Sentenza N. 507 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1991
Data deposito/pubblicazione
30/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
notificato il 7 giugno 1991, depositato in Cancelleria il 13 giugno
successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto
del Ministro della Sanità del 26 marzo 1991, recante “Norme tecniche
di prima attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 24
maggio 1988, n. 236, relativo all’attuazione della direttiva C.E.E.
n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo
umano, ai sensi dell’art. 15 della legge 16 aprile 1987, n 183” ed
iscritto al n. 32 del registro conflitti 1991;
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 19 novembre 1991 il Giudice
relatore Francesco Greco;
Uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia
di Bolzano e l’Avvocato dello Stato Ivo Braguglia per il Presidente
del Consiglio dei ministri;
1991, ha premesso che il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, in attuazione
della direttiva del Consiglio della C.E.E. n. 80/778 e della delega
di cui all’art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183, ha stabilito i
requisiti di qualità delle acque destinate al consumo umano, per la
tutela della salute pubblica e per il miglioramento di vita e ha
introdotto misure finalizzate a garantire la difesa delle risorse
idriche. Ha distinto le funzioni di competenza dello Stato e quelle
delle Regioni in materia di identificazione e di controllo dei
suddetti requisiti (art. 8 e 9).
L’art. 22, n. 3, dello stesso d.P.R. ha previsto l’emanazione
delle norme tecniche di prima attuazione entro sessanta giorni dalla
sua entrata in vigore.
Tanto premesso, la ricorrente ha esposto che in data 26 marzo 1991
il Ministro della Sanità ha emesso un suo decreto che, secondo il
preambolo, dovrebbe contenere delle norme tecniche.
Con l’art. 8 n. 1, si è regolata invece l’attività di vigilanza
sull’applicazione del decreto affidandola ad ispettori nominati dallo
stesso Ministro della Sanità e con l’art. 10 si è stabilito che i
compiti affidati alle Regioni dal decreto suddetto per il Trentino
Alto Adige si intendono conferiti alle province di Trento e Bolzano,
parificandole così, secondo la ricorrente, alle regioni a statuto
ordinario.
Il suddetto art. 8 violerebbe gli artt. 8, primo comma, n. 5, n. 6
e n. 21; 9, primo comma, n. 9 e n. 10; 16, primo comma, dello Statuto
speciale e relative norme di attuazione (in particolare i d.P.R. 22
marzo 1974, n. 279; 22 marzo 1974, n. 381; 28 marzo 1975, n. 474; 19
novembre 1987, n. 526, e successive modificazioni), perché,
trattandosi di competenza esclusiva, spetta alla provincia la
funzione ispettiva e non allo Stato né tanto meno la deroga può
disporsi con decreto ministeriale.
L’art. 10 del decreto ministeriale lederebbe le specifiche
competenze attribuite alla Provincia remittente dallo Statuto, fatte
salve dall’art. 20 del d.P.R. n. 236 del 1988.
Ad avviso della ricorrente, ai suddetti vizi si aggiunge anche
quello dell’incompetenza dell’organo che ha emanato il decreto
impugnato, perché la materia disciplinata non è di competenza
esclusiva del Ministro della Sanità ma necessita anche del concerto
col Ministro dell’Ambiente.
2. – Nel giudizio si è costituita, in rappresentanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri, l’Avvocatura Generale dello
Stato, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso in quanto in
materia la Provincia ricorrente non ha competenza esclusiva.
3. – Nell’imminenza dell’udienza, hanno presentato memorie
l’Avvocatura dello Stato e la difesa della Provincia ricorrente.
La prima ha ribadito anzitutto che le competenze provinciali in
materia di acque, igiene e sanità, secondo i nn. 9 e 10 dell’art. 9
dello Statuto speciale, sono di tipo concorrente.
Ha poi rilevato che:
la disciplina dettata dal decreto è funzionale alla tutela di
interessi nazionali relativi all’adempimento di obblighi comunitari e
alla realizzazione di uniformi condizioni, in tutto il territorio
nazionale, per la tutela della salute;
l’attività di vigilanza è strumentale soltanto alla funzione
statale di acquisizione di dati ed informazioni;
il concerto ha solo rilevanza interna alla struttura
governativa;
il decreto impugnato si configura come un insieme di norme
tecniche che interessano la potabilizzazione in senso lato, che è di
competenza del solo Ministro della Sanità.
La difesa della ricorrente ha osservato che il carattere
concorrente della competenza pone solo un problema di gravità della
denunciata violazione; e che la carenza di una idonea base
legislativa del provvedimento statale costituisce vizio denunciabile
in sede di conflitto di attribuzione (sent. n. 204 del 1991).
che il decreto del Ministro della Sanità 26 marzo 1991 è
arbitrariamente invasivo delle competenze riservatele dagli artt. 8,
primo comma, nn. 5, 6 e 21; 9, primo comma, nn. 9 e 10; 16, primo
comma, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato
con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione (in
particolare d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279; d.P.R. 22 marzo 1974, n.
381; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 e
successive modificazioni) perché:
a) equipara le Province autonome alle Regioni a Statuto
ordinario nel renderle destinatarie delle prescrizioni poste dal
decreto stesso, trascurando di considerare che le stesse ricadano
nell’ambito delle competenze suddette, fatte espressamente salve
dall’art. 20 del d.P.R. n. 236 del 1988;
b) detta norme di natura non tecnica e quindi diverse da quelle
per le quali tale ultimo d.P.R. ha previsto la competenza
ministeriale;
c) è altresì viziato di incompetenza, essendo stato emesso
senza il previo concerto col Ministro dell’Ambiente.
In particolare, assoggetta la Provincia ricorrente all’esercizio
delle funzioni di vigilanza ed ispettiva esercitate da ispettori
ministeriali.
L’assunto della ricorrente non è fondato per quanto riguarda
l’art. 10 del decreto ministeriale.
Esso prevede che i compiti affidati alle regioni dal decreto
stesso, per il Trentino Alto Adige si intendono conferiti alle Province autonome di Trento e Bolzano. Si osserva che detta disposizione
non attua una parificazione della Provincia autonoma di Bolzano alle
regioni a statuto ordinario ma contiene solo una clausola di stile.
Per quanto riguarda l’art. 8 del decreto ministeriale si rileva
che, come leggesi nel preambolo, il decreto impugnato, emanato dal
Ministro della Sanità in base all’art. 22, terzo comma, del d.P.R.
n. 236 del 1988, che ha dettato le norme di attuazione della
direttiva C.E.E. n. 80/778, concernente la qualità delle acque
destinate al consumo umano, avrebbe dovuto contenere solo norme
tecniche di prima attuazione del decreto presidenziale per i profili
di igiene e sanità. Peraltro, l’art. 8 del d.P.R. n. 236 del 1988,
nello stabilire le competenze statali nella materia disciplinata,
prevede testualmente l’oggetto delle norme tecniche da emanarsi dai
vari Ministri interessati (Ministro dell’Ambiente, dei Lavori
pubblici, della Sanità, da soli o di concerto). Al Ministro della
Sanità è attribuita la competenza esclusiva per i provvedimenti in
materia di potabilizzazione delle acque.
Invece, come si evince dalla semplice lettura delle disposizioni
in cui esso si articola, il decreto impugnato non disciplina solo i
profili tecnici della materia di competenza esclusiva.
Per esempio, si prevedono controlli sanitari, provvedimenti
contingibili ed urgenti, approvvigionamenti idrici di emergenza ecc.
Ed in particolare, nell’art. 8 impugnato sono previste funzioni
ispettive per la vigilanza sull’attuazione dello stesso decreto
ministeriale, affidate a persone nominate con apposito decreto dal
Ministro della Sanità.
Né, come sostiene l’Avvocatura Generale dello Stato, la materia
trattata può ritenersi rientrante in una nozione lata di
potabilizzazione delle acque. Non si tratta di acquisire dati e
informazioni ma è prevista una vera e propria attività ispettiva,
di vigilanza e di controllo.
Pertanto, il motivo va accolto.
L’accoglimento importa che si debbano ritenere assorbiti tutti gli
altri motivi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta al Ministro della Sanità dettare la
disciplina della attività di vigilanza, che esula dalla competenza
tecnica a lui attribuita ed annulla di conseguenza l’art. 8 del
decreto da lui emesso in data 26 marzo 1991 di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.
Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI