Sentenza N. 8 del 1965
Corte Costituzionale
Data generale
19/02/1965
Data deposito/pubblicazione
19/02/1965
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/02/1965
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO – Prof. ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER
– Prof. GIOVANNI CASSANDRO – Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO
MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE
FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott.
GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,
dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige il 13 maggio 1964 in
materia di “Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico”,
promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,
notificato il 3 giugno 1964, depositato nella cancelleria della Corte
costituzionale il 12 successivo ed iscritto al n. 10 del Registro
ricorsi 1964.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Presidente della
Regione Trentino-Alto Adige;
udita nell’udienza pubblica del 2 dicembre 1964 la relazione del
Giudice Nicola Jaeger;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe
Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l’avv.
Giorgio Franco, per il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige.
Adige il 3 giugno 1964 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha
impugnato la legge, riapprovata all’unanimità dal Consiglio regionale
del Trentino-Alto Adige nella seduta del 13 maggio 1964, in materia di
“Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico”. Tale impugnativa
venne poi ratificata nella riunione del Consiglio dei Ministri del 5
giugno 1964.
Il ricorso è stato depositato nella cancelleria della Corte il 12
giugno e pubblicato nel Bollettino regionale della Regione del
Trentino-Alto Adige, n. 26, del 23 giugno, e nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica, n. 157, del 27 giugno 1964.
L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri, premette nel ricorso che la impugnativa è
proposta, in applicazione dell’art. 127 della Costituzione, dell’art.
31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e degli artt. 5, 82 e 95 dello
Statuto della Regione Trentino-Alto Adige e conclude perché sia
dichiarata la illegittimità costituzionale, con conseguente
annullamento, del disegno di legge impugnato, che afferma viziato sotto
un duplice aspetto.
Anzitutto esso avrebbe oltrepassato i limiti posti dall’art. 5
dello Statuto regionale all’attività legislativa complementare della
Regione, essendo in contrasto con i principi stabiliti dalle leggi
dello Stato, e in particolare dal decreto-legge 21 luglio 1938, n.
1468, per la “Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico”.
Questo regola in modo diverso le vendite a prezzo unico e quelle al
minuto, attribuendo la competenza a rilasciare le licenze relative alle
prime ai prefetti anziché ai sindaci; il disegno di legge impugnato
unifica invece la disciplina in materia, tanto per ciò che concerne
tali attribuzioni, quanto nei riguardi della competenza ad esaminare i
ricorsi amministrativi proposti dagli interessati.
In secondo luogo la Regione non avrebbe potuto disporre il
trasferimento ad altri organi di compiti e poteri spettanti ad organi
statali, cioè ai prefetti, senza che ciò fosse preceduto dalle
relative norme di attuazione previste nell’art. 95 dello Statuto
regionale, richieste anche dalla necessità di un coordinamento atto a
salvaguardare i principi, cui si ispira la disciplina della materia.
La Regione autonoma del Trentino-Alto Adige, in persona del suo
presidente dott. Luigi Dalvit, con la rappresentanza e la difesa
dell’avv. Feliciano Benvenuti, si è costituita in giudizio per
resistere al ricorso, con memoria depositata in cancelleria il 20
giugno 1964.
La difesa della Regione osserva anzitutto che questa ha ritenuto
opportuno disciplinare la materia del rilascio delle licenze per la
gestione dei magazzini di vendita a prezzo unico, dopo avere già
provveduto a disciplinare quella del rilascio delle licenze commerciali
con la legge regionale 7 febbraio 1952, n. 2; questa legge era stata
approvata senza provocare alcuna impugnazione od eccezione da parte
dello Stato, cosicché si poteva ritenere pacifico che la competenza
della Regione in materia derivasse dalle norme di attuazione contenute
nel titolo IV, “Industria e commercio”, del D.P.R. 30 giugno 1951, n.
574.
D’atra parte, l’Amministrazione regionale si è convinta che le due
forme di vendita, quella delle licenze generiche e quella delle licenze
a prezzo unico, costituiscono un unico sistema nella organizzazione del
mercato di distribuzione, sicché non è possibile avere un armonico ed
ordinato sviluppo di quel sistema se non vi sia anche una disciplina
unitaria del settore e la riconduzione di essere ad una visione
generale altrettanto unitaria.
Non sarebbe neppure esatto – secondo la difesa della Regione – che
il disegno di legge impugnato abbia oltrepassato i limiti posti
dall’art. 5 dello Statuto, nel senso che la disciplina delle vendite a
prezzo unico, attribuita al prefetto, sarebbe diversa da quella della
vendita al minuto, affidata al sindaco, in quanto dettata su un piano
più generale e unitario: la competenza del prefetto era stata
determinata dal fatto che allora (nel 1938) il prefetto era presidente
del Consiglio provinciale delle corporazioni, ma oggi, posto che nella
Regione del Trentino-Alto Adige i ricorsi in materia di licenze
commerciali devono essere proposti alla Commissione regionale istituita
dalle norme di attuazione citate (art. 27 del D.P.R. 30 giugno 1951, n.
574), se le competenze in materia di magazzini a prezzo unico
rimanessero ai prefetti verrebbe meno proprio la unitarietà del
settore e del controllo relativo.
Si afferma poi che il disegno di legge non ha disposto il
trasferimento di compiti e poteri spettanti ad organi statali, ma la
assunzione di poteri da parte di una Regione abilitata dallo Statuto
all’esercizio delle funzioni amministrative nella materia, con la
automatica conseguenza della assunzione, da parte della Regione, dei
propri poteri.
Si insiste infine sul punto che le norme di attuazione dettate in
materia di industria e commercio hanno determinato il passaggio delle
relative funzioni dallo Stato alla Regione, e che il silenzio di esse
sul punto dei magazzini all’ingrosso non può avere altro valore se non
quello che lo Stato non ha ritenuto di dover dare disposizioni
particolari nella materia. Sostiene anzi la difesa della Regione che le
norme di attuazione esistono anche in questo caso, poiché debbono
intendersi tali non soltanto le proposizioni positive ma anche quelle
negative, le quali si limitano a dire che non vi è bisogno di una
speciale disciplina per le materie non considerate.
L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato in data 30
settembre 1964 una memoria, intesa anzitutto a porre in luce le
differenze rilevabili fra la disciplina legislativa statale del
rilascio delle licenze di commercio, a seconda che riguardino le
vendite in genere ovvero quelle dei magazzini a prezzo unico: le prime
affidate ad organi locali (sindaco, con eventuale ricorso alla Giunta
provinciale amministrativa), le seconde esclusivamente ad organi dello
Stato (prefetto, con ricorso al Ministero dell’industria e commercio),
quindi in sede centrale, su di un piano più generale ed unitario,
appunto perché tali magazzini interessano non solo l’economia locale,
ma anche quella nazionale.
Essa insiste poi sulla considerazione che le norme di attuazione
dello Statuto regionale trasferiscono alla Commissione prevista
dall’art. 27 del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, esclusivamente le
attribuzioni già demandate alla Giunta provinciale amministrativa in
materia di licenze comunali. Conclude quindi perché la Corte dichiari
costituzionalmente illegittimo e conseguentemente annulli il disegno di
legge regionale impugnato.
Le conclusioni enunciate negli scritti difensivi sono state
riaffermate all’udienza dai patroni dello Stato e della Regione.
La Corte ritiene fondate le censure mosse al disegno di legge
impugnato.
Non sembra contestabile, infatti, che né le norme di attuazione
contenute nel D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, né altri testi
legislativi statali, hanno disposto la attribuzione alla Regione del
Trentino-Alto Adige della competenza a disciplinare la materia dei
magazzini di vendita a prezzo unico, regolata da una apposita legge
dello Stato (decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468); e che, comunque,
la disciplina dettata nel disegno di legge regionale è in evidente
contrasto con i principi, ai quali si è inspirata la legislazione
statale.
La tesi sostenuta dalla difesa della Regione, che le norme di
attuazione dettate in materia di industria e commercio (Titolo IV del
D.P.R. n. 574 del 1951) avrebbero determinato il passaggio delle
relative funzioni dallo Stato alla Regione, e che il silenzio di esse
sul punto dei magazzini all’ingrosso (più esattamente, di vendita a
prezzo unico) non potrebbe avere altro valore se non quello che lo
Stato non ha ritenuto di dover dare disposizioni particolari nella
materia, non può essere accolta. L’esercizio della potestà
legislativa complementare delle Regioni è condizionata all’emanazione
di norme di attuazione statali; né sarebbe consentito desumere dal
silenzio del legislatore statale una presunzione della volontà di
questi di conferire alla Regione il potere di estendere la propria
disciplina legislativa a tutte le materie non previste specificamente,
neppure argomentando dall’art. 5, n. 3, dello Statuto, che attribuisce
alla Regione Trentino-Alto Adige la potestà di emanare norme
legislative “nei limiti… dei principi stabiliti dalle leggi dello
Stato” in materia di “incremento della produzione industriale e delle
attività commerciali”. Questa norma infatti contiene un accenno alla
materia del commercio, ma, per la sua stessa formulazione generica, non
ne delimita la parte assegnata alla Regione, che può desumersi
soltanto dal confronto con la disciplina dettata nelle leggi statali
per i singoli tipi di rapporti giuridici.
Dalle disposizioni emanate dallo Stato nei riguardi delle aziende
commerciali risulta nel modo più chiaro che il legislatore ha
considerato la materia dei magazzini a prezzo unico come nettamente
distinta da quella degli altri spacci di vendita, e tale da richiedere
una propria e diversa disciplina giuridica; e ciò per una serie di
considerazioni, della cui ragionevolezza non si può dubitare, le quali
attengono alla cospicua entità dei capitali investiti, all’osservanza
rigorosa dei prezzi fissi, al numero dei dipendenti, all’ampiezza delle
zone in cui operano tali aziende, collegate solitamente a catena, alle
ripercussioni della loro apertura e del loro esercizio anche oltre i
limiti dei rioni e persino delle città ove hanno sede, per
l’attrazione che esse possono esercitare su talune categorie di
acquirenti, modificando i termini ordinari delle situazioni di
concorrenza.
Ogni giudizio sulla questione, se la apertura in una data località
di nuovi grandi magazzini del genere contribuisca all’incremento delle
attività commerciali in senso ampio e comprensivo, o possa, al
contrario, recarvi detrimento, danneggiando gravemente le aziende
commerciali minori già operanti e determinando situazioni di monopolio
o di oligopolio, è delicato e difficile; ed è ragionevole che lo
Stato abbia voluto riservarlo ai propri organi, e precisamente ai
prefetti, con eventuale ricorso al Ministro per l’industria e il
commercio (D.L. 21 luglio 1938, n. 1468).
Poiché la legislazione statale appare informata a così chiari
principi, non è consentito ammettere che una Regione possa disporre
diversamente, sulla base di considerazioni del tutto diverse, fondate
sulla supposizione della esistenza di un sistema unico del mercato di
distribuzione, e possa attribuirsi i poteri sopra indicati.
Il precedente, allegato dalla difesa della Regione e non contestato
dall’Avvocatura generale dello Stato, concernente la disciplina del
rilascio delle licenze commerciali, rispetto alla quale era stato
provveduto con la legge regionale 7 febbraio 1952, n. 2, non può
essere validamente invocato in causa. Come si è rilevato, la
legislazione statale è fondata sul presupposto che la licenza
commerciale per i magazzini a prezzo unico deve essere concessa o no in
base a principi diversi, e quindi con procedimenti diversi, da quelli
propri delle licenze concesse alle aziende ordinarie. Perciò il fatto
che lo Stato non abbia mosso critiche alla legge regionale n. 2 del
1952 è ben comprensibile, mentre sarebbe stato singolare che esso non
si fosse opposto a che il sistema proprio di quella legge venisse
esteso ai magazzini a prezzo unico.
Del resto, non è neppure possibile sostenere che le norme di
attuazione dettate in materia di industria e commercio (D.P.R. 30
giugno 1951, n. 574, Tit. IV) presentino incertezze o lacune, le quali
debbano essere colmate ricorrendo ad analogie. Esse hanno trasferito
alla Regione, con tutta chiarezza, talune attribuzioni, che si è
ritenuto opportuno trasferirle, e in particolare quelle relative alle
Camere di commercio; in quanto alla Commissione regionale prevista
nell’art. 27: “fino a quando non sia diversamente disposto con legge
dello Stato. . .”, e pertanto solo in via transitoria, il legislatore
si è anche preso cura di disporre la devoluzione al suo giudizio delle
decisioni dei ricorsi in materia di commercio ambulante (art. 28); e
ciò conferma la conclusione che altrettanto voluta e consapevole è
stata la omissione di qualsiasi disposizione diretta a modificare il
sistema adottato per i magazzini a prezzo unico, o a consentirne la
modificazione da parte della Regione.
Infine, non si può desumere alcun argomento a favore della tesi
della Regione del Trentino-Alto Adige dal fatto che la legge statale
designasse “il Prefetto, presidente del Consiglio provinciale delle
corporazioni” (art. 1 del R.D.L. 21 luglio 1938, n. 1468), sia perché
le attribuzioni conferite al prefetto in tale veste sono state
chiaramente assegnate al prefetto sic et simpliciter dall’art. 1 del
D.L. C. P. S. 13 aprile 1947, n. 630, sia anche perché la presidenza
di tale Consiglio spettava al prefetto come organo dello Stato, e come
tale egli può continuare ad esercitarle fino a che altre eventuali
norme di attuazione dello Statuto regionale non intervengano a regolare
diversamente la materia.
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunciando sul ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei
Ministri contro la Regione del Trentino- Alto Adige, riguardante il
disegno di legge 13 maggio 1964 sulla disciplina dei magazzini di
vendita a prezzo unico:
dichiara la illegittimità costituzionale del detto disegno di
legge.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 febbraio 1965.
GASPARE AMBROSINI – GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO – ANTONINO PAPALDO – NICOLA
JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO – BIAGIO
PETROCELLI – ANTONIO MANCA – ALDO
SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA – MICHELE
FRAGALI – COSTANTINO MORTATI –
GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ
– GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.