Sentenza N. 622 del 1987
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1987
Data deposito/pubblicazione
30/12/1987
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1987
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
degli artt. 1, 11, 15 e 16, primo, quarto ed ultimo comma, della
legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni
obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende
private), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 novembre 1981 dal Pretore di Palermo
nel procedimento civile vertente tra Alicata Giuseppe e la s.p.a.
Cantieri Navali Riuniti, iscritta al n. 819 del registro ordinanze
1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 96
dell’anno 1982;
2) ordinanza emessa il 30 marzo 1982 dal Pretore di Torino nel
procedimento civile vertente tra Caloiero Edera e la s.p.a.
Carrozzeria Bertone, iscritta al n. 694 del registro ordinanze 1982 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 dell’anno
1983;
3) ordinanza emessa il 16 maggio 1983 dal Pretore di Ivrea nel
procedimento civile vertente tra D’Angelo Ciro e la s.p.a. Probest,
iscritta al n. 612 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 dell’anno 1984;
4) ordinanza emessa il 22 ottobre 1984 dal Pretore di Ivrea nel
procedimento civile vertente tra Tessitore Maria Antonietta e la
s.p.a. Pluritec, iscritta al n. 1279 del registro ordinanze 1984 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 71- bis
dell’anno 1985;
5) ordinanza emessa il 16 novembre 1984 dal Pretore di Torino
nel procedimento civile vertente tra Cupi Fortunato e il Nuovo Banco
Ambrosiano, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 1985 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 149- bis
dell’anno 1985;
Visti l’atto di costituzione del Nuovo Banco Ambrosiano nonché
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 10 novembre 1987 il giudice
relatore Giuseppe Borzellino;
Uditi l’avv.to Fabrizio Fabbri per il Nuovo Banco Ambrosiano e
l’Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
1981), nel procedimento civile fra Alicata Giuseppe e S.p.a. Cantieri
navali riuniti, il Pretore di Palermo ha sollevato questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, 15
(recte 11), 16 (primo, quarto ed ultimo comma) della legge 2 aprile
1968 n. 482 – Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie
presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private – nelle
parti in cui subordinano i diritti dei soggetti aventi titolo
all’assunzione, gli obblighi di assunzione dei privati datori di
lavoro ed il potere di avviamento degli Uffici provinciali del lavoro
e della massima occupazione alla richiesta di cui all’art. 16, quarto
comma, legge citata, per contrasto con gli artt. 3, 4 (primo comma),
38 (terzo e quarto comma), 41 (secondo e terzo comma) della
Costituzione.
1.2 – Il Pretore di Torino ha sollevato analoga questione di
legittimità ravvisando contrasto della citata legge anche con l’art.
97 Cost., con ordinanze emesse il 30 marzo 1982 (R.O. n. 694 del
1982) nel procedimento civile tra Caloiero Edera e S.p.a. Carrozzeria
Bertone ed il 16 novembre 1984 (R.O. n. 72) in causa tra Cupi
Fortunato e Nuovo Banco Ambrosiano.
1.3 – Anche il Pretore d’Ivrea, con due ordinanze emesse il 16
maggio 1983 (R.O. n. 612 del 1983) nel procedimento civile tra
D’Angelo Ciro e S.p.a. Probest ed il 22 ottobre 1984 (R.O. n. 1279
del 1984) nel procedimento civile tra Tessitore Maria Antonietta e la
S.p.a. Pluritec, ha sollevato questione di legittimità del solo art.
16 (quarto comma) della legge, nella parte in cui prescrive, per i
provvedimenti di avviamento al lavoro delle categorie protette, la
necessità della richiesta del datore di lavoro, per contrasto con
gli artt. 3, 38 (terzo e quarto comma), 41 (secondo e terzo comma)
della Costituzione.
2. – Secondo il Pretore di Palermo le norme denunciate sono in
contrasto con i parametri costituzionali citati, in quanto la legge
n. 482, per i suoi specifici contenuti, deve reputarsi diretta a
garantire, ope legis, l’occupazione di particolari soggetti,
meritevoli di tutela preferenziale. Solo in tale chiave di lettura si
può ritenere che la normativa di cui alla legge citata:
renda effettivo l’impegno della Repubblica a sostegno delle
categorie sottoprotette;
faccia diventare meno astratto e, comunque, renda attuale per
dette categorie il diritto al conseguimento di una occupazione, con
il fondamentale riconoscimento del diritto al lavoro come primario
diritto di libertà della persona umana;
avvii a realizzazione il diritto degli inabili e minorati ad
inserirsi proficuamente nella comunità produttiva, nel rispetto
delle esigenze solidaristiche proprie della Carta costituzionale;
attribuisca la dovuta rilevanza economico-sociale alle istanze
provenienti dagli appartenenti alle categorie sottoprotette,
nell’equilibrato rispetto delle esigenze di libertà dell’iniziativa
economica e di quelle di assistenza ai predetti, consentendo
l’effettiva crescita dei doveri inderogabili di solidarietà di cui
specificamente all’art. 41 Cost.
In tale contesto far derivare l’obbligo di assunzione ed ogni
correlativo diritto degli appartenenti alle categorie protette da un
pregresso comportamento dell’obbligato (la richiesta) sembra
costituire una intima contraddizione, che porterebbe a vanificare del
tutto la legge.
Secondo le ordinanze del Pretore di Torino l’imposizione della
richiesta:
erige anziché rimuovere gli ostacoli impeditivi dell’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione economica e
sociale del Paese;
vanifica il diritto all'”avviamento professionale” dei minorati
non inabili al lavoro;
contraddice al perseguimento dell’obiettivo di cui all’art. 4,
primo comma Cost.
Poco si addice, inoltre, al “buon andamento” dell’amministrazione
subordinare all’autodeterminazione del datore di lavoro la sua
soggezione alla potestà amministrativa dell’Ufficio di Collocamento.
Le ordinanze del Pretore di Ivrea pongono in evidenza una assunta
irrazionalità del sistema, adottato dalla legge in esame, che
scaturirebbe dalla necessità della richiesta di avviamento. Se è
vero, infatti, che tale obbligo è sanzionato nel secondo comma
dell’art. 23, è anche vero che tale sanzione è alquanto inadeguata,
in relazione all’effetto che con essa si vuole perseguire.
“Oltre che il principio di ragionevolezza della volontà contenuta
nella legge” la necessità della richiesta di avviamento, vanificando
le finalità della normativa, “viola i principi costituzionali che
con essa il legislatore mirava ad attuare”.
3. – Nel giudizio R.O. n. 72 del 1985 si è costituito il Banco
Ambrosiano S.p.a. rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni
Urbani, Fabrizio Fabbri e Paolo Catalano.
Nella memoria depositata il 16 luglio 1985 si eccepisce,
anzitutto, l’inammissibilità della questione che sollecita dalla
Corte costituzionale un intervento di legislazione creativa, dal
momento che non esiste nell’ordinamento un principio od una norma
generale che attribuisca all’Ufficio provinciale del lavoro il potere
di avviamento d’ufficio e senza richiesta.
Neppure la legge potrebbe prevedere quella sorta di imponibile di
mano d’opera che l’ordinanza vorrebbe.
La memoria osserva che il vigente sistema della richiesta
risponde, infatti, all’esigenza di evitare violazioni dell’art. 41
Cost., quale strumento che consente alle imprese di verificare le
possibilità di assunzioni di invalidi. In concreto, poi, l’attore,
pensionato, non aveva diritto all’avviamento obbligatorio.
In tutti e cinque i giudizi è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello
Stato.
Nella memoria d’intervento si osserva che esiste il diritto degli
inabili e minorati al loro inserimento nella comunità produttiva, ma
anche il diritto di libera iniziativa economica che non può essere
compresso attraverso la imposizione di un obbligo indiscriminato di
assunzione di dipendenti, che equivalga ad addossare ai privati i
doveri assistenziali propri della collettività.
Si osserva, indi, che l’obbligo legale di assunzione da parte
degli imprenditori privati dei lavoratori invalidi è assicurato
dalle sanzioni di cui all’art. 23 della l. n. 482 del 1968, ed è
indiscutibile che tali sanzioni, per le loro caratteristiche di
inderogabilità, rappresentano la massima espressione dell’interesse
statale all’osservanza dei relativi obblighi e doveri.
Si chiede pertanto che vengano dichiarate infondate le questioni
di legittimità prospettate.
giudizi vanno riuniti per formare oggetto, in conseguenza, di
un’unica pronuncia.
2.1 – La legge 2 aprile 1968, n. 482 – Disciplina generale delle
assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le
aziende private – prevede i soggetti invalidi aventi diritto
all’assunzione, stabilisce i relativi obblighi per le aziende
private, identifica gli organi del collocamento e le relative
modalità (artt. 1, 11, 16). In particolare, il comma quarto
dell’art. 16 pone per l’imprenditore, tenuto ad assumere lavoratori
appartenenti alle categorie protette, l’obbligo di “richiesta” al
competente Ufficio provinciale del lavoro.
2.2 – I giudici a quibus ravvisano l’illegittimità costituzionale
delle descritte norme, nella parte in cui la richiesta costituisce
presupposto essenziale ai fini del successivo avviamento al lavoro
dell’invalido.
Sarebbe violato, intanto, l’art. 3 Cost. poiché costituirebbe
“intima contraddizione”, per gli scopi univoci della legge, lasciare
arbitro il datore di lavoro, omettendo questi la richiesta, di ogni
assunzione: il che avrebbe riflessi anche sul buon andamento
amministrativo (art. 97).
Verrebbero meno, altresì, con siffatte scelte “libere”
dell’imprenditore tutte le garanzie del diritto al lavoro, nei suoi
presupposti generali cioè (art. 4 Cost.) e specifici per gli
invalidi (art. 38), con un palese contrasto, ancora, con gli scopi
sociali dell’iniziativa privata (art. 41, secondo e terzo comma).
3. – L’ordinanza del Pretore di Torino del 16 novembre 1984 (n. 72
del 1985) concerne un soggetto già collocato in quiescenza, per
servizio ultraventicinquennale nel Corpo della Guardia di Finanza.
Cosicché i benefici di legge non sono applicabili nella ristretta
fattispecie, poiché la normativa, per gli eminenti interessi sociali
che coinvolge, è intesa a favorire le aspirazioni di coloro che al
lavoro debbano ancora attingere in via primaria.
La questione va quindi dichiarata inammissibile.
4.1 – Le altre ordinanze si incentrano, in sostanza, nella carenza
di un sistema protettivo efficace di avviamento al lavoro degli
invalidi, la richiesta del datore di lavoro non essendo parsa ai
rimettenti strumento valido per il perseguimento dei fini di legge.
A questo punto, va precisato che l’atto in parola, col rendere
manifeste le esigenze concrete dell’imprenditore nella operatività
delle proprie strutture, costituisce requisito di legittimità del
provvedimento di assunzione, senza del quale (in ciò è costante
anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione) non può
altrimenti dischiudersi ingresso ad un avviamento ex officio.
È vero che i datori di lavoro sono tenuti ad altra “denuncia”
(semestrale) dello stato occupazionale nelle rispettive aziende, ma
tale adempimento non è sostitutivo della richiesta se non quando con
le sue formulazioni specifiche manifesti la esplicita volontà
dell’imprenditore a riguardo dell’assunzione nei termini di esigenza
sopradetti.
4.2 – Nulla impedisce che “richiesta” e “denuncia” possano essere
inoltrate mediante la predisposizione e sottoscrizione di un unico
atto ed è dato al giudice della singola controversia riconoscerne
validità ai fini del collocamento, così come pure ha affermato la
Corte di Cassazione.
Il che varrebbe a salvaguardare maggiormente gli scopi della
legge, per ragioni oggettive non essendosi rivelata di piena
efficacia la sanzione in caso di omissione della richiesta stessa
(art. 23 l. n. 482 del 1968).
E sono questi ultimi, in definitiva, i motivi che han determinato
i giudici a quibus al tentativo di rimuovere in radice il
procedimento relativo: si sarebbe di fatto resa praticabile per i
datori di lavoro interessati l’alea di una inadempienza, non
adeguatamente contrastata, a volte, nella individuazione della
proportio ad hominem.
5. – La questione non è fondata.
Quanto all’assunto di irragionevolezza ex art. 3 Cost. e
correlatamente ex art. 97 per il difetto di buon andamento che ne
conseguirebbe, si è qui detto che ricorrendo gli estremi della
dovuta copertura l’imprenditore è tenuto ad effettuare la relativa
richiesta: talché, non emerge l’esercizio di una sua
“contraddittoria” facoltà di scelta, altro essendo un atto che è e
rimane – dovuto ed altro, invece, il rifiuto di compierlo che attiene
– in ogni caso – alla sfera degli illeciti.
Quanto all’art. 38 Cost. (l’art. 4 precedente, col riconoscere
l’importanza sociale del lavoro, non crea, peraltro, rapporti di
diretta tutela), gli enunciati concernono l’approntamento dei mezzi
per l’inserimento dei disabili nel contesto sociale, senza peraltro
accollare oneri a connotazione assistenziale al datore di lavoro:
instaurato che sia – ancorché coattivamente – un rapporto si
determina la regolare prestazione che comporta tutti i diritti e gli
obblighi ad essa inerenti (sentenza n. 38 del 1960).
Le ordinanze, peraltro, assumono violato anche l’art. 41 (secondo
e terzo comma) Cost., poiché l’atto di richiesta contrasterebbe – si
assume – con i fini d’utilità sociale ivi perseguiti ed i controlli
che ne conseguono, atti ad assicurarne i risultati.
Con la proposizione del suo primo comma, cui seguono solo come
postulati i relativi limiti volti – tra l’altro – a creare fruttuoso
assorbimento di mano d’opera, l’art. 41 resta comunque inteso ad
affermare la libertà dell’iniziativa economica privata. In tali
equilibri gioca, appunto, il suo evidente ruolo l’atto d’impulso
dell’imprenditore, obbligato sì ad assunzioni nell’area delle
categorie protette, di cospicua caratterizzazione sociale e pur
sempre, però, finalizzate ad obiettive necessità: dunque,
l’ablazione della richiesta, lungi dal favorire un adeguamento della
norma ai principi costituzionali invocati, varrebbe – in contrario a
interferire con l’iniziativa economica che il contesto dell’art. 41
preserva da restrizioni abnormi nelle scelte operative di svolgimento
(cfr. sentenza n. 12 del 1963).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1, 11 e 16 della legge 2 aprile 1968, n.
482 – Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le
pubbliche amministrazioni e le aziende private sollevata dal Pretore
di Torino, in riferimento agli artt. 3; 4 (primo comma); 38 (terzo
comma); 97 (primo comma) Cost., con l’ordinanza n. 72 del 1985;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 1, 11, 16, primo, quarto ed ultimo comma della predetta
legge n. 482 del 1968, sollevata, in riferimento agli artt. 3; 4
(primo comma); 38 (terzo e quarto comma); 41 (secondo e terzo comma);
97 (primo comma) Cost., dai Pretori di Palermo (ord. n. 819/1981),
Torino (ord.n. 694/1982), Ivrea (ordd. nn. 612/1983 e 1279/1984).
Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: BORZELLINO
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI