Sentenza N. 510 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1991
Data deposito/pubblicazione
30/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI;
15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell’indennità giudiziaria al
personale amministrativo delle magistrature speciali) promosso con
ordinanza emessa il 21 marzo 1991 dal Tribunale amministrativo
regionale per il Veneto sui ricorsi riuniti proposti da Giancarlo
Enzo ed altri contro l’Amministrazione delle Finanze, iscritta al n.
503 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 1991;
Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice
relatore Gabriele Pescatore;
stato adito da taluni dipendenti pubblici facenti parte del personale
di segreteria delle Commissioni tributarie, che avevano impugnato il
silenzio-rifiuto sugli atti di diffida per l’attribuzione della c.d.
“indennità giudiziaria”, prevista dall’art. 1 della legge 15
febbraio 1989, n. 51. Nel corso del relativo giudizio il predetto
Tribunale amministrativo regionale ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, di tale articolo, “nella parte in cui non estende
l’attribuzione della predetta indennità al personale di segreteria
presso le Commissioni tributarie”.
Nell’ordinanza di rimessione si osserva che l’indennità in
questione, originariamente era stata istituita (legge 22 giugno 1988,
n. 221) in favore del personale delle cancellerie giudiziarie. La
legge n. 51 del 1989 l’ha estesa al personale amministrativo di altri
organi giurisdizionali (Consiglio di Stato, Tribunali amministrativi
regionali, Corte dei conti e Tribunali militari), oltre che
dell’Avvocatura dello Stato (il cui personale ha un trattamento
equiparato a quello degli organi giurisdizionali), con una
elencazione tassativa.
Secondo il giudice a quo, detta indennità era stata attribuita
inizialmente al personale di cancelleria, per favorire una più
intensa e impegnativa collaborazione allo svolgimento delle funzioni
giudiziarie, tenuto conto dell’insufficienza del personale.
L’estensione della indennità al personale amministrativo delle
magistrature speciali, sarebbe stata suggerita dalla costatazione che
questa situazione di insufficienza del personale rispetto ai compiti
di istituto, sussisteva anche per tali magistrature. Poiché la
stessa situazione si verificherebbe anche nelle segreterie delle
Commissioni tributarie, la mancata attribuzione di tale indennità al
relativo personale sarebbe discriminatoria e contrastante col
principio di uguaglianza, che impone di trattare situazioni uguali in
modo uguale.
Una giustificazione del diverso trattamento, secondo il giudice a
quo, non sarebbe rinvenibile nella circostanza che le Commissioni
tributarie non hanno un loro ruolo organico di personale
amministrativo e si avvalgono per l’espletamento dei compiti di
segreteria, di personale comandato o distaccato da altri uffici.
Infatti, questa non sarebbe una peculiarità delle sole Commissioni
tributarie, ma una situazione analoga a quella del personale dei
tribunali militari, le cui segreterie sono composte da personale del
Ministero della difesa, temporaneamente distaccato presso dette
segreterie.
2. – Dinanzi a questa Corte non si è costituita alcuna parte, per
cui la causa è stata fissata per l’esame in camera di consiglio, ai
sensi dell’art. 26. secondo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87.
febbraio 1989, n. 51 – nella parte in cui non estende l’indennità
prevista dalla l. 22 giugno 1988, n. 221, al personale amministrativo
addetto alle segreterie delle Commissioni tributarie – contrasti con
l’art. 3 della Costituzione, essendosi attribuita tale indennità a
personale con funzioni analoghe ed in situazione analoga.
2. – La questione non è fondata.
Va premesso che l’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 ha
istituito, a decorrere dal 1° luglio 1980, a favore dei magistrati
ordinari, “in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello
svolgimento della loro attività”, una speciale indennità non
pensionabile, (soggetta all’adeguamento automatico previsto dall’art.
12 della stessa legge) “pari a lire quattro milioni e
quattrocentomila annue, da corrispondersi in ratei mensili, con
esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per
qualsiasi causa, di assenza obbligatoria o facoltativa previsti negli
artt. 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e di sospensione
del servizio per qualunque causa”.
Con legge 6 agosto 1984, n. 425 tale indennità è stata
attribuita con decorrenza dall’1 gennaio 1983 ai magistrati del
Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali
amministrativi regionali e della giustizia militare, nonché agli
avvocati e procuratori dello Stato.
Successivamente, la legge 22 giugno 1988, n. 221 ha esteso la
suddetta indennità (art. 1), a decorrere dall’1 gennaio 1988, al
personale dirigente e qualifiche equiparate delle cancellerie e
segreterie giudiziarie, nella misura vigente alla data del 1° gennaio
1988, secondo le percentuali indicate in apposita tabella con
riferimento alle diverse qualifiche.
L’indennità è stata, poi, attribuita (art. 2 della l. n. 221 del
1988) al personale appartenente alle qualifiche funzionali dei ruoli
delle cancellerie e segreterie giudiziarie, nelle misure fissate
d’intesa con le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente
rappresentative nel settore e con le confederazioni maggiormente
rappresentative su base nazionale.
La legge 15 febbraio 1989, n. 51 ha, infine, concesso – a
decorrere dal 1° gennaio 1989 – detta indennità, con le modalità
previste dalla legge n. 221 del 1988, anche al personale
amministrativo del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi
regionali, della Corte dei conti, dell’Avvocatura dello Stato e dei
tribunali militari, nonché al personale civile del ministero della
difesa, inquadrato nella quarta e quinta qualifica funzionale,
distaccato temporaneamente, in attesa dell’istituzione di appositi
ruoli organici, a prestare servizio presso gli uffici della giustizia
militare, limitatamente ad un contingente massimo di 129 unità.
3. – Il contesto normativo sopra descritto costituisce il
risultato di una serie di valutazioni discrezionali del legislatore,
caratterizzate dalla scelta dei destinatari dell’indennità stessa e
della decorrenza dell’attribuzione, oltreché della sua misura e
delle sue caratteristiche (non pensionabilità, sospensione in
connessione con determinati eventi), secondo giudizi che questa Corte
ha ritenuto in linea generale e sotto molteplici profili non
contrastanti con i principi della Costituzione (cfr. le sentenze n.
119 del 1991 e n. 238 del 1990 e le ordinanze n. 97 e n. 422 del
1990).
In relazione all’uso di tale discrezionalità, non appare
irrazionale la mancata attribuzione della indennità, di cui è
questione, al personale amministrativo delle segreterie delle
Commissioni tributarie.
La legge n. 51 del 1989, infatti, ha esteso l’emolumento al
personale amministrativo di quegli stessi istituti presso i quali
servivano i magistrati (e categorie equiparate), ai quali la legge n.
425 del 1984 aveva attribuito l’analoga indennità prevista dalla
legge n. 27 del 1981. Questo parallelismo dà buon fondamento
all’esclusione del personale di segreteria delle Commissioni
tributarie, il cui status economico e giuridico non è mai stato
equiparato a quello delle categorie di personale nei confronti del
quale si è reso operante l’emolumento di cui si discute. Né ha
rilievo la circostanza che l’indennità in questione sia stata
concessa anche a personale “distaccato” presso gli uffici della
giustizia militate non facente parte dei relativi ruoli, giacché la
ratio dell’attribuzione è da rinvenirsi nell’espletamento
dell’attività presso quegli uffici e non nell’inquadramento organico
nella relativa struttura.
Conferma, del resto, il non irrazionale uso della discrezionalità
la circostanza che, quanto alla retribuzione, l’art. 13 del d.P.R. n.
636 del 1972 stabilisce che il personale delle segreterie delle
Commissioni tributarie, conserva il trattamento economico “del ruolo
e delle qualifiche cui appartiene” e l’art. 14 prevede, in suo
favore, una specifica indennità mensile concessa, in relazione
all’assiduità ed al rendimento, in misura non superiore al dieci per
cento dello stipendio: compenso che è devoluto nella considerazione
specifica dell’attività esplicata presso le segreterie delle
Commissioni tributarie e, quindi, come indennità in aggiunta alla
retribuzione ordinaria, che mal si concilierebbe con altro
emolumento, deducibile per di più dal sistema, per lo stesso titolo.
Pertanto, dalle modalità concrete dell’esercizio della
discrezionalità legislativa derivano la sua non censurabilità e,
quindi, la non fondatezza della questione proposta.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione
dell’indennità giudiziaria al personale amministrativo delle
magistrature speciali), sollevata in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto,
con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.
Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: PESCATORE
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI