Sentenza N. 61 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
24/05/1967
Data deposito/pubblicazione
24/05/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/05/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI, Giudici,
a) dell’art. 505 del Codice di procedura penale;
b) degli artt. 74 e 398 del Codice di procedura penale, nelle parti
in cui conferiscono al pretore il potere di esercitare l’azione penale,
di istruire il relativo processo e di pronunziarsi in sede istruttoria
sull’azione penale dallo stesso promossa;
c) degli articoli compresi nel libro terzo, titoli primo e secondo,
capi primo, secondo e terzo del Codice di procedura penale, nelle parti
in cui conferiscono al pretore il potere di emettere il decreto di
citazione per il giudizio, di dirigere il dibattimento e di emettere la
conseguente sentenza per i reati per i quali ha iniziato l’azione
penale e svolto la relativa istruttoria; promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 24 luglio 1965 dal Pretore di Prizzi nel
procedimento penale a carico di Provenzano Michele, iscritta al n. 200
del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 297 del 27 novembre 1965;
2) ordinanza emessa il 15 luglio 1966 dal Pretore di Caltanissetta
nel procedimento penale a carico di Spinello Gaetano, iscritta al n.
170 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 239 del 24 settembre 1966.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri.
udita nell’udienza pubblica del 15 marzo 1967 la relazione del
Giudice Biagio Petrocelli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Con due ordinanze del 24 luglio 1965 e, rispettivamente, del 15
luglio 1966, il Pretore di Prizzi, nel corso del procedimento penale
contro Provenzano Michele, e il Pretore di Caltanissetta, nel corso del
procedimento penale contro Spinello Gaetano, hanno sollevato questione
di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del Codice di
procedura penale, concernenti il procedimento, sia nella fase
istruttoria che in quella dibattimentale, davanti al pretore.
Nel primo giudizio la difesa dell’imputato aveva eccepito la
illegittimità costituzionale dell’art. 505 che, nei giudizi
direttissimi per i reati di competenza del pretore, attribuisce a
questo ultimo i poteri conferiti al pubblico ministero e al giudice
dagli artt. 502 e seguenti. Si era osservato al riguardo che la
diversità di garanzie riservate dalla Costituzione al giudice e al
pubblico ministero non consentirebbe di cumulare nella persona di uno
stesso magistrato le due funzioni.
Il Pretore ha ritenuto non manifestamente infondata la censura di
incostituzionalità della norma in riferimento agli artt. 101, comma
secondo, 102, comma primo, 107, commi primo e quarto, 112 della
Costituzione. Secondo l’ordinanza, il complesso dei principi sanciti da
tali articoli, sottolineando la diversità delle funzioni attribuite
rispettivamente al giudice e al pubblico ministero, postula la
necessità che le relative funzioni siano conferite ad organi distinti,
scaturendo dalla loro diversa natura la esigenza, anch’essa
riconosciuta dalla Costituzione, di garanzie di indole e grado diversi,
più intense, in particolare, per il giudice in vista della necessità
di assicurare a questo piena indipendenza. Dal sistema su descritto
emergerebbe, d’altra parte, il diritto per l’imputato di essere
giudicato da un organo “che nel procedimento sia, e sia stato, soltanto
giudice”, che cioè non abbia in precedenza svolto altre funzioni che
possano comunque limitargli e condizionargli il giudizio. Questi
principi, osservati dalla legge ordinaria per quanto concerne i reati
di competenza dei tribunali e delle Corti di assise, per i quali le due
funzioni sono attribuite ad organi distinti, sarebbero invece violati
per i reati di competenza del pretore. Nell’ordinanza si osserva infine
che il contrasto costituzionale però, stante la formulazione dell’art.
505 del Codice di procedura penale, deve essere posto in via
alternativa: o con quella parte della norma che conferisce al pretore
funzioni di pubblico ministero, o con quella che gli attribuisce
funzioni di giudice.
I dubbi sulla legittimità costituzionale delle norme che cumulano
in un unico magistrato le funzioni di giudice e quelle di pubblico
ministero sono stati ripresi nella seconda ordinanza, nella quale però
è stata sollevata questione, in riferimento alle medesime norme
costituzionali, degli artt. 74 e 398 nella parte in cui attribuiscono
al pretore il potere in genere di esercitare l’azione penale, di
istruire il relativo processo e di emettere sentenze istruttorie.
Il Pretore di Caltanissetta insiste soprattutto nel rilevare che il
regime delle garanzie connesse, secondo la disciplina costituzionale,
alle due funzioni è nettamente diverso, onde la impossibilità di un
cumulo di queste ultime nella stessa persona del pretore. Da ciò
infatti deriverebbe, per esempio, la impossibilità per questo
magistrato di godere come pubblico ministero della posizione di
inamovibilità riconosciutagli invece per la sua qualità di giudice.
Non senza considerare, altresì, la difficoltà di cogliere il limite
entro il quale a siffatto magistrato sarebbe applicabile il principio
costituzionale che subordina i giudici soltanto alla legge; e la
impossibilità di applicare del pari l’altro principio che riserva al
pubblico ministero, in quanto magistrato diverso dal giudice, la
funzione di esercitare l’azione penale.
Nella ordinanza del detto Pretore viene altresì sollevata
questione di legittimità costituzionale degli “articoli di cui al
libro terzo, titolo primo, titolo secondo, capo I, capo II, capo Ill
del Codice procedura penale nelle parti in cui conferiscono il potere
al pretore di emettere il decreto di citazione, di dirigere il
dibattimento e di emettere la conseguente sentenza per fatti – reato su
cui egli ha promosso l’azione penale ed ha esercitato funzioni di
istruttore in relazione con gli artt. 74, 398, 61 e 64, primo comma, n.
6, del Codice di procedura penale”, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione. A tal proposito si osserva in sostanza che
l’accentramento nella persona del pretore, sia pure attraverso “fasi
concettualmente distinte”, delle funzioni di pubblico ministero, di
giudice istruttore e di giudice del dibattimento, dà luogo a una
situazione che, in ogni altro procedimento, costituirebbe motivo di
incompatibilità ai sensi dell’art. 61 del Codice di procedura penale
e, quindi, di ricusazione del giudice ai sensi del successivo art. 64.
Onde la violazione del principio di eguaglianza, data la diversità di
trattamento riservata a situazioni del tutto analoghe nella funzione e
nei principi regolatori.
Le due ordinanze sono state regolarmente notificate e comunicate.
Risultano pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 297 del 27 novembre
1965 e, rispettivamente, n. 239 del 24 settembre 1966. In entrambi i
giudizi, si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con atti
di intervento e deduzioni depositati in cancelleria il 21 ottobre 1965
e il 13 ottobre 1966.
L’Avvocatura dello Stato, con varie argomentazioni, sostiene la
infondatezza delle prospettate questioni di legittimità
costituzionale. Si rileva in sostanza che il cumulo di funzioni diverse
nella persona di un solo magistrato nello stesso giudizio trova il
proprio divieto e la propria sanzione, per i procedimenti diversi da
quello pretorile, solo nei principi di diritto processuale sanciti
dagli artt. 61 e 64, ma non viola, in realtà, alcuna delle norme
costituzionali richiamate nelle due ordinanze. Né il sistema che
regola il procedimento avanti al pretore dà luogo a una ingiustificata
disparità di trattamento in violazione del principio di eguaglianza,
perché è pienamente giustificato dalla indole delle materie soggette
a quella competenza, senza per altro determinare alcuna lesione delle
garanzie dei diritti di difesa.
Data l’identità della materia, le questioni sollevate dalle due
ordinanze del Pretore di Prizzi e del Pretore di Caltanissetta possono
decidersi con unica sentenza.
Le questioni sono del tutto prive di fondamento. Le funzioni miste
che la legge assegna al Pretore nel processo penale, conferendogli la
potestà, oltre che di procedere al giudizio per i reati di sua
competenza, di promuovere l’azione penale, e di compiere, quando
occorrano, atti istruttori, non contengono elemento alcuno di contrasto
con gli artt. 101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto
comma, e 112 della Costituzione: norme di cui appare palesamente
forzato il richiamo. Fermo rimane, infatti, anche per il Pretore, il
principio che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101,
secondo comma); non è dubbio, inoltre, che il Pretore sia magistrato
ordinario che esercita le sue funzioni secondo le norme
dell’ordinamento giudiziario (art. 102, secondo comma); e che gli
spetti, come agli altri giudici, la garanzia della inamovibilità (art.
107, primo comma).
È poi evidente che il principio della obbligatorietà dell’azione
penale (tale essendo il principio fissato dall’art. 112, e non che il
promovimento dell’azione spetti esclusivamente al pubblico ministero)
debba avere, ed abbia, la sua piena attuazione anche nei procedimenti
davanti al Pretore.
Per ciò che riguarda il concorso nello stesso organo, nella fase
anteriore al giudizio, delle funzioni di giudice e di pubblico
ministero, va ricordato che questa Corte, in più sentenze, ha
riconosciuta la legittimità di norme nelle quali talune deviazioni
dalle regole generali del processo penale trovano fondamento, senza
lesione alcuna di principi costituzionali, nel principio della economia
processuale. È indispensabile infatti che taluni istituti,
nell’interesse del sollecito andamento della giustizia, trovino
possibilità di svolgersi con una propria e particolare disciplina.
Recentemente, con la sentenza n. 46 del 1967, la Corte ha considerato,
nel dichiarare infondate le relative questioni, che taluni poteri
conferiti al Pretore sono conseguenza necessaria del carattere
particolare che, nel sistema processuale penale, assume il relativo
procedimento, e delle esigenze di rapidità e semplicità cui esso si
ispira. Di qui anche quella varietà di funzioni che a torto si
vorrebbe presentare come costituzionalmente illegittima. Perfino in
tema di diritto di difesa la citata sentenza ha ribadito che esso,
senza violare il precetto costituzionale, bene può armonizzarsi con i
vari tipi di procedimento.
Nemmeno ha alcun rilievo, ai fini della legittimità
costituzionale, la diversità delle garanzie stabilite per il giudice e
per il pubblico ministero, non potendo sostenersi che sia contrastante
con la Costituzione il fatto che le garanzie del Pretore in quanto
giudice finiscano con l’involgere il Pretore anche nelle sue funzioni
non giudicanti. Altri aspetti dell’ordinamento dell’ufficio del
Pretore, come la non ricusabilità del giudicante che abbia compiuto
anche atti istruttori (nel caso di specie si trattava di atti
istruttori che si era ritenuto di compiere sulla imputazione di pascolo
abusivo) sono deroghe al sistema processuale, che stabiliscono
eccezioni, ma non ledono alcun principio costituzionale. Non è poi il
caso di indugiare sull’art. 3 della Costituzione, cui fa riferimento
una delle due ordinanze, in quanto le stesse ragioni innanzi accennate
costituiscono il fondamento della razionalità di tutte le norme
impugnate, e quindi della loro legittimità anche in relazione al
principio di eguaglianza, troppe volte invocato a rincalzo di altre
deboli argomentazioni.
E infine, anche al di fuori del profilo strettamente costituzionale
della questione, non è fuori luogo considerare i servigi che
all’ordinamento della giustizia sono stati resi, attraverso lunga
tradizione, dall’ufficio del Pretore, così come attualmente regolato;
nonché l’entità degli assurdi sconvolgimenti che si pretenderebbe
operare nell’istituto, in un momento nel quale si fanno sempre più
imperiose le esigenze della rapidità e semplicità degli ordinamenti
processuali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale,
sollevata dal Pretore di Prizzi con ordinanza del 24 luglio 1965,
dell’art. 505 del Codice di procedura penale, in riferimento agli artt.
101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, 112
della Costituzione;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale,
sollevate dal Pretore di Caltanissetta con ordinanza del 15 luglio
1966:
a) degli artt. 74 e 398 del Codice di procedura penale nelle parti
in cui conferiscono al Pretore il potere di esercitare l’azione penale,
di istruire il relativo processo e di pronunziarsi in sede istruttoria
sull’azione penale dallo stesso promossa, in riferimento agli artt.
101, secondo comma, 102, primo comma, 107, primo e quarto comma, 112
della Costituzione;
b) degli articoli compresi nel libro terzo, titoli primo e secondo,
capi primo, secondo e terzo del Codice di procedura penale, nelle parti
in cui conferiscono al Pretore il potere di emettere il decreto di
citazione per il giudizio, di dirigere il dibattimento e di emettere la
conseguente sentenza per i reati per i quali ha iniziato l’azione
penale e svolto la relativa istruttoria in riferimento all’art. 3 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ- GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.