Sentenza N. 577 del 1990
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1990
Data deposito/pubblicazione
28/12/1990
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1990
Presidente: prof. Giovanni CONSO;
Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv.
Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
secondo, della legge della Provincia di Bolzano 17 luglio 1987, n. 14
(Norme per la protezione della selvaggina e per l’esercizio della
caccia), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1989 dal
Tribunale regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma
per la Provincia di Bolzano sul ricorso proposto da W.W.F. World
Wildlife Fund ed altri contro Comitato provinciale per la caccia di
Bolzano ed altri, iscritta al n. 458 del registro ordinanze 1990 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima
serie speciale, dell’anno 1990;
Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano
e dell’Associazione cacciatori Alto Adige;
Udito nell’udienza pubblica del 13 novembre 1990 il Giudice
relatore Enzo Cheli;
Uditi gli avvocati Sergio Panunzio e Roland Riz per la provincia
autonoma di Bolzano.
Wildlife Fund), dalla L.I.P.U. (Lega Italiana Protezione Uccelli),
dal Centro Soccorso Animali e da Gregorio Balich per ottenere
l’annullamento della delibera n. 23 del 9 maggio 1989 del Comitato
provinciale della caccia di Bolzano con la quale è stato approvato
il calendario venatorio 1989-1990 per la Provincia di Bolzano, il
Tribunale di Giustizia amministrativa – Sezione autonoma per
la Provincia di Bolzano, con ordinanza del 29 novembre 1989, ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4,
secondo comma, della legge della Provincia di Bolzano 17 luglio 1987,
n. 14 (Norme per la protezione della selvaggina e per l’esercizio
della caccia), in relazione all’art. 8 nn. 15 e 16 dello Statuto
speciale del Trentino Alto Adige e con riferimento all’art. 11 della
legge 27 dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e disposizioni per
la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia).
La questione di legittimità viene proposta nei confronti del
suddetto art. 4, secondo comma, nella parte in cui ammette la caccia
a specie animali (martora, tasso, faina e marmotta) non comprese
nell’elenco tassativo di cui al richiamato art. 11 della legge n. 968
del 1977.
L’ordinanza – dopo aver sottolineato che la Provincia di Bolzano
ha competenza legislativa primaria in materia di caccia – ricorda che
limiti alla disciplina legislativa provinciale in tale materia
possono essere dettati solo dalle norme statali che contengono
principi fondamentali dell’ordinamento o fondamentali riforme
economico-sociali oppure recepiscono obblighi internazionali.
Richiamando la giurisprudenza costituzionale (sent. n. 1002 del 1988)
che ha individuato nella legge 27 dicembre 1977, n. 968, una legge di
riforma economico-sociale suscettibile di condizionare, con le sue
norme fondamentali, la legislazione esclusiva delle Regioni e delle
Province a speciale autonomia, il Tribunale remittente afferma che
l’elencazione delle specie cacciabili, prevista nell’art. 11, secondo
comma, della stessa legge come eccezione al generale divieto di
caccia di cui al primo comma, costituisce l’oggetto minimo
inderogabile della protezione offerta dallo Stato al patrimonio
faunistico, con la conseguenza che la disposizione impugnata,
qualificando come cacciabili specie che il legislatore statale ha
sottoposto a protezione assoluta e derogando a normativa fondamentale
di legge di riforma economico-sociale, eccederebbe i limiti della
competenza legislativa della Provincia di Bolzano.
2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Provincia
autonoma di Bolzano chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o comunque infondata.
Nell’imminenza dell’udienza di discussione la Provincia ha
depositato una memoria nella quale ha svolto ampiamente le sue tesi
difensive. In tale memoria si sostiene che la disciplina posta
nell’art. 11 della legge n. 968 – così come intesa nella sentenza n.
1002 del 1988 – non implicherebbe che la Provincia autonoma di
Bolzano non possa in alcun modo modificare l’elenco delle specie
cacciabili richiamato nello stesso articolo, per estenderlo o per
ridurlo. In tal senso deporrebbe la stessa motivazione della sentenza
n. 1002 del 1988, là dove afferma che le Regioni ad autonomia
speciale e le Province autonome possono modificare l’elenco delle
specie cacciabili “soltanto al fine di limitare e non di ampliare il
numero delle eccezione al divieto generale di caccia”. Secondo la
Provincia, gli ampliamenti o le limitazioni di tale elenco dovrebbero
essere valutati nel loro complesso, raffrontando la somma delle
specie espunte e di quelle inserite in esso. Di conseguenza, nulla si
opporrebbe a che le Regioni e le Provincie ad autonomia speciale,
nell’esercizio della propria competenza legislativa esclusiva,
apportino limitate modifiche all’elenco delle specie cacciabili nel
proprio territorio, purché finalizzate all’adeguamento dell’elenco
alla peculiare situazione della fauna locale e tali da comportare,
nel complesso, una riduzione e non un aumento di tali specie.
Di qui – sempre secondo la Provincia di Bolzano – l’infondatezza
della questione di costituzionalità dell’art. 4 della legge
provinciale n. 14 del 1987. Infatti, raffrontando l’elenco dell’art.
11 della legge n. 968 del 1977 (come modificato dai successivi
d.P.C.M. 20.12.1979 e 4.6.1982) con l’elenco di cui all’art. 4,
secondo comma, della legge provinciale richiamata sarebbe agevole
rilevare che la Provincia autonoma di Bolzano, emanando la
disposizione impugnata, ha aumentato la tutela della fauna nel
proprio territorio anziché diminuirla: e ciò in quanto, a fronte
delle sole quattro specie di predatori e roditori (tasso, martora,
faina e marmotta) non contemplate dall’art. 11 della legge n. 968 ed
inserite nell’elenco dalla legge provinciale, vi sono quindici specie
cacciabili ai sensi dell’elenco dell’art. 11, che non possono invece
essere cacciate in base all’elenco stabilito dall’art. 4 della legge
provinciale.
La Provincia di Bolzano rileva, infine, che la disciplina
legislativa provinciale non contrasta in alcun modo con gli obblighi
assunti dallo Stato italiano in sede internazionale e comunitaria non
essendo stato adottato, in tali sedi, alcun divieto assoluto di
caccia relativamente alle quattro specie in questione.
per la Provincia di Bolzano ha proposto questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, secondo comma, della legge della
Provincia di Bolzano 17 luglio 1987, n. 14 (Norme per la protezione
della selvaggina e per l’esercizio della caccia), dove, nel dettare
l’elenco delle specie cacciabili nel territorio provinciale, si
includono tra esse alcune specie – la martora, il tasso, la faina, la
marmotta – non comprese nell’elenco delle specie cacciabili di cui
all’art. 11 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e
disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la
disciplina della caccia).
Secondo l’ordinanza di rinvio, la disposizione impugnata –
qualificando come cacciabili specie sottoposte a protezione assoluta
dal legislatore statale – eccederebbe i limiti della competenza
legislativa della Provincia di Bolzano in materia di “caccia”,
ponendosi in contrasto con l’art. 8 nn. 15 e 16 dello Statuto
speciale del Trentino Alto Adige.
2. – La questione è fondata.
In una recente pronuncia (sent. n. 1002 del 1988) questa Corte ha
affermato che la legge 27 dicembre 1977, n. 968 (comunemente
qualificata come “legge quadro” sulla caccia) è legge di riforma
economico-sociale, suscettibile di condizionare, attraverso le norme
fondamentali che da essa è dato desumere, la legislazione esclusiva
delle Regioni e delle Province ad autonomia speciale. Nella stessa
sentenza questa Corte ha anche specificato che l’art. 11 della
suddetta “legge-quadro” identifica – attraverso l’elencazione delle
specie cacciabili come eccezioni al generale divieto di caccia
stabilito per qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti
alla fauna selvatica italiana – “l’oggetto minimo inderogabile della
protezione che lo Stato, anche in adempimento ad obblighi assunti in
sede internazionale e comunitaria, ha ritenuto di dover offrire al
proprio patrimonio faunistico”.
In tale prospettiva, tanto l’individuazione dei contenuti minimi
della sfera sottoposta a protezione (specie non cacciabili) quanto
l’elencazione delle possibili eccezioni (specie cacciabili) investono
“un interesse unitario proprio della comunità nazionale.. la cui
valutazione e la cui salvaguardia restano in primo luogo affidati
allo Stato ed ai poteri dell’amministrazione centrale”. Con la
conseguenza che anche le Regioni e le Province ad autonomia speciale
sono tenute a non oltrepassare, nell’esercizio della loro potestà
legislativa esclusiva, la soglia minima di tutela del patrimonio
faunistico fissata dalla legge statale e dai successivi atti
governativi, potendo soltanto limitare e non ampliare il numero delle
specie cacciabili quali eccezioni al divieto generale enunciato nel
primo comma del richiamato art. 11.
3. – Nel presente giudizio la Provincia autonoma di Bolzano
sostiene che l’elenco formulato nell’art. 11, secondo comma, della
“legge-quadro” non sarebbe tale da operare, nei confronti della
competenza esclusiva regionale, come limite riferito alle singole
specie cacciabili, ma bensì soltanto in relazione all’esigenza
generale di offrire una tutela minima inderogabile da valutare nella
sua globalità e congruità. Corollario di questa tesi è che la
legge provinciale n. 14 del 1987 sarebbe esente da censure poiché in
essa, a fronte delle quattro specie di roditori e predatori non
presenti nell’elenco dell’art. 11 e qualificate come cacciabili, sono
state qualificate come non cacciabili quindici specie ricomprese
invece in tale elenco.
Una tale prospettazione non può essere condivisa.
Al riguardo va ricordato che la legge n. 968 del 1977 ha segnato
il superamento dei principi in tema di caccia posti dal T.U. 5 giugno
1939, n. 1016, poiché ha qualificato la fauna selvatica come
patrimonio indisponibile dello Stato ed ha elevato il divieto di
caccia al rango di nuova regola generale, ammettendo solo delimitate
e specifiche eccezioni a tale divieto. Ora, è evidente che la regola
dettata dalla “legge quadro” statale (il divieto generale di caccia)
e le eccezioni nella stessa legge contemplate (le specie cacciabili
di cui all’elenco dell’art. 11, secondo comma) costituiscono
componenti di una previsione normativa unitaria che riconduce a
precise scelte qualitative la tutela del patrimonio faunistico
nazionale, disponendo una puntuale distinzione tra specie non
cacciabili e specie per cui la caccia è tuttora ammessa.
Ciò comporta che il livello minimo inderogabile di tutela, che
viene riconosciuto dal legislatore statale alla fauna selvatica e che
segna un limite anche per la competenza legislativa esclusiva delle
Regioni e Province ad autonomia speciale, non può venire ricostruito
come una sorta di indice quantitativo da considerarsi rispettato
quando sussista una generica compatibilità tra la regola del divieto
di caccia ed un determinato numero di eccezioni. Al contrario, va
riconosciuto che il nucleo minimo della tutela statuale esprime la
risultante di una serie di opzioni qualitative concernenti le singole
specie animali cacciabili e non cacciabili e che tale nucleo
essenziale non può essere inciso e alterato da contrastanti scelte
degli enti territoriali, anche ad autonomia speciale, se non a
condizione di creare situazioni di incertezza sulla estensione della
stessa sfera protetta come interesse unitario.
D’altro canto, la precisa identificazione, nella legge quadro
statale, dell’oggetto minimo inderogabile di tutela del patrimonio
faunistico nazionale non è tale da comportare di per sé il
pericolo, paventato dalla resistente, di un eccessivo irrigidimento
del regime di protezione, dal momento che esiste la possibilità di
adottare soluzioni differenziate per le diverse parti del territorio
nazionale sia nel senso indicato dalla richiamata sentenza n. 1002
del 1988 sia attraverso la disciplina espressa nell’art. 12 della
legge n. 968 sul controllo regionale della fauna.
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.
4, secondo comma, della legge della Provincia di Bolzano 17 luglio
1987, n.14, limitatamente alla parte in cui esso ammette la caccia
alla martora, al tasso, alla faina ed alla marmotta, in quanto specie
non comprese nell’elenco di cui all’art. 11 della legge 27 dicembre
1977, n. 968.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, secondo
comma, della legge della Provincia di Bolzano 17 luglio 1987, n. 14
(Norme per la protezione della selvaggina e per l’esercizio della
caccia), nella parte in cui ammette la caccia a specie animali –
martora, tasso, faina e marmotta – non comprese nell’elenco delle
specie cacciabili di cui all’art. 11 della legge 27 dicembre 1977, n.
968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela
della fauna e la disciplina della caccia).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
Il Presidente: CONSO
Il redattore: CHELI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
Il cancelliere: DI PAOLA