Sentenza N. 55 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
22/04/1980
Data deposito/pubblicazione
22/04/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/04/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Prof.
ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN
– Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO
MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof.
ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, modif. dall’articolo
unico della legge 28 aprile 1967, n. 264 e dall’art. 1 della legge 14
maggio 1969, n. 252 e dell’art. 81, comma terzo, del t.u. approvato
con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Pensione di riversibilità alle
vedove – Differenza di età tra i coniugi), promosso con ordinanza
emessa il 4 febbraio 1976 dalla Corte dei Conti – Sez. III
giurisdizionale – , sul ricorso di Avellino Maria Arcangela, iscritta
al n. 729 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 24 del 26 gennaio 1977.
Visti l’atto di costituzione di Avellino Maria Arcangela e l’atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore
Guglielmo Roehrssen;
uditi l’avvocato Mario Cassiano, per Avellino e l’avvocato dello
Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso di un giudizio promosso da Avellino Maria Arcangela, alla
quale era stata negata la pensione di riversibilità quale vedova di un
pensionato statale – per essere stato il matrimonio contratto il 31
gennaio 1960 quando il marito aveva un’età di oltre 73 anni e la
ricorrente oltre 25 di meno – per mancanza di requisiti richiesti
dall’art. 11, comma secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, la
Corte dei conti ha sollevato questione di legittimità costituzionale,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 11, comma
secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (recante: “Nuove norme
sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato”), nel testo modificato
dall’articolo unico della legge 28 aprile 1967, n. 264 e dall’art. 1
della legge 14 maggio 1969, n. 252, nonché dell’art. 81, comma terzo,
del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (“Approvazione
del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei
dipendenti civili e militari dello Stato”), nelle parti in cui
prevedono una determinata differenza di età fra i coniugi.
A sostegno della non manifesta infondatezza della questione, la
Corte dei conti premette che il diritto alla riversibilità è del
tutto autonomo rispetto al diritto alla pensione diretta e deriva
direttamente dal vincolo coniugale o di parentela. Da tale premessa e
dalla considerazione che per i trattamenti pensionistici di guerra non
è prevista la limitazione in questione al diritto alla pensione di
riversibilità prevista invece per le pensioni ordinarie, la Corte dei
conti trae la conseguenza della irragionevolezza di tale limitazione,
apparendole incongruo avere sancito con essa una praesumptio fraudis
negata invece per le pensioni di guerra.
Ne conseguirebbe la violazione dell’art. 3 della Costituzione, non
potendosi – secondo quanto affermato nell’ordinanza di rimessione –
giustificare la differenza di disciplina fra riversibilità di pensioni
di guerra e riversibilità di pensioni ordinarie in base alla diversa
causa che dà origine al rispettivo diritto alla pensione diretta.
Si è costituito davanti a questa Corte il Presidente del Consiglio
dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata,
sulla base dei principi già affermati da questa Corte con la sentenza
n. 3 del 1975. Ha dedotto, in particolare, che nessun raffronto può
essere instaurato per quanto concerne la normativa impugnata, con
quella vigente in materia di pensioni di guerra, stante il carattere
risarcitorio di queste ultime – che le pensioni ordinarie non hanno – e
la loro peculiarità, in relazione alla quale non irragionevolmente il
legislatore ha dettato una diversa e particolare disciplina.
Si è costituita anche la parte privata, facendo proprie le
argomentazioni dell’ordinanza di rimessione ed insistendo perché la
questione sia ritenuta fondata.
1. – La Corte dei conti dubita della legittimità costituzionale,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 11, comma
secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (“Nuove norme sulle
pensioni ordinarie a carico dello Stato”), nel testo modificato
dall’articolo unico della legge 28 aprile 1967, numero 264 e dall’art.
1 della legge 14 maggio 1969, n. 252, nonché dell’art. 81, terzo
comma, del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092,
nelle parti in cui prevedono, in materia di pensioni ordinarie dei
dipendenti statali, una determinata differenza massima di età tra i
coniugi quale condizione perché la vedova abbia diritto alla pensione
di riversibilità.
2. – Va precisato che l’art. 11 della legge 15 febbraio 1958, n.
46, nel testo modificato dalle leggi 28 aprile 1967, n. 264 e 14 maggio
1969, n. 252, prevedeva, in materia di riversabilità delle pensioni
ordinarie dei dipendenti statali, che la vedova del pensionato, ove il
matrimonio fosse stato contratto dopo la cessazione dal servizio,
avesse diritto alla pensione di riversibilità solo se il matrimonio
fosse stato contratto dal pensionato prima del conseguimento del 72
anno di età, fosse durato almeno due anni e la differenza di età fra
i coniugi non fosse maggiore di anni venti e che si potesse prescindere
da tali condizioni soltanto ove il matrimonio fosse stato contratto dal
pensionato prima del compimento del 65 anno di età, o qualora da esso
fosse nata prole.
L’art. 81 del successivo d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ha
mutato dette condizioni, stabilendo che “la vedova del pensionato ha
diritto alla pensione di riversibilità purché il matrimonio sia
anteriore alla cessazione dal servizio o sia stato contratto prima che
il pensionato compisse il 65 anno di età ovvero se dal matrimonio sia
nata prole, anche se postuma, o se con il matrimonio siano stati
legittimati figli naturali. La pensione di riversibilità spetta anche
alla vedova del pensionato che ha contratto matrimonio dopo la
cessazione dal servizio e dopo il compimento del 65 anno di età a
condizione che il matrimonio sia durato almeno due anni e che la
differenza fra i coniugi non superi i 25 anni”.
Tutte le norme citate pongono, quale condizione per il diritto
della vedova alla pensione di riversibilità ordinaria, una differenza
massima di età fra i coniugi .
Secondo la Corte dei conti ciò contrasterebbe con l’articolo 3
della Costituzione perché la previsione, in materia di pensioni
ordinarie dei dipendenti statali, di una differenza massima di età fra
coniugi, non trova riscontro nella normativa sulla riversibilità delle
pensioni di guerra e si avrebbe quindi una differenza di trattamento
priva di razionale giustificazione.
La questione non è fondata.
3. – Invero questa Corte ha già ripetutamente affermato il
particolare carattere delle pensioni di guerra, non assimilabile sul
piano sostanziale alle pensioni ordinarie, data la loro natura
risarcitoria (sent. nn. 113/1968 e 147/1971) e la mancanza di ogni
collegamento con l’esistenza di un rapporto di servizio.
La pensione di guerra, ad avviso di questa Corte, ha causa e
finalità nettamente distinte da quelle delle pensioni ordinarie e
pertanto l’ordinamento delle pensioni di guerra, nella legislazione
pensionistica, ha una sua autonomia, giustificata dalla particolarità
della materia: la sua ratio risarcitoria, d’altronde, comporta
valutazioni legislative le quali possono non trovare riscontro nel
campo della disciplina delle pensioni ordinarie.
Ne deriva che se – come questa Corte ha più volte ritenuto – sul
piano processuale possono non sussistere elementi idonei a giustificare
una differente disciplina in ordine alla tutela delle ragioni degli
aventi diritto a pensioni ordinarie o di guerra (sentenze nn. 38/1972,
41/1973; 85/1975; 131/1975), sussistono viceversa motivi i quali
giustificano una differente normativa in ordine alla disciplina
sostanziale, senza che ne risulti violato il principio di uguaglianza
(sent. numero 277/1974), posto che per riscontrare violazione del
principio di uguaglianza, occorre che a situazioni sostanzialmente
identiche od omogenee, corrispondano, senza alcuna razionale
giustificazione, differenti discipline.
Consegue che legittimamente il legislatore, nell’uso dei suoi
poteri discrezionali e tenendo conto del carattere risarcitorio delle
pensioni di guerra, poteva disporre per le vedove – come ha fatto – un
trattamento più favorevole in materia di riversibilità di tali
pensioni rispetto a quello previsto in materia di pensioni ordinarie
degli impiegati dello Stato.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 11, comma secondo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46
(“Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato”), nel
testo modificato dall’articolo unico della legge 28 aprile 1967, n. 264
e dall’art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252, e dell’art. 81, comma
terzo, del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092
(“Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”), sollevata,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, con l’ordinanza della
Corte dei conti indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – ANTONINO DE STEFANO –
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere