Sentenza N. 60 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1965
Data deposito/pubblicazione
06/07/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/06/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA
JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott.
ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof.
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO,
Giudici,
15 della legge 19 gennaio 1939, n. 294, in riferimento all’art. 41
della Costituzione, promosso con ordinanza emessa il 16 luglio 1964 dal
Pretore di Foggia nel procedimento penale a carico di Pellegrini
Domenico e Liotti Carlo, iscritta al n. 150 del Registro ordinanze 1964
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 238 del 26
settembre 1964.
Udita nella camera di consiglio del 25 maggio 1965 la relazione del
Giudice Nicola Jaeger.
Nel procedimento penale a carico di Pellegrini Domenico e Liotti
Carlo, imputati di contravvenzione agli artt. 1, 2 e 15 della legge 19
gennaio 1939, n. 294, per avere effettuato in concorso fra loro una
vendita straordinaria di merci senza la prescritta licenza della Camera
di commercio, il Pretore di Foggia, in seguito alle opposizioni ai
decreti penali di condanna proposte dagli imputati, pronunciava
all’udienza del 16 luglio 1964 una ordinanza, con la quale sospendeva
il giudizio in corso e ordinava la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, per il giudizio sulla legittimità costituzionale delle
norme richiamate nei decreti di condanna.
Si legge nella ordinanza di rimessione alla Corte che “la eccezione
(di illegittimità costituzionale) non appare al giudicante
manifestamente infondata, in considerazione che l’art. 41 della
Costituzione della Repubblica concede libera iniziativa economica
privata, mentre gli artt. 1, 2 e 15 della legge 19 gennaio 1939, n.
294, prevedono ed impongono delle limitazioni alla iniziativa economica
e commerciale, di guisa che sorge contrasto tra le stesse norme”.
L’ordinanza, che reca la data del 16 luglio 1964, è stata
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento a mezzo
raccomandate con ricevuta di ritorno in data 20 luglio 1964 e
notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 23 luglio 1964;
è stata quindi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
n. 238 del 26 settembre 1964.
Nel giudizio davanti a questa Corte nessuno si è costituito.
Con il decreto legge 19 gennaio 1939, n. 294, convertito in legge 2
giugno 1939, n. 739, si ritenne opportuno disciplinare le vendite
straordinarie o di liquidazione, considerando tali le “forme di vendita
al pubblico, con le quali un commerciante cerca di esitare in breve
tempo tutte le proprie merci o gran parte di esse, presentando al
pubblico la vendita come occasione particolarmente favorevole” (art. 2,
primo comma).
Si dispose pertanto che potessero effettuare vendite di merci sotto
tale forma soltanto coloro, che avessero ottenuto una preventiva
autorizzazione della Sezione commerciale dei Consigli provinciali delle
corporazioni (ora, Camere di commercio, industria e agricoltura), la
quale avrebbe potuto concederla in una serie di casi compresi in un
elenco contenuto nella stessa legge (artt. 1, 4, 5 e 8); e furono
previste sanzioni penali (ammenda) e amministrative (ritiro della
licenza di commercio) a carico di chi avesse effettuato una vendita
straordinaria o di liquidazione senza avere ottenuto la preventiva
autorizzazione, o avesse comunque contravvenuto alle disposizioni
legislative (art. 15).
Un esame accurato della disciplina della materia non induce
tuttavia a ritenere giustificate le critiche ad essa rivolte. Ne
risulta infatti che sono sufficientemente specificate le ipotesi, nelle
quali è consentita la concessione della autorizzazione, nonché quelle
in cui tale autorizzazione non è nemmeno necessaria.
D’altra parte, sembra innegabile la opportunità che attività di
questo genere siano soggette a controllo, onde evitare forme di
concorrenza sleale e mistificazioni a danno degli acquirenti.
Queste considerazioni trovano conferma in una circolare n. 1198/C
del 21 gennaio 1959 del Ministero dell’industria e del commercio,
diramata in seguito alla constatazione che l’applicazione delle norme
sopra ricordate non sarebbe stata fatta dalle varie Camere di commercio
secondo criteri uniformi, poiché alcune di esse avrebbero ritenuto
necessaria la speciale autorizzazione anche in casi non previsti dalla
legge e “senza tenere alcun conto del principio generale di libertà
stabilito dall’art. 41 della Costituzione in materia di iniziativa
economica privata”.
Tale circolare considera in modo ancor più particolareggiato una
numerosa serie di casi, per i quali dispone che non è necessaria
l’autorizzazione prevista dalle norme denunciate, ovvero che sussistono
i presupposti richiesti affinché essa venga concessa. Né vi è
ragione di supporre che le disposizioni ivi contenute non siano
osservate dalle Camere di commercio, e tanto meno dal Prefetto, al
quale gli interessati possono proporre ricorso contro le deliberazioni
di esse (art. 14).
Si deve concludere pertanto che non soltanto il testo e il
contenuto delle norme, ma anche il modo in cui esse risultano essere
interpretate ed osservate o fatte osservare, non possono essere
considerati in contrasto con i principi dell’art. 41 della
Costituzione, avendo quale scopo non già di limitare l’iniziativa
economica privata, ma di prevenire e reprimere vere e proprie frodi a
danno dei commercianti onesti e dei consumatori incauti; e che, nella
ipotesi che la applicazione in concreto di esse non risultasse conforme
a tali principi, sussistano garanzie sufficienti ad assicurare la
tutela dei diritti protetti dalla Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
delle norme contenute negli artt. 1, 2 e 15 della legge 19 gennaio
1939, n. 294, proposta dal Pretore di Foggia con l’ordinanza del 16
luglio 1964, in riferimento all’art. 41 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA- ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA- MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – FRANCESCO PAOLO
BONIFACIO.