Sentenza N. 50 del 1981
Corte Costituzionale
Data generale
07/04/1981
Data deposito/pubblicazione
07/04/1981
Data dell'udienza in cui è stato assunto
25/03/1981
GIULIO GIONFRIDA – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO
– Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE
– Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA –
Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
RD.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (Recupero dei crediti verso gli
impiegati e pensionati e prescrizione biennale di stipendi, pensioni
ed altri emolumenti), promossi con le seguenti ordinanze:
1. – ordinanza emessa il 30 novembre 1976 dal Consiglio di Stato
su ricorsi proposti da Branca Giorgio ed altri contro il Ministero
della pubblica istruzione ed altri e dal Ministero della pubblica
istruzione ed altri contro Cataudella Antonio ed altri, iscritta al n.
143 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 113 del 27 aprile 1977;
2. – ordinanza emessa il 20 gennaio 1977 dal Tribunale
amministrativo regionale dell’Umbria sui ricorsi riuniti proposti da
Buscema Salvatore ed altri contro il Ministero della pubblica
istruzione ed altro, iscritta al n. 538 del registro ordinanze 1977 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32 del 1
febbraio 1978;
3. – ordinanza emessa l’8 luglio 1978 dal Tribunale amministrativo
regionale dell’Umbria sui ricorsi riuniti proposti da Buscema
Salvatore ed altri contro l’Università degli Studi di Perugia ed
altro, iscritta al n. 309 del registro ordinanze 1979 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 175 del 27 giugno 1979;
4. – ordinanza emessa il 26 gennaio 1979 dal Consiglio di Stato
sul ricorso proposto dal Ministero della pubblica istruzione contro
Martinelli Valentino, iscritta al n. 494 del registro ordinanze 1979 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 237 del 29
agosto 1979;
5. – ordinanza emessa il 23 marzo 1979 dal Tribunale amministrativo
regionale dell’Umbria sul ricorso proposto da Magrini Sergio contro
l’Università degli Studi di Perugia, iscritta al n. 498 del registro
ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 237 del 29 agosto 1979;
6. – ordinanza emessa il 16 febbraio 1979 dal Consiglio di Stato
sul ricorso proposto dall’Università degli Studi di Genova contro
Gomez de Ayala Alfredo, iscritta al n. 757 del registro ordinanze 1979
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 353 del 29
dicembre 1979.
Visti gli atti di costituzione di Cataudella Antonio, Dell’Olio
Matteo, Gessi Carlo, Gazzoni Francesco, Spada Paolo, dei Ministeri del
Tesoro e della pubblica istruzione e delle Università degli S.tudi di
Macerata, Roma e Perugia e gli atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 15 ottobre 1980 il Giudice
relatore Guglielmo Rochrssen;
uditi l’avvocato Antonio Sorrentino per Cataudella, dell’Olio e
Gessi e l’avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Nel corso di procedimenti promossi da Branca Giorgio ed altri e da
Cataudella Antonio ed altri per ottenere la retribuzione degli
incarichi interni d’insegnamento universitario, da essi esplicati,
secondo quanto disposto dalla sentenza n. 11 del 1973 della Corte
costituzionale in materia di trattamento economico in caso di cumulo
d’impieghi, il Consiglio di Stato – avendo l’Amministrazione convenuta
eccepito la prescrizione biennale, ex art. 2 R.D.L. 19 gennaio 1939,
n. 295, dei crediti dei ricorrenti – con ordinanza 30 novembre
1976-11 febbraio 1977 – ha sollevato la questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
dell’art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, per il differente
trattamento previsto in via generale per i dipendenti statali rispetto
a tutti gli altri dipendenti pubblici, ai cui crediti di lavoro si
applica la prescrizione quinquennale.
Nell’ordinanza di rimessione si osserva che tale diverso
trattamento viola l’art. 3 della Costituzione, non essendo
razionalmente giustificabile in quanto:
1. – l’eventuale squilibrio finanziario che potrebbe subire il
bilancio dello Stato per il pagamento di crediti di propri dipendenti
reclamato dopo due anni e prima di cinque, sarebbe minimo, tenuto
conto dell’entità globale del bilancio;
2. – complicazioni contabili e squilibri finanziari potrebbero
verificarsi in misura più grave per gli altri enti pubblici, rispetto
allo Stato;
3. – tali complicazioni o squilibri finanziari potrebbero derivare
anche da altri tipi di prestazioni pecuniarie dovute dallo Stato,
diverse dai debiti di lavoro, per le quali non è prevista la
prescrizione biennale.
Dinanzi a questa Corte si sono costituite l’Amministrazione del
tesoro e della pubblica istruzione, nonché le Università degli Studi
di Macerata, Roma e Perugia, rappresentate e assistite dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non
fondata.
Nell’atto di costituzione l’Avvocatura dello Stato deduce che la
diversità di trattamento prospettata dall’ordinanza di rimessione è
giustificata dalle esigenze di bilancio e contabilità, peculiari
dello Stato, non comuni agli altri enti pubblici – la cui struttura
finanziaria è meno complessa di quella statale – né comparabili con
le correlative esigenze dei privati.
A riprova della razionalità della disciplina impugnata in
relazione alle esigenze finanziarie dello Stato, nell’atto di
costituzione si deduce, a proposito della vicenda che ha dato origine
al giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, che ove non fosse prevista
nella materia de qua un termine biennale di prescrizione, essendo nel
1974 gli incaricati interni 8.134, e comportando perciò l’esecuzione
della sentenza n. 11 del 1973 della Corte costituzionale un onere
annuo di circa otto miliardi, l’onere complessivo sarebbe gravissimo
per lo Stato, tenuto conto che trattasi di spese “non coperte” nel
bilancio dell’epoca alla quale vanno riferite. Ove poi si tenga conto
che la stessa situazione potrebbe riprodursi per una ben più numerosa
categoria di dipendenti statali, con ancora più gravi conseguenze,
secondo l’Avvocatura dello Stato sarebbe evidente la razionalità
della normativa impugnata.
Si sono costituiti anche i proff. Cataudella, Dell’Olio, Gessi,
Gazzoni e Spada chiedendo che la questione sia dichiarata fondata e
sostenendo l’irrazionalità del diverso trattamento che la norma
impugnata fa ai dipendenti statali rispetto agli altri dipendenti
pubblici; che si traduce fra l’altro in una differenza di trattamento
non giustificata fra i professori delle Università statali e i
professori delle Università libere (ai quali la prescrizione biennale
non si applicherebbe).
Identica questione è stata sollevata dallo stesso Consiglio di
Stato con ordinanza 16 febbraio 1979 – 13 luglio 1979, emessa in un
procedimento in grado di Appello promosso dall’Università degli Studi
di Genova contro Gomez de Ayala, nonché dal Tribunale amministrativo
regionale dell’Umbria con ordinanze 20 gennaio – 14 luglio 1977, 8
luglio – 29 settembre 1978 e 23 marzo 1979, emesse nel corso di
giudizi promossi da Buscema ed altri contro il Ministero della
pubblica istruzione e l’Università degli Studi di Perugia e da
Magrini contro l’Università degli Studi di Perugia.
Identica questione è stata sollevata pure dal Consiglio di Stato
con ordinanza 26 gennaio – 24 aprile 1979 emessa in un procedimento in
grado di Appello, riguardante il prof. Martinelli Valentino e
concernente la richiesta di arretrati di stipendio in conformità di
quanto stabilito da questa Corte con la sentenza n. 219 del 1975.
In tali procedimenti si è costituita solo l’Avvocatura generale
dello Stato per le Amministrazioni interessate, insistendo perché la
questione sia dichiarata non fondata.
1. – Tutte le ordinanze sopra indicate prospettano la medesima
questione, sicché i relativi giudizi possono essere riuniti per
essere definiti con unica sentenza.
2. – Le ordinanze denunciano l’art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939,
n. 295, senza distinguere fra le sue varie parti (la sola ordinanza
della VI Sezione del Consiglio di Stato in data 30 novembre 1976
accenna, in motivazione, al primo comma in parola), ma dalla loro
motivazione si deduce in maniera evidente che la norma censurata è
soltanto quella contenuta nel primo comma, relativo alla durata della
prescrizione dei crediti ivi indicati.
3. – Ciò premesso, la Corte è chiamata a decidere se l’art. 2,
primo comma, del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (recante “Recupero dei
crediti verso gl’impiegati e pensionati e prescrizione biennale di
stipendi, pensioni ed altri emolumenti”), prevedendo la prescrizione
entro il termine di due anni delle rate di stipendio ovvero di
pensione nonché degli assegni indicati nel d.l.lgt. 2 agosto 1917, n.
1278, dovute dallo Stato, sia in contrasto con l’art. 3 della
Costituzione in quanto determinerebbe una disparità di trattamento,
priva di razionale giustificazione, tra impiegati e pensionati dello
Stato e gli altri impiegati pubblici, per i quali opera la
prescrizione quinquennale secondo la norma generale stabilita
dall’articolo 2948 del codice civile.
4. – La questione è fondata.
La disposizione censurata ha ad oggetto i soli crediti derivanti
dal rapporto di impiego con lo Stato e per destinatari i titolari di
rate di stipendio o di pensione dovuti dallo Stato, mentre nei
riguardi delle rate di stipendio o di pensione dovute da qualsiasi
altro soggetto di diritto pubblico, come già detto, si applica la
norma generale contenuta nell’art. 2948 del codice civile.
In tal modo si pone in essere, a danno dei soli dipendenti e
pensionati statali, una palese discriminazione fra crediti aventi la
medesima natura giuridica ed il medesimo contenuto e fra i loro
titolari, pur appartenendo, tutti costoro, alla categoria
sostanzialmente omogenea dei dipendenti e pensionati di soggetti di
diritto pubblico: e ciò senza che la distinzione trovi alcuna
giustificazione.
In questa prospettiva non possono avere pregio né le
considerazioni svolte nei lavori preparatori della legge 9 marzo 1871,
n. 102 (legge concernente la prescrizione degli stipendi ed assegni
personali), dalla quale discende l’art. 2 in questione, né quelle
svolte dall’Avvocatura generale dello Stato nella memoria depositata
il 18 settembre 1979.
Quanto al rilievo fatto in quei lavori preparatori e consistente
nella opportunità di evitare il lavoro derivante dalla mancata
riscossione, da parte degli interessati o dei loro eredi, di numerose
piccole partite e che quindi devono essere trasportate da un esercizio
all’altro, è sufficiente osservare che si tratta di un mero
inconveniente di fatto non idoneo a dare fondamento alla drastica
limitazione della tutela di un diritto.
Alla osservazione dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui in
mancanza della prescrizione biennale l’onere derivante al bilancio
dello Stato da una prescrizione di durata maggiore porrebbe allo Stato
stesso problemi forse irreparabili, si deve rispondere che, così
argomentando, si potrebbe perfino giungere alla elusione dei diritti
patrimoniali degli interessati, anche se accertati da un giudicato.
In ogni caso considerazioni del genere non sono riferibili solo
allo Stato, ma potrebbero essere applicate a qualsiasi ente pubblico.
Consegue da ciò evidente la irragionevolezza della disposizione
censurata e, quindi, la violazione del principio di uguaglianza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, primo comma,
del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 recante “Recupero dei crediti verso
gl’impiegati e pensionati e prescrizione biennale di stipendi,
pensioni ed altri emolumenti”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1981.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – MICHELE ROSSANO –
ANTONINO DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere