Sentenza N. 497 del 1992
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1992
Data deposito/pubblicazione
29/12/1992
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1992
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
Marche approvata il 2 giugno 1992 dal Consiglio regionale, avente per
oggetto: “Determinazione delle aliquote, per l’anno 1992,
dell’addizionale all’imposta erariale di trascrizione di cui alla
legge 952/1977 e successive modificazioni, dell’addizionale regionale
all’imposta di consumo sul gas metano usato come combustibile e
dell’importo regionale sostitutivo per le utenze esenti”, promosso
con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il
23 giugno 1992, depositato in cancelleria il 1° luglio 1992 ed
iscritto al n. 56 del registro ricorsi 1992;
Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;
Udito nell’udienza pubblica del 1° dicembre 1992 il Giudice
relatore Antonio Baldassarre;
Uditi l’Avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e
l’Avvocato Piero Alberto Capotosti per la Regione;
Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di
legittimità costituzionale nei confronti della legge della Regione
Marche 2 giugno 1992, intitolata: “Determinazione delle aliquote, per
l’anno 1992, dell’addizionale all’imposta erariale di trascrizione di
cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell’addizionale
regionale all’imposta di consumo sul gas metano usato come
combustibile e dell’imposta regionale sostitutiva per le utenze
esenti”.
A giudizio del ricorrente, la legge regionale impugnata – oggetto
di deliberazione una prima volta il 15 gennaio 1992 e rinviata per il
riesame – avrebbe dovuto essere approvata a maggioranza assoluta,
secondo quanto richiede l’art. 127 della Costituzione come
interpretato da questa Corte (v. sentt. nn. 79 del 1989 e 154 del
1990), a nulla rilevando che in sede di riapprovazione siano state
apportate modificazioni in senso conforme ai rilievi governativi.
Pertanto, poiché la legge impugnata è stata approvata a maggioranza
“semplice”, il ricorrente chiede che ne venga dichiarata la
illegittimità costituzionale.
2. – Si è costituita la Regione Marche contestando la fondatezza
del ricorso e chiedendone il rigetto o l’inammissibilità.
La Regione precisa, innanzitutto, che nella seduta del 2 giugno
1992 il Consiglio regionale non ha affatto provveduto a riapprovare
con modificazioni la delibera legislativa già approvata nella seduta
consiliare del 15 gennaio 1992, oggetto di rinvio da parte del
Governo. Al contrario, nella seduta del 2 giugno il Consiglio
regionale ha approvato, per la prima volta, una delibera legislativa,
la quale, anche se ha il medesimo oggetto di quella precedente e
anche se recepisce i rilievi formulati dal Governo in relazione alla
precedente delibera legislativa, si caratterizza come nuova e diversa
rispetto a quest’ultima. A tal fine, la Regione Marche osserva che,
una volta intercorso il rinvio governativo, si è adottata una via
completamente diversa da quella del riesame e della conseguente
riapprovazione. Questa circostanza, ad avviso della stessa Regione,
risulta evidente sia per il fatto che la Giunta regionale, con
delibera n. 648 del 2 marzo 1992, ha assunto la formale iniziativa
legislativa di predisporre “un nuovo testo che tiene conto delle
surriferite osservazioni del Governo”, sia per il fatto che al nuovo
testo della proposta di legge della Giunta regionale è stato
attribuito un numero diverso da quello della precedente proposta,
sia, infine, per il fatto che la nuova proposta di legge è stata
“assegnata”, e non “riassegnata”, alla competente commissione
referente e da questa “esaminata”, e non già “riesaminata”. Del
resto, continua la resistente, lo stesso Presidente del Consiglio
regionale ha comunicato al Governo l’avvenuta “approvazione” della
delibera legislativa impugnata, e non già la “riapprovazione” della
delibera già approvata e rinviata.
Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, la Regione Marche
sottolinea come nel procedimento legislativo in questione sia stato
seguito il suggerimento contenuto nella decisione n. 154 del 1990 di
questa Corte, consistente nella possibilità, per la Regione, di
“iniziare (a seguito del rinvio) un nuovo procedimento legislativo
sulla stessa materia, avente ad oggetto anche un testo normativo
identico a quello votato nella prima deliberazione, salva
l’espunzione delle disposizioni contestate”.
In definitiva, conclude la Regione, nel caso di specie si sarebbe
registrata, non già una illegittima riapprovazione a maggioranza
semplice di una legge non “nuova”, ma la legittima approvazione a
maggioranza semplice di una legge regionale per la prima volta
sottoposta alla votazione del Consiglio regionale. Conseguentemente,
ad avviso della stessa Regione, il ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri sarebbe inammissibile, in quanto, avendo ad
oggetto una legge regionale “nuova”, avrebbe dovuto essere preceduto
dal rinvio della legge stessa per il riesame del Consiglio regionale.
In ogni caso, il ricorso sarebbe anche infondato, in quanto nel
procedimento di approvazione della delibera legislativa impugnata non
si è verificata alcuna violazione dell’art. 127 della Costituzione.
3. – Nel corso della discussione orale l’Avvocatura dello Stato,
nel ricordare che la sentenza n. 154 del 1990 ha affermato che la
Regione può iniziare un nuovo procedimento legislativo dopo il
rinvio governativo, osserva che, pur non contrastando tale
affermazione, lo Stato, in mancanza di un potere di controllo sugli
interna corporis del Consiglio regionale, sarebbe privo di adeguati
strumenti per verificare se la legge approvata sia frutto di un nuovo
procedimento, dal momento che la comunicazione della legge regionale
al Governo consta della semplice trasmissione dell’articolato votato,
senza che a questo siano allegati la relazione o, in genere, i lavori
preparatori, e senza alcuna indicazione sul numero d’ordine assegnato
alla proposta approvata.
depositato un ricorso di legittimità costituzionale nei confronti
della legge della Regione Marche 2 giugno 1992 (Determinazione delle
aliquote, per l’anno 1992, dell’addizionale all’imposta erariale di
trascrizione di cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni,
dell’addizionale regionale all’imposta di consumo sul gas metano
usato come combustibile e dell’imposta regionale sostitutiva per le
utenze esenti), adducendo che la stessa, essendo stata riapprovata a
maggioranza semplice, avrebbe violato l’art. 127 della Costituzione,
il quale, come questa Corte ha più volte affermato, richiede che una
legge regionale, già approvata una prima volta e poi rinviata al
Consiglio regionale per il riesame, può ritenersi validamente
deliberata soltanto ove abbia riportato, in sede di riapprovazione,
la maggioranza assoluta dei voti.
2. – Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Al fine di decidere sulle contestazioni di legittimità
costituzionale mosse dal Governo nei confronti della legge della
Regione Marche oggetto di impugnazione, occorre verificare se
quest’ultima configuri una “legge nuova”, per la quale, ai sensi
dell’art. 127 della Costituzione, è sufficiente l’approvazione a
maggioranza semplice oppure se la stessa legge debba esser
considerata come la riapprovazione di una legge, già votata una
prima volta dal Consiglio regionale e rinviata a quest’ultimo per
procedere a un riesame, per la quale il ricordato art. 127 della
Costituzione impone la maggioranza assoluta (v., specialmente, sent.
n. 154 del 1990).
Nella decisione appena citata questa Corte ha già rilevato come
la definizione giurisprudenziale di una legge regionale quale “legge
nuova”, ai fini dell’applicazione dell’art. 127 della Costituzione,
si è ispirata nel corso degli anni a criteri di vario genere. Dopo
alcune iniziali pronunzie che hanno ancorato la qualificazione della
“novità” della legge regionale a un criterio “sostanzialistico” e,
segnatamente, al grado di incisività e alla rilevanza delle
modificazioni apportate in sede di riesame al testo della legge
rinviata – così da poter dedurre dalla natura “sostanziale” dei
mutamenti introdotti la ricorrenza in concreto della intenzione
“innovativa” del legislatore regionale -, questa Corte, allo scopo di
evitare le numerose contestazioni e le ineludibili incertezze
connesse alla determinazione caso per caso dell’importanza delle
modificazioni apportate, ha fatto ricorso, a partire dalla sentenza
n. 40 del 1977, a un criterio formale particolarmente rigoroso.
Secondo quest’ultimo orientamento, infatti, andavano considerate come
“non nuove”, ai fini dell’applicazione dell’art. 127 della
Costituzione, solamente le leggi che fossero state riapprovate dal
Consiglio regionale “nel medesimo identico testo che aveva formato
oggetto della prima deliberazione e del successivo rinvio”.
Tuttavia, anche l’applicazione di tale criterio ha dato luogo a
gravi inconvenienti. In particolare, l’orientamento appena ricordato
– nel permettere l’instaurarsi di una catena di rinvii a seguito di
modificazioni del tutto formali o estrinseche alle norme contenute
nell’atto rinviato e, persino, a seguito dell’introduzione da parte
del legislatore regionale delle stesse modificazioni suggerite dal
Governo in sede di rinvio – ha favorito l’indebito innesto,
nell’ambito di una fase preordinata al controllo di legittimità, di
prassi di negoziazione politica fra controllore e controllato,
destinate a produrre di sovente ingiustificate disparità fra regione
e regione nei risultati del controllo medesimo. Allo scopo di porre
fine a tali deprecate prassi, questa Corte, a partire dalla sentenza
n. 158 del 1988, ha applicato un diverso criterio di qualificazione
della “novità” delle leggi regionali, il quale, senza ritornare a
parametri “sostanzialistici”, è rivolto a impedire la reiterazione
dei rinvii e a restituire alla relativa fase i caratteri propri del
controllo di legittimità costituzionale, nel più rigoroso rispetto
di quanto richiede l’art. 127 della Costituzione.
Nelle sue più recenti pronunzie (v. sentt. nn. 158 del 1988, 79,
80 e 561 del 1989, 122 e 154 del 1990) questa Corte ha affermato che,
ai fini dell’art. 127 della Costituzione, deve considerarsi come “non
nuova” qualsiasi legge regionale rinviata che in sede di riesame sia
stata modificata dal Consiglio regionale esclusivamente nelle
disposizioni consequenzialmente interessate dal rinvio ovvero in
parti dell’atto legislativo medesimo prive di significato normativo
(preambolo, formula promulgativa, etc.); mentre, sempreché si resti
nell’ambito di un medesimo procedimento legislativo, una legge
regionale rinviata va considerata come “nuova”, ai sensi dell’art.
127 della Costituzione, soltanto nell’ipotesi (inversa) in cui il
legislatore in sede di riesame abbia apportato modificazioni
(ovviamente comportanti mutamenti del significato normativo) dirette
a inserirsi in parti estranee rispetto a quelle censurate o,
comunque, dirette a incidere su disposizioni non interessate dalle
osservazioni contenute nel rinvio governativo.
Questo criterio – il quale è di carattere “formale”, e non
“sostanziale”, poiché fa dipendere la “novità” della legge, non
già dalla natura o dall’importanza del mutamento apportato, bensì
dal dato, certo ed evidente, che la disposizione modificata nel suo
significato normativo dal legislatore regionale sia o non sia stata
coinvolta dalle censure contenute nel precedente rinvio governativo –
non preclude, tuttavia, al legislatore regionale di disporre
liberamente del procedimento legislativo in corso. Come questa Corte
ha precisato nella sentenza n. 154 del 1990, il legislatore
regionale, essendo nella posizione di chi è investito di una
potestà “libera”, ha la piena disponibilità del procedimento
legislativo, nel senso che può rinunciare ad esso o può revocare la
delibera di cui quello consta e “può, persino, iniziare un nuovo
procedimento legislativo sulla stessa materia avente ad oggetto (..)
anche un testo normativo identico a quello votato nella prima
deliberazione, salva l’espunzione delle disposizioni contestate”.
3. – Proprio la vicenda da ultimo rievocata risponde integralmente
al caso di specie.
In data 15 gennaio 1992 il Consiglio regionale delle Marche ha
approvato con l’ordinaria procedura legislativa la proposta di legge
n. 197, presentata l’8 gennaio 1992 ad iniziativa della Giunta
regionale, recante il titolo “Determinazione delle aliquote, per
l’anno 1992, dell’addizionale all’imposta erariale di trascrizione di
cui alla legge 952/1977 e successive modificazioni, dell’addizionale
regionale all’imposta di consumo sul gas metano usato come
combustibile e dell’imposta regionale sostitutiva per le utenze
esenti”. Questa delibera legislativa, con telegramma del 18 febbraio
1992, è stata rinviata al Consiglio regionale da parte del
Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alle disposizioni
contenute negli artt. 1, secondo comma, e 2, terzo comma, le quali,
in contrasto con le leggi statali che fissano la decorrenza delle
addizionali introdotte a partire dalla data di entrata in vigore
delle leggi regionali che le adottano, prevedevano l’inizio
dell’efficacia delle addizionali da esse varate al 31 dicembre 1991,
cioè a partire da una data anteriore all’entrata in vigore della
legge regionale medesima.
Tuttavia, dopo che la Giunta regionale delle Marche aveva
deliberato in data 2 marzo 1992 di presentare al Consiglio regionale
una nuova proposta di legge, avente lo stesso titolo e un contenuto
normativo analogo a quello proprio della delibera precedente, salva
l’espunzione delle disposizioni colpite dal rinvio, il Consiglio
regionale ha proceduto all’esame della stessa proposta,
contrassegnata con il distinto numero d’ordine 213, seguendo la
procedura d’urgenza, culminata, nella seduta del 2 giugno 1992, con
l’approvazione della legge a maggioranza semplice. Dopo che la
delibera legislativa approvata è stata comunicata, in data 8 giugno
1992, al Commissario del Governo, quest’ultimo ha provveduto a
trasmetterla alla Presidenza del Consiglio dei ministri accompagnando
il testo normativo con una lettera con la quale si diceva che la
legge inviata era stata “riapprovata a maggioranza semplice dal
Consiglio regionale a seguito di rinvio governativo”.
Non vi può esser dubbio che la legge regionale oggetto del
ricorso governativo deve considerarsi come “nuova”, ai sensi e ai
fini dell’art. 127 della Costituzione. Infatti, pur a prescindere dal
rilievo (che sarebbe, di per sé, sufficiente) per il quale la
“novità” della legge si deduce dal fatto che il legislatore
regionale ha introdotto modifiche incidenti su disposizioni diverse
da quelle consequenzialmente interessate dal rinvio (segnatamente:
l’art. 1, primo comma, è stato innovato grazie alla elevazione
dell’aliquota dal 50 per cento al 55 per cento), l’incontestabilità
della scelta del legislatore regionale di dar vita a un nuovo
procedimento legislativo si deduce chiaramente, oltre che dal rilievo
che la proposta approvata è contrassegnata con un numero d’ordine
diverso da quello proprio del disegno di legge oggetto del rinvio,
dal fatto che sia stato seguito per l’approvazione della delibera
impugnata un procedimento diverso da quello utilizzato in occasione
della legge rinviata, iniziato con una nuova proposta della Giunta
regionale. E ciò è tanto più rilevante se si tiene presente che
l’art. 89 del Regolamento consiliare della Regione Marche prevede che
“la legge regionale rinviata dal Governo ai sensi dell’art. 127 della
Costituzione viene riassegnata alla competente commissione ed è
riesaminata dal Consiglio con la stessa procedura seguita a norma del
presente regolamento per la prima approvazione del provvedimento”.
Né può valere in senso contrario l’osservazione in base alla
quale, in assenza di un potere di controllo sugli interna corporis
del Consiglio regionale, il Governo sarebbe privo degli elementi
necessari per poter verificare se la regione abbia iniziato un nuovo
procedimento legislativo. In realtà, poiché non è precluso al
Commissario del Governo seguire i lavori legislativi regionali –
costituendo, anzi, questa attività espressione del principio di
leale cooperazione, che deve informare i rapporti tra Stato e regioni
-, non vi può esser dubbio che il Governo è nella giuridica
possibilità di essere adeguatamente informato dal suo stesso
Commissario del procedimento legislativo seguito e dell’eventuale
fatto che il Consiglio regionale abbia iniziato, successivamente al
rinvio governativo, un nuovo procedimento legislativo. Naturalmente
ciò non esime la regione dal dovere, anch’esso inerente al principio
di leale cooperazione, di mettere in atto tutte le iniziative idonee
a render riconoscibile, da parte del Commissario del Governo, la
natura e la identità dell’iter legislativo seguito e sfociato nella
deliberazione comunicata al Commissario medesimo.
Sulla base dei motivi sopra indicati il ricorso esaminato in
questo giudizio dev’essere dichiarato inammissibile. Infatti, poiché
la legge approvata il 2 giugno 1992 dal Consiglio regionale con un
voto adottato a maggioranza semplice deve esser considerata una legge
“nuova” ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, il Governo, prima
di promuovere la questione di legittimità costituzionale, avrebbe
dovuto dar corso al rinvio della legge al Consiglio regionale
affinché quest’ultimo, a norma dello stesso art. 127 della
Costituzione, fosse posto nella condizione di procedere al riesame
della legge stessa.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
della legge della Regione Marche approvata il 2 giugno 1992
(Determinazione delle aliquote, per l’anno 1992, dell’addizionale
all’imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 952/1977 e
successive modificazioni, dell’addizionale regionale all’imposta di
consumo sul gas metano usato come combustibile e dell’imposta
regionale sostitutiva per le utenze esenti), sollevata dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA