Sentenza N. 499 del 1993
Corte Costituzionale
Data generale
31/12/1993
Data deposito/pubblicazione
31/12/1993
Data dell'udienza in cui è stato assunto
29/12/1993
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
secondo e quarto-ter, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 485
(Contributo straordinario per la parziale copertura dei disavanzi
delle aziende di trasporto pubblico locale), convertito, con
modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32, promosso con
ricorso della Regione Sardegna, notificato il 19 marzo 1993,
depositato in cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 23 del
registro ricorsi 1993;
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 2 novembre 1993 il Giudice
relatore Antonio Baldassarre;
Uditi l’Avv. Sergio Panunzio per la Regione Sardegna e l’Avv.
dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei
ministri;
Sardegna ha contestato la legittimità costituzionale dell’art. 1,
commi primo, secondo e quarto-ter, del decreto-legge 19 dicembre
1992, n. 485 (Contributo straordinario per la parziale copertura dei
disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale), convertito,
con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32, adducendone
il contrasto sia con varie norme dello Statuto speciale della Regione
Sardegna (artt. 3, lettera g; 4, lettera g; 6; da 7 a 14; 54 e 56) e
con le relative norme di attuazione, sia con gli artt. 3, 81, 116 e
119 della Costituzione.
Le disposizioni denunciate dalla Regione Sardegna prevedono, in
primo luogo, un contributo straordinario dello Stato di 380 miliardi
di lire per la “parziale copertura dei disavanzi di esercizio
relativi agli anni 1987-1991 dei servizi di trasporto pubblico locale
di cui all’art. 1 della legge 10 aprile 1981, n. 151” (art. 1, comma
primo), stabilendo che tale contributo venga “attribuito, .. sentita
la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le
province autonome di cui all’art. 12 della legge 23 agosto 1988, n.
400, alle regioni a statuto ordinario sulla base di quanto assegnato
in sede di riparto del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi
di esercizio di cui all’art. 9 della legge 10 aprile 1981, n. 151,
alle singole regioni relativamente agli anni 1987-1991” (art. 1,
secondo comma).
Ad avviso della ricorrente, tale disciplina legislativa sarebbe
illegittima e lesiva delle proprie competenze costituzionalmente
garantite e dei principi di autonomia finanziaria, in dipendenza del
duplice effetto normativo riconducibile all’art. 1, primo e secondo
comma, del decreto-legge impugnato. Questo, infatti, escluderebbe la
Regione Sardegna (assieme alle altre regioni a statuto speciale), non
soltanto dall’assegnazione del contributo straordinario stanziato
dallo Stato con il decreto-legge n. 485 del 1992, ma anche dal
riparto del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio
di cui all’art. 9 della legge n. 151 del 1981, confermando in tal
modo le misure provvisoriamente disposte dall’art. 18, primo comma,
del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415.
Richiamata, a tale proposito, la sentenza n. 381 del 1990 di
questa Corte, cui si deve la declaratoria di non fondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 18
del decreto-legge n. 415 del 1989, la Regione Sardegna ricorda che la
non illegittimità della manovra allora disposta fu accertata sulla
base della sua “provvisorietà” ed “urgenza” e della riconosciuta
funzione “propedeutica” rispetto agli imminenti “futuri aggiustamenti
che avrebbero dovuto essere definitivamente apportati a seguito di
trattative del Governo con le singole regioni (o province) ad
autonomia differenziata”.
La disciplina introdotta dall’impugnato art. 1 del decreto legge
n. 485 del 1992 – che, in parte, perpetuerebbe l’esclusione delle
Regioni a statuto speciale dal riparto del fondo di cui all’art. 9
della legge n. 151 del 1981 e, in parte, riproduce la medesima
discriminazione con riferimento al contributo straordinario di 380
miliardi disposto dallo Stato per il ripiano dei disavanzi accumulati
nel periodo 1987-1991 dalle aziende di trasporto pubblico locale – si
caratterizzerebbe, ad avviso della ricorrente, come un nuovo
intervento “contingente”, al quale, tuttavia, non potrebbero essere
riferiti i caratteri di “provvisorietà” ed “urgenza”. Infatti, non
potrebbe trattarsi di una misura provvisoria, perché, a distanza di
quattro anni, riprodurrebbe le tecniche utilizzate dal legislatore
del 1989, senza prevedere in tempi ragionevoli l’adozione di un piano
organico di revisione della materia; né si potrebbe parlare di una
misura “urgente”, in quanto lo stesso preambolo del decreto-legge
impugnato afferma che la urgenza di provvedere si collega, non già
alla indifferibilità di un primo intervento di riordino finanziario,
ma a problemi di “ordine pubblico”, conseguenti a una situazione di
tensione esistente tra gli operatori del trasporto pubblico locale
nelle aree metropolitane.
La medesima disposizione non troverebbe adeguata giustificazione
nemmeno sulla base di un preteso fine perequativo dei maggiori flussi
finanziari delle regioni ad autonomia differenziata rispetto a quelli
attribuiti alle regioni a statuto ordinario, dal momento che tale
riequilibrio, secondo le indicazioni espresse nella sentenza n. 381
del 1990, non potrebbe essere ragionevolmente perseguito con
interventi puntuali e contingenti, ma esigerebbe un complessivo
disegno riformatore.
Gli stessi motivi d’illegittimità costituzionale illustrati con
riferimento all’art. 1, primo e secondo comma, del decreto-legge n.
485 del 1992, si estenderebbero al comma quattro- ter del medesimo
art. 1, che forma oggetto della terza questione di costituzionalità
sollevata dalla Regione Sardegna. Infatti, questa norma,
nell’istituire “un fondo di riequilibrio per consentire alle regioni
che abbiano subi’to rispetto all’anno 1992 una consistente riduzione
della loro assegnazione, di rientrare progressivamente, a partire
dall’anno 1993, nella quota di riparto ordinario”, e nel collegarsi,
quindi, con l’art. 3 della legge 23 gennaio 1992, n. 500 (che ha
fatto confluire, per il 1993, il fondo nazionale per il ripiano dei
disavanzi di esercizio, di cui all’art. 9 della legge n. 151 del
1981, nel fondo comune di cui all’art. 8 della legge 16 maggio 1970,
n. 281), comporterebbe l’illegittima esclusione della Regione
Sardegna (e di tutte le altre regioni ad autonomia differenziata)
dalla ripartizione di questo speciale fondo di riequilibrio.
In definitiva, ad avviso della ricorrente, il complesso della
disciplina posta dall’art. 1, commi primo, secondo e quarto-ter,
comportando l’esclusione della Sardegna dalle erogazioni ivi disposte
per il ripiano dei disavanzi di esercizio dei servizi di trasporto
pubblico locale, violerebbe i principi costituzionali di uguaglianza,
di ragionevolezza e di autonomia finanziaria della Regione in una
materia di propria competenza. Infatti, la Regione Sardegna, sebbene
sia tenuta, al pari delle regioni a statuto ordinario, al ripiano dei
disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale
operanti nel suo territorio (nonostante che non disponga di un
effettivo controllo della spesa, a causa delle numerose potestà
statali incidenti nel settore e, in particolare, sulle tariffe e sul
personale), non verrebbe tuttavia dotata dallo Stato delle medesime
risorse devolute alle regioni ordinarie.
Da ultimo, la ricorrente deduce, in via subordinata,
l’irragionevolezza dell’art. 1, commi primo e secondo, nella parte in
cui questa norma esclude la Regione Sardegna dall’assegnazione del
contribuente straordinario, limitatamente agli anni (1987-1988-1989)
nei quali la Regione ricorrente partecipava alla ripartizione del
fondo di cui all’art. 9 della legge n. 151 del 1981. Il dubbio sulla
legittimità costituzionale della predetta esclusione è rafforzata
dal fatto che il secondo comma dell’impugnato art. 1 prescrive che il
contributo sia commisurato a quanto assegnato “alle singole regioni
relativamente agli anni 1987-1988” in sede di riparto del fondo di
cui all’art. 9 della legge n. 151 del 1981.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito in
giudizio per chiedere una pronuncia di non fondatezza del ricorso.
Dopo aver sottolineato lo squilibrio, accumulatosi negli anni, fra
i flussi finanziari conferiti alle regioni a statuto speciale e
quelli destinati alle regioni a statuto ordinario e dopo aver
ricordato che anche la sentenza n. 381 del 1990, più volte citata
nel ricorso, aveva dato atto di tale situazione, la Presidenza del
Consiglio afferma che la revisione globale di tali squilibri,
auspicata anche dalla Regione ricorrente, non potrebbe non avere come
tappa fondamentale il superamento dei fondi settoriali. Ciò non di
meno, il ricorso si fonderebbe sulla pretesa, ritenuta ingiustificata
anche dalla sentenza n. 381 del 1990, che le regioni (e le province)
ad autonomia differenziata siano chiamate a compartecipare a tutti i
fondi settoriali previsti a favore di queste ultime.
Ad avviso della Presidenza del Consiglio, maggiori prospettive di
successo non potrebbero attribuirsi al motivo di ricorso subordinato,
in quanto le scelte discrezionali del legislatore ordinario, in
ordine alla ripartizione del contributo straordinario per il triennio
1987-1989, non contrasterebbero con alcuno dei parametri
costituzionali invocati. La ricorrente, inoltre, non addurrebbe cifre
a sostegno della dedotta irragionevolezza della suddetta misura.
3. – In prossimità dell’udienza, ambedue le parti del giudizio
hanno presentato memoria.
La Regione Sardegna, in replica alle considerazioni svolte dalla
Presidenza del Consiglio, osserva che gli interventi straordinari
estemporanei sui trasferimenti dei fondi settoriali, come quelli in
esame, lungi dal rappresentare una tappa nel superamento degli
squilibri esistenti tra i flussi finanziari devoluti alle regioni,
minerebbero, in realtà, il fondamento principale dell’autonomia
finanziaria regionale, consistente, non tanto nella quantità delle
risorse finanziarie trasferite, quanto soprattutto, nella stabilità
e nella certezza delle risorse disponibili.
La ricorrente acclude alla propria memoria una serie di documenti,
volti a dimostrare che l’entità cospicua dei disavanzi delle aziende
di trasporto locali sarde risalirebbe fino agli anni nei quali la
Sardegna beneficiava anch’essa della ripartizione del fondo nazionale
di cui all’art. 9 della legge n. 151 del 1981. E ciò dimostrerebbe
l’insufficienza dei finanziamenti statali relativi al settore.
La Presidenza del Consiglio, nel ribadire che i flussi del
finanziamento verso le regioni a statuto speciale sono più cospicui
di quelli destinati alle regioni a statuto ordinario, osserva che le
disposizioni oggetto del presente conflitto rientrano nella
complessiva manovra del Governo relativa all’esercizio 1992, manovra
che, tra l’altro, stabilendo l’aggancio delle entrate delle suddette
regioni (e delle province autonome) alla dinamica dei tributi
statali, avrebbe prodotto un aumento delle risorse a disposizione
degli enti ad autonomia differenziata. In ragione di ciò, ad avviso
della parte resistente, dovrebbe ritenersi addirittura doverosa la
scelta discrezionale del legislatore statale di escludere le regioni
a statuto speciale dal riparto del contributo straordinario e del
fondo di riequilibrio.
Con riferimento al motivo del ricorso dedotto dalla Regione in via
subordinata, la Presidenza del Consiglio sottolinea che il contributo
straordinario in questione non è retroattivamente sostitutivo o
modificativo degli interventi finanziari disposti in precedenza, ma
si cumula agli stessi, senza prevedere alcun onere aggiuntivo a
carico del bilancio della Regione ricorrente.
d’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi primo, secondo e
quarto- ter, del decreto-legge 19 dicembre 1992, n. 485 (Contributo
straordinario per la parziale copertura dei disavanzi delle aziende
di trasporto pubblico locale), convertito, con modificazioni, nella
legge 17 febbraio 1993, n. 32, per violazione degli artt. 3, lettera
g), 4, lettera g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 54 e 56 dello
statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 3), oltreché degli artt. 3, 81, 116 e 119 della
Costituzione.
Più precisamente, la ricorrente, in riferimento ai predetti
parametri di costituzionalità, solleva tre distinte questioni,
concernenti:
a) la stabilizzazione della esclusione (disposta in via
provvisoria dall’art. 18, primo comma, del decreto-legge 28 dicembre
1989, n. 415) della Regione Sardegna dal riparto del fondo nazionale
per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all’art. 9 della
legge 10 aprile 1981, n. 151 (art. 1, primo e secondo comma);
b) l’esclusione della stessa Regione dalla partecipazione al
contributo straordinario di 380 miliardi di lire erogato dallo Stato
a titolo di concorso nella copertura dei disavanzi di esercizio dei
servizi di trasporto pubblico locale relativi agli anni 1987-1991
(art. 1, primo e secondo comma);
c) l’esclusione della medesima Regione dal riparto del fondo di
riequilibrio istituito dall’impugnato art. 1, comma quarto- ter, a
favore delle regioni che abbiano subìto, rispetto all’anno 1992, una
consistente riduzione della loro assegnazione, al fine di consentire
ad esse di rientrare gradualmente nella quota di riparto ordinario.
Subordinatamente all’eventuale rigetto della questione indicata
sub b), la ricorrente contesta l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1, primo comma, del decreto-legge n. 485 del 1992, nella
parte in cui esclude irragionevolmente la Regione Sardegna dalla
partecipazione al citato contributo straordinario di 380 miliardi di
lire limitatamente al triennio 1987-1989, triennio durante il quale
tutte le regioni a statuto speciale, compresa la ricorrente, hanno
concorso alla ripartizione del fondo di cui all’art. 9 della legge n.
151 del 1981, avente le medesime finalità del predetto contributo
(ripiano del disavanzo delle aziende di trasporto pubblico locale).
2. – Non fondata è, innanzitutto, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, primo e secondo comma, nella parte in cui
conferma l’esclusione delle regioni a statuto speciale e, quindi,
della Regione Sardegna dal riparto del fondo nazionale per il ripiano
dei disavanzi di esercizio di cui all’art. 9 della legge 10 aprile
1981, n. 151.
In realtà, la censura prospettata dalla ricorrente muove da
un’interpretazione dell’impugnato art. 1, primo e secondo comma, del
decreto-legge n. 485 del 1992, che non può essere ascritta allo
stesso. Non si può dire, infatti, che l’esclusione della Regione
Sardegna e delle altre regioni (e province) ad autonomia
differenziata dal fondo nazionale di cui all’art. 9 della legge n.
151 del 1981 sarebbe una conseguenza della non partecipazione delle
medesime regioni al contributo straordinario di 380 miliardi di lire
disposto dallo Stato per il ripiano dei disavanzi di esercizio dei
servizi di trasporto pubblico locale per gli anni 1987-1991. Poiché
l’interpretazione chiaramente deducibile dalla lettura della
disposizione impugnata, considerata alla luce dei lavori preparatori
e del sistema normativo in cui è inserita, è nel senso che
l’anzidetta norma si limita a stanziare un contributo straordinario
aggiuntivo rispetto alle altre fonti di finanziamento ordinario
attivate dallo Stato nello stesso settore e rivolte al medesimo fine
di ripianare il disavanzo di esercizio delle aziende di trasporto
pubblico locale, non si può desumere dalla norma impugnata,
contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, alcuna incidenza sui
flussi ordinari di finanziamento statale verso le regioni nel settore
dei trasporti locali.
3. – Parimenti non fondata è la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, primo e secondo comma, nella parte in cui
esclude la Regione Sardegna, insieme alle altre regioni (e province)
ad autonomia differenziata, dalla partecipazione al contributo
straordinario di 380 miliardi di lire erogato dallo Stato a titolo di
concorso nella copertura dei disavanzi di esercizio, relativi agli
anni 1987-1991, dei servizi di trasporto pubblico locale.
Come si è osservato nel punto precedente della motivazione, la
disposizione impugnata prevede un contributo straordinario aggiuntivo
rispetto al finanziamento ordinario del settore, con il quale il
legislatore statale ha inteso beneficiare soltanto le regioni ad
autonomia comune.
Considerata in sé, l’esclusione da tale contributo delle regioni
a statuto speciale e, quindi, della Sardegna non comporta una lesione
del principio costituzionale di autonomia finanziaria delle stesse
regioni e dell’integrità delle competenze ad esse attribuite.
Infatti, come questa Corte ha già affermato (v. sent. n. 381 del
1990), pur se le regioni e le province autonome, cui sono
costituzionalmente assegnate più ampie e significative competenze,
debbono essere messe in grado di avere a disposizione risorse
finanziarie maggiori e, comunque, adeguate alla più elevata
quantità e qualità delle attribuzioni loro spettanti, tuttavia
“questa esigenza non può giustificare la pretesa che le regioni (e
le province) ad autonomia differenziata siano chiamate a
compartecipare con le regioni a statuto ordinario a tutti i fondi
settoriali previsti a favore di queste ultime”.
Analizzata in riferimento al particolare caso disciplinato, la
scelta discrezionale del legislatore statale di escludere la Regione
Sardegna, insieme alle altre regioni (e province) ad autonomia
differenziata, dalla ripartizione del contributo previsto dalla
disposizione impugnata va sottoposta al vaglio del criterio della
ragionevolezza, sotto il profilo, non già della distribuzione
quantitativa delle risorse, bensì della tendenziale corrispondenza
tra i bisogni che le regioni sono tenute a soddisfare e i mezzi
finanziari assegnati alle stesse (v. sentt. nn. 357 del 1993, 369 e
356 del 1992, 380 del 1990, 245 del 1984 e 307 del 1983).
Premesso, come s’è già detto, che si tratta di un contributo di
carattere aggiuntivo rispetto agli ordinari strumenti di
finanziamento delle regioni e che, pertanto, in relazione ad esso si
esige una corrispondenza fra “bisogni” e “mezzi” che tenga conto di
tale carattere (v. sent. n. 369 del 1992), occorre sottolineare che
dai lavori preparatori risulta chiaramente che lo stanziamento del
contributo in questione non è correlato alla previsione di oneri
ulteriori per le regioni, ma è unicamente riferibile alla
considerazione dell’entità e della gravità del disavanzo di
esercizio sussistente nel settore dei servizi di trasporto pubblico
locale. Sebbene tale situazione di persistente deficit riguardi la
totalità delle regioni italiane, tuttavia l’esclusione delle regioni
ad autonomia differenziata dalla partecipazione al riparto del
contributo straordinario previsto dalla disposizione impugnata ha
un’adeguata e ragionevole giustificazione nel rilievo che queste
ultime regioni godono di una ben più cospicua gamma di risorse
finanziarie.
Sicché, anche in considerazione della copertura parziale
assicurata alle singole regioni dal contributo in esame rispetto
all’entità reale del disavanzo, l’indubbio effetto compensativo del
più favorevole sistema di finanziamento delle regioni ad autonomia
differenziata, riferibile al contributo previsto dalla disposizione
impugnata, induce a ritenere non irragionevole la scelta
discrezionale del legislatore statale di limitare la predetta
erogazione alle sole regioni a statuto ordinario. Né tale
conclusione può essere modificata dalla pur corretta considerazione
di politica economica che la situazione cronicamente deficitaria del
servizio di trasporto pubblico locale esigerebbe interventi pubblici
di carattere complessivo ed organico, non potendo desumersi da ciò
la conseguenza che sia irragionevole qualsiasi intervento che non
rivesta gli anzidetti caratteri.
4. – Non fondata è, altresì, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma quarto- ter, nella parte in cui
istituisce un fondo di riequilibrio, a partire dal 1993, a favore
delle regioni che abbiano subìto, rispetto all’anno 1992, una
consistente riduzione della loro assegnazione, fondo dalla cui
ripartizione sono escluse le regioni a statuto speciale e, quindi, la
Regione Sardegna, in considerazione del fatto che queste ultime non
sono ricomprese nel riparto del fondo ordinario di cui all’art. 9
della legge n. 151 del 1981.
L’istituzione di un fondo speciale, avente funzioni di
riequilibrio dei flussi di finanziamento provenienti dal fondo
nazionale di cui all’art. 9 della legge n. 151 del 1981, risponde a
un intento perequativo, che non irragionevolmente concerne soltanto
le regioni a statuto ordinario. Infatti, il fondo di riequilibrio
istituito con la disposizione impugnata adempie a una funzione
accessoria rispetto al fondo ordinario previsto dall’art. 9 della
legge n. 151 del 1981, nonché al fondo comune disciplinato dall’art.
8 della legge n. 281 del 1970, dopo la confluenza in quest’ultimo del
primo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 500 del 1992. Pertanto,
oltre alle considerazioni svolte nel punto precedente circa la non
irragionevolezza di misure volte a compensare il più sfavorevole
sistema di finanziamento assicurato alle regioni a statuto ordinario,
occorre sottolineare che il fondo di riequilibrio istituito dalla
disposizione impugnata, diversamente dal contributo straordinario
precedentemente esaminato, persegue chiaramente il fine di integrare
la modifica dei criteri di assegnazione del fondo settoriale di cui
all’art. 9 della legge n. 151 del 1981, già disposta dall’art. 18,
primo comma, del decreto-legge n. 415 del 1989. Sotto quest’ultimo
profilo, a parte ogni considerazione sulla non irragionevolezza
relativa alla finalità di progressivo riequilibrio delle quote
rispettivamente assegnate alle regioni ad autonomia comune, è
decisivo osservare che l’esclusione delle regioni a statuto speciale
dal riparto del fondo in questione non è imputabile alla
disposizione contestata. Tale esclusione, infatti, risale all’art.
18, primo comma, del decreto-legge n. 415 del 1989, per quel che
riguarda la partecipazione al fondo di cui all’art. 9 della legge n.
151 del 1981 (sulla quale v. sent. n. 381 del 1990), e all’art. 3
della legge n. 500 del 1992, per quel che concerne la confluenza del
predetto fondo in quello comune previsto dall’art. 8 della legge n.
281 del 1970.
5. – Non fondata è, infine, la questione di legittimità
costituzionale sollevata in via subordinata nei confronti dell’art.
1, primo comma, nella parte in cui esclude la Regione Sardegna dalla
ripartizione del contributo straordinario ivi previsto limitatamente
al triennio 1987-1989, nel corso del quale la medesima Regione
partecipava ancora alla ripartizione del fondo nazionale previsto
dall’art. 9 della legge n. 151 del 1981 per il ripiano dei disavanzi
di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale.
Il presupposto interpretativo da cui muove la censura della
Regione ricorrente, circa la consequenzialità della partecipazione
al riparto del contributo straordinario previsto dalla disposizione
impugnata rispetto alla partecipazione alle quote del fondo nazionale
di cui all’art. 9 della legge n. 151 del 1981, non può essere
condiviso. Come si è precedentemente sottolineato, il contributo
straordinario in esame ha natura di intervento autonomo e aggiuntivo
rispetto agli ordinari strumenti di finanziamento delle regioni, di
modo che ad esso non possono essere riferiti i criteri di
ripartizione applicati a questi ultimi, tanto più se attinenti ad
anni trascorsi. Per i restanti profili, anche per tale questione
valgono le osservazioni che hanno condotto alla dichiarazione di non
fondatezza della questione esaminata nel precedente punto n. 3 di
questa motivazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 1, commi primo, secondo e quarto- ter, del decreto-legge 19
dicembre 1992, n. 485 (Contributo straordinario per la parziale
copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto pubblico locale)
convertito con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1993, n. 32,
nella parte in cui esclude la Regione Sardegna dalla partecipazione
alla ripartizione dei finanziamenti ivi previsti, sollevate, con il
ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Sardegna in riferimento
agli artt. 3, lettera g), 4, lettera g), 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13,
14, 54 e 56 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), nonché agli artt. 3, 81, 116
e 119 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 dicembre 1993.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 31 dicembre 1993.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA