Sentenza N. 56 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
28/03/1969
Data deposito/pubblicazione
28/03/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/03/1969
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE, Giudici,
siciliana, notificato il 10 ottobre 1968, depositato in cancelleria il
17 successivo ed iscritto al n. 20 del Registro ricorsi 1968, per
conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato sorto a
seguito del decreto ministeriale 17 giugno 1968 recante criteri e
modalità per la erogazione alle imprese concessionarie di autoservizi
di linea per viaggiatori di contributi straordinari previsti dalla
legge 28 marzo 1968, n. 375.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 26 febbraio 1969 la relazione del
Giudice Costantino Mortati;
uditi l’avv. Salvatore Orlando Cascio, per il ricorrente, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Con ricorso notificato il 10 ottobre 1968, il Presidente della
Regione siciliana ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti
del decreto emesso il 17 giugno 1968 dal Ministro per i trasporti e
l’aviazione civile, di concerto con il Ministro per il tesoro e con il
Ministro per il bilancio e la programmazione economica, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 204 del 12 agosto 1968,
nella parte in cui esclude dai contributi previsti per l’anno 1967
dalla legge 28 marzo 1968, n. 375, le imprese titolari di autoservizi
di linea concessi dalle regioni e, in particolare, dalla Regione
siciliana.
Nel ricorso si sostiene che la esclusione così disposta contrasta
con l’art. 1 della legge citata e pregiudica gravemente gli interessi
regionali e se ne denuncia la incostituzionalità sulla base di due
motivi.
Con il primo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art.
17, lett. a, dello Statuto e dell’art. 3 della Costituzione, nella
considerazione che la erogazione dei contributi statali a favore delle
imprese automobilistiche non incide sulla competenza amministrativa
regionale in tema di trasporti, stabilita dall’art. 17, lett. a, ed
altresì che l’esistenza di una competenza complementare a favore della
Regione non costituisce valido motivo per addossare ad essa tutti gli
oneri finanziari di quel determinato settore. Infatti si osserva, in
ordine al primo punto, che l’esercizio di potestà amministrativa
regionale in materia di autolinee non esclude che le imprese titolari
di concessioni risultanti dall’esercizio stesso possano beneficiare di
contributi e di esenzioni, sancite da leggi statali, le quali si
applicano in Sicilia indipendentemente da una apposita legge di
recezione. Ciò è comprovato dalla osservazione che anche in altri
settori, pur essendo la potestà amministrativa autorizzativa o
concessionale esercitata dalle autorità regionali, vengono ammesse al
godimento di contributi ed esenzioni stabilite dallo Stato anche
imprese operanti nell’ambito del territorio regionale così, ad
esempio, in materia di turismo.
In ordine al secondo punto la Regione deduce che una cosa è
l’esercizio di potestà amministrative ed altra è il regolamento
finanziario dei rapporti fra Stato e Regione per la stessa materia: la
erogazione di contributi, infatti, viene effettuata dallo Stato nel
quadro di una funzione sociale ed in vista del preminente interesse che
i pubblici trasporti rappresentano per la nazione e senza specifico
riferimento, quindi, all’autorità che rilascia la concessione. Del
resto, che fra le imprese beneficiarie dei contributi dovessero venire
incluse anche quelle delle regioni a statuto speciale risulta dal fatto
che la legge n. 375 non solo non opera discriminazioni territoriali,
ma anzi accorda contributi in misura maggiore alle imprese titolari di
concessioni di autoservizi nei territori di cui alle leggi per
l’industrializzazione per le zone depresse, la maggior parte dei quali
è compresa nelle esistenti regioni a statuto speciale. Affermazione
questa, che trova conferma nei lavori preparatori dai quali si desume
una precisa volontà del legislatore ordinario di includere fra le
imprese beneficiarie del contributo anche quelle concessionarie di
autolinee regionali.
Con un secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 87 della
Costituzione, in relazione agli artt. 17 e 20 dello Statuto regionale,
derivante dal fatto che l’esclusione delle imprese titolari di
concessioni regionali è stata disposta con un semplice decreto
interministeriale, mentre, in ogni caso, sarebbe stata necessaria
un’apposita norma legislativa che avesse esplicitamente fatto venir
meno il diritto riconosciuto alla Regione dalla legge n. 375.
L’avere invece disposto con atto amministrativo si risolve in
invasione della sfera di competenza regionale, invasione che risulta
poi aggravata per il fatto che l’atto amministrativo predetto è stato
emanato da organo diverso dall’unico competente, cioè il Capo dello
Stato.
Conclude chiedendo che la Corte annulli il decreto impugnato
dichiarando che esso invade la competenza della Regione.
L’Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio per il
Presidente del Consiglio dei Ministri, osserva che il decreto
ministeriale impugnato non è che una mera applicazione, al livello
amministrativo, e perciò a contenuto vincolato, dei precetti della
legge. Pertanto, non avendo la Regione siciliana impugnato in termini,
in via principale la legge n. 375, non può oggi denunciare l’atto
amministrativo che vi dà esecuzione, sia pure sotto il profilo del
regolamento di competenza, ed il ricorso deve per questo motivo essere
dichiarato inammissibile. In via subordinata, l’Avvocatura deduce che
in materia di trasporti la Regione siciliana ha, prima che competenza
amministrativa, competenza legislativa, cosicché sarebbe stata lesiva
della sfera riservata alla Regione una legge statale – e lo sarebbe a
maggior ragione un provvedimento amministrativo – che comunque
interferisce nella materia ad essa statutariamente assegnata.
Né, allo scopo di verificare la legittimità costituzionale di
questi provvedimenti statali, sarebbe possibile discriminarli in base
al loro contenuto: quelli favorevoli, estensibili alla Regione, quelli
limitativi o disciplinativi di diritti, non estensibili, giacché la
sfera di competenza delle due comunità va tenuta distinta in astratto
sulla base della semplice identicazione delle materie e non può essere
condizionata dal modo della disciplina delle singole norme.
Nella specie, la legge statale n. 375 ha previsto l’ambito di
applicabilità delle provvidenze alle sole imprese titolari di
concessioni governative e quindi ha escluso quelle accordate dagli
organi della Regione a ciò espressamente preposti, giusta le
disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre
1953, n. 1113, recante norme di attuazione dello Statuto regionale in
materia di comunicazioni e di trasporti.
Conseguentemente, la legge n. 375 ed il provvedimento impugnato,
lungi dall’avere interferito con la competenza regionale, si pongono
rispetto a questo in un situazione di indifferenza che si ripercuote
anche nei confronti dei soggetti interessati, escludendo ogni
discriminazione fra loro, dato che le imprese “nazionali “sono
disciplinate dalle leggi statali e quelle dell’isola dalle sole leggi
regionali.
Egualmente inammissibili ed infondate sono poi, secondo
l’Avvocatura, le censure che la Regione muove al provvedimento
impugnato sotto il profilo della violazione della legge n. 375 poiché
la Corte non potrebbe conoscere dell’asserita violazione di una legge
ordinaria, né la Regione sarebbe legittimata a denunciare in questa
sede una violazione di tal fatta, posto che i conflitti di attribuzione
fra Stato e Regione sono ammessi solo per la violazione della sfera di
competenza costituzionale a ciascuno assegnata (art. 39, legge 11 marzo
1953, n. 87).
Quanto, poi, alla pretesa violazione dell’art. 87 della
Costituzione per essere il provvedimento – in quanto avente natura
regolamentare – di competenza del Presidente della Repubblica e non dei
tre ministri, l’Avvocatura deduce l’inammissibilità della censura da
parte della Regione, la quale non verrebbe lesa in alcun modo nella sua
sfera costituzionale da uno spostamento di competenza interna tra
organi dello Stato, ed aggiunge che comunque essa si palesa infondata,
perché il provvedimento impugnato non ha natura regolamentare, ma
costituisce esercizio di attribuzione di competenza specifica dei tre
ministri, secondo la disciplina fattane dall’art. 2 della legge n. 375
(che infatti non prevede la deliberazione del Consiglio dei Ministri
né la consultazione del Consiglio di Stato, prescritte per i
regolamenti).
In una memoria depositata il 10 febbraio 1969 la Regione replica a
queste deduzioni osservando che l’eccezione di inammissibilità per
acquiescenza potrebbe considerarsi fondata solo qualora l’esclusione
dai benefici delle imprese titolari di concessioni regionali risultasse
chiaramente ed inequivocabilmente dalla legge n. 375. Invece, non solo
questa non contiene tale esclusione, ma da una serie di elementi
interpretativi letterali e logici si ricava la convinzione che il
legislatore nazionale abbia inteso rendere partecipi dei benefici
previsti anche le imprese titolari di concessioni regionali.
La legge parla infatti di imprese titolari di concessioni
governative di autoservizi, e con il termine “concessione governativa”
si intende nella legislazione italiana qualsiasi tipo di concessione,
indipendentemente dalla qualità statale o regionale della autorità
che lo accorda. Ciò risulterebbe provato dal fatto che il decreto del
Presidente della Repubblica 20 marzo 1953, n. 112, relativo al
trattamento tributario degli atti concessionali assoggetta al pagamento
della “tassa sulle concessioni governative” tutte le imprese
concessionarie che operano sul territorio nazionale, ivi comprese
quelle afferenti a linee automobilistiche per il trasporto di persone
(tab. a, n. 173), anche se l’autolinea è gestita in base a concessione
rilasciata dall’autorità governativa regionale. La identificazione del
termine “governativa” con il termine “statale” è pertanto del tutto
arbitraria.
Dopo avere ricordato altri elementi tratti dai lavori preparatori,
dai quali si desumerebbe che era precisa volontà del legislatore
nazionale di estendere tali benefici anche alle imprese titolari di
concessioni regionali, la Regione conclude affinché sia respinta come
infondata la eccezione di inammissibilità del ricorso per
acquiescenza, richiamando anche la giurisprudenza della Corte tendente
ad escludere che una siffatta eccezione possa sollevarsi in sede di
giudizi in via principale fra Stato e Regione (sentenze n. 44 del 1957,
n. 77 del 1958, n. 13 del 1960 e n. 49 del 1963).
Nel merito essa nega che lo Stato si trovi in una “situazione di
indifferenza” rispetto alle imprese esercenti in base a concessioni
rilasciate da parte della Regione siciliana come afferma l’Avvocatura
generale. Tale affermazione sarebbe infatti smentita dalla situazione
legislativa la quale mostra che le imprese automobilistiche dell’isola
sono disciplinate solo dalle leggi statali, dal momento che la Regione
siciliana non ha adottato una propria legislazione autonoma diversa da
quella dello Stato, rilascia le concessioni unicamente in base alle
norme contenute nella legge 28 settembre 1939, n. 1822, che è la legge
fondamentale dello Stato nella materia.
Inesatto sarebbe altresì, ai fini della delimitazione delle
competenze, il ricorso ad un criterio meramente territoriale basato sul
semplice elemento che l’autolinea sia o meno destinata ad essere
esercitata sul territorio della Regione o altrove. Secondo la
giurisprudenza del Consiglio di Stato (Il Sez., parere 20 novembre
1957, n. 974) e del Consiglio di Giustizia amministrativa (decisione 3
agosto 1963, n. 199), spetta all’amministrazione statale e non a
quella regionale il potere di intervenire per l’affidamento delle linee
sostitutive di tronconi ferroviari soppressi, ancorché si svolgano sul
territorio regionale.
Circa la censura relativa alla emanazione del provvedimento da
parte dei ministri anziché da parte del Presidente della Repubblica,
la difesa della Regione replica alle eccezioni avversarie affermando
che nel sindacato sulla competenza rientra l’accertamento dei limiti
della sfera di attribuzioni dei singoli organi statali, e pertanto il
conflitto di attribuzioni può essere sollevato non solo quando un
organo statale si è arrogato una competenza che sarebbe spettata al
corrispondente organo regionale ma anche quando l’organo statale,
anziché emanare un atto amministrativo, abbia esercitato una potestà
regolamentare al di fuori dei limiti entro i quali la Costituzione
consente l’esercizio della potestà.
Anche l’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato in data 13
febbraio 1969 una memoria nella quale svolge ulteriormente le
precedenti deduzioni e tra l’altro riafferma che in sostanza,
impugnando il decreto interministeriale 17 giugno 1968, la Regione
solleva in realtà doglianze contro la legge n. 375 del 1968.
Ricordato come la materia in oggetto rientri nella competenza
regionale ex art. 17, lett. a, dello Statuto, l’Avvocatura ne deduce
che in essa debbano comprendersi, oltre ai poteri legislativi ed
amministrativi, i relativi oneri, senza che questi ultimi possano
essere addossati allo Stato, ed in particolare confuta l’affermazione
avversaria secondo la quale il calcolo delle percorrenze sarebbe stato
effettuato, ai fini della legge n. 375, tenendo conto anche di quelle
relative alle regioni a statuto speciale.
Anche in merito al secondo motivo di ricorso l’Avvocatura ribadisce
le eccezioni sollevate, svolgendole ulteriormente, insistendo nella
richiesta di rigetto del ricorso.
Nella discussione orale la difesa della Regione, preso atto della
intervenuta emanazione della sentenza n. 11 del 1969 con cui è stata
dichiarata non fondata l’impugnativa promossa dalla Regione sarda
avverso la legge n. 375 del 1968, ha fatto rilevare che
l’interpretazione risultante da detta sentenza esclude l’applicabilità
di questa alla questione sollevata dalla Regione siciliana, dato che i
presupposti del rigetto dell’impugnativa medesima (e cioè il carattere
di esclusività della competenza legislativa della Sardegna in materia
di trasporti, e l’avvenuto esercizio della competenza stessa con
l’emanazione di apposita legge regionale) non si verificano per la
Sicilia (la cui competenza prevista dall’art. 11 dello Statuto ha
natura concorrente, ed essa non è stata esercitata sicché continua ad
applicarsi in Sicilia la legge statale in materia di trasporti in
concessione) e pertanto l’attività amministrativa esplicata dalla
Regione in materia deve ritenersi esercitata in luogo di quella del
Ministero dei trasporti.
Fa altresì rilevare che, in ogni caso, anche a volere ritenere che
la qualifica di “governative” sia stata impiegata dalla legge predetta
per designare le concessioni emananti dal Governo (e non già, come
può sembrare più esatto, per distinguerle da quelle compartimentali)
si dovrebbe tuttavia comprendere in esse le concessioni effettuate
dalla Regione, poiché con lo stesso termine di “governo”, l’art. 21
dello Statuto siciliano designa l’esecutivo regionale.
1. – L’Avvocatura dello Stato ha eccepito preliminarmente
l’inammissibilità del ricorso, dato che la Regione ha omesso di
impugnare la legge 28 marzo 1968, n. 375, della quale il decreto
interministeriale impugnato deve considerarsi mera applicazione, a
livello amministrativo e perciò a contenuto vincolato, ed invoca, a
sostegno di tale richiesta, il principio che sostiene essere stato
affermato da questa Corte con la sentenza n. 2 del 1967.
È da osservare in contrario che la pronuncia richiamata non
enuncia un principio conforme a quello ritenuto, e che anzi la tendenza
della giurisprudenza costituzionale è nel senso di non conferire alla
mancata impugnativa dell’atto normativo posto a fondamento del
provvedimento oggetto di un conflitto di attribuzione efficacia
preclusiva della proposizione di quest’ultimo. Si può aggiungere che
nella specie la Regione si è intenzionalmente astenuta dal denunciare
la legge predetta, essendo partita dal presupposto della sua validità
per farne discendere la pretesa all’annullamento del provvedimento
contro il quale ha sollevato il conflitto, nell’opinione che questo,
mentre non troverebbe fondamento in quella legge, risulta invasivo
della competenza regionale per violazione delle norme costituzionali
invocate.
2. – Passando al merito è da mettere in rilievo che nelle more del
presente giudizio questa Corte con la sentenza n. 11 del 1969, emanata
in risoluzione di altro giudizio promosso dalla Regione sarda per far
dichiarare l’illegittimità costituzionale della stessa legge prima
menzionata n. 375 del 1968, ha deciso che il contributo statale
consentito dalla legge predetta deve intendersi limitato solo ai
beneficiari di concessioni effettuate dall’amministrazione statale, e
quindi non è estensibile alle altre che hanno tratto titolo da
provvedimenti regionali, ed ha escluso che dalla limitazione così
disposta dell’ambito di applicazione della legge possa farsi derivare
una qualsiasi specie di invasione della competenza regionale, sotto
forma di violazione degli artt. 3 della Costituzione e 3, lett. g,
dello Statuto sardo.
La diversità di situazione presentata dalla fattispecie in esame
rispetto a quella prima decisa non è tale da far ritenere sussistente
l’invasione della competenza denunciata, che allora venne esclusa.
Infatti la circostanza che la materia delle comunicazioni e dei
trasporti è in Sicilia oggetto di competenza esclusiva ma subordinata
al rispetto dei principii della legislazione statale, ex art. 17 dello
Statuto, non esplica influenza sull’esercizio delle funzioni
amministrative relative alla materia medesima, come risulta
dall’espressa dizione dell’art. 20 dello Statuto, che fa appunto
promiscuo richiamo, insieme agli artt. 14 e 15, riguardanti materia di
competenza esclusiva, anche ai poteri esercitati in virtù del citato
art. 17.
Analogamente a nulla rileva il fatto della attuale vigenza in
Sicilia delle leggi statali sui trasporti, in conseguenza del mancato
esercizio della potestà normativa regionale, cui lo statuto
attribuisce natura concorrente. Quello che importa è che sia avvenuto
un vero e proprio trasferimento, per i servizi di interesse regionale,
delle attribuzioni (sia di quelle attive, sia delle altre di vigilanza
a tutela sugli enti, nonché di controllo sugli assegnatari dei
servizi) già esercitate dal Ministero dei trasporti, secondo disposto
dagli artt. 1 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 17
dicembre 1953, n. 1113, che fa appunto richiamo all’art. 20 dello
Statuto ricordato, e che ha conseguentemente consentito alla Regione di
avvalersi degli uffici periferici dell’amministrazione dei trasporti,
fino a quando non avrà provveduto all’istituzione di propri uffici
(art. 2). Può aggiungersi che, con circolare n. 12481 del 27 agosto
1954, l’Assessore per i trasporti stabiliva rientrare nella competenza
propria della Regione il rilascio non solo delle concessioni
provvisorie ma anche di quelle definitive non sussidiate dallo Stato di
cui alla legge n. 1822 del 1939, e che, invece, secondo l’art. 2 di
questa sono da assegnare, nelle parti del territorio statale su cui non
si sono costituiti ordinamenti regionali, con decreto del Capo dello
Stato.
Che tale sia l’interpretazione da dare alle norme richiamate, e che
pertanto infondata debba ritenersi la tesi della difesa regionale
secondo cui sarebbe da attribuire carattere delegato alle attribuzioni
esercitate in materia dalla Regione, risulta anche confermato dalla
sentenza della Corte n. 43 del 1958, che ha escluso ogni potere dello
Stato nella determinazione delle tariffe per i trasporti sulle
autolinee trasferite alla Regione.
Nulla in contrario può desumersi dai lavori preparatori della
legge relativa alla concessione dei contributi, poiché, contrariamente
a quanto asserito dalla difesa, risulta dalla relazione governativa al
progetto che il computo in 802 milioni di autobus-chilometro delle
autolinee ordinarie, preso a base per lo stanziamento della relativa
copertura finanziaria, è stato riferito esclusivamente alle
concessioni governative, e che le proposte di estendere il contributo
stesso anche alle linee regionali, formulate durante la discussione del
progetto, non vennero accolte.
Deve quindi concludersi che il provvedimento impugnato, avendo
fatto esatta applicazione della legge n. 375 del 1968, non ha operato
alcuna lesione della competenza regionale sotto l’aspetto né della
violazione dell’art. 3 della Costituzione, avendo allo stesso modo
escluso dal contributo tutti i servizi trasferiti alle Regioni, perché
tutti, compresi quelli siciliani, concessi con provvedimenti non
governativi e neppure di quella dell’art. 17, lett. a, dello Statuto.
Neppure vale a contrastare l’interpretazione della legge adottata
dalla Corte l’argomento che la difesa ritiene di desumere dal decreto
del Presidente della Repubblica 20 marzo 1953, n. 112, di approvazione
del testo unico delle tasse sulle “concessioni governative”. Infatti
quest’ultima espressione, riferita ad ogni specie di provvedimenti
amministrativi, conferenti situazioni giuridiche soggettive attive di
vantaggio ai privati, è espressione tradizionale che figurava già
nella legge 26 luglio 1868, n. 4520, unificatrice delle leggi in
materia degli antichi stati italiani, ed è stata riprodotta in tutte
le successive norme nella materia stessa. L’inclusione degli
autoservizi (che si legge nel n. 173 della tabella allegata al predetto
testo unico) è avvenuta solo con l’art. 8 della legge 14 marzo 1952,
n. 128, e nella tabella stessa si fa riferimento alle concessioni in
genere, senza la qualifica di governative, sicché, sotto nessun
riguardo si possono desumere da essa elementi sufficienti a contraddire
quanto risulta dalla legge in esame e dal suo iter formativo.
Tanto meno fondata appare poi la denunciata violazione dell’art. 87
della Costituzione perché, una volta ritenuta la potestà statale in
materia, l’eventuale incompetenza dell’organo cui l’art. 2 della legge
n. 375 ha deferito il compito di stabilire i criteri per l’erogazione
dei contributi non può formare oggetto di conflitto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara spettare allo Stato il potere di erogare contributi alle
imprese esercenti concessioni governative di trasporti escludendone
quelle esercenti concessioni rilasciate dalla Regione siciliana;
respinge, in conseguenza, il ricorso proposto dalla Regione
siciliana per l’annullamento del decreto interministeriale 17 giugno
1968 per la parte in cui vengono escluse dal beneficio di cui alla
legge 28 marzo 1968, n. 375, le imprese titolari di concessioni
regionali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1969.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE