Sentenza N. 594 del 1990
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1990
Data deposito/pubblicazione
28/12/1990
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1990
Presidente: prof. Giovanni CONSO;
Giudici: prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv.
Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA;
commi quarto e settimo, della legge della Regione Liguria 28 febbraio
1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di edilizia
residenziale e norme per il controllo degli Istituti autonomi per le
case popolari), promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1988 dal
Pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Cerutti
Mirella e Comune di Genova, iscritta al n. 392 del registro ordinanze
1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26,
prima serie speciale, dell’anno 1990.
Udito nella camera di consiglio del 14 novembre 1990 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello.
decadenza dall’assegnazione di un alloggio popolare, il Pretore di
Genova, con ordinanza in data 16 marzo 1988 (r.o. n. 392 del 1990),
ha sollevato, in riferimento agli artt. 108 e 117 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 (erroneamente
indicato come art. 11 nel dispositivo dell’atto di rimessione), comma
quarto e settimo, della legge regionale della Liguria 28 febbraio
1983, n. 6.
La disposizione, che, nel suo comma settimo, prescrive che tutti
gli atti del Comune che pronunciano l’annullamento o la decadenza
dell’assegnazione sono ricorribili, dinanzi al Pretore, ai sensi
degli ultimi tre commi dell’art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n.
1035, così attribuendo – sia pure attraverso un mero rinvio –
all’autorità giudiziaria una competenza nuova rispetto a quelle ad
essa affidate dalla legge statale, violerebbe il principio della
riserva statale in materia giurisdizionale (art. 108 Cost.) ed
esorbiterebbe dall’ambito delle competenze regionali di cui all’art.
117 della Costituzione.
Osserva inoltre il giudice a quo che la controversia sottoposta al
suo esame trae origine dall’applicazione del quarto comma del
suddetto art. 46, che, nell’escludere la decadenza nei casi di
impossibilità o grave difficoltà, accertata dall’ente gestore, ad
effettuare il regolare pagamento del canone convenzionato di
locazione, prevede poi espressamente che “tale impossibilità o grave
difficoltà non possono comunque valere per più di sei mesi”.
La norma, disciplinando autonomamente le conseguenze
dell’inadempimento, e, soprattutto, introducendo, con l’ultima
prescrizione, un limite legale alla valutazione dell’impossibilità,
inciderebbe nel settore dei rapporti di natura civilistica, non
essendovi dubbio che la fase successiva all’assegnazione
dell’alloggio dia vita ad un rapporto locativo di diritto privato.
L’incidenza nell’ambito dei rapporti intersoggettivi privati, anche
se cagionata dalla connessione con interessi pubblici attribuiti alla
competenza regionale, violerebbe l’art. 117 della Costituzione.
2. – Non si sono costituite le parti, né è intervenuta
l’Avvocatura generale dello Stato.
dell’art. 46, comma 7, della legge della Regione Liguria 28 febbraio
1983, n. 6, in riferimento agli artt. 108 e 117 della Costituzione.
Si assume nell’ordinanza di rinvio che tale articolo – limitatamente
alla parte in cui dispone che tutti gli atti del Comune che
pronunciano l’annullamento o la decadenza dell’assegnazione di un
alloggio di edilizia economica e popolare sono ricorribili dinanzi al
pretore, ai sensi delle norme statali contenute negli ultimi tre
commi dell’art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 – “si pone in
contrasto con la riserva di legge statale di cui all’art. 108 della
Costituzione ed esorbita dalle competenze regionali di cui all’art.
117 della Costituzione”.
Altra questione investe il quarto comma dello stesso articolo 46 –
il quale esclude dalla decadenza per morosità le ipotesi di
impossibilità o di grave difficoltà ad effettuare il regolare
pagamento del canone di locazione e prevede che tali ragioni non
possano comunque essere fatte valere per più di sei mesi – reputato
in contrasto con l’art. 117 della Costituzione, che non contempla fra
le materie di competenza regionale la possibilità di legiferare nel
campo dei rapporti intersoggettivi di natura privatistica, quale
appunto quello di locazione che si instaura successivamente
all’assegnazione dell’alloggio.
2. – La prima questione, riguardante il settimo comma dell’art. 46
della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983 n. 6, è fondata.
In proposito si deve precisare che detto comma si compone di tre
parti, una prima che prevede l’inefficacia dell’atto convenzionale di
locazione in conseguenza dell’emanazione ad opera del Comune di atti
che comunque pronunciano l’annullamento o la decadenza
dell’assegnazione; una seconda che attribuisce valore di titolo
esecutivo a tali atti; una terza, che è propriamente quella
sospettata di incostituzionalità, la quale prevede che relativamente
agli atti stessi “si applicano gli ultimi tre commi dell’art. 11 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035,
come modificato ai sensi della presente legge”.
Orbene, mentre gli ultimi tre commi di detto art. 11, cui fa
rinvio la legge regionale impugnata, prevedono il rimedio del ricorso
al Pretore solo avverso il decreto del Presidente dell’Istituto
autonomo per le case popolari che abbia pronunciato la decadenza
dell’assegnazione per inosservanza dell’onere di occupazione
dell’alloggio, per effetto del rinvio, detto rimedio giurisdizionale
viene esteso a tutti gli atti del Comune che pronunciano
l’annullamento e la decadenza dell’assegnazione ed, in particolare,
anche quando quest’ultima venga disposta per ragioni diverse da
quella cui fa riferimento la disposizione cui si rinvia. La legge
regionale innova perciò espressamente al regime delle competenze
dell’autorità giudiziaria ordinaria, e ciò tanto più ove si
consideri che, in tema di discrimine tra le giurisdizioni, la
giurisprudenza, fondandosi sulla legislazione statale, si è di
recente orientata nel senso di ribadire, nel settore degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica, il tradizionale criterio di riparto
basato sulla diversità delle situazioni soggettive tutelate.
Il rinvio produce perciò, nella fattispecie in esame, la
recezione materiale della norma statale nella legislazione regionale,
estendendo i rimedi giudiziari previsti nella legge cui si rinvia ad
ipotesi non solo non espressamente da quella contemplate, ma rispetto
alle quali il ricorso al giudice ordinario sembrerebbe addirittura
escluso alla stregua della giurisprudenza più recente in tema di
riparto fra le giurisdizioni.
Secondo i principi costantemente affermati dalla Corte (sent. n.
128 del 1963, n. 203 e 615 del 1987 e n. 727 del 1988), pertanto, la
norma impugnata contrasta con i parametri costituzionali invocati
perché si tratta di un rinvio novativo della fonte, e non di una
ipotesi di rinvio privo di autonomo significato normativo, il che si
verifica quando le leggi statali richiamate siano già applicabili di
per sé, perché “non abbisognano, a tal fine, di alcuna forma di
intermediazione normativa da parte delle Regioni” (sent. n. 304 del
1986).
3. – Non fondata è invece l’altra questione di legittimità
costituzionale avente per oggetto il quarto comma del medesimo
articolo 46 della legge regionale citata.
Al riguardo non può difatti seguirsi la tesi del giudice a quo,
che ravvisa il contrasto con l’art. 117 della Costituzione, ritenendo
esulare dalle competenze regionali, in quanto tendente a disciplinare
rapporti interprivati attinenti alla materia delle locazioni,
l’esclusione dalla decadenza per morosità delle ipotesi di
impossibilità o grave difficoltà ad effettuare il regolare
pagamento del canone di locazione, nonché la previsione che “tale
impossibilità o grave difficoltà non possano comunque valere per
più di sei mesi”.
La Corte, in una fattispecie analoga, ha già chiarito (sent. n.
727 del 1988) che, nella materia della edilizia residenziale
pubblica, l’art. 88 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, attribuisce
allo Stato soltanto “la determinazione dei criteri per le
assegnazioni degli alloggi e per la fissazione di canoni”, mentre
l’art. 93 dello stesso d.P.R. dispone un ampio trasferimento alle
Regioni delle funzioni di programmazione e di gestione (comma 1,
concernente la programmazione, la localizzazione, la realizzazione e
la gestione degli interventi, le funzioni connesse alle procedure di
finanziamento), nonché di organizzazione del servizio della casa
(comma 2, relativo alla riorganizzazione degli IACP).
Nella richiamata pronuncia si è altresì precisato che la
successiva legge n. 457 del 1978, all’art. 2, comma 2, ha
ulteriormente specificato l’ambito della competenza statale,
attribuendo al CIPE la determinazione dei “criteri generali” per le
assegnazioni e la fissazione dei canoni, nel mentre ha ancora
arricchito la sfera della competenza regionale in materia con l’art.
4, in base al quale spetta, fra l’altro, alle Regioni: individuare il
fabbisogno abitativo nel territorio regionale (lett. a); formare
programmi quadriennali e progetti biennali di intervento per
l’utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili (lett. b);
ripartire e coordinare gli interventi per ambiti territoriali (lett.
e); formare e gestire l’anagrafe degli assegnatari (lett. f);
disporre la concessione dei contributi pubblici (lett. l); esercitare
il controllo sui soggetti incaricati della realizzazione dei
programmi (lett. m).
Di conseguenza, al di fuori della formulazione dei “criteri
generali” da osservare nelle assegnazioni, è da ritenersi attribuita
alle Regioni la potestà legislativa nella materia e, quindi, la
disciplina attinente all’assegnazione e alle successive vicende dei
relativi rapporti che con essa si instaurano, i quali presentano
elementi di diversità dalle locazioni di diritto comune, essendo
regolate da una disciplina di settore con peculiari riflessi
pubblicistici.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, settimo
comma, della legge della Regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6
(Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale e
norme per il controllo degli Istituti autonomi per le case popolari),
nella parte in cui prevede che, a tutti gli atti dei Comuni che
pronunciano l’annullamento o la decadenza dell’assegnazione, si
applicano gli ultimi tre commi dell’art. 11 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, come
modificato ai sensi della presente legge;
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 46, quarto comma, della legge della Regione Liguria 28
febbraio 1983, n. 6 (Procedure, organi e competenze in materia di
edilizia residenziale e norme per il controllo degli Istituti
autonomi per le case popolari), sollevata, in riferimento all’art.
117 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1990.
Il Presidente: CONSO
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1990.
Il cancelliere: DI PAOLA