Sentenza N. 507 del 1995
Corte Costituzionale
Data generale
18/12/1995
Data deposito/pubblicazione
18/12/1995
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/12/1995
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY;
comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale) promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 1995 dal pretore
di Salerno, sezione distaccata di Eboli, sul ricorso proposto da
Baratta Anna contro il Prefetto della Provincia di Salerno, iscritta
al n. 248 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale dell’anno
1995;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito in camera di consiglio dell’8 novembre 1995 il Giudice
relatore Renato Granata.
degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, l’adito
Pretore di Salerno – sez. distaccata di Eboli, con ordinanza del 26
gennaio 1995, ha sollevato questione incidentale di legittimità
costituzionale del menzionato art. 23, quinto comma – già dichiarato
illegittimo con sentenza n. 534 del 1990, nella parte in cui prevede
che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata
presentazione dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza
senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando
l’illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione
allegata dall’opponente – prospettando un ulteriore profilo di
contrasto, con l’art. 24 della Costituzione e (implicitamente) con
l’art. 3, della norma pur così emendata, nella parte in cui tuttora
essa impone la convalida dell’ordinanza impugnata – in caso di
mancata comparizione alla prima udienza tanto dell’opponente quanto
del suo procuratore e di mancata allegazione al ricorso di
documentazione da cui risulti l’illegittimità del provvedimento
opposto – ancorché l’amministrazione, a sua volta, non abbia, come
nella specie, depositato i documenti prescritti dal comma secondo del
medesimo art. 23, atti a comprovare la legittimità della pretesa
sanzionatoria.
Secondo il giudice a quo, gli stessi principi posti a fondamento
della richiamata decisione di accoglimento n. 534 del 1990
dovrebbero, infatti, condurre ad estenderne la portata nei sensi ora
indicati.
Ne risulterebbe altrimenti una intrinseca irragionevolezza del dato
normativo ed una ingiustificata discriminazione in danno
dell’opponente: il quale, “in dipendenza della specificità di
alcuni motivi deducibili, potrebbe anche trovarsi nell’impossibilità
materiale di produrre la documentazione a sostegno di censure che
l’Amministrazione dovrebbe essa invece resistere”. E ciò anche in
considerazione della veste di attore e del conseguente onere
probatorio che per – ius receptum – connotano la posizione
dell’amministrazione opposta nel giudizio di opposizione.
Nel giudizio innanzi alla Corte, è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato
che ha eccepito la non fondatezza della questione.
comma, della legge n. 689 del 1981 – già dichiarato illegittimo, con
sentenza n. 534 del 1990, nella parte in cui prevede che il pretore
convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione
dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre
alcun legittimo impedimento, anche quando l’illegittimità del
provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall’opponente –
contrasti tuttora con gli artt. 24 e (implicitamente) 3, secondo
comma, della Costituzione, nella residua parte in cui impone la
convalida del provvedimento impugnato in caso di mancata comparizione
alla prima udienza tanto dell’opponente quanto del suo procuratore e
di mancata allegazione al ricorso di documentazione da cui risulti
l’illegittimità del provvedimento opposto, nonostante la mancata
produzione da parte dell’Amministrazione dei documenti prescritti dal
comma secondo del medesimo art. 23, atti a comprovare la legittimità
della pretesa sanzionatoria.
2. – La questione è fondata.
Secondo consolidata giurisprudenza, l’opposizione a sanzione
amministrativa di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, pur
formalmente strutturata come giudizio di impugnazione,
sostanzialmente tende all’accertamento negativo della pretesa
sanzionatoria.
Attraverso l’impugnazione dell’atto si perviene, infatti, ad un
giudizio di merito: nel quale l’amministrazione irrogante ha veste
sostanziale di attore, sotto il profilo dell’onere probatorio, come
tra l’altro confermato dal dovere, ad esso imposto dal comma secondo
dell’art. 23 legge cit., di “depositare in cancelleria, dieci giorni
prima della udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi
all’accertamento nonché alla contestazione o notificazione della
violazione”, e dalla prescrizione di cui al comma dodicesimo della
medesima norma, secondo la quale “il pretore accoglie l’opposizione
quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità
dell’opponente”.
In questo quadro di principi – che si riconducono al canone
fondamentale di garanzia della difesa e che non possono per ciò
essere sacrificati, costituendo il limite non superabile da una pur
opportuna disciplina semplificatrice del rito oppositorio in materia
di sanzioni depenalizzate – si è inserita appunto la precedente
sentenza di questa Corte n. 534 del 1990.
Detta sentenza, dichiaratamente “prescindendo dalla disputa
relativa alla omogeneità o meno sul piano sostanziale del sistema
sanzionatorio penale con quello sanzionatorio amministrativo di cui
alla legge 24 novembre 1981, n. 689”, ha fatto venir meno la
preclusione – già esclusa nel parallelo giudizio di opposizione a
decreto penale di cui all’art. 464 del nuovo codice di procedura
penale – dell’esame del merito, per assenza dell’opponente e del suo
procuratore alla prima udienza quando “l’illegittimità del
provvedimento (già) risulti dalla documentazione allegata
dall’opponente”.
Questa preclusione rimaneva peraltro operante nell’ipotesi
(estranea al thema decidendum del precedente giudizio di
costituzionalità) in cui l’illegittimità del provvedimento
impugnato non risulti da documentazione già allegata al ricorso
dall’opponente non comparso, ma al tempo stesso l’amministrazione, a
sua volta, non abbia soddisfatto l’onere di cui al menzionato comma
secondo dell’art. 23, del preventivo deposito dei documenti atti a
dimostrare la legittimità della pretesa sanzionatoria.
Ma la persistenza, in tale ambito, della preclusione effettivamente
si risolve – come denunciato dal Pretore rimettente – in motivo di
intrinseca irragionevolezza della disciplina in esame, posto che le
due situazioni – quella della esistenza di prova documentale della
illegittimità dell’atto e quella della insussistenza di prova della
sua legittimità per mancato assolvimento del dovere di produzione
documentale da parte dell’amministrazione – non possono, in ragione
della loro speculare equivalenza nel contesto indicato, non esplicare
il medesimo effetto, ostativo ovvero non ostativo per entrambe,
rispetto alla convalida de plano del provvedimento opposto nel caso
di mancata comparizione dell’opponente alla prima udienza.
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale della
disposizione impugnata nella parte censurata dal giudice a quo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, quinto
comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale), nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il
provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell’opponente
o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun
legittimo impedimento, anche quando l’amministrazione irrogante abbia
omesso il deposito dei documenti di cui al secondo comma dello stesso
art. 23.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 dicembre 1995
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Granata
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 18 dicembre 1995
Il direttore della cancelleria: Di Paola