Sentenza N. 530 del 1995
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1995
Data deposito/pubblicazione
29/12/1995
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1995
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY;
degli artt. 162-bis del codice penale, 517 e 519 del codice di
procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre 1994
dal Pretore di Forlì nel procedimento penale a carico di Valmori
Nereo ed altri, iscritta al n. 53 del registro ordinanze 1995 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del Repubblica n. 6, prima serie
speciale, dell’anno 1995;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 novembre 1995 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, del “combinato disposto degli
artt. 162-bis c.p., 517 e 519 c.p.p. nella parte in cui non prevedono
che, in caso di contestazione nel corso del dibattimento di reato
concorrente a quello per cui si procede, l’imputato abbia diritto di
formulare istanza di oblazione per tale reato ed esservi ammesso, in
presenza degli altri requisiti, nonostante il superamento del termine
di cui al predetto art. 162-bis c.p. (apertura del dibattimento)”.
Il remittente premette che gli imputati hanno proposto domanda di
oblazione nella prima udienza successiva a quella in cui il pubblico
ministero ha contestato ai medesimi dei reati concorrenti ex art.
517 del codice di procedura penale, e che sussistono tutti i
requisiti per l’accoglimento della domanda ad eccezione di quello
della tempestività della stessa.
Ciò posto, la disciplina censurata viola, ad avviso del giudice a
quo, innanzitutto il diritto di difesa (art. 24 Cost.), in quanto la
possibilità per l’imputato (cui nessuna inerzia è addebitabile) di
adire la procedura alternativa in esame, con le conseguenze
favorevoli che ne derivano, sussiste solo qualora il fatto venga
contestato fin dall’emissione del decreto di citazione e quindi in
sostanza rimessa a soggetto estraneo all’imputato medesimo.
Sussiste inoltre, prosegue il remittente, una disparità di
trattamento di situazioni identiche (art. 3 Cost.), in quanto colui
che abbia commesso lo stesso reato e abbia la “fortuna” di essere
rinviato a giudizio per quello può chiedere l’oblazione, mentre tale
possibilità è negata all’imputato cui l’addebito è mosso nel corso
del dibattimento.
La disciplina impugnata è, infine, ad avviso del remittente,
viziata di irragionevolezza (con ulteriore violazione dell’art. 3
Cost.), poiché, come già detto, ricollega alle scelte del pubblico
ministero la facoltà dell’imputato di adire la definizione
abbreviata del procedimento; e non è neanche necessario, conclude il
giudice a quo, che il pubblico ministero deliberatamente eviti la
contestazione del fatto pur contenuto negli atti in suo possesso, non
potendo comunque l’imputato obbligarlo in alcun modo a formulare
l’imputazione; d’altro canto, anche in caso di fatti scoperti al
dibattimento, ma riconducibili all’art. 517 del codice di procedura
penale, l’imputato non può opporsi all’immediata celebrazione del
dibattimento, come invece potrebbe in caso di fatto nuovo contestato
ex art. 518 del codice medesimo.
2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per la manifesta infondatezza della
questione.
costituzionale degli artt. 162-bis del codice penale, 517 e 519 del
codice di procedura penale, “nella parte in cui non prevedono che, in
caso di contestazione nel corso del dibattimento di reato concorrente
a quello per cui si procede, l’imputato abbia diritto di formulare
istanza di oblazione per tale reato ed esservi ammesso, in presenza
degli altri requisiti, nonostante il superamento del termine di cui
al predetto art. 162-bis del c.p. (apertura del dibattimento)”.
La denunciata preclusione viola, ad avviso del remittente, da un
lato il diritto di difesa (art. 24 della Costituzione), in quanto
impedisce all’imputato – cui nessuna inerzia è addebitabile – di
accedere all’istituto in esame; dall’altro i principi di eguaglianza
e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), poiché la
possibilità di ammissione all’oblazione discende dal momento in cui
il reato è contestato, a seconda cioè che la relativa imputazione
formi già oggetto di enunciazione nel decreto di citazione a
giudizio, ovvero costituisca il prodotto di nuove contestazioni
dibattimentali.
2. – Al di là del caso specifico, concernente l’oblazione
disciplinata dall’art. 162-bis del codice penale (relativa alle
contravvenzioni punite con pene alternative), la censura del
remittente investe, in effetti, la impossibilità per l’imputato, nel
caso di contestazione di reato concorrente nel corso del
dibattimento, di essere ammesso all’oblazione, in entrambe le ipotesi
previste nel codice penale, e quindi anche con riferimento a quella
disciplinata dall’art. 162 del codice medesimo (relativa alle
contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda), soggetta essa
pure al termine di proponibilità dell’apertura del dibattimento.
3. – La questione è fondata.
L’istituto dell’oblazione si fonda sia sull’interesse dello Stato
di definire con economia di tempo e di spese i procedimenti relativi
ai reati di minore importanza, sia sull’interesse del contravventore
di evitare l’ulteriore corso del procedimento e la eventuale
condanna, con tutte le conseguenze di essa (cfr. sentenza n. 207 del
1974). Effetto tipico di tale forma di definizione anticipata del
procedimento è, infatti, la estinzione del reato, per cui appare del
tutto evidente come la domanda di ammissione all’oblazione esprima
una modalità di esercizio del diritto di difesa.
Ciò posto, considerate la natura e la funzione dell’istituto in
esame sopra indicate, la preclusione dell’accesso al medesimo – e ai
connessi benefici – nel caso in cui il reato suscettibile di
estinzione per oblazione costituisca oggetto di contestazione nel
corso dell’istruzione dibattimentale, ai sensi dell’art. 517 del
codice di procedura penale, risulta indubbiamente lesiva del diritto
di difesa, nonché priva di razionale giustificazione. L’avvenuto
superamento del limite temporale (apertura del dibattimento)
previsto, in linea generale, per la proposizione della domanda di
oblazione (e la cui ratio è quella di evitare che l’imputato possa
vanificare l’attività processuale a seconda degli esiti del
dibattimento) non è, infatti, nel caso in esame, riconducibile a
libera scelta dell’imputato, e cioè ad inerzia al medesimo
addebitabile, sol che si consideri che la facoltà in discussione non
può che sorgere nel momento stesso in cui il reato è oggetto di
contestazione.
D’altra parte, certamente non sussistono ostacoli di ordine
tecnico-sistematico alla ammissione dell’oblazione nel corso del
dibattimento (eventualmente anche alla ripresa del medesimo dopo la
sospensione connessa al termine per la difesa previsto dall’art. 519
del codice di procedura penale), come è, del resto, dimostrato dal
fatto che lo stesso art. 162-bis del codice penale prevede, al quinto
comma, che la domanda (già rigettata) “può essere riproposta sino
all’inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado”.
Va pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.
517 del codice di procedura penale (restando così superate le
questioni relative agli artt. 162-bis del codice penale e 519 del
codice di procedura penale), nella parte in cui non prevede la
facoltà dell’imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi
degli artt. 162 e 162-bis del codice penale, in ordine al reato
concorrente contestato in dibattimento.
4. – Le argomentazioni sopra svolte in ordine alla violazione degli
artt. 3 e 24 della Costituzione ad opera della disciplina preclusiva
dell’accesso all’oblazione nell’ipotesi di contestazione nel corso
del dibattimento di un reato concorrente, valgono poi, per evidente
identità di ratio, anche con riferimento alla parallela ipotesi in
cui la nuova contestazione dibattimentale consista, ai sensi
dell’art. 516 del codice di procedura penale, nella modifica
dell’imputazione originaria per diversità del fatto, a seguito della
quale il reato diviene suscettibile di estinzione per oblazione.
Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va,
pertanto, dichiarata anche l’illegittimità costituzionale dell’art.
516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la
facoltà dell’imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi
degli artt. 162 e 162-bis del codice penale, in ordine al fatto
diverso contestato in dibattimento.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 del codice
di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà
dell’imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi degli artt.
162 e 162-bis del codice penale, relativamente al reato concorrente
contestato in dibattimento;
Dichiara, in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 516 del codice di
procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà
dell’imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi degli artt.
162 e 162-bis del codice penale, relativamente al fatto diverso
contestato in dibattimento
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1995.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Ferri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1995.
Il direttore di cancelleria: Di Paola