanza emessa il 16 giugno 1967 nel procedimento civile
vertente fra le Società immobiliari “Mesapa”, “Sacisa” e “Dorica
S.p.A.” e l’Amministrazione finanziaria dello Stato, il tribunale di
Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle
citate norme della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, in relazione al
principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.
Premesso in fatto che, nel giudizio principale, l’Amministrazione
finanziaria pretende il pagamento delle imposte per l’intera durata del
contratto novennale di locazione stipulato con la Società incremento
turistico (S.I.T.) dalle dette Società immobiliari, risoltosi peraltro
(dopo neppure un anno) per morosità, il tribunale osserva che,
differentemente da quanto sostenuto anche in quella sede dalla
Amministrazione finanziaria, secondo cui la imposta prevista dalle
norme impugnate sarebbe una nuova ed unica imposta di registro,
dovrebbe invece ritenersi che il legislatore non abbia inteso abolire
l’imposta sull’entrata relativamente ai contratti in esame. E ciò
perché, a parte il titolo della legge in cui si parla di imposte di
registro, di bollo e sull’entrata”, l’espressione letterale del terzo
comma dell’art. 1 della legge stessa, affermando che le nuove aliquote
dell’imposta di registro ivi stabilite “sono comprensive” dell’imposta
generale sull’entrata, chiarirebbe che l’imposta sull’entrata sarebbe
non soppressa ma “racchiusa” ovvero “contenuta” nelle nuove aliquote.
Il che sarebbe confermato dalla misura delle nuove aliquote stesse,
che rapportate a quella dello 0,55 per cento precedentemente in vigore
per l’imposta di registro, a mente dell’art. 44 allegato A della
tariffa della legge di registro con l’addizionale stabilita dal regio
decreto legge 30 novembre 1937, n. 2145; e a quella del 3,30 per cento
pure precedentemente in vigore per l’imposta sull’entrata a mente
dell’art. 3, lett. a, della legge 19 giugno 1940, n. 762 e dell’art. 2
della legge 31 ottobre 1961, n. 1196, risulterebbe appunto comprensive,
in massima parte, dell’imposta sull’entrata.
D’altra parte, si aggiunge nell’ordinanza, poiché il fatto
giuridico che determina il sorgere dell’obbligazione tributaria per la
parte relativa all’imposta sull’entrata è l’effettiva percezione di un
corrispettivo da parte del locatore, la riscossione da parte del fisco
dell’imposta di cui alla legge in esame, per la parte relativa
all’imposta sull’entrata, non sarebbe giustificata nel caso di
risoluzione anticipata di un contratto pluriennale per tutte le annate
successive a quelle dello scioglimento e fino alla scadenza, in difetto
della base imponibile, data la mancanza di effettiva entrata. Con ciò,
mentre non vi sarebbe nulla da eccepire in ordine alla riscossione, nei
casi anzidetti, della parte afferente all’imposta di registro, che
colpisce l’atto e non il rapporto che ne consegue, secondo il tribunale
si verrebbe invece a creare una disparità di trattamento tra i
contribuenti in particolare sottoposti in tal modo al pagamento
dell’imposta sull’entrata, in difetto del presupposto dell’imposizione,
e tutti gli altri in generale che, invece, vi sono assoggettati solo
per avere effettivamente conseguito l’entrata colpita. Questa
disparità darebbe luogo ad un diverso trattamento di eguali situazioni
giuridiche, non giustificato da condizioni particolari, e violerebbe
pertanto il principio di eguaglianza, così come costantemente
interpretato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
L’ordinanza, notificata il 19 luglio 1967 e comunicata come per
legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 271 del 28
ottobre 1967.
Avanti alla Corte costituzionale si sono costituite le Società
“Mesapa”, “Sacisa” e “Dorica” in persona del presidente pro tempore
rappresentate e difese dagli avvocati Franco Fiore, Giuseppe e Luigi
Montesano, che il 16 novembre 1967, hanno depositato le deduzioni
difensive con cui fanno proprie le argomentazioni contenute
nell’ordinanza di rinvio.
Si sono altresì costituiti la Presidenza del Consiglio dei
Ministri e l’Amministrazione finanziaria dello Stato, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura generale
dello Stato che ha depositato le proprie deduzioni il 15 novembre 1967.
L’Avvocatura ribadisce e sviluppa l’assunto già esposto secondo
cui il tributo di cui alle norme impugnate sarebbe da considerarsi come
una imposta unica di registro, che avrebbe, con una aliquota unica
condensata, sostituito la precedente complessa duplice imposizione,
attraverso nuove e peculiari modalità di liquidazione e di
riscossione, le quali si dovrebbero inserire, al posto dell’art. 54, in
tutto il precedente sistema della legge di registro del 1923. Varrebbe
pertanto anche nella specie, coordinato con il disposto dell’art. 1, il
principio fondamentale della insensibilità dell’obbligazione
tributaria di registro alle vicende del negozio, di cui all’art. 12
della legge relativa.
Sarebbero quindi inconferenti i rilievi contenuti nell’ordinanza di
rinvio circa l’imposta sull’entrata, in quanto, appunto, il tributo de
quo si collegherebbe all’indice di capacità contributiva costituito
dalla stipula del contratto presentato alla registrazione. La doglianza
circa la pretesa sperequazione tra chi è assoggettato all’i.g.e. per
avere conseguito un’entrata e chi invece sarebbe tenuto a corrispondere
l’imposta nonostante la mancanza del presupposto sarebbe
conseguentemente infondata, venendo nella specie in considerazione solo
il presupposto dell’imposta di registro, cioè la mera stipulazione del
contratto, che costituirebbe d’altra parte la fonte necessaria e
sufficiente per il sorgere dell’obbligazione tributaria.
Anche qui pertanto l’Avvocatura conclude chiedendo dichiararsi
l’infondatezza della questione.
La difesa delle Società Mesapa, Sacisa e Dorica ha tempestivamente
depositato una memoria illustrativa con cui, in vista della peculiare
struttura del tributo stabilito con le norme impugnate, insiste
anzitutto nell’interpretare le medesime come derogative alla disciplina
dettata con la legge organica di registro, nel senso che, per i
contratti pluriennali, non si dovrebbe far luogo al pagamento annuale
dell’imposta nel caso di anticipata risoluzione.
La diversa interpretazione accolta invece dal tribunale renderebbe
innegabile il lamentato contrasto con la Costituzione, per i motivi
esposti nell’ordinanza di rinvio, cui la difesa stessa si richiama,
tornando a prospettare le ragioni per cui non potrebbe ritenersi che,
per effetto dell’adozione di una aliquota unica condensata, l’imposta
sull’entrata abbia mutato natura o sia stata soppressa, e possano
quindi nella specie rendersi applicabili le norme relative all’imposta
di registro. Comunque, anche a volere ammettere ciò, non potrebbe
negarsi che in tal modo si sarebbe in sostanza conglobata nell’imposta
di registro un’altra imposta avente diversa struttura, e si sarebbero
estesi a quest’ultima principi e norme in contraddizione con la sua
natura, il che porrebbe nei confronti della stessa imposta così
unificata il prospettato dubbio di legittimità costituzionale.
Sussisterebbe quindi la denunciata sperequazione tributaria che,
tra l’altro, nel caso della stipulazione di un nuovo contratto di
locazione in sostituzione di quello anticipatamente risolto, si
concreterebbe nella percezione da parte dello Stato, per lo stesso bene
e per lo stesso periodo di tempo, di un duplice tributo relativo ad
un’entrata inesistente e ad un entrata concretamente verificatasi.
Anche l’Avvocatura ha depositato nei termini una memoria
illustrativa unica per entrambi i giudizi, con cui ribadisce e svolge
le tesi già prospettate, insistendo in particolare sulla qualifica di
imposta unica di registro che dovrebbe riconoscersi al tributo in
esame, ed all’uopo si richiama ai lavori preparatori, che fornirebbero
argomenti a sostegno di tale assunto.
1. – Le due ordinanze di cui in epigrafe aventi per oggetto la
stessa questione, possono riunirsi per la decisione con unica sentenza.
2. – La prima ordinanza è stata emessa in data 9 novembre 1966
dalla commissione provinciale delle imposte di Milano. Ma la questione
da essa proposta deve essere dichiarata inammissibile per difetto di
natura giurisdizionale dell’organo proponente, come, per identica
situazione, già ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 10 del 10
febbraio 1969.
3. – Con l’ordinanza del tribunale di Milano vengono impugnati gli
artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, per violazione
dell’art. 3 della Costituzione. Si assume che la fissazione di
un’aliquota unica, comprensiva, sia dell’imposta proporzionale di
registro, sia dell’imposta generale sull’entrata, verrebbe a dar luogo,
per i contratti di locazione di durata pluriennale e nell’ipotesi di
loro interruzione prima della scadenza pattizia, all’onere del
pagamento dell’imposta sull’entrata, senza che si verifichi la
percezione di un corrispettivo. Ciò creerebbe una disparità di
trattamento tra chi è assoggettato all’i.g.e. per avere conseguito
effettivamente una entrata e chi è tenuto a corrisponderla, nonostante
la mancanza del presupposto dell’imposizione.
La questione, così sollevata in ordine al sistema cui è informata
la citata legge del 1962, esige che siano anzitutto accertati la natura
ed il contenuto dell’imposizione fiscale derivante dall’art. 1.
Dai lavori preparatori risulta che, anche al fine di porre rimedio
alle frequenti evasioni fiscali, compiute dagli obbligati al pagamento
dell’imposta entrata sui corrispettivi percepiti in dipendenza delle
locazioni di beni immobili, si è ritenuto di concentrare in unica
imposta con unica aliquota, sia l’imposta di registro che quella
sull’entrata.
Dalla disposta concentrazione, si è, poi, inteso far derivare
l’effetto di un tributo avente in definitiva la peculiarità di
un’imposta di registro, da corrispondere per effetto della sola
esistenza dell’atto, prescindendo dal tener conto del conseguimento o
meno dei suoi effetti economici. L’Avvocatura di Stato sostiene questo
assunto.
La Corte non ritiene, tuttavia, che sia esatto pretendere di
assegnare alla legge, in via di interpretazione, la funzione creativa
di una nuova imposta, nella quale i connotati dell’imposta sull’entrata
vengano ad annullarsi.
Ciò produrrebbe la singolare e contraddittoria conseguenza che,
pur costituendo l’imposta sull’entrata una componente della nuova
imposta (ed anzi la componente, in percentuale, di maggior peso
economico) quest’ultima verrebbe poi a cancellare causa ed effetti
dell’altra. Qualunque sia stata l’intenzione finalistica e sottostante
del legislatore, la legge in esame è da riconoscere univoca nella sua
formulazione, in quanto l’aliquota globale è dichiarata “comprensiva”
(non sostitutiva) dell’imposta sull’entrata (art. 1) e, nel preambolo,
l’indicazione dell’oggetto della legge è riferito anche alla
“applicazione” dell’imposta sull’entrata. Questa imposta, nonostante
l’accostamento all’imposta di registro al fine di unificazione del
tributo da pagare, mantiene pur sempre la sua individualità
distintiva.
4. – A questa premessa, cui dà luogo l’interpretazione dell’art. 1
della legge, non corrisponde poi, per altro verso, la restante
struttura della legge.
Dalla riduzione ad unità del tributo dovuto per due diverse
imposte (registro ed entrata) si è fatta derivare la conseguenza
dell’assorbimento dei caratteri dell’una in quelli dell’altra,
regolando tutto il rapporto tributario in base al criterio della
insensibilità a mutazioni sopravvenute nello svolgimento del rapporto
negoziale, in conformità alla natura dell’imposta di registro, ma in
difformità con la diversa natura dell’imposta sull’entrata.
Di conseguenza, per i contratti di locazione di immobili, l’imposta
sull’entrata dei canoni, dopo essere stata, con l’art. 1, accomunata
negli effetti all’imposta di registro agganciandola alla rendita
catastale per gli immobili censiti o ai corrispettivi pattuiti per gli
immobili non censiti, è stata egualmente accomunata, con l’art. 2,
negli stessi effetti, anche per quanto riguarda le locazioni
pluriennali.
Per quest’ultima categoria di contratti si è disposta la
liquidazione annuale sempre in relazione o alla rendita catastale o ai
corrispettivi pattuiti, e, con riferimento alla “data di inizio
dell’annata locatizia stabilita nel contratto”.
Risulta (anche per le chiare indicazioni contenute nei lavori
preparatori della legge) che si è voluto con questo sistema “agevolare
il pagamento dell’imposta sia al contribuente sia all’ufficio”, dando
luogo ad una speciale forma di rateazione, con esclusione di ogni
carattere di autonomia ai periodici versamenti ed assegnando alla
“liquidazione annuale” di cui al secondo comma dell’art. 2 il
significato di calcolo del dovuto, se posto in relazione al valore
(eventualmente mutevole di anno in anno) della rendita catastale.
Ma l’applicazione di questo sistema conduce alla conseguenza che,
per l’identico tributo relativo all’imposta sulla entrata, una
particolare categoria di contribuenti venga ad essere sottoposta a
diverso e più oneroso trattamento, in confronto alla categoria
generale, senza alcun motivo che ne giustifichi la razionalità ed,
anzi, con l’anomala conseguenza di dar luogo alla nascita di
un’obbligazione tributaria di durata anche virtuale, senza il concreto
verificarsi delle condizioni ipotizzate dalla legge per la relativa
imposizione.
La questione di costituzionalità è stata posta dall’ordinanza di
rinvio sia per quanto riguarda l’art. 1 della legge sia per quanto
riguarda l’art. 2, in relazione all’art. 3 della Costituzione.
Dell’art. 1 e della sua interpretazione si è già detto.
L’eccezione di illegittimità costituzionale, sollevata
espressamente in relazione ai contratti di locazione di durata
pluriennale, va concentrata sul capoverso dell’art. 2 che, appunto, ne
prevede il regolamento tributario, nel modo anomalo che si è detto.
I motivi suesposti valgono per il riconoscimento di una
illegittimità parziale della norma, in quanto essa consente di imporre
annualmente, fino alla scadenza pattizia, il pagamento dell’imposta
generale sull’entrata, anche quando il contratto di locazione sia stato
risoluto durante il corso dell’anno precedente
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 2, secondo
comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, contenente nuove
disposizioni per l’applicazione delle leggi di registro e dell’imposta
generale sull’entrata ai contratti di locazione dei beni immobili
urbani, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione di
durata pluriennale, la percezione annuale dell’imposta generale
sull’entrata anche nell’ipotesi di intervenuta risoluzione del
contratto nell’anno precedente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 marzo 1969.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.