Sentenza N. 517 del 1991
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1991
Data deposito/pubblicazione
30/12/1991
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/12/1991
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
notificato il 7 maggio 1991, depositato in Cancelleria il 13
successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991 (Limiti
massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e
nell’ambiente esterno) ed iscritto al n. 29 del registro conflitti
1991;
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 1991 il Giudice
relatore Antonio Baldassarre;
Uditi l’Avvocato Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento
e l’Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio dei ministri;
Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione
nei confronti dello Stato in relazione al d.P.C.M. 1 marzo 1991
(Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e
nell’ambiente esterno). Tale decreto, secondo la ricorrente,
disciplinerebbe, senza base legislativa, aspetti della materia
attinente all’inquinamento, acustico i quali sembrano ulteriori
rispetto alla fissazione dei limiti massimi alle emissioni sonore
relative all’ambiente esterno e abitativo. Pertanto, la Regione
chiede che sia dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al
Presidente del Consiglio dei ministri, disciplinare, in mancanza di
autorizzazione legislativa, i profili relativi agli artt. 1, comma
quarto, 2, 3, 4 e 5 del decreto impugnato, dei quali domanda altresì
l’annullamento.
Premesso che la tutela dall’inquinamento acustico inerisce a
materie quali la tutela del paesaggio, i lavori pubblici d’interesse
provinciale, l’urbanistica, l’igiene e sanità, che sono riservate
alle competenze provinciali ai sensi dell’art. 8, nn. 5, 6 e 17 e
dell’art. 9, n. 10, dello Statuto per il Trentino-Alto Adige, come
attuati dal d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, e dall’art. 4, secondo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la Provincia di Trento
precisa che, ai sensi dell’articolo da ultimo citato, l’ambito delle
competenze statali è limitato alla fissazione – con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell’ambiente, di concerto con il Ministro della sanità – dei
“limiti massimi ( ..) delle emissioni sonore negli ambienti di
lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno”. L’atto impugnato, invece,
in attesa della legge-quadro della materia, stabilisce in via
provvisoria misure immediate e urgenti di salvaguardia della qualità
ambientale e della esposizione umana al rumore che eccedono il
suddetto ambito. Infatti, l’art. 1 stabilisce un potere di deroga del
sindaco per le attività temporanee e per le manifestazioni in luogo
pubblico o aperto al pubblico, qualora comportino l’uso di macchinari
e di impianti rumorosi; l’art. 2 demanda ai Comuni di dividere per
zone il proprio territorio e di fissare in relazione ad esse i limiti
massimi, salva la possibilità di norme speciali per le zone
industriali e per gli impianti a ciclo produttivo continuo; l’art. 3
prevede che le imprese debbano presentare alle regioni un piano di
risanamento, contenente le modalità dell’adeguamento e il tempo
necessario, che deve essere approvato dalle regioni stesse secondo un
certo procedimento, il quale introduce anche un’ipotesi di silenzio-assenso; l’art. 4 prescrive alle regioni l’emanazione di direttive
per l’adozione dei piani di risanamento comunali, i quali devono
avere un certo contenuto, nonché la predisposizione da parte delle
regioni stesse di un piano regionale annuale d’intervento per la
bonifica dall’inquinamento acustico, nel cui quadro devono inserirsi
i piani comunali; l’art. 5, infine, stabilisce che le domande di
concessione edilizia per nuovi impianti industriali e la licenza o
l’autorizzazione all’esercizio di tali attività devono contenere
idonea documentazione di previsione d’impatto acustico. Su tali
argomenti, conclude la ricorrente, esiste, oltre tutto, una legge
provinciale (legge 18 marzo 1991, n. 6), rispetto alla quale la
normativa denunciata si sovrappone con disposizioni estremamente
dettagliate, fra le quali risaltano quelle contenute negli artt. 1,
quarto comma, 2, terzo comma, 3, primo e secondo comma, e 5.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o,
comunque, non fondato.
L’Avvocatura dello Stato, dopo aver sottolineato che l’atto
impugnato ha il suo fondamento legislativo nell’art. 4, secondo
comma, della legge n. 833 del 1978 e si giustifica sulla base
dell’esigenza unitaria di assicurare condizioni di salute uniformi su
tutto il territorio nazionale, rileva che il ricorso, più che
lamentarsi di una lesione di competenza, sembra piuttosto rivolto a
ottenere un’interpretazione.
3. – In prossimità della udienza ambedue le parti hanno
depositato ulteriori memorie difensive.
La Provincia autonoma di Trento, ribadito che essa contesta le
competenze illegittimamente esercitate dallo Stato, osserva che o si
ritiene che l’atto impugnato contenga una disciplina suppletiva e
cedevole, di modo che non sarebbe efficace (salvo la parte riferita
ai limiti massimi) nel territorio della Provincia a seguito
dell’adozione della ricordata legge provinciale, ovvero si ritiene
che l’atto impugnato non sia cedevole e allora si dovrebbe concludere
per l’illegittimità dello stesso.
L’Avvocatura dello Stato, dopo aver rilevato che nei suoi scritti
difensivi la Provincia non contesta l’ancoramento dell’atto impugnato
all’art. 4, secondo comma, della legge n. 833 del 1978, osserva che
la legislazione provinciale, essendo frutto di una fonte successiva e
primaria, dovrebbe automaticamente prevalere nel territorio della
Provincia stessa rispetto all’atto impugnato. Su tale base il ricorso
dovrebbe esser dichiarato inammissibile per carenza d’interesse. In
particolare, poi, non si applicherebbe alla Provincia l’art. 4 del
decreto impugnato, in quanto la ricorrente, in base al proprio
ordinamento finanziario, non potrebbe partecipare anche alle
assegnazioni a carico dello Stato per il finanziamento dei piani di
risanamento previsti nell’articolo indicato. In via subordinata, la
difesa dello Stato ritiene che le disposizioni impugnate non siano
illegittime, in quanto sembrerebbero strettamente connesse e
funzionali alla determinazione dei limiti massimi.
attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al d.P.C.M. 1°
marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti
abitativi e nell’ambiente esterno), con riguardo agli artt. 1, quarto
comma, 2, 3, 4 e 5, sul presupposto che le disposizioni ivi contenute
eccederebbero dalla competenza statale avente ad oggetto la
fissazione dei “limiti massimi ( ..) delle emissioni sonore negli
ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno” (art. 4,
secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833). Queste,
pertanto, lederebbero le competenze provinciali relative alla sub-materia dell’inquinamento acustico, attribuite alla ricorrente dalle
norme statutarie sulle potestà legislative in tema di tutela del
paesaggio, di lavori pubblici d’interesse provinciale, di
urbanistica, di igiene e sanità (art. 8, nn. 5, 6 e 17, e art. 9, n.
10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, come attuati
dal d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, che ha esteso alle Province
autonome l’applicabilità del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonché
dal ricordato art. 4, secondo comma, della legge n. 833 del 1978).
Sulla base di tale prospettazione, la Provincia autonoma di Trento
chiede che sia dichiarato che non spetta allo Stato, in mancanza di
una specifica base legislativa, disciplinare con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri i profili regolati dalle
disposizioni impugnate, delle quali domanda altresì l’annullamento.
2. – Il ricorso va rigettato relativamente alle disposizioni
contenute negli artt. 1, quarto comma, 2, 3, primo comma, prima
proposizione, e secondo comma.
La ripartizione delle competenze fra lo Stato e la Provincia
autonoma di Trento in materia di inquinamento acustico ha trovato
attuazione tramite l’estensione anche alla Regione Trentino-Alto
Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, ad opera del
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, delle disposizioni di cui agli artt.
101, 102 e 104 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, oltreché tramite
l’art. 4, secondo comma, della legge n. 833 del 1978. L’art. 101 del
d.P.R. n. 616 ha provveduto a trasferire alle regioni (e alle province autonome) le funzioni amministrative concernenti “il controllo e
la prevenzione dell’inquinamento acustico prodotto da sorgenti fisse,
nonché quello prodotto da sorgenti mobili se correlate a servizi,
opere ed attività trasferite alle regioni”. L’art. 102, n. 1, dello
stesso decreto ha riservato, invece, allo Stato le funzioni
amministrative relative alla fissazione dei “limiti minimi
inderogabili d’accettabilità ( ..) delle emissioni sonore”. In
riferimento alle potestà riservate allo Stato, l’art. 4, secondo
comma, della legge n. 833 del 1978 ha ulteriormente stabilito, sotto
la rubrica “uniformità delle condizioni di salute nel territorio
nazionale”, che “con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il
Consiglio sanitario nazionale, sono fissati e periodicamente
sottoposti a revisione i limiti massimi ( ..) delle emissioni sonore
negli ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno”.
Quest’ultima disposizione è stata poi modificata dall’art. 2,
quattordicesimo comma, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il quale
prevede che “il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro
della sanità, propone al Presidente del Consiglio dei ministri la
fissazione dei limiti massimi delle emissioni sonore relativamente
all’ambiente esterno e abitativo di cui all’art. 4 della legge 23
dicembre 1978, n. 833”.
Dall’insieme delle disposizioni di legge ora ricordate risulta,
dunque, che, come si desume anche dalle premesse e dall’art. 1, primo
comma, dell’atto impugnato, il fondamento del potere oggetto del
presente conflitto è costituito dall’art. 4, secondo comma, della
legge n. 833 del 1978, il quale riserva allo Stato, nel quadro del
proprio generale potere di stabilire uniformi condizioni di salute
sul territorio nazionale, la fissazione, con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, dei limiti massimi delle emissioni sonore
negli ambienti di lavoro, nonché in quelli abitativi e in quelli
esterni. Pertanto, allo scopo di risolvere il conflitto oggetto del
giudizio in esame, occorre verificare se le disposizioni impugnate
sono riconducibili, o meno, al potere statale di fissazione dei
limiti massimi delle emissioni sonore, appena menzionato.
3. – Sicuramente rientranti nell’ambito del potere ora indicato
sono l’art. 2 e l’art. 3, primo comma, limitatamente alla
proposizione iniziale, e secondo comma.
L’art. 2 si basa sulla premessa che i limiti massimi dei livelli
sonori devono essere fissati in modo articolato, in relazione al tipo
di area sul quale insistono le emissioni considerate. In altre
parole, alla stregua dell’art. 2, ciascun tipo di zona, definito
secondo la classificazione contenuta nella tabella n. 1 allegata al
decreto (aree particolarmente protette, aree prevalentemente
residenziali, aree di tipo misto, aree di intensa attività umana,
aree prevalentemente industriali, aree esclusivamente industriali),
deve avere specifici limiti massimi di livelli sonori, come
determinati nella tabella n. 2, posta in allegato al decreto. In
dipendenza di ciò, lo stesso art. 2 vincola, innanzitutto, i comuni
ad adottare la classificazione in zone definita dallo stesso decreto
(primo comma) e dispone, poi, che per le zone non esclusivamente
industriali si debbano stabilire, “oltre ai limiti massimi in
assoluto per il rumore”, anche i criteri differenziali ivi indicati
(secondo comma), prevedendo, in particolare, per gli impianti a ciclo
produttivo continuo, situati nelle zone da ultimo menzionate, un
termine di adeguamento di cinque anni (terzo comma).
L’articolo ora riassunto rappresenta chiaramente un esercizio del
potere statale di fissazione dei limiti massimi di emissione sonora,
potere che non può non comportare, affinché sia svolto in modo
ragionevole e in conformità ai vari interessi pubblici coinvolti,
tanto la suddivisione del territorio in aree diverse in relazione
alle differenti caratteristiche delle stesse, quanto l’articolazione
dei limiti medesimi e la predeterminazione delle modalità e dei
tempi di adeguamento per specifici tipi di area e di fonti di
emissione. Nei suoi vari commi, pertanto, l’art. 2 non lede in alcun
modo le competenze provinciali in materia di inquinamento acustico.
Per le stesse ragioni va escluso che l’art. 3, primo comma, prima
proposizione, e secondo comma, comporti la violazione delle
attribuzioni statutariamente affidate alla Provincia autonoma di
Trento. Al primo comma, prima proposizione, tale articolo prevede,
infatti, una facoltà di cui possono avvalersi le imprese,
disponendo, più in particolare, che, ai fini del graduale
adeguamento delle situazioni esistenti rispetto ai limiti massimi
fissati dal decreto stesso, le imprese interessate possono, entro sei
mesi, presentare alla regione competente un piano di risanamento con
l’indicazione delle modalità di adeguamento e del tempo necessario a
tal fine, tempo che non può comunque superare i trenta mesi. Al
secondo comma, lo stesso articolo prevede che le imprese, le quali
non presentino il suddetto piano di risanamento, debbono adeguarsi ai
limiti massimi, fissati dal decreto, nello stesso termine di sei mesi
previsti per la presentazione del piano.
Parimenti non lesivo delle competenze statutariamente assegnate
alla Provincia autonoma di Trento è l’art. 1, quarto comma, del
decreto impugnato. Tale articolo inserisce fra gli oggetti esclusi
dal campo di applicazione del decreto impugnato anche “le attività
temporanee, quali cantieri edili, le manifestazioni in luogo pubblico
o aperto al pubblico, qualora comportino l’impiego di macchinari ed
impianti rumorosi”, precisando che tali attività “debbono essere
autorizzate, anche in deroga ai limiti del presente decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, dal sindaco, il quale
stabilisce le opportune prescrizioni per limitare l’inquinamento
acustico sentita la competente USL”. In realtà, siffatte
disposizioni non introducono nuovi poteri, ma, più semplicemente,
riflettono, sul piano della classificazione delle sorgenti sonore
assoggettabili ai limiti massimi previsti dal decreto stesso, la
ripartizione legislativa delle competenze stabilita in materia
d’inquinamento acustico a favore del sindaco quale autorità
sanitaria locale. A questo, infatti, spettano numerosi poteri in
materia, tra i quali assumono particolare rilievo al riguardo, tanto
quelli relativi alla disciplina integrativa (e alla prevenzione)
delle emissioni sonore, cui fa riferimento l’art. 104 del d.P.R. n.
616 del 1977, quanto quelli contingibili e urgenti, previsti
dall’art. 32 della legge n. 833 del 1978.
4. – Sono, invece, lesivi delle competenze che lo Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige assegna alle Province autonome l’art. 3,
primo comma, seconda e terza proposizione, nonché gli artt. 4 e 5
del decreto impugnato, in quanto prevedono principi organizzativi e
indirizzi nei confronti delle funzioni legislative e amministrative
delle regioni e delle province autonome, nonché oneri alle imprese,
i quali sono posti nell’esercizio di poteri statali incidenti su
potestà regionali o provinciali in totale mancanza del richiesto
fondamento legislativo.
In particolare, l’art. 4 del decreto impugnato impone alle regioni
e alle province autonome l’adozione di piani annuali d’intervento per
la bonifica dall’inquinamento acustico, nonché l’emanazione di
direttive per la predisposizione, da parte dei comuni, di piani di
risanamento esecutivi dei piani regionali, stabilendo altresì il
contenuto strutturale di tali piani. Poiché si tratta di una
disciplina che interferisce sull’autonomia regionale e comunale, le
relative prescrizioni possono essere validamente disposte soltanto
con un atto legislativo statale o, comunque, con un atto
amministrativo adottato sulla base di una legge (v., da ultimo,
sentt. nn. 512 del 1990, 53, 98 e 204 del 1991). L’assenza di
qualsiasi copertura legislativa delle prescrizioni ora esaminate
rende l’esercizio del relativo potere illegittimo e, come tale,
lesivo delle competenze statutariamente spettanti alla Provincia di
Trento.
Per le stesse ragioni devono considerarsi lesivi di tali
competenze sia l’art. 3, primo comma, limitatamente alla seconda e
alla terza proposizione, laddove impone alle regioni e alle province
autonome l’esame dei piani di risanamento delle imprese entro il
termine di sei mesi, decorso il quale l’approvazione si intende
avvenuta, sia l’art. 5, che vincola coloro che presentano “domanda
per il rilascio di concessione edilizia relativa a nuovi impianti
industriali di licenza od autorizzazione all’esercizio di tali
attività” ad allegare un’idonea documentazione di previsione
d’impatto acustico.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che spetta allo Stato adottare, con decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, le disposizioni contenute negli artt. 1,
quarto comma, 2, 3, primo comma, prima proposizione, e secondo comma,
del d.P.C.M.. 1 marzo 1991 (Limiti massimi di esposizione al rumore
negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno);
Dichiara che non spetta allo Stato adottare, con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, in mancanza di idonea
copertura legislativa, le disposizioni contenute nell’art. 3, primo
comma, seconda e terza proposizione, nonché negli artt. 4 e 5 del
d.P.C.M. 1° marzo 1991 sopra menzionato e, conseguentemente, annulla
le disposizioni ora indicate.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.
Il presidente: CORASANITI
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.
Il direttore della cancelleria: MINELLI