Sentenza N. 52 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
16/03/1976
Data deposito/pubblicazione
16/03/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/03/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. EDOARDO VOLTERRA –
Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO,
Giudici,
30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario), promosso con
ordinanza emessa il 10 luglio 1973 dal tribunale di Milano nel
procedimento penale a carico di Balugani Luigi ed altro, iscritta al n.
374 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 294 del 14 novembre 1973.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 14 gennaio 1976 il Giudice relatore
Enzo Capalozza;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso del procedimento penale a carico di Luigi Balugani ed
Eliseo Luzzara, dopo che il sostituto procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Milano, incaricato dell’istruzione sommaria,
aveva richiesto decreto di citazione al dibattimento per concorso in
tentativo di furto duplicamente aggravato, il procuratore della
Repubblica aggiunto richiamava a sé gli atti, effettuava la
contestazione di altra aggravante e faceva richiesta del decreto di
citazione: la nuova richiesta e il decreto venivano regolarmente
notificati.
Con ordinanza 10 luglio 1973, il tribunale, ravvisando nel
provvedimento del procuratore della Repubblica aggiunto una ipotesi di
esercizio del potere proprio del rapporto gerarchico, previsto per
l’interno degli uffici del pubblico ministero dall’art. 70
dell’ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n.
12, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma
anzidetta, in riferimento agli articoli 101, secondo comma, e 107,
terzo e quarto comma, della Costituzione.
Ad avviso del tribunale, dovendosi i magistrati distinguere fra
loro soltanto per diversità di funzioni, le particolari esigenze di
ripartizione di affari e di coordinamento organizzativo nell’ambito
degli uffici del pubblico ministero non potrebbero giungere al punto di
permettere l’invalidazione di un atto processuale perfetto, e tanto
meno di quello finale dell’istruzione sommaria – emesso dal sostituto,
funzionalmente competente – equiparato, nei suoi effetti, al
provvedimento conclusivo dell’istruzione formale.
D’altro canto, il precetto costituzionale che assoggetta i giudici
soltanto alla legge, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sent.
n. 168 del 1963 e n. 80 del 1970), riguarderebbe anche i magistrati del
pubblico ministero; non potrebbe trovare un limite sostanziale nel
regime differenziato di garanzie previste per questi ultimi dall’art.
107, quarto comma, della Costituzione; e, alla stregua dei lavori
preparatori dell’Assemblea Costituente, non assicurerebbe soltanto
un’indipendenza esterna già riconosciuta dall’art. 104, primo comma,
Cost., ma si estenderebbe ai rapporti tra i diversi uffici ed
all’interno dei singoli uffici.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, la quale ha chiesto che la questione sia
dichiarata non fondata.
Deduce al riguardo che le garanzie previste dall’art. 101 Cost. per
i giudici sarebbero diverse da quelle del P.M., che, per il successivo
art. 107, dovrebbero essere stabilite dalle norme sull’ordinamento
giudiziario.
La differente tutela troverebbe la sua ragione nella diversità
delle funzioni e nella stessa necessità di avere nel P.M. un ufficio
impersonale ed unitariamente ordinato, per l’esercizio,
costituzionalmente sancito, dell’azione penale obbligatoria, oltre che
per l’attuazione dei suoi specifici compiti istituzionali.
L’Avvocatura richiama, infine, le sentenze n. 110 e n. 148 del 1963
e n. 32 del 1964, nelle quali questa Corte avrebbe riconosciuto
legittima la sostituzione di un organo del P.M. ad altro organo dello
stesso P.M.
1. – Con l’ordinanza in epigrafe la Corte è chiamata a decidere se
l’art. 70 dell’ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio
1941, n. 12, istituisca all’interno degli uffici del pubblico ministero
rapporti di dipendenza gerarchica, in contrasto con gli artt. 101,
secondo comma, e 107, terzo e quarto comma, della Costituzione.
2. – La questione, ritualmente proposta, è, tuttavia, infondata.
È da premettere che la Costituzione, nell’art. 108, secondo comma,
ha distinto gli organi del pubblico ministero da quelli della
giurisdizione e, nell’art. 112, ha attribuito al pubblico ministero la
titolarità dell’azione penale, che è ben diversa dalla potestà di
giudicare (vedansi le sentenze nn. 40 e 148 del 1963), pur
coordinandosi con l’attività decisoria “in un rapporto di
compenetrazione organica a fine di giustizia” (vedasi la motivazione
della sentenza n. 96 del 1975).
Orbene, se è pur vero che questa Corte, con sentenza n. 190 del
1970, ha definito la posizione del pubblico ministero come quella di un
magistrato appartenente all’ordine giudiziario, che, fornito di
istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere, “non fa
valere interessi particolari, ma agisce esclusivamente a tutela
dell’interesse generale all’osservanza della legge, perseguendo fini di
giustizia”; è altrettanto vero che le garanzie di indipendenza del
pubblico ministero sancite, a livello costituzionale, dall’art. 107,
vengono rimesse, per la determinazione del loro contenuto, alla legge
ordinaria sull’ordinamento giudiziario. Le cui disposizioni non possono
essere ritenute illegittime se per alcuni momenti processuali’, in cui
è più pronunciato il carattere impersonale della funzione, atteggiano
a criteri gerarchici l’attività dell’organo.
Infatti, a differenza delle garanzie di indipendenza previste
dall’art. 101 Cost. a presidio del singolo giudice, quelle che
riguardano il pubblico ministero si riferiscono all’ufficio
unitariamente inteso e non ai singoli componenti di esso.
Del resto, nella fase istruttoria e predibattimentale, vi sono
rapporti, tra il titolare dell’ufficio e i “dipendenti magistrati”, di
carattere amministrativo e non giurisdizionale, ben diversi da quelli
che coinvolgono la sfera di competenza del giudice (vedansi le sentenze
n. 110 del 1963 e n. 32 del 1964, che hanno dichiarato illegittimi, in
riferimento all’art. 25 Cost., rispettivamente gli artt. 234, secondo
comma, e 392, terzo comma, ultima parte, del codice di procedura
penale).
Mette conto far presente che la legge delega per la riforma del
codice di procedura penale, col sancire l’autonomia gerarchica e la
insostituibilità del pubblico ministero d’udienza, implicitamente
questa e quella esclude nelle altre fasi: legge 3 aprile 1974, n. 108,
art. 1, n. 61.
3. – Quanto al problema se il procuratore della Repubblica aggiunto
fosse legittimato a richiamare l’atto dopo la chiusura dell’istruzione
sommaria, esso coinvolge una questione di validità giuridica della
revoca della richiesta del decreto di citazione e della sua
sostituzione, questione da risolversi dal giudice di merito alla
stregua dei principi generali dell’ordinamento processuale penale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 70 dell’ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30
gennaio 1941, n. 12, sollevata, in riferimento agli articoli 101,
secondo comma, e 107, terzo e quarto comma, della Costituzione, dal
tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – LEONETTO AMADEI EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO ASTUTI – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere