Sentenza N. 7 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
06/02/1969
Data deposito/pubblicazione
06/02/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
29/01/1969
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI-
Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE, Giudici,
definitivamente dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige il 7
marzo 1968, concernente “Norme per l’applicazione dell’imposta sugli
incrementi di valore delle aree fabbricabili e del contributo di
miglioria specifica”, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio
dei Ministri, notificato il 5 aprile 1968, depositato in cancelleria il
9 successivo ed iscritto al n. 7 del Registro ricorsi 1968.
Visto l’atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige;
udita nell’udienza pubblica del 6 novembre 1968 la relazione del
Giudice Giuseppe Branca;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
per il ricorrente, e l’avv. Enrico Allorio, per la Regione
Trentino-Alto Adige.
1. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con ricorso e
memoria depositati il 9 aprile e il 24 ottobre 1968, denunzia per
violazione degli artt. 4 e 5 dello Statuto Trentino-Alto Adige il
disegno di legge regionale definitivamente riapprovato il 7 marzo 1968
e comunicato il 21 marzo 1968.
Il provvedimento impugnato attribuisce ai Comuni la facoltà (che
è obbligo per alcuni di essi) di istituire un’imposta sugli incrementi
di valore delle aree fabbricabili “in apparente analogia alla legge
nazionale 5 marzo 1963, n. 246”.
La materia, secondo il ricorso, non è di competenza della Regione,
a cui manca una potestà legislativa generale in fatto di tributi, né
rientra in quella che è disciplinata dall’art. 4, n. 16, dello Statuto
regionale. Questa riguarda soltanto i “contributi di miglioria in
relazione ad opere pubbliche eseguite dalla Regione e dagli altri Enti
pubblici regionali”, cioè i contributi di miglioria specifica. Invece
l’imposta sugli incrementi di valore, introdotta con la legge
denunciata, non solo è diversa dal contributo di miglioria specifica,
ma neanche sostituisce il contributo di miglioria generica. che pure ha
assorbito: essa infatti ha propria natura e finalità; colpisce gli
incrementi di valore indipendentemente dalle circostanze che li hanno
determinati; non tende a rimborsare ai Comuni una parte della spesa di
urbanizzazione ma vuole assicurare un cospicuo gettito d’entrata; frena
la speculazione sulle aree e favorisce l’edilizia popolare.
In subordine, il ricorso denunzia, per violazione dei principi e
interessi generali a cui s’informa l’ordinamento tributario dello
Stato, gli artt. 32 e 33 del disegno di legge, che estendono il
contributo di miglioria specifica a casi non previsti dallo Statuto;
l’art. 35, che modifica la procedura contenziosa prevista del testo
unico della finanza locale (14 settembre 1931, n. 1175); l’art. 38, che
disciplina rapporti privati e introduce nullità di patti intesi a
trasferire l’imposta; l’art. 40, che pretende recepire in parte norme
del citato testo unico già vigenti nella Regione; l’art. 43, che sulla
destinazione del gettito e sulla contabilità comunale contrasta coi
principi della contabilità pubblica; infine l’art. 44, che abroga in
parte l’analoga legge nazionale 1963, n. 246.
2. – La Regione, nelle deduzioni depositate il 24 aprile 1968,
risponde che proprio nel T.U. dela finanza locale i contributi di
miglioria generica e specifica costituiscono un tutto unitario: due
aspetti d’una volontà normativa diretta a colpire la “rendita”
derivante dallo sviluppo della comunità e dagli investimenti, specie
pubblici. Perciò una loro distinzione falserebbe la portata dell’art.
4, n. 16, dello Statuto regionale: tanto più che nella legislazione
precedente i Comuni e le Provincie erano facoltizzati a istituire
contributi di miglioria specifica e generica e che la Regione o le sue
Provincie hanno competenza in fatto di espropriazione, di viabilità,
di lavori pubblici e di urbanistica, materie tutte a cui è
strettamente connessa quella dei contributi di miglioria anche
generica. Si conclude che l’art. 4 n. 16, in coerenza con la
legislazione vigente al 1948 e diversamente da altre norme statutarie
regionali, ha attribuito alla Regione la potestà esclusiva di
disciplinare l’intera materia dei contributi di miglioria generica e
specifica.
L’imposta sugli incrementi di valore delle aree, pur avendo un
altro nome, ha la stessa struttura e la stessa funzione dei contributi
di miglioria generica. Lo proverebbero: i lavori preparatori della
legge nazionale n. 246 del 1963, in cui l’imposta sugli incrementi di
valore è distinta dall’imposta annua sulle aree fabbricabili, questa
sì, tributo nuovo di carattere patrimoniale (proposto in un primo
tempo ma non introdotto); le relazioni al disegno di legge, che
attribuiscono all’imposta sugli incrementi di valore “lo stesso
criterio informatore del contributo di miglioria generica” di cui essa
costituirebbe un perfezionamento e un completamento; il fatto che la
legge nazionale 1963, n. 246, con cui si è introdotta quell’imposta,
ha abrogato e sostituito la vecchia disciplina dei contributi di
miglioria generica.
Quanto alle norme specificamente denunciate, esse sarebbero
legittime: infatti gli artt. 32 e 33 del disegno di legge non
violerebbero l’art. 4, n. 16, dello Statuto poiché i servizi pubblici
e le modifiche dei piani regolatori, la cui introduzione dà luogo al
contributo di miglioria specifica, rientrano nel concetto più generale
di opera pubblica, a cui si riferisce la norma corrispondente della
legge nazionale (art. 31), e nel concetto di attività degli Enti
pubblici locali idonea a determinare gli incrementi di valore che il
contributo vuole colpire; l’art. 35 modifica (in verità lievemente) la
procedura contenziosa perché la competenza regionale comprende anche
la disciplina relativa al contenzioso; l’art. 38 regola situazioni
privatistiche discendenti ex necessario dall’applicazione della
potestà legislativa attribuita alla Regione in materia tributaria;
anche l’art. 40 è legittimo perché la Regione, avendo competenza in
materia, può legiferare e quindi recepire norme dileggi statali;
altrettanto può dirsi dell’art. 43 dato che nella disciplina
dell’imposta rientra anche la destinazione dei relativi proventi, da
cui deriva per essi la necessità d’una contabilizzazione distinta;
infine, l’art. 44 propriamente non abroga leggi statali ma, nell’ambito
della competenza ex art. 4 n. 16, disciplina la materia diversamente
dalla legge statale.
La difesa della Regione conclude chiedendo la dichiarazione di
infondatezza delle questioni sollevate nel ricorso.
Nella memoria depositata il 24 ottobre 1968 essa motiva ampiamente
le proprie tesi e precisa che l’imposta sull’incremento di valore ha
presupposti, scopo e, a parte qualche modalità, disciplina analoghi a
quelli del contributo di miglioria generica: tanto è vero che i Comuni
non possono imporre contemporaneamente i due tributi, ma, semmai,
devono scegliere fra i due; che dell’una e dell’altro, come risulta
anche dalla storia della legislazione fino alla legge n. 246 del 1963,
la causa è il formarsi d’un incremento di valore delle aree, mentre le
opere pubbliche, da cui esso deriva, ne costituiscono solo l’occasione;
che con essi come coi contributi di miglioria specifica si tratta
sempre di colpire plusvalenze derivanti da opere o attività pubbliche
(essendo puramente teorica l’ipotesi d’una espansione del nucleo
cittadino indipendente da esse): che perciò l’art. 4, n. 16, dello
Statuto, da interpretare con criterio sistematico e non
restrittivamente, comprende una competenza regionale tutti questi tipi
di tassazione.
3. – Nella discussione orale le parti hanno ulteriormente
illustrato le proprie tesi.
1. – Il testo di legge regionale riapprovato il 7 marzo 1968 e
impugnato dal Presidente del Consiglio dei Ministro è diviso, come
l’analoga legge statale 5 marzo 1963, n. 246, in tre titoli; di cui il
primo disciplina l’imposta sugli incrementi di valore delle aree
fabbricabili, il secondo regola il contributo di miglioria specifica,
il terzo contiene disposizioni generali e transitorie relative ai due
tributi.
Il primo titolo è illegittimo nella sua totalità. Infatti la
Regione ha competenza legislativa sussidiaria in materia di tributi
propri (art. 65 dello Statuto) e primaria nel campo dei “contributi di
miglioria in relazione ad opere pubbliche” regionali (art. 4, n. 16,
dello Statuto). Invece l’imposta sul plusvalore delle aree,
disciplinata in quel titolo, non è un tributo proprio della Regione
poiché è stata introdotta in tutto il territorio nazionale con la
precedente legge dello Stato n. 246 del 1963. Né si confonde con
quello previsto dall’art. 4, n. 16, dello Statuto regionale, che, in un
ordinamento ove di regola la disciplina dei tributi è riservata alla
legislazione statale, non può essere portato al di là di quanto dice:
ed esso dà al Trentino-Alto Adige una competenza normativa che,
sebbene non sia limitata ai tradizionali contributi di miglioria
specifica, non va oltre la tassazione di plusvalenze derivanti da
“opere pubbliche”; e le consente di imporre il contributo anche sugli
incrementi di valore prodotti da opere proprie o di enti pubblici
regionali, sconosciute al T.U. della finanza locale, ma non di
estenderlo a plusvalenze derivanti da altre cause. L’imposta invece
colpisce gli incrementi di valore indipendentemente dai fatti e dalle
situazioni che li hanno determinati purché le aree “siano utilizzabili
a scopo edificatorio” (art. 1 della legge 1963, n. 246): tanto è vero
che, a tacere d’altro, si applica più volte, ad ogni nuova alienazione
(art. 2) se vi sia, né più né meno, aumento di valore e che la si
qualifica, generalmente, come imposta vera e propria.
Occorre, infine, precisare che essa, pur gravando anche su
plusvalenze prodotte proprio da opere pubbliche regionali, non ha
coperto nemmeno per questa parte il campo riservato alla competenza
della Regione tridentina: infatti, a tacere di quanto s’è premesso,
perfino il meccanismo e l’altezza delle aliquote (art. 21 della legge
n. 246) svincolano l’imposta dalle cause produttive del plusvalore
(cioè, in particolare, dall’eventuale opera pubblica); senza dire che
la sua introduzione con legge statale non ha sottratto al Trentino-Alto
Adige la potestà di legiferare sui contributi che, conservando la
propria natura, colpiscano le plusvalenze derivanti da opere pubbliche
regionali: così come del resto è avvenuto, per i c.d. contributi di
miglioria specifica, col titolo II della stessa legge impugnata.
2. – Il titolo TI del disegno di legge regionale disciplina,
analogamente alla legge statale n. 246, il contributo di miglioria
specifica; perciò non può esservi dubbio che la Regione, con esso,
abbia esercitato la potestà attribuitale espressamente dall’art. 4, n.
16, dello Statuto, dimodoché la denuncia del titolo preso nel suo
insieme deve essere respinta.
La difesa statale impugna, tuttavia, singolarmente alcune norme che
vi sono contenute: gli artt. 32, 33, 35 e 38. Ma l’art. 32 ha potuto
applicare il contributo ai plusvalori dipendenti da “introduzione di
pubblici servizi” perché questa richiede normalmente l’esecuzione di
opere, sì che, all’epoca dello Statuto regionale, l’applicazione o
l’espansione del tributo a tale ipotesi si poteva dire già avvenuta o
già matura: il che prova come anche ad essa doveva riferirsi la norma
attributiva di competenza della Regione (art. 4, n. 16, dello Statuto)
e come questa perciò, con l’art. 32, sia rimasta nei limiti della
propria potestà. Altrettanto si dica dell’art. 35, penultimo ed ultimo
comma, che, a differenza dalla corrispondente norma statale, ammette il
ricorso alla Giunta provinciale regolandone il contenuto e alcuni
effetti; trattasi, notoriamente, di ricorso amministrativo (già
previsto dal T.U. della finanza locale, art. 239) che, attenendo alla
procedura di determinazione del tributo, è materia di competenza
regionale. Infine l’art. 38, come la legge dello Stato, colpisce i
patti tendenti a “trasferire” l’onere a persone diverse dal soggetto
passivo, cioè tocca un campo che nella legislazione e nella dottrina
non sconfina da quello tributario.
Illegittimo è, invece, l’art. 33 (e con esso parte del primo comma
degli artt. 35 e 36) poiché estende il contributo a incrementi di
valore prodotti da modifiche o scadenza di parte di piani regolatori;
vale a dire da cause non confondibili coll’esecuzione di opere
pubbliche, unica ipotesi prevista dalla norma attributiva di competenza
regionale (cit. art. 4, n. 16, dello Statuto).
3. – Il titolo III contiene norme che disciplinano ulteriormente
tanto l’imposta sul plusvalore quanto il contributo di miglioria
specifica. Ne discende che sono anch’esse illegittime nella parte in
cui si riferiscono alla prima e a quell’estensione del secondo di cui
si è dichiarata l’incostituzionalità (contributo per incrementi
prodotti da modificazioni o scadenze di piani regolatori).
Legittime sono nella parte contenente la disciplina del contributo
di miglioria per singole opere pubbliche e per introduzione di servizi
pubblici (art. 32 legge regionale): in particolare l’art. 40, in
quanto recepisce il capo XIX del T.U. finanza locale, sfugge alla
censura poiché la Regione ha ricalcato norme statali riguardanti
l’accertamento e il contenzioso, attività amministrative (sentenza
Corte cost. n. 6 del 1969) inerenti al tributo; neanche l’art. 43
valica i confini della competenza regionale, dato che con esso il
Trentino-Alto Adige, disponendo una certa contabilizzazione e
destinazione del gettito nei bilanci comunali, ha esercitato potestà
legislativa propria, sull'”ordinamento dei comuni”, in materia
collegata alla disciplina del tributo (art. 5, n. 1, e cit. art. 4, n.
16, dello Statuto); e altrettanto deve dirsi dell’art. 44, là dove
“sostituisce” le norme statali relative al contributo di miglioria
qual’è configurato nel predetto art. 32: con ciò non si abroga una
legge dello Stato, ma propriamente dichiara che la sua applicabilità
nel territorio tridentino è cessata per effetto dell’esercizio
regionale di potestà legislativa primaria (arg. ex art. 92 dello
Statuto).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale delle seguenti
disposizioni del disegno di legge regionale 14 ottobre 1963, n. 3,
riapprovato il 7 marzo 1968, recante norme per l’applicazione
dell’imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili e del
contributo di miglioria specifica:
a) artt. da 1 a 31;
b) art. 33, e, per la parte relativa a varianti, scadenze e
modifiche di piani regolatori, artt. 35, primo comma, e 36, primo
comma;
c) artt. da 39 a 44 nella parte in cui si riferiscono all’imposta
sull’incremento di valore delle aree fabbricabili e all’estensione del
tributo di miglioria ai casi previsti nel predetto art. 33.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 1969.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.