Sentenza N. 51 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
24/04/1967
Data deposito/pubblicazione
24/04/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/04/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI, Giudici,
1965, n. 14, recante “Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrovie
esercitate in regime di concessione”, promosso con ordinanza emessa il
9 giugno 1965 dal Pretore di Napoli nel procedimento penale a carico di
Basilico Rocco (parti civili Cirella Agostino e D’Avino Michele),
iscritta al n. 203 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 27 novembre 1965.
Visti gli atti di costituzione di Cirella Agostino e D’Avino
Michele e di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 1 marzo 1967 la relazione del
Giudice Giuseppe Branca;
uditi l’avv. Giuseppe Di Stefano, per Cirella e D’Avino, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Raffaele Bronzini, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Nel corso di un procedimento penale apertosi a carico del sig.
Rocco Basilico, il Pretore di Napoli, con ordinanza del 9 giugno 1965,
sollevava questione di legittimità costituzionale della legge 3
febbraio 1965, n. 14, per contrasto con gli artt. 35, primo comma, 36,
38 e 41, secondo comma, della Costituzione.
La legge impugnata disciplina il rapporto tra società
concessionarie di ferrovie e assuntori di stazioni, di fermate e di
passaggi a livello come un rapporto di lavoro autonomo: con la
conseguenza che gli assuntori sono tenuti personalmente (ancorché con
danaro dell’impresa) ad osservare nei confronti dei loro “coadiutori”
tutti gli obblighi, a cui soggiacciono, in virtù delle norme di
tutela, previdenza e assistenza del lavoratore, i datori di lavoro.
In tal modo la legge trasformerebbe in rapporto di lavoro autonomo
quello che è invece, secondo il Pretore di Napoli, un rapporto di
lavoro subordinato, trasformerebbe cioè gli assuntori, da prestatori
di lavoro dell’impresa concessionaria, in datori di lavoro: con ciò
violerebbe l’art. 35 della Costituzione poiché appesantirebbe la
posizione del lavoratore subordinato; l’art. 41, secondo comma, (che
“nel quadro dell’iniziativa economica privata tutela la dignità
umana”) poiché consente la stipulazione di contratti in cui un
prestatore d’opera (assuntore) viene elevato “al rango di datore di
lavoro” d’un suo collega (coadiutore); l’art. 38 poiché fa gravare la
responsabilità delle assicurazioni sociali dei coadiutori su chi è in
definitiva un loro compagno di lavoro; infine l’art. 36 poiché accede
alla tesi tradizionale delle imprese concessionarie di regolare i
rapporti cogli assuntori attraverso singoli contratti d’assuntoria.
La difesa dei sigg. D’Avino e Cirella (parti civili nel processo
penale), costituitasi con atto depositato il 17 dicembre 1965, riassume
le denuncie contenute nell’ordinanza del Pretore affermando che la
legge impugnata viene a frodare i lavoratori subordinati dei diritti
loro riconosciuti dall’ordinamento e dall’indirizzo politico della
Costituzione.
2. – Il Presidente del Consiglio è intervenuto con atto depositato
il 31 agosto 1965 dall’Avvocatura dello Stato.
Secondo l’Avvocatura dello Stato l’ordinanza non indica quali
disposizioni dell’intera legge n. 14 del 1965 siano affette da vizio di
costituzionalità; comunque, poiché il giudizio a quo riguarda
l’omesso versamento di contributi assicurativi, apparirebbero censurate
soltanto quelle norme (artt. 8 e 9) che li disciplinano.
Nel merito l’Avvocatura osserva che, vigendo il R.D. 8 gennaio
1931, n. 148 (art. 7, lett. b), le società concessionarie regolavano i
loro rapporti cogli assuntori a mezzo di contratti di assuntoria, cioè
di contratti ritenuti analoghi all’appalto o comunque al lavoro
autonomo; ma, dopo la legge 23 ottobre 1960, n. 1369, che vieta
l’appalto di mere prestazioni di lavoro, una parte (non prevalente)
della giurisprudenza cominciò a qualificare i rapporti tra società
concessionaria, da un lato, e assuntori e coadiutori, dall’altro, come
rapporti di lavoro subordinato. Ne derivò una situazione d’incertezza,
dimodoché dovette intervenire il legislatore emanando appunto la legge
che ora viene impugnata.
Questa legge ha esteso agli assuntori molte provvidenze di
carattere sociale da cui sono assistiti i lavoratori subordinati, ma
contiene anche disposizioni che sono tipiche del rapporto di appalto o,
comunque, del rapporto di lavoro autonomo (articoli 4, 7, 8, 12, 16): i
coadiutori vengono assunti, sia pure con il consenso dell’impresa
concessionaria, dagli assuntori, che sono responsabili del loro operato
e delle prestazioni assicurative; a differenza del lavoratore
subordinato l’assuntore percepisce il canone dall’impresa anche nei
periodi di malattia, nei quali ha facoltà di designare la persona che
lo sostituisca; infine gli si possono concedere, anche in locazione,
locali o suolo adiacente all’impianto. Insomma l’assuntore ha ora una
posizione intermedia tra quella del lavoratore autonomo e quella del
lavoratore subordinato.
Dato ciò, secondo l’Avvocatura, non c’è contrasto con l’articolo
35 della Costituzione poiché gli assuntori godono dei vantaggi dei
lavoratori subordinati e, in più, di alcuni vantaggi dei lavoratori
autonomi (v. artt. 7, 12, 16 citati); se rispondono dell’operato e
dell’assicurazione dei coadiutori è perché questi vengono assunti da
loro e perché nella determinazione del canone pagato dall’impresa
concessionaria si tiene conto del salario dovuto ai coadiutori e “dei
relativi oneri fiscali” (art. 7, quarto comma).
Né c’è violazione della dignità umana (art. 41 della
Costituzione) nel fatto che datore di lavoro (assuntore) e lavoratore
(coadiutore) svolgono in concreto una stessa attività o che la
retribuzione del coadiutore sia versata dall’impresa concessionaria
mentre gli ispettorati della motorizzazione stabiliscono,
nell’interesse dei coadiutori, il loro numero per ciascuna assuntoria.
Non ci sarebbero infine né violazione dell’art. 38 poiché, se
l’obbligo di assicurare i coadiutori grava sull’assuntore, ciò è
conseguenza del fatto che questi è la controparte nel rapporto di
lavoro, né violazione dell’art. 36 poiché, siccome la legge non fissa
il canone dovuto agli assuntori, non c’è materia perché se ne possa
giudicare l’adeguatezza.
3. – La difesa dei sigg. D’Avino e Cirella ha depositato una
memoria il 14 febbraio 1967. In essa si precisa, contro l’obiezione
dell’Avvocatura dello Stato, che la denuncia riguarda l’intera legge
1965, n. 14, che del resto l’ordinanza di rinvio indica chiaramente le
norme su cui principalmente si appunta il sospetto di
incostituzionalità e che quella legge “crea una complessa confusione
fra il concetto di lavoro autonomo e quello di lavoro subordinato”.
1. – È stata denunciata la legge 3 febbraio 1965, n. 14, perché
essa, trasformando un rapporto di lavoro subordinato in rapporto di
lavoro autonomo, sottrarrebbe agli assuntori di stazioni e di passaggi
a livello una parte dei diritti garantiti ai lavoratori subordinati
dagli artt. 35, primo comma, 36, 38 e 41, secondo comma, della
Costituzione.
La questione è infondata.
Innanzi tutto occorre rilevare come una legge non possa essere
tacciata di illegittimità costituzionale per il solo fatto che regoli
un rapporto di lavoro in modo diverso da come era disciplinato
precedentemente: essa può mutarne radicalmente il contenuto sia che
ciò porti l’interprete a qualificare sotto altro tipo il rapporto sia
che lo costringa a vedervi un rapporto di tipo misto. Né si può dire
che certe prestazioni abbiano per natura la caratteristica del rapporto
di lavoro subordinato, sì che una diversa regolamentazione legislativa
apparisca di per sé violatrice dei principi costituzionali: il tipo
del rapporto giuridico infatti non è necessariamente quello che viene
imposto da una certa concezione o da una determinata prassi economico –
sociale, ma quello che risulta dalla disciplina a cui il legislatore,
nell’esercizio del suo potere politico, lo ha voluto piegare. Su questa
linea, del resto, tanto meno è censurabile una legge che ha avuto lo
scopo e l’effetto, riconosciuti da ogni parte, di migliorare le
condizioni di assuntori e coadiutori.
La violazione di norme costituzionali può derivare piuttosto da
una disciplina talmente ibrida che, mentre al lavoratore si impongono
prestazioni d’un certo tipo, gli si neghino i vantaggi ad esse
collegati. Questo è in fondo il senso della denuncia contenuta
nell’ordinanza di rinvio.
2. – Perciò non è affatto necessario che si esamini il problema
se il rapporto di lavoro disciplinato dalla legge n. 14 del 1965 sia da
qualificarsi come lavoro autonomo o subordinato oppure misto.
L’importante è che essa, sottoponendo gli assuntori o i coadiutori ad
oneri tipici del lavoro subordinato, non tolga loro alcuni dei diritti
che vi sono costituzionalmente connessi. Sotto questo aspetto le
disposizioni, che hanno fatto sorgere il dubbio nel giudice a quo, sono
quelle riguardanti la responsabilità dell’assuntore per l’operato e
per la tutela, segnatamente previdenziale e assistenziale, dei propri
coadiutori (artt. 4 e 8); ma in realtà nessuna delle due disposizioni
(v. anche art. 13, primo comma) ha un contenuto che offenda principi o
norme costituzionali.
Infatti che il lavoratore, sia pure subordinato, risponda del
comportamento d’un altro lavoratore (tanto più se assunto da lui) non
è raro né abnorme (ad es. si pensi a prestatori d’opera legati fra
loro da rapporto gerarchico); né è un onere di cui possa dirsi che
avvilisca la personalità del primo o del secondo o che sia
sproporzionato al compenso a cui l’assuntore ha diritto (v. artt. 35,
36 della Costituzione): compenso, del quale la legge non dà la misura,
ma garantisce l’adeguatezza (art. 7), e che perciò non abbandona
all’arbitrio del concessionario, ma ne esige la determinazione, in
primo luogo, col mezzo degli accordi collettivi.
Quanto poi all’obbligo di previdenza e assistenza verso i propri
coadiutori, si può escludere che esso appesantisca eccessivamente la
posizione dell’assuntore poiché è certo che non importa per lui
sacrifici economici: i contributi assicurativi infatti sono pagati dal
concessionario, sì che l’art. 36 della Costituzione è fuori causa; e,
siccome tanto l’assuntore quanto il coadiutore sono assicurati a spese
dello stesso concessionario neanche l’art. 38 è colpito dalla legge
denunciata. Né, riguardo ai coadiutori, data la natura del servizio,
incombono altri obblighi di particolare gravità.
L’ordinanza di rinvio vede un’offesa alla dignità umana nel fatto
che un lavoratore (l’assuntore) sia trattato o considerato in qualche
modo come datore di lavoro di chi svolge analoghe funzioni
(coadiutore); ma la dignità umana può essere offesa dalla esiguità
della retribuzione o dalla sconvenienza o durezza del luogo o delle
condizioni di lavoro; non dall’esistenza di per sé d’un rapporto di
preminenza fra lavoratore e lavoratore o d’un certo grado di
responsabilità dell’uno per l’operato e nei confronti dell’altro né
dalla semplice qualifica del primo come datore di lavoro del secondo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
della legge 3 febbraio 1965, n. 14, recante norme sulla
“Regolamentazione delle assuntorie nelle ferrovie esercitate in regime
di concessione”, proposta, in riferimento agli artt. 35, primo comma,
36, 38 e 41, secondo comma, della Costituzione, con l’ordinanza del
Pretore di Napoli citata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.