Sentenza N. 8 del 1974
Corte Costituzionale
Data generale
23/01/1974
Data deposito/pubblicazione
23/01/1974
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/01/1974
Dott. GIUSEPPE VERZÌ- Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott.
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI,
Giudici,
della legge regionale siciliana 9 maggio 1969, n. 14 (elezione dei
consigli delle amministrazioni straordinarie delle provincie
siciliane), promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1971 dalla Corte
suprema di cassazione – sezioni unite civili – sui ricorsi elettorali
riguardanti Caragliano Antonino, Di Graziano Cono e Castro Sebastiano
ed altri, iscritta al n. 85 del registro ordinanze 1972 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 104 del 19 aprile 1972 e
nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 18 del 15 aprile
1972.
Visti gli atti di costituzione di Caragliano Antonino, Di Graziano
Cono e Castro Sebastiano;
udito nell’udienza pubblica del 3 ottobre 1973 il Giudice relatore
Vezio Crisafulli;
uditi l’avv. Enzo Silvestri, per il Caragliano, e l’avv. Alfredo
Randazzo, per il Di Graziano.
1. – Con ordinanza emessa il 3 giugno 1971, sui ricorsi elettorali
di Caragliano Antonino contro Di Graziano Cono ed altri e di Di
Graziano Cono contro Caragliano Antonino ed altri, la Corte suprema di
cassazione – sezioni unite civili – ha proposto, con riferimento agli
artt. 3 e 51 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7, n. 4, della legge regionale siciliana 9
maggio 1969, n. 14, in relazione all’art. 10, n. 7, della legge statale
8 marzo 1951, n. 122, come modificato dall’art. 3 della legge statale
10 settembre 1960, n. 962.
La norma di cui trattasi ha, infatti, precluso l’eleggibilità alla
carica di componente dei consigli delle amministrazioni straordinarie
delle provincie siciliane per gli amministratori delle istituzioni di
assistenza e beneficenza esistenti nell’ambito della provincia,
operando così senza ragionevole motivo una restrizione ed una
conseguente disparità di trattamento rispetto a quanto previsto dalla
corrispondente disposizione della legislazione statale, che si
riferisce ai soli amministratori delle istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza poste sotto la vigilanza della provincia,
dichiarati responsabili in via amministrativa o giudiziaria (art. 10
della legge 8 marzo 1951, n. 122, come modificato dall’art. 3 della
legge 10 settembre 1960, n. 962).
La questione sarebbe rilevante, perché nella specie la
contestazione dell’elezione del sig. Antonino Caragliano si basa sulla
norma la cui legittimità è, per le considerazioni che precedono,
revocata in dubbio.
2. – Il sig. Caragliano si è costituito in giudizio, con deduzioni
depositate in data 4 febbraio 1972, nelle quali ulteriormente
sviluppando – con richiami anche a principi affermati nelle sentenze n.
46 e n. 108 del 1969 di questa Corte – le censure di legittimità
costituzionale dedotte dall’ordinanza di rinvio, conclude chiedendo
l’accoglimento della questione proposta.
3. – Si è costituito anche il sig. Di Graziano Cono, con atto
depositato il 15 gennaio 1972, sostenendo anzitutto la irrilevanza
della questione, in quanto il giudizio a quo, potrebbe essere deciso
indipendentemente dalla soluzione di essa, poiché il Caragliano
risulterebbe ineleggibile anche ai sensi del n. 3 dell’art. 7 della
stessa legge regionale, trattandosi comunque di amministratore di un
ente – quale l’Ospedale S. Giovanni di Dio e S. Isidoro di Giarre – che
era da considerare, al momento in cui si svolsero le elezioni,
controllato e dipendente della provincia.
La predetta circostanza, che rende cioè coincidente la qualifica
di amministratore delle istituzioni di assistenza e beneficenza
esistenti nell’ambito provinciale con quelle di amministratore di un
ente controllato e dipendente dalla provincia dovrebbe, del resto,
valere anche nel merito a dimostrare l’insussistenza di un contrasto
tra la normativa statale e quella regionale in argomento. Se poi
dovesse ad ogni modo ammettersi che permane una difformità nel
contenuto fra le due legislazioni, questa non sembra tale da integrare
gli estremi di una violazione da parte della Regione dei limiti che
ineriscono all’esercizio della sua potestà legislativa in materia
elettorale – come risulta anche dall’insegnamento che può trarsi
dalla giurisprudenza di questa Corte e in particolare dalla recente
decisione n. 189 del 1971 -, identica essendo la ratio fondamentale
della ineleggibilità sancita sia nella norma impugnata che in quella
statale corrispondente.
Le conclusioni di questa parte sono, pertanto, intese ad ottenere
una dichiarazione di irrilevanza e, subordinatamente, di manifesta
infondatezza.
4. – Con memoria prodotta il 29 gennaio 1972, si è costituito,
inoltre, il sig. Sebastiano Castro, deducendo dall’esigenza di un
coordinamento fra le norme di cui rispettivamente ai nn. 3 e 7
dell’art. 10 della legge statale la interpretazione, secondo cui nel
primo caso l’ineleggibilità avrebbe riguardo alla situazione degli
amministratori delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza,
considerate fra gli enti dipendenti e sottoposti a vigilanza della
provincia, i quali siano in carica al momento delle elezioni; nel
secondo caso, diversamente, sarebbero colpiti da incapacità quegli
stessi amministratori ormai scaduti dall’ufficio, ma dichiarati
responsabili in via amministrativa od in via giudiziaria e perciò
ritenuti non idonei ad amministrare la cosa pubblica. Quest’ultima
disposizione avrebbe allora un significato del tutto diverso rispetto a
quella impugnata ed un precetto, invece, corrispondente alla previsione
di cui all’art. 7, n. 8, della stessa legge regionale: verrebbe meno
così la possibilità di un confronto fra la fattispecie regionale di
cui è questione e quella statale erroneamente assunta a parametro per
la sua valutazione.
La parte conclude, pertanto, chiedendo una dichiarazione di
manifesta infondatezza.
5. – Con memoria difensiva del 21 giugno 1972, infine, il
Caragliano replica alle deduzioni dei due resistenti, ribadendo con
ulteriori argomenti le tesi della rilevanza e della fondatezza della
questione.
6. – Alla pubblica udienza i difensori di Caragliano e di Di
Graziano hanno insistito nelle conclusioni già assunte.
1. – È in questione la legittimità costituzionale dell’art. 7, n.
4, della legge regionale siciliana 9 maggio 1969, n. 14, che, statuendo
la ineleggibilità ai consigli delle amministrazioni straordinarie
delle provincie siciliane degli amministratori delle istituzioni di
assistenza e beneficenza esistenti nell’ambito della provincia, si
porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione,
apportando al diritto elettorale passivo nell’Isola una restrizione
priva di riscontro nella legislazione statale e non giustificata da
particolari esigenze proprie della Regione.
2. – Davanti a questa Corte, la difesa di una delle parti ha
eccepito la irrilevanza della questione perché, nella specie,
trattandosi di amministratore di una istituzione di assistenza e
beneficenza controllata, all’epoca delle elezioni, dalla provincia, la
ineleggibilità sarebbe comunque derivata in applicazione del n . 3
dell’art. 7 della legge de qua. L’eccezione va disattesa . Che l’esito
del giudizio principale avrebbe potuto e potrebbe essere il medesimo
alla stregua di disposizioni diverse da quella denunciata non incide,
infatti, sulla rilevanza della questione, dal momento che la
disposizione specificamente dettata per il caso concreto è proprio
quella del n. 4 dello stesso art. 7.
3. – Nel merito, la questione è analoga, benché formalmente non
identica, a quella già decisa da questa Corte con la sentenza n. 189
del 1971 (con riferimento allora, anziché agli amministratori, agli
impiegati dipendenti delle istituzioni di assistenza e beneficenza
esistenti nella provincia) e deve parimenti essere dichiarata non
fondata.
Le considerazioni con cui la ricordata sentenza ebbe a ritenere
che, pur in mancanza di una espressa formulazione, il principio della
ineleggibilità ai consigli provinciali dei dipendenti delle
istituzioni di assistenza e beneficenza esistenti nella provincia è
presente nella legislazione statale, rientrando nella più lata
previsione del n. 3 dell’art. 10 della legge 8 marzo 1951, n. 122,
modificata dall’art. 3 della legge 10 settembre 1960, n. 962, valgono
anche nella presente controversia, avendo tale disposizione riferimento
agli amministratori, oltre che agli impiegati, di “enti, istituti o
aziende dipendenti sovvenzionati o sottoposti a vigilanza della
provincia”. Ché anzi, il duplice fondamento della ineleggibilità,
rilevato in quella precedente sentenza, al punto 3 della motivazione,
quanto agli impiegati delle istituzioni di assistenza e beneficenza,
sussiste manifestamente, a maggior ragione, per i loro amministratori.
Chiaramente, peraltro, tale ineleggibilità è ricollegata, nella
legislazione dello Stato, alla circostanza che le istituzioni
assistenziali da essa prese in considerazione siano sottoposte a
quella, pur attenuata ed anomala, vigilanza, che l’art. 241 del t.u.
della legge comunale e provinciale del 1915 (tuttora in vigore, come
ritenuto dalla giurisprudenza ordinaria) attribuisce nei loro confronti
ai consigli provinciali, in quanto siano destinate a vantaggio della
provincia o di una sua parte.
È vero che, letteralmente, il n. 4 dell’art. 7 della legge
regionale di cui è questione potrebbe sembrare statuire la
ineleggibilità con riguardo alla semplice esistenza nella provincia
delle istituzioni in oggetto; ma la formula può e deve essere
interpretata restrittivamente, come specificativa e confermativa del
più generale principio enunciato nel precedente n. 3 (così come
avviene, del resto, per i consigli comunali, nei rapporti tra il n. 3 e
il n. 4 dell’art. 15 del t.u. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570):
richiedendosi, cioè, in conformità a quanto prescritto dalla legge
statale, che le istituzioni di assistenza e beneficenza, cui la norma
denunciata ha riferimento, siano, per l’appunto, quelle sottoposte a
vigilanza delle provincie (articolo 150, n. 8, del decreto legislativo
del Presidente della Regione siciliana del 29 ottobre 1955, n. 6,
richiamato, per le attuali amministrazioni straordinarie delle
provincie siciliane, dal successivo art. 266, nonché dalla legge
regionale 15 marzo 1963, n. 16).
4. – Così delineati i termini del raffronto tra legislazione
statale e legislazione regionale, la questione si dimostra non fondata,
privo di influenza essendo il richiamo dell’ordinanza alle ulteriori
condizioni richieste per la ineleggibilità degli amministratori delle
istituzioni di assistenza e beneficenza dal n. 7 dell’art. 10 della
citata legge n. 122 del 1951, modificato dall’art. 3 della legge n.
962 del 1960, pure citata. Diversa è l’ipotesi qui regolata, con
riferimento non – come nel n. 4 – agli amministratori in carica, ma
agli amministratori cessati dalla carica (e tuttavia ineleggibili, se
ed in quanto dichiarati responsabili in via amministrativa o
giudiziaria). Ipotesi, questa, che trova d’altronde preciso riscontro
nel n. 8 dell’art. 7 della legge regionale de qua. È significativa,
piuttosto, la circostanza che, anche in quest’ultima, la particolare
ipotesi di ineleggibilità cui si è accennato risulti sicuramente
circoscritta con riguardo alle istituzioni di assistenza e beneficenza
sottoposte a vigilanza della provincia, dal che non può non trarsi,
sul piano sistematico, argomento rafforzativo della interpretazione
correttiva del n. 4 del medesimo art. 7, qui sopra adottata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7, n. 4, della legge regionale siciliana 9 maggio 1969, n. 14
(elezione dei consigli delle amministrazioni straordinarie delle
provincie siciliane), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 51 della
Costituzione, dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con
l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 1974.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere