Sentenza N. 494 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
31/12/1993
Data deposito/pubblicazione
31/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
29/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa l’8 aprile
1992 dalla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione
siciliana – sul ricorso proposto da Zambarutti Giovanna Carmela
contro la Direzione Provinciale del Tesoro di Catania, iscritta al n.
558 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 1992;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, contro
il provvedimento con cui la Direzione provinciale del Tesoro di
Catania le aveva addebitato un credito erariale di lire 20.987.088
(disponendone il recupero mediante trattenute sui successivi ratei di
pensione), in quanto, essendo titolare di due pensioni a carico dello
Stato, una diretta ed una di reversibilità, aveva indebitamente
percepito l’indennità integrativa speciale su entrambe le partite di
pensione, e precisamente nella misura intera sulla pensione diretta
ed in misura rapportata al minimo I.N.P.S. (ai sensi dell’art. 17
della legge 21 dicembre 1978 n. 843) sulla pensione di
reversibilità.
Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del
ricorso, in ragione della comprovata buona fede della percipiente ed
in virtù degli artt. 206 T.U. n. 1092 del 1973, 3 legge n. 428 del
1985 e 11 legge n. 656 del 1986.
Con ordinanza del 2 aprile 1992, la Corte dei conti ha sollevato
d’ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art. 99,
secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in relazione
all’art. 36 della Costituzione, affermando che l’indennità
integrativa speciale non rappresenta solo un mezzo di adeguamento del
trattamento pensionistico alle variazioni del costo della vita, ma
anche il mezzo per assicurare il “minimo” sufficiente e necessario
per le esigenze vitali del pensionato. In tale ottica, secondo i
principi enunciati nella sentenza di questa Corte n. 566 del 1989, la
diminuzione del trattamento pensionistico complessivo può essere
giustificata e compatibile con l’art. 36 della Costituzione solo ove
sia correlata alla percezione di un certo ammontare di pensione. Ne
deriva – secondo il giudice a quo – che non sono legittime le norme
che, come quella impugnata, implicano una decurtazione del complesso
dei redditi di pensione, senza stabilire il limite minimo del singolo
reddito pensionabile in relazione al quale tale decurtazione diventa
operante.
2. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata infondata ed osservando, a
tal fine, che essa non era affatto identica a quella risolta dalla
richiamata sentenza n. 566 del 1989, relativa al quinto comma del
medesimo art. 99 del d.P.R. n. 1092 del 1973. In quel caso, infatti,
si faceva riferimento ad un’ipotesi – quella del titolare di pensione
o di assegno che presti opera retribuita sotto qualsiasi forma – in
cui il reddito concorrente con la pensione poteva essere del più
vario ammontare. Il caso in esame, invece, riguarda la compresenza di
due pensioni e cioè di erogazioni che hanno margini di escursione
non illimitati ma normativamente fissati ed entrambi determinati in
modo tale da assicurare, ciascuno di per sé, sia pure ad un livello
modesto, i fini previsti dall’art. 36 della Costituzione. Ed in
ciascuno dei due trattamenti l’indennità integrativa speciale
assolve la funzione di garantire, attraverso un meccanismo di
parziale indicizzazione, il mantenimento di quei valori su cui il
legislatore ha ritenuto di poter allineare i trattamenti
pensionistici. Tale funzione ben può essere assolta – nel caso di
percezione di due pensioni – anche mantenendo una sola indennità
integrativa speciale, costituendo quest’ultima quella componente su
cui – senza disconoscere una duplicità di trattamento pensionistico
derivante dalla duplicità di titolo – il legislatore può
legittimamente esercitare la propria discrezionalità.
1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) stabilisce
che “Al titolare di più pensioni o assegni l’indennità integrativa
speciale compete a un solo titolo”.
La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
siciliana, dubita della legittimità costituzionale di tale norma,
nella parte in cui, per il titolare di più pensioni, stabilisce il
divieto di cumulo di più indennità integrative speciali, senza
prevedere una misura minima della seconda pensione, al di sotto della
quale non operi il divieto in oggetto. Secondo il giudice a quo deve
essere applicato al citato secondo comma dell’articolo 99 il medesimo
principio affermato da questa Corte con la sentenza n. 566 del 1989,
che dichiarò l’illegittimità costituzionale, per violazione
dell’art. 36 della Costituzione, del quinto comma del medesimo
articolo 99, nella parte in cui disponeva la sospensione
dell’indennità integrativa speciale nei confronti dei pensionati che
prestassero opera retribuita presso lo Stato, le amministrazioni
pubbliche e gli enti pubblici, in quanto non stabiliva il limite
minimo dell’emolumento dell’attività esplicata, al di sotto del
quale la decurtazione non fosse operante.
2. – La questione è fondata.
È da ricordare che sulla materia in esame, successivamente alla
sentenza n. 566 del 1989 richiamata dall’ordinanza di remissione, vi
sono state altre pronunzie di questa Corte che hanno notevolmente
mutato l’assetto normativo di riferimento.
Mentre l’articolo 99, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973
riguardava il caso del titolare di pensione che presti opera
retribuita presso lo Stato ovvero presso pubbliche amministrazioni o
enti pubblici, l’ipotesi del titolare di pensione che presti opera
retribuita alle dipendenze di terzi (diversi dalla pubblica
amministrazione) è contemplata dall’articolo 17 della legge 21
dicembre 1978 n. 843, secondo cui l’indennità integrativa speciale
(che accede al trattamento pensionistico) “non è cumulabile con la
retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle
dipendenze di terzi. Deve comunque, essere fatto salvo l’importo
corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il
Fondo pensioni lavoratori dipendenti”. Quest’ultima disposizione ha
subìto il medesimo intervento correttivo apportato dalla sentenza n.
566 del 1989 al citato articolo 99, quinto comma del d.P.R. n. 1092
del 1973. Con sentenza n. 204 del 1992, infatti, questa Corte ne ha
dichiarato l’incostituzionalità nella parte in cui non determina la
misura della retribuzione oltre la quale (soltanto) diventino
operanti l’esclusione o il congelamento dell’indennità integrativa
speciale nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita
alle dipendenze di terzi.
Ma, prima ancora di tale pronunzia, la Corte con la sentenza n.
172 del 1991, aveva esaminato la diversa questione del divieto di
plurima erogazione dell’indennità integrativa speciale previsto,
dall’articolo 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 e
dall’articolo 19, primo comma, della legge n. 843 del 1978 nei
confronti di chi sia titolare di più pensioni. Venne così
dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 17 della
legge n. 843 del 1978, nella parte in cui non prevede che (così come
stabilito per il titolare di pensione che presti opera retribuita
alle dipendenze di terzi) anche nei confronti del titolare di due
pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative
speciali, debba comunque farsi salvo l’importo corrispondente al
trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni
lavoratori dipendenti.
La successiva sentenza n. 307 del 1993 ha esaminato una questione
del tutto analoga a quella decisa con la citata sentenza n. 172 del
1991, ma riferita al regime della previdenza in favore dei geometri.
La Corte, ricorrendo le stesse rationes decidendi poste a fondamento
di tale sentenza, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’articolo 16 della legge 20 ottobre 1982 n. 773 sulla riforma
della Cassa di previdenza e assistenza a favore dei geometri, nella
parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due
pensioni, di cui una a carico della Cassa nazionale di previdenza e
assistenza dei geometri, pur restando vietato il cumulo delle
indennità integrative speciali, debba comunque farsi salvo l’importo
corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il
Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
È di tutta evidenza che le rationes decidendi poste a fondamento
delle due sentenze da ultimo richiamate ricorrono interamente anche
con riguardo alla disposizione qui impugnata. La questione sollevata
dal giudice a quo deve essere quindi accolta nei termini e nei limiti
precisati da tali pronunzie;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 99, secondo
comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Approvazione del testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
e militari dello Stato), nella parte in cui non prevede che, nei
confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il
cumulo delle indennità integrative speciali, debba comunque farsi
salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione
previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 31 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA