N. 79 del 1971
Data generale
26/04/1971
Data deposito/pubblicazione
26/04/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/04/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof.
ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
della legge 24 aprile 1935, n. 740, istitutiva del Parco nazionale
dello Stelvio, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 14 luglio 1969 dal pretore di Tirano nel
procedimento penale a carico di Vitalini Cesira, iscritta al n. 357 del
registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 269 del 22 ottobre 1969;
2) ordinanza emessa il 19 febbraio 1970 dal pretore di Silandro nel
procedimento penale a carico di Reinstadler Giovanni, iscritta al n.
299 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 286 dell’11 novembre 1970.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 1971 il Giudice
relatore Michele Fragali;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Il pretore di Tirano e quello di Silandro hanno proposto
questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 legge 24 aprile
1935, n. 740, istitutiva del Parco nazionale dello Stelvio, il primo
(ordinanza 14 luglio 1969) in riferimento al terzo comma dell’art. 42
della Costituzione, il secondo (ordinanza 19 febbraio 1970) in
riferimento a tutto detto articolo. Il pretore di Silandro ha poi
contestato la legittimità costituzionale degli artt. 4, lett. a, e 5,
lett. b, d.P.R. 30 giugno 1951, n. 1178, che detta disposizioni di
attuazione della predetta legge 24 aprile 1935, n. 740.
A sostegno della illegittimità il pretore di Tirano nota che la
norma impugnata svuota di contenuto il diritto di proprietà rendendo
inutilizzabile il bene in rapporto alla sua destinazione e aggiunge che
determina il venir meno o il decadimento del suo valore di scambio
cosicché le limitazioni di cui si tratta espropriano senza indennizzo.
Il pretore di Silandro afferma che le limitazioni previste dalle
norme da lui denunciate rendono pressoché impossibile il godimento del
bene e che esse non assicurano la funzione sociale della proprietà, ma
rendono i beni siti nella zona del Parco nella stessa condizione
giuridica delle proprietà espropriate per motivi di interesse
generale, senza prevedere un indennizzo compensativo.
2. – Innanzi a questa Corte le parti private non sono comparse; il
Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto soltanto nella
causa promossa dal pretore di Tirano.
Ha dedotto che, secondo la giurisprudenza della stessa Corte, il
principio dell’indennizzo non opera nel caso di imposizione generale ed
obiettiva di limiti a determinate categorie di beni identificabili a
priori per caratteristiche intrinseche. Nella specie si è in presenza
di uno di quei limiti amministrativi della proprietà che importano una
serie di doveri negativi di non fare oppure di dovere di fare soltanto
col permesso dell’autorità e con le modalità e condizioni da essa
prescritte. Le limitazioni portate dalla norma denunciata riguardano
tutti i beni compresi nel Parco e si rivolgono alla generalità dei
loro proprietari; esse sono determinate da un preminente interesse
generale che non contraddice al diritto di proprietà come configurato
dal codice civile e dalla Costituzione. Nessuna delle previsioni della
norma in esame integra poi una sostanziale ablazione del diritto di
proprietà.
3. – All’udienza del 10 febbraio 1971 la difesa del Presidente del
Consiglio dei ministri ha confermato le conclusioni prese con l’atto
d’intervento.
1. – Le due cause possono decidersi con unica sentenza, avendo per
oggetto la questione di legittimità costituzionale di una stessa norma
di legge ordinaria (art. 5 legge 24 aprile 1935, n. 740, concernente
costituzione del Parco nazionale dello Stelvio’) e riferimento ad un
medesimo precetto della Costituzione (art. 42 Cost.): il richiamo fatto
dal pretore di Silandro al d.P.R. 30 giugno 1951, n. 1178, deve
ritenersi informato a criteri di completezza, dato che esso non ha
forza di legge.
2. – Non è esatto, come invece sostiene il giudice a quo, che la
norma impugnata, non riconoscendo al proprietario il diritto di
indennizzo per le limitazioni che essa prescrive, viola l’art. 42 della
Costituzione.
Questo articolo non impone indennizzo quando la legge pone
restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà al fine di
assicurarne la funzione sociale; lo impone solo nel caso di
espropriazione per pubblico interesse. La ragione della differenza sta
nel fatto che è coessenziale alla nozione giuridica di quel diritto il
suo adattamento alle esigenze sociali e quindi un suo aspetto di
relatività con riguardo alle esigenze stesse; così che l’interesse
inerente al dominio privato non abbia a sopraffare l’interesse
generale. Coerentemente la Costituzione dà, al diritto di proprietà,
confini che lo inseriscono nella realtà sociale e ne armonizzano con
questa le applicazioni.
È vero però che la precisazione del contenuto della proprietà
nel rapporto con le istanze generali non può essere fatta in modo che
essa risulti svuotata del tutto di contenuto: in tal caso non ne viene
moderato l’esercizio, ma il diritto viene soppresso e la concessione di
un indennizzo non può essere evitata.
3. – La legge denunziata si colloca fra quelle limitatrici del
diritto di proprietà, non fra quelle di espropriazione: vuole
conservare alla collettività l’ambiente naturale che si è costituito
spontaneamente o mediante l’opera dell’uomo in una determinata porzione
del territorio statale; vuole proteggere le formazioni geologiche che
vi esistono e impedire che abbiano a turbarsi le loro spontanee
manifestazioni; vuole dare tutela agli adunamenti di fauna e di flora
di particolare rilevanza, alla peculiare bellezza che caratterizza il
paesaggio. Questo ambiente racchiude beni che assumono un valore
scientifico ed un interesse storico od etnografico, oltre che
turistico; ed è chiaro che la conservazione dei medesimi è di
interesse fondamentale per il complesso sociale al quale appartengono.
Le proprietà che cadono nel territorio che ha la importanza
descritta, ne subiscono l’influenza insopprimibile e non sono perciò
di signoria piena. Non perché le zone interessate vengono protette a
mezzo di singole leggi deve escludersi che i beni incisi costituiscano
una particolare categoria. Le leggi singole rispondono ad una
ispirazione comune: delimitano la zona protetta, ne organizzano la
protezione, determinano il contenuto dell’interesse pubblico connesso
al caso concreto, forniscono gli strumenti giuridici idonei a
conciliare l’interesse privato e quello pubblico. Nei limiti in cui
regolano soltanto l’esercizio del diritto di proprietà insediate nel
singolo complesso, concorrono a formare l’aspetto pubblicistico di quel
diritto che ne coglie l’elemento sociale.
Le norme impugnate non contengono limiti di effetto ablativo.
Vogliono soltanto che l’esercizio di alcuni poteri dominicali sia
assoggettato ad autorizzazione della pubblica amministrazione; e
l’autorizzazione deve servire soltanto ad evitare che il diritto si
eserciti in modo antisociale. Il fatto che, nella specie, i limiti sono
imposti da un atto amministrativo emesso in base a disposizioni
regolamentari non tocca la legittimità costituzionale della norma
portata all’esame della Corte: questa norma, rinviando all’atto
amministrativo la individuazione dei vincoli, ha inteso disporre che si
tenga conto delle circostanze del caso singolo, alle quali solo un atto
amministrativo concreto può portare riguardo. Se l’atto di
autorizzazione è contrario alla legge, l’interessato potrà esperire
la tutela giurisdizionale che gli compete.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 5 della legge 24 aprile 1935, n. 740, concernente la
costituzione del Parco nazionale dello Stelvio, sollevata dai pretori
di Tirano e di Silandro, rispettivamente con le ordinanze 14 luglio
1969 e 19 febbraio 1970, in riferimento all’art. 42 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.