Sentenza N. 583 del 1990
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1990
Data deposito/pubblicazione
28/12/1990
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1990
Presidente: prof. Giovanni CONSO;
Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv.
Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
primo, n. 5, e 2654 del codice civile, promosso con ordinanza emessa
il 12 giugno 1990 dalla Corte d’appello di Salerno nel procedimento
civile vertente tra Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a. e Fimiani
Giovanni ed altri, iscritta al n. 479 del registro ordinanze 1990 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima
serie speciale, dell’anno 1990;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice
relatore Luigi Mengoni;
di trascrizione con riserva di una domanda giudiziale ai sensi
dell’art. 2674- bis cod.civ., promosso dalla Banca Nazionale
dell’Agricolturain prima istanza davanti al Tribunale e in seconda
istanza davanti alla Corte di Appello di Salerno, quest’ultima ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2652
n. 5 e 2654 cod.civ., nella parte in cui non consentono la
trascrizione della domanda di revoca di atti soggetti a iscrizione
nei registri immobiliari.
Secondo il giudice remittente, l’art. 2652 n. 5, in quanto non
consente la trascrizione della domanda di revoca di atti soggetti a
iscrizione, in particolare di atti di concessione di ipoteca,
pregiudica il diritto di difesa del creditore addossandogli l’onere
di prova della mala fede anche nei confronti dei terzi subacquirenti
a titolo oneroso pendente lite, mentre nel caso di impugnazione di un
atto soggetto a trascrizione la buona fede è irrilevante se il terzo
abbia trascritto il suo acquisto dopo la trascrizione della domanda
giudiziale.
Nel dispositivo dell’ordinanza è richiamato solo il parametro
dell’art. 24 Cost., ma nella motivazione le norme citate sono
impugnate anche in riferimento al principio di razionalità di cui
all’art. 3 Cost., la detta diversità di trattamento non trovando, ad
avviso del giudice remittente, “alcuna razionale giustificazione”.
2. – Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in
subordine, infondata. Inammissibile per irrilevanza, non essendo
prospettabile nell’ambito del giudizio a quo, che è un procedimento
di reclamo avverso la trascrizione con riserva della domanda
giudiziale, una lesione del diritto di difesa imputabile alla
lamentata carenza delle norme denunciate, e comunque perché la
richiesta integrazione dell’art. 2652 n. 5, nel senso di ammettere la
trascrizione anche delle domande di revoca di atti soggetti a
iscrizione, eccederebbe i poteri di questa Corte. Infondata, perché
la non trascrivibilità della domanda di revoca degli atti soggetti a
iscrizione non tocca il diritto di azione del creditore verso i terzi
aventi causa mediati, ma soltanto ne differenzia il regime
probatorio.
2654 cod.civ., per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
nella parte in cui non consentono la trascrizione delle domande di
revoca degli atti soggetti a iscrizione, che siano stati compiuti in
pregiudizio dei creditori, e la corrispondente annotazione in margine
all’iscrizione.
2. – Va respinta preliminarmente l’eccezione di inammissibilità
formulata dall’Avvocatura dello Stato. La questione è rilevante
perché da essa dipende l’accoglimento o la reiezione del reclamo
proposto dal creditore istante ai sensi degli artt. 2674- bis
cod.civ. e 113- ter disp. att., mentre l’obiezione circa il carattere
solo potenziale e non attuale della pretesa lesione del diritto di
difesa, a parte la discutibilità della tesi su cui si fonda, non
tiene conto del riferimento dell’ordinanza, pur senza citare nel
dispositivo l’art. 3 Cost., anche al principio di razionalità.
L’eccezione non può essere accolta nemmeno sotto il profilo
dell’inammissibilità di questioni dirette a ottenere sentenze
manipolative del sistema normativo. Tale non può essere giudicata la
questione sotto esame, come dimostra il fatto che nella dottrina
sulla trascrizione non manca un’opinione autorevole secondo la quale
l’omesso riferimento dell’art. 2652 n. 5 agli atti soggetti a
iscrizione sarebbe una lacuna colmabile in via di interpretazione
estensiva.
3. – La questione non è fondata.
La premessa da cui muove il giudice a quo ritiene applicabile la
tutela dell’art. 2901, ultimo comma, cod.civ. anche ai terzi di buona
fede ai quali sia stata trasmessa o vincolata a titolo oneroso una
ipoteca iscritta in base a un atto revocato per frode ai creditori.
Tale premessa trascura che una modificazione soggettiva dell’ipoteca
dal lato attivo può prodursi in base agli atti previsti dagli artt.
2843, 2856 e 2866 cod.civ., per i quali la forma di pubblicità è
l’annotazione in margine all’iscrizione dell’ipoteca, mentre i terzi
aventi causa (mediati) in buona fede e a titolo oneroso, che a norma
dell’art. 2652 n. 5 possono far valere la mancanza o la tardività di
trascrizione della domanda di revoca, hanno acquistato diritti dal
convenuto soccombente “in base a un atto trascritto o iscritto”. Il
silenzio del secondo comma dell’art. 2652 n. 5 circa i terzi
subacquirenti di un diritto di ipoteca in base a un atto annotato,
correlato al silenzio del primo comma circa la domanda di revoca
degli atti soggetti a iscrizione, dimostra che l’assoggettamento a
pubblicità nei registri immobiliari delle sole domande di revoca di
atti trascritti (e non anche di atti iscritti) non è una lacuna di
previsione, ma un limite consapevolmente stabilito dal legislatore
per una precisa ragione logico-sistematica. Esso deriva dalla
connessione della norma con l’art. 2901, ultimo comma, nel cui ambito
normativo l’art. 2652 n. 5 si inserisce modificando per le domande di
revoca assoggettate a pubblicità il criterio di discriminazione dei
terzi sottoposti incondizionatamente all’efficacia del giudicato che
accoglie la domanda.
Contrariamente a quanto ritiene il giudice a quo, l’art. 2901,
ultimo comma, cod.civ. (come l’art. 1445, al quale si collega il
successivo n. 6, nella parte concernente le domande di annullamento
per una causa diversa dall’incapacità legale) si riferisce ai terzi
aventi causa da un alienante a sua volta investito di un titolo di
acquisto derivativo: in questo caso i vizi del titolo del dante causa
vulnerano soltanto il precedente rapporto di trasmissione del diritto
e quindi non si trasmettono al terzo, ma soltanto si riflettono sul
suo titolo in virtù della regola resoluto iure dantis resolvitur et
ius accipientis, la cui operatività è limitata dalle norme citate a
tutela dell’affidamento nel traffico giuridico. Quando, invece, il
terzo acquista un diritto costituito ex novo in capo al suo autore
(per esempio un diritto di ipoteca, nel quale subentra o in via di
cessione del credito garantito o autonomamente, come nel caso di
surrogazione del creditore perdente), i vizi del titolo del dante
causa (nella specie, il vizio che lo rende revocabile per frode ai
creditori) sono vizi del negozio costitutivo del diritto, cioè
intaccano lo stesso diritto oggetto dell’alienazione e, come tali,
sono sempre opponibili al terzo indipendentemente dalla sua buona o
mala fede e dall’onerosità o gratuità del suo acquisto. Il subentro
nell’ipoteca del terzo cessionario del credito garantito o del terzo
surrogantesi determina soltanto una modificazione soggettiva attiva
del diritto, che rimane per il resto inalterato e perciò soggetto a
tutte le eccezioni opponibili al cedente o al creditore surrogato.
In conclusione, la sentenza di revoca per frode ai creditori di un
atto di assunzione di debito e di concessione di ipoteca non
soggiace, nei rapporti con i terzi, al limite di efficacia previsto
dall’art. 2901, ultimo comma, cod.civ. L’attore vittorioso può in
ogni caso opporla ai terzi ai quali l’ipoteca sia stata trasmessa o
vincolata nei modi indicati dall’art. 2843 oppure al terzo che
pretenda di surrogarsi nell’ipoteca ai sensi dell’art. 2856. A tale
effetto la pubblicazione della domanda di revoca è irrilevante, onde
si giustifica la norma denunciata che ne esclude la trascrivibilità
nei registri immobiliari.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
di legittimità costituzionale degli artt. 2652 n. 5 e 2654 cod.civ.,
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla
Corte di Appello di Salerno con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
Il Presidente: CONSO
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
Il cancelliere: DI PAOLA