Sentenza N. 534 del 1995
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1995
Data deposito/pubblicazione
29/12/1995
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1995
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY;
il 6 giugno 1995, depositato in Cancelleria il 12 giugno 1995, per
conflitto di attribuzione sorto a seguito della Circolare del
Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali 31 marzo
1995, n. 4, avente ad oggetto “Applicazione della legge 24 febbraio
1995, n. 46, recante: Norme per l’avvio degli interventi programmati
in agricoltura e per il rientro della produzione lattiera nella quota
comunitaria” ed iscritto al n. 20 del registro conflitti 1995.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 21 novembre 1995 il Giudice
relatore Enzo Cheli;
Uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani per la
Regione Lombardia e l’Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
1995), la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione
nei confronti dello Stato in relazione alla circolare del Ministero
delle risorse agricole, alimentari e forestali 31 marzo 1995, n. 4
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 105 dell’8
maggio 1995), avente ad oggetto “Applicazione della legge 24 febbraio
1995, n. 46, recante: Norme per l’avvio degli interventi programmati
in agricoltura e per il rientro della produzione lattiera nella quota
comunitaria”.
In particolare, vengono impugnate tre parti della circolare
contenute sotto il titolo “Piani di sviluppo” e identificate nella
seconda colonna della pag. 11 della Gazzetta Ufficiale. Tali parti
dispongono testualmente: a) “solo nei casi in cui il piano preveda,
in luogo di un obiettivo di produzione, un numero di lattifere da
impiegare in azienda, l’obiettivo di produzione può essere calcolato
dall’amministrazione regionale utilizzando il dato di produzione
annuale di Kg. 4.537 per lattifera, da indicare inderogabilmente a
prescindere dalla razza presente in azienda o indicata nel piano”
(pag. 11, seconda colonna, primo periodo); b) “qualora, nel corso
della realizzazione del piano di sviluppo o di miglioramento siano
intervenute cause di forza maggiore così come definite dall’art. 2,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993,
adeguatamente documentate, il termine circa l’avvenuta realizzazione
viene di conseguenza procrastinato in ragione degli eventi che lo
hanno causato” (pag. 11, seconda colonna, secondo capoverso); c) “i
piani di sviluppo o di miglioramento devono intendersi realizzati in
tutti i casi in cui sono stati effettuati gli investimenti previsti
dal piano, e l’obiettivo di produzione è stato raggiunto o è in
corso di conseguimento nei tempi previsti dal piano medesimo” (pag.
11, seconda colonna, terzo capoverso). Per tutte e tre le parti
impugnate, la Regione ricorrente prospetta la violazione degli artt.
11, 5, 117 e 118 della Costituzione, nonché dell’art. 2, comma
2-bis, della legge n. 46 del 1995. Rispetto al primo periodo della
seconda colonna viene, anche, prospettata la lesione degli artt. 3,
41 e 97 della Costituzione, sempre in relazione agli artt. 5, 117 e
118 della Costituzione.
2.- La circolare è indirizzata agli assessorati all’agricoltura
delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e, “al
fine di assicurare una corretta ed uniforme attuazione delle nuove
disposizioni legislative”, fornisce alle amministrazioni ed agli
operatori interessati alcuni chiarimenti ed indicazioni in ordine
alla disciplina introdotta, in tema di riduzione delle c.d. “quote
latte”, dalla legge n. 46 del 1995. Le parti impugnate della
circolare si riferiscono all’art. 2, comma 2-bis, di tale legge, dove
si riconosce ai produttori – che hanno ottenuto l’approvazione di un
piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico, anteriormente
all’entrata in vigore della legge 26 novembre 1992, n. 468 e che
lohanno realizzato – la facoltà di chiedere l’assegnazione di una
quota corrispondente all’obiettivo diproduzione indicato nel piano,
anziché le quote A e B richiamate dalla stessa legge e sottoposte a
riduzione. Tale norma (congiuntamente ad altre) ha formato oggetto di
due analoghi ricorsi in via principale (Ric. nn. 22 e 23 del 1995)
presentati dalla stessa Regione Lombardia e dalla Regione Veneto, per
violazione degli articoli 11, 5, 117 e 118 della Costituzione,
nonché degli artt. 3 e 41 della Costituzione, in riferimento agli
artt. 5, 117 e 118.
3. – Secondo la ricorrente, la circolare impugnata, quale strumento
“attuativo”, nonché di “integrazione e di superamento” della legge
n. 46 del 1995, verrebbe ad aggravare – rispetto all’art. 2, comma
2-bis, precedentemente impugnato – la lesione già denunciata in sede
di ricorso principale delle competenze regionali garantite dalla
Costituzione nel settore in esame. Ciò avverrebbe in conseguenza
dell’ampliamento dell’ambito di operatività dell’art. 2, comma
2-bis, della legge n. 46, poiché tutte e tre le parti della
circolare impugnata farebbero aumentare il numero di aziende esenti
dalla riduzione della quota di produzione alle stesse assegnata.
Dopo aver messo in luce l’idoneità della circolare ad essere oggetto
di conflitto, trattandosi di atto direttamente efficace nei confronti
dell’amministrazione regionale, la ricorrente riprende le
argomentazioni già sviluppate nel ricorso in via principale con
riferimento all’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 46 del 1995, e
svolge poi le censure specificamente prospettate in relazione al
conflitto. In particolare, rispetto al rilievo dato alla causa di
forza maggiore (pag. 11, seconda colonna, secondo capoverso della
circolare) al fine dello spostamento in avanti del termine per la
realizzazione dei piani di sviluppo, utile per l’esercizio della
facoltà di sostituire le quote A e B con gli obiettivi del piano, il
ricorso sottolinea la non pertinenza del richiamo all’art. 2 del
d.P.R. n. 569 del 1993, dal momento che la ratio di tale articolo
può essere ricondotta all’esigenza di fronteggiare eventi calamitosi
che abbiano ridotto la capacità produttiva delle aziende agrarie, ma
non a quella di supportare meccanismi suscettibili di aumentare le
aziende non soggette alla riduzione delle quote individuali.
Anche la parte della circolare (pag. 11, seconda colonna, terzo
capoverso) che, sempre ai fini della sostituzione degli obiettivi di
produzione del piano con le quote assegnate, considera già
realizzati i piani di sviluppo e di miglioramento i cui obiettivi di
produzione siano in corso di conseguimento, amplierebbe indebitamente
– ad avviso della ricorrente – il numero delle aziende esenti dalla
riduzione delle quote. Quanto, infine, alla previsione (pag. 11,
seconda colonna, primo periodo) della possibilità di calcolo
dell’obiettivo di produzione mediante il riferimento al dato di
produzione annuale di Kg. 4.537 per ciascuna lattifera – qualora il
piano preveda solo il numero di lattifere da impiegare e non un
obiettivo di produzione specificamente quantificato – questa avrebbe
l’effetto di ridare valore a piani approvati in assenza di obiettivi
di produzione, dotandoli di una consistenza produttiva presunta iuris
et de iure, in assenza di disposizioni primarie.
La Regione chiede, pertanto, che sia dichiarato che non spetta allo
Stato, e per esso al Ministro delle risorse agricole, alimentari e
forestali, dare attuazione alla legge n. 46 del 1995 mediante le
parti della circolare 31 marzo 1995, n. 4, sopra richiamate, con il
conseguente annullamento delle stesse.
4. – Si è costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri per chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile o
comunque infondato.
In prossimità dell’udienza l’Avvocatura ha depositato memoria
difensiva nella quale, dopo aver richiamato il quadro normativo
comunitario e nazionale sotteso alla controversia, si sottolinea, in
primo luogo, la legittimità dell’art. 2, comma 2-bis, della legge n.
46 del 1995 – al quale si riferiscono le parti della circolare
impugnate – in quanto norma direttamente attuativa delle disposizioni
comunitarie e necessaria al perseguimento delle finalità attuative,
e pertanto idonea ad apportare limitazioni alla sfera di competenze
regionali anche di natura esclusiva. Nel merito, quanto alla terza
censura l’Avvocatura rileva che la quantificazione degli obiettivi di
produzione desunta in via presuntiva dal numero delle lattifere si
fonda su un dato ufficiale ISTAT circa il livello medio di
produttività, dato caratterizzato da oggettività e riconosciuto
dalla Comunità Europea. Con riferimento poi alla prima censura, la
difesa dello Stato ritiene giustificato il rilievo dato alla forza
maggiore, in applicazione di un principio generale del diritto,
rispondente ad un’esigenza di equità e giustizia nell’applicazione
della norma. Quanto, infine, alla seconda censura, relativa al terzo
periodo, concernente l’equiparazione tra piani realizzati e piani in
corso di realizzazione, l’Avvocatura sottolinea che tale
equiparazione non estende la categoria delle aziende esenti da
riduzione, ma si limita soltanto a dare rilievo alle scansioni
temporali previste nei piani.
5. – In prossimità dell’udienza, anche la Regione ricorrente ha
depositato memoria, per illustrare e sviluppare le tesi enunciate nel
ricorso.
marzo 1995, n. 4, indirizzata dal Ministro delle risorse agricole,
alimentari e forestali agli assessori all’agricoltura delle Regioni e
delle Province autonome, circolare avente ad oggetto l’applicazione
della legge 24 febbraio 1995, n. 46, in tema di rientro della
produzione lattiera nella quota comunitaria. Le parti impugnate sono
comprese sotto il titolo “Piani di sviluppo” – relativo
all’attuazione dell’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 46, in tema
di salvaguardia degli obiettivi di produzione indicati nei piani di
sviluppo e di miglioramento approvati prima dell’entrata in vigore
della legge n. 468 del 1992 e già realizzati – e attengono, in
particolare: 1) al calcolo presunto della produttività dell’azienda
riferito al numero delle lattifere previste nei piani; 2) alla
possibilità di procrastinare il termine per la realizzazione dei
piani in conseguenza del verificarsi di cause di forza maggiore; 3)
alla identificazione dei piani realizzati con quelli in cui sono
stati effettuati gli investimenti previsti e gli obiettivi di
produzione sono stati raggiunti o sono in corso di conseguimento.
In relazione a tali previsioni il conflitto viene sollevato, con
riferimento a ciascuna delle parti impugnate, per violazione: a)
degli artt. 3, 5, 11, 97, 117 e 118 della Costituzione; b) dell’art.
2, comma 2-bis, della legge n. 46 del 1995, che la stessa circolare
ha inteso attuare. Per i profili sub a) i motivi del conflitto
ricalcano le censure già formulate con il ricorso in via principale
n. 22 del 1995, proposto dalla stessa Regione nei confronti della
legge n. 46 del 1995 e, in particolare, nei confronti dell’art. 2,
comma 2-bis, di tale legge.
2. – Con la sentenza n. 520 del 1995, questa Corte, nel decidere il
ricorso n. 22 del 1995, proposto dalla Regione Lombardia, ha già
avuto modo di esaminare, tra l’altro, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 46 del 1995,
dichiarando tale questione non fondata. Nonostante la diversità
dell’oggetto del giudizio (che nel caso già deciso investiva una
norma di legge, mentre nel caso in esame investe la circolare
applicativa di questa norma), gli argomenti addotti in tale sentenza
possono valere anche con riferimento al ricorso di cui è causa,
conducendo a riconoscere l’infondatezza dei profili di censura sopra
richiamati sub a), che – come già rilevato – hanno ricalcato
interamente quelli espressi nel precedente ricorso in via principale.
In questa sede l’esame può essere, pertanto, circoscritto al solo
profilo sub b), che risulta specificamente connesso al contenuto
della circolare impugnata e che si riassume nell’asserito contrasto
di taluni contenuti della stessa circolare con la disciplina posta
dall’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 46 del 1995.
Sotto quest’ultimo profilo il ricorso si presenta fondato.
3. – L’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 46, nel prevedere la
facoltà per i produttori di latte bovino di sostituire le quote A e
B ad essi spettanti con gli obiettivi di produzione indicati nei
piani di sviluppo o di miglioramento, ha subordinato tale
possibilità al rispetto di due condizioni precise, consistenti nel
fatto che i piani in questione devono essere stati approvati prima
dell’entrata in vigore della legge n. 468 del 1992 e devono essere
stati realizzati al momento dell’entrata in vigore della legge n. 46
del 1995.
Ora, la disciplina espressa con la disposizione in questione, in
quanto derogatoria della previsione generale (obbligo di riduzione
delle quote A e B), contenuta nell’art. 2, comma 1, della stessa
legge n. 46, non appare suscettibile di un’interpretazione estensiva
od analogica, in grado di ampliare la categoria dei beneficiari.
Tale interpretazione è stata, invece, adottata dal Ministro delle
risorse agricole, alimentari e forestali con le parti della circolare
che formano l’oggetto dell’impugnativa in esame.
Basti solo considerare che né il richiamo ad una produzione
presuntiva riferita al numero delle lattifere; né il richiamo alla
forza maggiore come causa di spostamento del termine per la
realizzazione del piano; né l’assimilazione ai piani realizzati dei
piani i cui obiettivi siano ancora in corso di conseguimento, trovano
alcuna rispondenza nei contenuti espressi dalla norma primaria di
riferimento. Ciascuna di tali previsioni – così come enunciata nella
circolare – appare, pertanto, idonea a forzare le condizioni espresse
dalla legge, allargando la platea delle aziende esenti dalla
riduzione delle quote A e B.
Da qui la fondatezza delle censure avanzate dalla Regione
Lombardia, la cui sfera di attribuzioni, segnata dagli artt. 117 e
118 della Costituzione, può ritenersi lesa sia con riferimento al
fatto che la circolare in questione è stata direttamente indirizzata
ad un organo regionale (assessorato all’agricoltura), sia con
riferimento agli effetti riflessi che l’ampliamento della categoria
delle aziende, collocate fuori dal territorio della Regione
ricorrente e rese esenti dalla riduzione delle quote assegnate, è in
grado di determinare ai fini della limitazione della produzione
consentita alle aziende operanti nell’ambito regionale, e, di
conseguenza, ai fini dell’esercizio dei poteri regionali connessi
alla programmazione ed al controllo di tale produzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro per le
risorse agricole, alimentari e forestali, dare attuazione alla legge
24 febbraio 1995, n. 46, mediante la circolare 31 marzo 1995, n. 4,
nelle parti specificamente richiamate al n. 1 delle premesse di fatto
della presente sentenza (v. Gazzetta Ufficiale, serie generale, n.
105 dell’8 maggio 1995, pag. 11, seconda colonna, primo periodo e
secondo e terzo capoverso);
Conseguentemente, annulla la stessa circolare nelle parti in
questione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1995.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Cheli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1995.
Il direttore di cancelleria: Di Paola