Sentenza N. 63 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
03/04/1969
Data deposito/pubblicazione
03/04/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
27/03/1969
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE, Giudici,
Friuli-Venezia Giulia notificato il 10 ottobre 1968, depositato in
cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 21 del Registro ricorsi
1968, per conflitto di attribuzione tra la stessa Regione e lo Stato,
sorto per effetto della nota del Ministero dell’agricoltura e delle
foreste 7 agosto 1968, n. IV/976 Pos. 86/C, riguardante la nomina di un
rappresentante della Regione in seno al Collegio sindacale del
Consorzio agrario provinciale di Udine.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 26 febbraio 1969 la relazione del
Giudice Michele Fragali;
uditi l’avv. Emilio Sivieri, per il ricorrente, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
1. – Il 9 luglio 1968 la Giunta della Regione Friuli- Venezia
Giulia nominava componente del Collegio dei sindaci del Consorzio
agrario provinciale di Udine un funzionario del locale assessorato
dell’agricoltura e foreste in sostituzione di un componente deceduto
designato dal Ministero dell’agricoltura e foreste ai sensi dell’art.
44 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235. Il 22 successivo,
nel Comunicare la nomina al Consorzio provinciale e, per conoscenza, al
Ministero predetto, la Regione invitava il presidente del Consorzio, e
con decorrenza immediata, a inoltrarle tutti i provvedimenti che fino a
quella data erano stati invece inviati per competenza al Ministero.
Quest’ultimo replicava il 7 agosto 1968, con nota n. IV/976, diretta
alla Regione e, per conoscenza, al presidente del Consorzio
interessato, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al
Commissario del Governo nella Regione: il Ministero richiamava una
precedente sua nota 31 agosto 1967, n. 13.354, riguardante il Consorzio
di Trieste e una nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri 13
dicembre 1967, n. 200/9340; faceva presente che il provvedimento di
nomina non poteva avere efficacia giuridica, non rientrando la materia
nella competenza regionale, invitava il presidente del Consorzio di
Udine a volersi astenere dal dar seguito alle disposizioni impartite
dalla Regione e al provvedimento della Giunta regionale.
2. – A seguito di tale nota, la Regione, con atto del 9 ottobre
1968, notificato il giorno successivo al Presidente del Consiglio dei
Ministri, proponeva ricorso per conflitto di attribuzione sulla base di
due mezzi.
Con il primo mezzo rilevava che, avuta comunicazione del decreto
regionale, lo Stato, avendo ritenuto che quegli atti fossero lesivi
della sfera ad esso riservata, non avrebbe dovuto direttamente
annullarli e renderli inefficaci, ma avrebbe dovuto proporre conflitto
di attribuzione con riferimento sia al decreto, sia alla nota di
comunicazione. Sono stati fatti trascorrere inutilmente i termini
stabiliti dall’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87; e quindi è
rimasta acquisita la competenza regionale a provvedere, così come ha
provveduto, e ad esercitare, nei confronti del Consorzio agrario
provinciale di Udine, tutte le attribuzioni di cui all’art. 35 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1965, n. 1116.
Con il secondo mezzo la Regione osservava che il provvedimento
ministeriale 7 agosto 1968 ha invaso sotto altro aspetto la sfera di
competenza regionale perché lo Statuto e le norme di attuazione
riservano alla Regione ogni competenza in materia di agricoltura e
foreste. Queste ultime norme hanno trasferito all’amministrazione
regionale tutti gli uffici e i servizi del Ministero e hanno fatte
salve soltanto le disposizioni sulla vigilanza e sulla tutela degli
enti ed organismi a carattere interregionale e nazionale, e quindi
hanno trasferito alla Regione anche le funzioni ministeriali in ordine
ai consorzi agrari provinciali. Il conferimento ai consorzi di funzioni
di interesse pubblico non può spostare la competenza regionale, che si
ferma al diverso interesse interregionale e nazionale; a tal uopo la
Regione richiama norme che, per la Sicilia, la Sardegna e il
Trentino-Alto Adige, fanno riferimento ai consorzi agrari come ad enti
regionali e a norme di attuazione statutarie che conservano allo Stato
determinati poteri sugli enti trasferiti al controllo regionale. A
proposito di queste ultime norme la regione rilevava che, essendo
mancate riserve del genere in ordine ai consorzi agrari, deve ritenersi
che i poteri sui medesimi sono stati a lei trasferiti nella loro
pienezza e con riguardo anche ai poteri dei ministeri del tesoro e del
lavoro, stante che i relativi compiti in ordine ai consorzi ricadono
tutti nella materia dell’agricoltura.
3. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituitosi il 30
ottobre 1968, negava che rispetto alla deliberazione 9 luglio 1968 si
fosse avuta acquiescenza statale: essa non venne mai portata alla sua
notizia e pertanto la nota del Ministero dell’agricoltura e delle
foreste deve ritenersi l’unico atto idoneo a introdurre un conflitto di
attribuzione riguardo alla materia.
Nel merito il Presidente del Consiglio dei Ministri faceva rilevare
che i consorzi agrari provinciali sono strumento della politica
economica dello Stato nel campo dell’agricoltura perché provvedono
alle operazioni di ammasso e di utilizzazione, trasformazione e vendita
collettiva dei prodotti agricoli; compiono, direttamente o come
intermediari, operazioni di credito inerenti ai prodotti ammassati;
concorrono inoltre all’impianto di campi e stazioni sperimentali
nell’interesse della produzione e in generale a tutte le iniziative
intese al miglioramento della produzione; infine eseguono, per conto e
nell’interesse dello Stato, le operazioni necessarie per il
ricevimento, la conservazione e la distribuzione di merci di qualsiasi
specie, e, in relazione a ciò, ad essi sono stati affidati gli
interventi di mercato previsti dai regolamenti della Comunità
economica europea, quelli di cui alla legge sul secondo Piano verde e
la distribuzione delle merci per conto dell’Azienda di Stato per
l’intervento nel campo agricolo. Le facoltà spettanti al Ministero
dell’agricoltura (di disporre ispezioni sul funzionamento dei consorzi,
di sospendere l’esecuzione di deliberazioni o di atti illegittimi o
contrari alle finalità degli enti o al pubblico interesse e di
annullare in ogni tempo gli atti contrari alle leggi, ai regolamenti e
agli statuti), riferendosi unitariamente ai consorzi e alla Federazione
dei consorzi, non possono dar luogo a competenza mista che si eserciti
dalla Regione per i consorzi e dallo Stato per la Federazione; ed è
perciò che l’art. 44 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235,
dispone l’integrazione dei collegi sindacali con membri di nomina
statale. Il Presidente del Consiglio faceva poi risalire all’art. 6
della legge comunale e provinciale il citato potere di annullamento,
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non può spettare che
allo Stato. Viene anche contestato che i compiti spettanti al Ministero
del tesoro e a quello del lavoro ricadono nella materia
dell’agricoltura, riguardando aspetti diversi da quelli riferibili al
Ministero stesso.
4. – La Regione, nella memoria del 13 febbraio 1969, deducendo
sulla pregiudiziale da essa proposta, osserva ora che allo Stato non
spetta il potere di annullare di ufficio gli atti amministrativi della
Regione, e che essa non intende opporre l’acquiescenza dello Stato ai
provvedimenti, ma lamenta l’invasione della propria competenza,
concretatasi nel fatto che lo Stato aveva annullato e reso inefficaci
quei provvedimenti senza valersi del ricorso alla Corte. La conoscenza
di tali provvedimenti fu acquisita dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri con la comunicazione della nota ministeriale 7 agosto 1968,
che fu diretta anche all’ufficio regioni della Presidenza del
Consiglio, e, quanto meno, con la notificazione del ricorso per
conflitto di attribuzioni.
Circa il merito, la Regione obietta che i compiti che le leggi
attribuiscono ai consorzi non assumono la rilevanza che lo Stato
intende attribuirvi nei riflessi delle competenze regionali; ribadisce
all’uopo la differenza tra interesse pubblico e interesse nazionale,
argomentando, oltre che dalla già notata riserva allo Stato soltanto
della vigilanza sugli enti di interesse nazionale e interregionale,
anche dall’art. 3 del sopracitato decreto legislativo 7 maggio 1948, n.
1235, che attribuisce unicamente alla Federazione dei consorzi agrari
compiti con riguardo ad esigenze di carattere nazionale, cosicché solo
la competenza relativa all’esercizio dei poteri della Federazione è
rimasta allo Stato, in coerenza al fatto, già ricordato, che in
Sicilia, in Sardegna e nel Trentino-Alto Adige, la vigilanza e la
tutela dei consorzi provinciali è affidata alla rispettiva Regione.
Non v’e impossibilità logica di una competenza ripartita fra Stato
e Regione, di cui si ha un esempio nelle norme di attuazione approvate
con decreto del Presidente della Repubblica 26 giugno 1965, n. 960, le
quali affidano i controlli sugli atti delle provincie, dei comuni e dei
loro consorzi agli organi regionali e statali, secondo il carattere
degli interessi di cui hanno la cura; non v’è, del resto, commistione
di competenze nell’esercizio del duplice controllo separatamente
demandato alla Regione per i Consorzi e alla Federazione per lo Stato;
non è poi da confondere il potere di annullamento di cui all’art. 6
della legge comunale e provinciale con quello dato al ministero dal
decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235; è da disattendere
l’assunto per cui sono rimasti al Ministero del tesoro e a quello del
lavoro compiti nella materia della agricoltura, perché le norme di
attuazione hanno trasferito alla Regione le attribuzioni di tutti gli
organi centrali e periferici dello Stato, competenti nella predetta
materia, salve le eccezioni relative agli enti e organismi
interregionali e nazionali. Non è nemmeno attendibile la tesi per cui
il trasferimento disposto dalle norme di attuazione riguarda i poteri
di vigilanza e tutela di cui all’art. 35 del decreto legislativo 7
maggio 1948, n. 1235, restando ferma la competenza statale per la
nomina dei sindaci, ai sensi del successivo art. 44: le norme di
attuazione, con riferimento alle camere di commercio e agli enti del
turismo, riservano determinati poteri allo Stato, il che non fanno per
i consorzi agrari.
5. – Nella memoria depositata il 13 febbraio 1969, il Presidente
del Consiglio dei Ministri ha insistito nelle osservazioni svolte
nell’atto di costituzione in giudizio.
Sulla questione pregiudiziale, relativa al decorso del termine per
la proposizione del conflitto in relazione alla nota regionale 22
luglio 1968, il Presidente del Consiglio ha però soggiunto che essa
resta superata dalla circostanza che la Regione ha promosso il
conflitto in relazione alla nota ministeriale 7 agosto 1968; se fosse
vero che lo Stato, con questa nota, ha voluto rendere inoperanti atti
regionali perfetti ed efficaci, non si comprenderebbe perché la
Regione abbia poi sentito la necessità di sollevare l’odierno
conflitto.
Sul merito si è inoltre fatto presente che i consorzi agrari
provinciali secondo l’ordinamento attuale, pure avendo una natura di
diritto privato, sono soggetti alla vigilanza governativa per il fine
statale che attuano e non può escludersi che lo Stato li sovvenzioni,
se è vero che ad essi sono riconosciute esenzioni fiscali e
agevolazioni per gli oneri derivanti dai compiti d’interesse generale
ad essi affidati (art. 38 decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235),
e che per essi lo Stato provvede ad interventi finanziari in ordine
alle gestioni degli ammassi volontari; in modo che i consorzi agrari
provinciali si trovano nella condizioni delle cooperative edilizie che,
pur avendo le forme di società private, la Corte, con la sua sentenza
17 dicembre 1958, n. 80, caratterizza come enti mediante i quali si
esplica la politica economica dello Stato. Anzi le cooperative sono
organi indiretti di tale politica, mentre i consorzi agrari provinciali
svolgono una politica direttamente imputabile allo Stato. La
Federazione dei consorzi ha un carattere nazionale in quanto i consorzi
che la costituiscono perseguono, nella loro singolarità, uno scopo che
ha quel carattere; secondo l’art. 3 del suo statuto la Federazione
svolge servizi di carattere generale nell’interesse dei consorzi,
agevolandone e coordinandone le attività, e, secondo l’art. 11 dello
stesso statuto, i consorzi mettono la Federazione in condizione di
esercitare la vigilanza che le spetta, sia consentendole ispezioni e
fornendole dati, sia avvalendosi dei servizi da essa offerti, sia
seguendone le direttive organizzative, amministrative, commerciali e
contabili. Per questo l’art. 44 del decreto legislativo del 1948, ha
disposto che, fino alla cessazione delle attività di pubblico
interesse esercitate dai consorzi, i collegi sindacali debbono essere
integrati dai sindaci di nomina governativa; volle consentire uno
speciale controllo di specifiche attività svolte nell’ambito
nazionale. Alle Regioni non sono state trasferite le materie che
ineriscono a tali attività, che sono di interesse statale.
6. – All’udienza del 26 febbraio 1969 i difensori delle parti hanno
illustrato e ribadito le proprie tesi.
1. – Come risulta dall’esposizione che precede, la deliberazione
della Giunta regionale che ha dato causa all’odierno conflitto di
attribuzione formò oggetto della nota del Ministero dell’agricoltura e
delle foreste data 7 agosto 1968 diretta alla Regione e per conoscenza
all’ufficio regioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il
fatto che il Presidente del Consiglio non ebbe a proporre ricorso per
conflitto di attribuzione in ordine a tale nota, non impedisce allo
stesso di contestare in questa causa l’affermazione della competenza
regionale nella materia di cui si tratta.
A parte il dubbio sulla possibilità di equiparare una semplice
comunicazione, come quella predetta, alla notificazione, dalla quale
può decorrere il termine per la proposizione di un ricorso per
conflitto di attribuzione, è da rilevare che la Regione non ha
dimostrato che l’ufficio al quale la nota ministeriale fu indirizzata
per conoscenza è competente riguardo ai ricorsi del genere. È
sintomatico a tal riguardo che la Regione notificò il ricorso oggi in
esame al Presidente del Consiglio pro tempore senza l’indicazione di
quell’ufficio; in modo che non è certo che il presidente stesso abbia
avuto conoscenza dell’atto regionale prima della proposizione del
ricorso predetto.
Si può inoltre rilevare che è rimasto financo ignorato in quale
giorno l’ufficio regioni della Presidenza del Consiglio ricevette la
nota del Ministero dell’agricoltura, che è datata al 7 agosto 1968, ma
non si sa se e quando sia pervenuta; cosicché, anche sotto tale
profilo non si può ritenere provato che nel giorno della notificazione
del ricorso regionale fossero già trascorsi in pregiudizio del
Presidente del Consiglio dei Ministri i termini entro i quali egli
avrebbe potuto reagire contro il provvedimento della Regione.
2. – Nel merito questa Corte osserva che i consorzi provinciali
agrari, pur essendo società private cooperative, svolgono anche
compiti di spettanza statale. Basterebbe ricordare che, per l’art. 2,
n. 8, decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, possono eseguire per
conto e nell’interesse dello Stato le operazioni necessarie per il
ricevimento, la conservazione e la distribuzione di merci e prodotti di
qualsiasi specie e che, in relazione a ciò, ad essi sono stati
affidati gli interventi di mercato previsti dai regolamenti della
Comunità economica europea, quelli di cui alla legge sul secondo Piano
verde e la distribuzione delle merci per conto dell’Azienda di Stato
per l’intervento nel campo agricolo; in quanto operano per conto dello
Stato, i consorzi godono poi di agevolazioni fiscali, e, a beneficio
dei medesimi, lo Stato provvede ad interventi finanziari in ordine alle
gestioni degli ammassi volontari.
Ora, in forza dell’art. 44 del predetto decreto legislativo 7
maggio 1948, n. 1235, fino alla cessazione delle attività di pubblico
interesse esercitate dai consorzi, i collegi sindacali dei medesimi
debbono essere integrati da tre sindaci effettivi, rispettivamente
nominati dal Ministero dell’agricoltura e delle foreste, da quello del
tesoro e da quello del lavoro e della previdenza sociale; ed essendo
ancora attuale nei consorzi l’affidamento di compiti inerenti alle
predette attività, spettava al Ministero dell’agricoltura la nomina
del sindaco, alla quale invece ebbe a provvedere la Regione.
3. – Non è rilevante che, per l’art. 2 del D.P.R. 26 agosto 1965,
n. 1116, furono trasferite alla Regione le attribuzioni esercitate nel
territorio della stessa dagli organi centrali e periferici dello Stato
in materia di agricoltura e foreste. Il trasferimento ha avuto riguardo
soltanto alle funzioni di interesse essenzialmente regionale, in
coerenza allo scopo dell’istituzione dell’ente che è quello di dare
soluzioni appropriate ai problemi particolari di ciascuna Regione a
tutela adeguata ai relativi interessi (sentenza di questa Corte 24
gennaio 1964, n. 4) nonché di conformare l’ordinamento giuridico alle
esigenze locali, secondo la diversità dei bisogni (sentenza 18
novembre 1958, n. 58); e tale scopo è anche causa fondamentale della
particolare autonomia delle Regioni a statuto speciale (sentenza 9
giugno 1961, n. 34).
Che dal trasferimento disposto con il predetto decreto del
Presidente della Repubblica 26 agosto 1965, n. 1116, dovevano rimanere
escluse le attribuzioni esercitate localmente dallo Stato nel proprio
esclusivo interesse è specificatamente chiarito e provato anche
dall’art. 2 del decreto stesso, il quale lasciò fuori dalla competenza
regionale la vigilanza e la tutela sugli enti e organismi a carattere
interregionale e nazionale; ed esso non contiene tanto un riferimento
al limite territoriale delle funzioni degli enti e degli organismi
nominati, quanto un richiamo all’interesse oggettivo implicato dalle
funzioni dai medesimi in concreto esercitabili, le quali possono dirsi
di carattere interregionale e nazionale nella misura in cui coinvolgono
un’attività che rispecchia l’interesse di più regioni e quello dello
Stato, qualunque sia il suo ambito di svolgimento. Non è il luogo in
cui lo Stato opera o la qualità dell’ente di cui esso si avvale che
delimita la natura della sua azione. Lo ha deciso questa Corte quando,
nella sentenza 17 dicembre 1958, n. 80, ha ritenuto che l’art. 4, n.
15, dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige, nell’attribuire
alla Regione la vigilanza sulle cooperative, non ha inteso conferirle
poteri in materia di cooperative edilizie a contributo erariale, le
quali, pur avendo compiti territorialmente ristretti ed essendo enti di
natura privata, si caratterizzano come strumenti mediante i quali si
esplica la politica economica dello Stato intesa a favorire
l’incremento delle costruzioni nel campo della edilizia economica e
popolare; lo ha deciso inoltre quando, nella sentenza 22 gennaio 1960,
n. 2, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale relativa al terzo comma dell’art. 6 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 gennaio 1959, n. 28, concernente norme
di attuazione del predetto statuto in materia di case popolari, che
aveva attribuito al Ministero dei lavori pubblici la vigilanza sugli
istituti autonomi per le case popolari, enti a competenza provinciale
per l’attività da essi svolta riguardo alle case costruite dallo Stato
a suo totale carico.
Sotto tale prospettiva deve intendersi pure l’art. 4, n. 9, dello
stesso statuto che attribuisce alla Regione potestà legislativa in
materia di consorzi agrari. E non conta perciò nemmeno che l’art. 2,
secondo comma, del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 789, per la
Regione siciliana, e l’art. 8 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 maggio 1950, n. 327, per la Regione sarda, considerano
ente od organismo a carattere nazionale la Federazione italiana dei
consorzi agrari e non il Consorzio agrario provinciale: tali norme
hanno avuto riguardo alla qualificazione che deriva alla Federazione
dal fatto che essa opera istituzionalmente con esclusivo riferimento
alle esigenze nazionali, ma non escludono che di interesse statale
possano ritenersi i consorzi agrari provinciali nell’esercizio di
quelle attività che allo Stato, secondo l’ordinamento, è permesso di
affidare direttamente ad essi. Si può ricordare la sentenza di questa
Corte 10 aprile 1962, n. 35, la quale, pur ammettendo che l’ente per la
riforma agraria in Sicilia si collega direttamente alla Regione, in
quanto nel territorio della stessa svolge la propria attività,
considerata nel quadro della riforma agraria, che trascendeva l’ambito
regionale e interessava la collettività per gli innegabili riflessi
sulla economia generale e per l’incidenza dell’attività stessa sulla
funzione sociale della proprietà, rimaneva giustificato che potesse
essere assoggettato alla vigilanza dello Stato; questo giudizio fu
ribadito nella sentenza 2 luglio 1968, n. 105, a proposito della
competenza ad approvare le deliberazioni dell’ente predetto concernenti
il trattamento di quiescenza del suo personale, che fu ritenuto di
spettanza dello Stato in virtù dell’art. 11 del decreto legislativo 5
agosto 1947, n. 778, in considerazione del fatto che esso, fino alla
trasformazione in Ente sviluppo agricolo, aveva ottenuto continuamente
contributi dello Stato, e non ostante che col decreto legislativo 7
maggio 1948, n. 789, le attribuzioni spettanti al Ministero
dell’agricoltura e delle foreste nel territorio della Regione siciliana
fossero state trasferite all’amministrazione regionale.
4. – Non è nemmeno decisivo distinguere, come fa la Regione, fra
interesse pubblico e interesse nazionale, per inferirne che l’art. 44
del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, nell’integrare con
componenti di nomina statale il collegio dei sindaci dei consorzi
agrari ha richiamato un interesse pubblico, che, se poteva essere
statale prima del passaggio alle regioni delle competenze inerenti ai
consorzi agrari, non potrebbe oggi assumere la rilevanza che ad esso si
intende attribuire nei riflessi delle competenze regionali.
L’art. 2, n. 8, del decreto predetto fa cenno in modo preciso a
compiti da svolgere per conto e nell’interesse dello Stato; ed essi,
per la loro essenza, non possono divenire funzioni da esercitare per
conto e nell’interesse della Regione. Infatti l’articolo per
qualificare quei compiti ha riguardo non solo all’elemento soggettivo
dell’incarico o della delega data dallo Stato, ma anche all’elemento
oggettivo dell’inclusione delle finalità perseguite fra quelle che
spettano alla competenza esclusiva dello Stato perché necessariamente
esercitabili con criteri unitari nell’interesse di tutta la comunità
nazionale e per l’attuazione di quelle esigenze fondamentali che
informano la vita della comunità stessa; il cui accertamento e la cui
Valutazione non possono rientrare, per la loro natura, tra le
attribuzioni regionali. Non vi è contraddizione alcuna, lo si è già
detto, fra l’indole statale di tale attività e la decisione statale di
svolgerla, per il tramite di enti locali, che, a questo solo fine,
possono perciò e debbono essere assoggetati a vigilanza governativa.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato la nomina di un rappresentante della
Regione Friuli-Venezia Giulia in seno al collegio sindacale del
consorzio agrario provinciale di Udine, ai sensi dell’art. 44 del
decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, concernente l’ordinamento
dei consorzi agrari e della Federazione italiana dei consorzi agrari;
respinge il ricorso prodotto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia
con atto 1 ottobre 1968 per la risoluzione del conflitto di
attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero dell’agricoltura
e delle foreste 7 agosto 1968, n. IV/976, diretta all’assessore
dell’agricoltura e foreste della Regione e avente per oggetto la nomina
predetta.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 marzo 1969.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.