Sentenza N. 54 del 1977
Corte Costituzionale
Data generale
30/03/1977
Data deposito/pubblicazione
30/03/1977
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/03/1977
OGGIONI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO
AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof.
LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHERSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott.
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI, Giudici,
r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (ordinamento delle professioni di
avvocato e procuratore), promosso con ordinanza emessa il 29 settembre
1975 dal pretore di Bologna, nel procedimento penale a carico di
Francesco Cazzara ed altro, iscritta al n. 497 del registro ordinanze
1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Re pubblica n. 320 del
3 dicembre 1975.
Udito nella camera di consiglio dell’11 febbraio 1977 il Giudice
relatore Nicola Reale.
Nel corso di procedimento penale davanti al pretore di Bologna a
carico di due imputati che avevano nominato quale loro difensore di
fiducia un procuratore legale iscritto nell’albo della Corte d’appello
di Milano, il giudice suddetto ha sollevato, in riferimento agli artt.
24, comma secondo, 3, comma primo, 4 e 41 Cost., questione di
legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 del r.d.l. 27 novembre
1933, n. 1578 (ordinamento delle professioni di avvocato e di
procuratore).
L’ordinanza è stata ritualmente notificata, comunicata e
pubblicata, ma non vi è stata costituzione di parte né intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Secondo gli artt. 5 e 6 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578
(convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36) i procuratori legali
possono, con alcune limitazioni, esercitare la loro professione
esclusivamente nell’ambito del distretto della Corte d’appello in cui
è compreso il tribunale, al quale sono assegnati.
Con l’ordinanza in epigrafe il pretore di Bologna (in procedimento
penale nel corso del quale era stato nominato difensore un procuratore
legale di altro distretto di Corte d’appello) ha sollevato questione di
legittimità costituzionale della suddetta normativa in riferimento:
a) all’art. 24, comma secondo, Cost., in quanto essa verrebbe ad
incidere in modo inammissibile sul diritto della parte di scegliere
ovunque ed insindacabilmente il difensore;
b) e agli artt. 3, comma primo, 4 e 41 Cost. perché opererebbe una
discriminazione in danno dei procuratori legali rispetto agli avvocati
(che invece possono esercitare davanti a tutte le Corti d’appello, i
tribunali e le preture della Repubblica), priva di ogni ragionevole
giustificazione e gravemente pregiudizievole per il pieno esplicarsi
dell’attività professionale di essi procuratori.
2. – Giova premettere che il giudice a quo rivolge le sue censure
alla sola limitazione territoriale della attività professionale dei
procuratori legali e non si occupa degli altri aspetti che la
diversificano da quella degli avvocati, pur diffondendosi sui
precedenti storici e sui progetti di riforma in corso, comprendenti,
fra l’altro, l’unificazione delle due professioni.
Pertanto, l’esame della Corte deve rimanere nell’ambito delle
censure suddette.
3. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 5
(implicante anche quella dell’art. 6) è stata già dichiarata non
fondata da questa Corte con la sentenza n. 54 del 1966 in riferimento
agli artt. 24, comma secondo, e 33 comma quinto, Cost. In detta
pronunzia, con esplicito riguardo all’art. 24, comma secondo, si
afferma che “la limitazione territoriale della competenza del
procuratore legale più che essere di ostacolo all’esercizio del
diritto di difesa, lo agevola, giacché pone a disposizione della parte
un professionista che, avendo l’obbligo di risiedere nel capoluogo del
circondario del tribunale… è più idoneo a svolgere con la
necessaria tempestività l’attività processuale di cui la parte è
onerata, spesso collegata al rispetto di termini perentori, e a
rappresentare al giudice, con la necessaria immediatezza, ogni esigenza
di difesa”. Nell’ordinanza si assume che tale decisione non vale ad
eliminare i dubbi circa la legittimità costituzionale delle norme
denunziate, in quanto, come si è già riferito, la tutela del diritto
di difesa comporterebbe che alla parte deve sempre riconoscersi il
diritto di scegliere, senza alcuna limitazione, il proprio difensore
tra i vari legali iscritti negli albi professionali della Repubblica.
È da escludersi peraltro che la garanzia costituzionale del
diritto di difesa ricomprenda anche la facoltà di scegliere, senza
alcuna limitazione, il proprio difensore. Limiti, infatti, ben possono
essere posti a tutela non solo della funzionalità dell’organizzazione
giudiziaria ma anche di altri interessi meritevoli di protezione. E
stando alla decisione n. 54 del 1966 di questa Corte, le cui
argomentazioni su tale punto non sono criticate dal giudice a quo, i
limiti alla competenza dei procuratori legali assicurano una più
razionale disciplina dell’esercizio del diritto di difesa.
D’altra parte, le norme impugnate non riducono in maniera sensibile
la facoltà di scelta del difensore che può essere utilmente
effettuata tra tutti i procuratori iscritti nel distretto della Corte
d’appello in cui è compreso il tribunale al quale sono assegnati,
oltre, ovviamente, tra tutti gli avvocati esercenti nel territorio
nazionale. E ciò deve ritenersi sufficiente ad eliminare ogni dubbio
circa la violazione, sotto tale riguardo, del diritto di difesa.
4. – Del pari infondati sono i dubbi concernenti la violazione
degli artt. 4, 41 e 3 Cost.
Per quanto attiene all’art. 4 non può non ribadirsi quanto si è
affermato in altre decisioni e, cioè, che la garanzia del diritto al
lavoro non deve essere intesa nel senso che non consenta al legislatore
ordinario di regolarne l’esercizio nell’interesse generale (sent. n. 83
del 1974).
Quanto poi alla prospettata violazione dell’art. 41 Cost., che
tutela la libertà di iniziativa economica, non può non osservarsi che
detta disposizione ben difficilmente si presta ad essere adottata come
parametro della legittimità costituzionale di norme disciplinanti
l’attività dei professionisti intellettuali, che nell’ordinamento
vigente è tuttora differenziata da quelle imprenditoriali. Basta
ricordare l’art. 2238 cod. civ., il quale dispone che solo se
l’esercizio della professione costituisce elemento di una attività
organizzata in forma di impresa si applicano ad esso le norme
riguardanti l’impresa. E, come si è già rilevato da questa Corte
(sent. n. 17 del 1976), l’esercizio delle professioni intellettuali è
stato sempre oggetto di speciale disciplina a tutela delle esigenze di
carattere generale circa il corretto e regolare svolgimento delle varie
professioni.
5. – I rilievi che precedono valgono ad escludere, altresì, che le
norme denunziate ponendo limiti territoriali all’attività dei
procuratori legali, importino violazione del principio di uguaglianza
creando irrazionali disparità di trattamento tra i procuratori legali
e gli avvocati. Giacché, salvo eventuali future scelte legislative e
perdurando il principio della separazione delle due professioni, le
norme in vigore mirano a garantire il regolare adempimento delle
specifiche funzioni demandate ai procuratori legali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 5 e 6 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito
nella legge 22 gennaio 1934, n. 36 (ordinamento delle professioni di
avvocato e di procuratore), sollevata in riferimento agli artt. 24,
comma secondo, 3, comma primo, 4 e 41 Cost., dal pretore di Bologna con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1977.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
VEZIO CRISAFULLI – NICOLA REALE –
LEONETTO AMADEI – GIULIO GIONFRIDA
EDOARDO VOLTERRA – GUIDO ASTUTI –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere