Sentenza N. 77 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
10/03/1994
Data deposito/pubblicazione
10/03/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
23/02/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
codice di procedura penale, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 2
aprile ed il 18 giugno 1993 dal Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Prato nei procedimenti penali a carico di
Niccoli Stefano ed altri e Sparacino Giuseppe ed altri, iscritte ai
nn. 414 e 478 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nelle Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 35 e 37, prima serie speciale,
dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 12 gennaio 1994 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
avevano avuto notizia solo con la notifica della richiesta di rinvio
a giudizio, in quanto nel corso delle indagini preliminari non era
stata loro inviata alcuna informazione di garanzia, i difensori
chiedevano, all’udienza preliminare, l’espletamento di perizie
mediante incidente probatorio.
Ritenendo tale richesta non accoglibile, il Giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale di Prato ha sollevato, con
due ordinanze di tenore analogo del 2 aprile e 18 giugno 1993 (r.o.
nn. 414 e 478/1993), una questione di legittimità costituzionale
degli artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, assumendone il
contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.
In mancanza di una informazione di garanzia anteriore alla
richiesta di rinvio a giudizio – osserva sinteticamente il giudice a
quo – alla difesa non è consentito di chiedere l’incidente
probatorio né nelle indagini preliminari né nell’udienza
preliminare, sicché l’indagato non sarebbe posto in condizioni di
uguaglianza con la pubblica accusa né sarebbe tutelato il suo
diritto di difesa.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, è intervenuto nei
predetti giudizi con due memorie di contenuto parzialmente analogo,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
Sotto il primo profilo, l’Avvocatura osserva che la doglianza
andrebbe rivolta alle norme di cui agli artt. 416 e ss. cod. proc.
pen. e non a quelle impugnate, delle quali il giudice dell’udienza
preliminare non deve fare applicazione; e che, comunque, la censura
proposta riguarderebbe semmai, la disposizione (art. 369 cod. proc.
pen. ) che disciplina l’informazione di garanzia, in quanto
l’inconveniente lamentato potrebbe essere adeguatamente eliminato
soltanto ancorando l’obbligo di trasmissione dell’informazione ad una
fase antecedente a quella considerata dal legislatore.
La questione sarebbe, inoltre, irrilevante perché il giudice a
quo, da un lato non ha dato conto della ricorrenza dei requisiti –
modificazione non evitabile della cosa e particolare durata della
perizia (art. 392, commi 1, lettera f) e 2) – cui è subordinato
l’espletamento di questa mediante incidente probatorio; dall’altro,
non ha considerato la possibilità di far refluire del materiale
conoscitivo nell’udienza preliminare (art. 422 cod. proc. pen.).
Nel merito, comunque, la questione è, secondo l’Avvocatura,
infondata. Posto, infatti, che la ratio dell’incidente probatorio è
di evitare il pericolo di dispersione delle prove a causa della
durata delle indagini preliminari, esso non ricorre più quando si
sia pervenuti all’udienza preliminare, dato che restano solo i tempi
brevi della fissazione dell’udienza dibattimentale, che può anche
essere anticipata per giustificati motivi (art. 455 cod. proc. pen.
).
epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
di Prato dubita della legittimità costituzionale degli artt. 392 e
393 del codice di procedura penale, nella parte in cui, stabilendo,
rispettivamente, che l’incidente probatorio può essere richiesto
“nel corso delle indagini preliminari” ed “entro i termini” per la
loro conclusione, impedisce che esso (nei casi di specie, una
perizia) possa essere espletato nella fase dell’udienza preliminare:
e ciò, particolarmente, con riferimento al caso dell’indagato che
prima di tale udienza abbia avuto notizia del procedimento penale a
suo carico mediante comunicazione di garanzia anteriore alla
richiesta di rinvio a giudizio.
Ciò darebbe luogo, ad avviso del rimettente, a contrasto con gli
artt. 3 e 24 Cost., dato che ne deriverebbe una menomazione del
diritto di difesa dell’indagato e un deteriore trattamento rispetto
alla pubblica accusa nell’attività probatoria utilizzabile
nell’udienza preliminare.
2. – Le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Avvocatura
non possono essere accolte.
La preclusione all’espletamento dell’incidente probatorio nella
fase dell’udienza preliminare deriva dallo sbarramento temporale
posto dalla norma impugnata, e non da quelle che disciplinano
l’udienza preliminare (artt. 416 e ss.) ovvero l’informazione di
garanzia (art. 369). E poiché le perizie richieste nei giudizi a
quibus hanno oggetto tale da far presumere che il loro espletamento
possa richiedere più di sessanta giorni, la circostanza che nelle
ordinanze di rimessione non sia stata esplicitata la ricorrenza del
requisito di cui all’art. 392, comma 2 non può tradursi in motivo di
irrilevanza delle questioni con esse sollevate.
3. – Nel merito, la questione è fondata.
Nel vigente sistema processuale, l’istituto dell’incidente
probatorio è preordinato a consentire alle parti principali
l’assunzione delle prove non rinviabili al dibattimento (art. 2, n.
40 della legge delega n. 81 del 1987), e cioè di quelle che –
secondo l’elencazione dell’art. 392 cod. proc. pen. – si prevede che
non siano differibili al dibattimento per le condizioni della persona
da esaminare o perché soggette a perdita di genuinità (lettere da
a) a e)), o perché il loro oggetto è inevitabilmente esposto a
modificazione (lettera f)), o perché ricorrono particolari ragioni
di urgenza (lettera g)) o, infine, perché il loro rinvio
pregiudicherebbe la concentrazione del dibattimento (comma 2).
Ove tali circostanze ricorrano, l’anticipata assunzione della
prova si appalesa indispensabile per l’acquisizione al processo di
elementi – in tesi – necessari all’accertamento dei fatti e per
garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova, che
sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta.
Tale esigenza concerne il diritto alla prova tanto del pubblico
ministero che dell’imputato e prescinde, per quest’ultimo, dal fatto
che egli abbia avuto o meno la possibilità – attraverso la
comunicazione giudiziaria – di chiedere l’incidente probatorio nella
fase delle indagini preliminari, dato che le evenienze in questione
(si pensi a quella di cui all’art. 392, lettera a)) possono insorgere
per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio.
Di ciò, del resto, il legislatore si è mostrato consapevole
disponendo che, nei casi previsti dall’art. 392, le prove non
rinviabili possano essere assunte dal presidente del collegio, a
richiesta di parte, nella fase degli atti preliminari al dibattimento
(art. 467 cod. proc. pen.).
Tale previsione è già di per sé sufficiente a dimostrare
l’infondatezza della tesi – avanzata dall’Avvocatura – secondo cui la
preclusione dell’incidente probatorio nella fase dell’udienza
preliminare sarebbe giustificata dalla prossimità del dibattimento:
tesi che peraltro – anche a prescindere dalle conseguenze della
soppressione della regola dell'”evidenza” di cui all’art. 425 cod.
proc. pen. (art. 1 legge 8 aprile 1993, n. 105) – è contraddetta
dalla possibile dilatazione di tale udienza, ai sensi dell’art. 422.
Sotto il profilo sistematico, poi, l’interruzione
nell’acquisibilità di prove non rinviabili appare contraddittoria
con la continuità che il legislatore ha assicurato all’attività di
indagine prevedendo che essa possa proseguire anche dopo la richiesta
di rinvio a giudizio (art. 419, comma 3) e dopo il decreto che
dispone il giudizio (art. 430), ben potendo darsi che per taluno
degli elementi in tal modo acquisiti insorgano le situazioni di non
differibilità della prova previste dall’art. 392.
La preclusione all’esperimento dell’incidente probatorio nella
fase dell’udienza preliminare si rivela, pertanto, priva di ogni
ragionevole giustificazione e lesiva del diritto delle parti alla
prova e, quindi, dei diritti di azione e di difesa. Di conseguenza,
le norme impugnate vanno, per questa parte, dichiarate
costituzionalmente illegittime.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara l’illegittimità costituzionale degli
artt. 392 e 393 del codice di procedura penale, nella parte in cui
non consentono che, nei casi previsti dalla prima di tali
disposizioni, l’incidente probatorio possa essere richiesto ed
eseguito anche nella fase dell’udienza preliminare.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 10 marzo 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA