Sentenza N. 82 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
03/06/1970
Data deposito/pubblicazione
03/06/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/05/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
Consiglio dei ministri, notificati il 19 novembre 1969 ed il 9 febbraio
1970, depositati in cancelleria il 25 novembre 1969 ed il 24 febbraio
1970 ed iscritti al n. 12 del registro ricorsi 1969 e ai nn. 2, 3 e 4
del registro ricorsi 1970, per conflitto di attribuzione sorto a
seguito dei decreti dell’assessore all’industria e commercio della
regione Friuli-Venezia Giulia 9 settembre 1969, nn. 417, 418, 419 e
420, con i quali sono state costituite le commissioni per la formazione
e la tenuta del ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio delle
provincie di Pordenone, Udine, Gorizia e Trieste.
Visti gli atti di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 22 aprile 1970 il Giudice relatore
Nicola Reale;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l’avvocato Gaspare
Pacia, per la Regione.
Con quattro decreti, emanati il 9 settembre 1969, l’assessore per
l’industria e il commercio della Regione del Friuli-Venezia Giulia
provvedeva alla composizione delle commissioni per la formazione e
tenuta dei ruoli degli agenti e rappresentanti di commercio presso le
camere di commercio delle provincie di Pordenone (decreto n. 417),
Udine (decreto n. 418), Gorizia (decreto n. 419) e Trieste (decreto n.
420), in applicazione – come si legge nel preambolo dei detti decreti –
dell’art. 4 della legge statale 12 marzo 1968, n. 316 (concernente la
disciplina della professione degli agenti e rappresentanti di
commercio), del decreto 12 aprile 1969 del Ministro per l’industria e
il commercio (recante norme per l’esecuzione della legge stessa),
nonché in riferimento alle disposizioni dello statuto speciale ed
all’art. 8 delle relative norme di attuazione, emanate con D.P.R. 26
agosto 1965, n. 1116.
Contro tali decreti il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato
conflitto di attribuzioni, chiedendo dichiararsi la competenza degli
organi statali a nominare i componenti delle commissioni predette e
annullarsi i decreti assessoriali medesimi.
Nei quattro ricorsi, di analogo contenuto, e con successiva
memoria, l’Avvocatura ha dedotto che nella materia dell’industria e
commercio, demandata alla regione dall’art. 4, n. 6 (per quanto
concerne la potestà legislativa) e dall’art. 8 dello statuto,
(relativamente alle funzioni amministrative) non può essere compresa
l’attuazione della citata legge statale n. 316 del 1968, la quale
concerne principalmente la disciplina della professione degli agenti e
rappresentanti di commercio.
L’attribuzione alle camere di commercio di compiti inerenti alla
tenuta ed aggiornamento del detto ruolo non implica, per se stessa, ha
precisato l’Avvocatura, che la competenza della regione relativamente
ai detti enti, si estenda sino a comprendere la costituzione degli
speciali organi camerali che al ruolo stesso sono preposti.
Se tale attribuzione ubbidisce, infatti, nel sistema della legge
dello Stato, ad un criterio di funzionalità determinato in relazione
alla provincia di residenza degli interessati (ma non di nascita; la
iscrizione è consentita, invero, anche ai cittadini degli Stati membri
della Comunità economica europea ed agli stranieri), non comporta,
però, in ossequio al principio di cui all’art. 120, terzo comma, della
Costituzione, limitazioni territoriali all’esercizio dell’attività
degli agenti e rappresentanti di commercio fuori dell’ambito della
provincia di iscrizione.
Si tratterebbe, peraltro, di funzioni attinenti “ad albi regolati
da apposite disposizioni”, che a norma dell’art. 32 del R.D. 20
settembre 1934, n. 2011, non potevano essere comprese fra le competenze
ordinarie delle camere di commercio.
D’altra parte, in analogia con il caso deciso da questa Corte con
la sentenza n. 153 del 1967, l’Avvocatura pone in rilievo che nella
specie, consentendosi la iscrizione nei ruoli anche agli stranieri, in
particolare ai cittadini dei Paesi del M.E.C., la disciplina della
materia dimostra palesemente di incidere su interessi eccedenti la
sfera regionale, oggetto del Trattato di Roma sulla Comunità economica
europea, che è inteso a regolare, fra l’altro, nell’area della
Comunità stessa, la libera circolazione dei prodotti e delle attività
professionali.
La Regione Friuli-Venezia Giulia, costituitasi nei giudizi, ha
sostenuto con atto di deduzioni, seguito da memoria, che la
legittimazione dell’assessore regionale per l’industria e commercio a
provvedere alla costituzione delle commissioni per la tenuta del ruolo
degli agenti e rappresentanti di commercio deriva dalla competenza
statutaria in materia di ordinamento delle camere di commercio.
Ai sensi del citato art. 32 del R.D. 20 settembre 1934, n. 2011,
spetterebbe ai detti enti di curare la formazione e la conservazione
dei ruoli professionali di varie categorie di operatori commerciali
(stimatori e pesatori pubblici, periti ed esperti, mediatori, agenti
marittimi raccomandatari), e fra tali compiti istituzionali sarebbe da
comprendere altresì il servizio relativo al ruolo in questione, per il
quale è istituita la speciale commissione presieduta dal presidente
della stessa camera di commercio.
La circostanza, poi, obietta la difesa della regione, che alla
commissione predetta siano demandate attribuzioni inerenti alla
disciplina dello status professionale degli agenti e rappresentanti,
non compresi nella potestà regionale, non ha rilievo, dovendosi
ritenere assorbente la competenza organizzatoria riservata
all’autonomia locale.
La Regione contesta, d’altra parte, che l’iscrizione nel ruolo di
cui alla legge n. 316 del 1968 valga per tutto il territorio nazionale
e, in merito ai riflessi di carattere politico – internazionale
derivanti dalla iscrivibilità nei ruoli di operatori economici
stranieri, obietta che il limite, statutariamente stabilito, di
rispettare gli obblighi internazionali dello Stato, al pari
dell’osservanza della Costituzione, dei principi generali dello Stato,
delle norme fondamentali delle riforme economico – sociali, non
determina l’esclusione della competenza regionale nelle materie ad essa
riservate, giacché, se così fosse, ne rimarrebbe svuotata di
contenuto la stessa autonomia costituzionalmente garantita.
1. – I quattro ricorsi, di analogo contenuto, vanno riuniti e
decisi con unica sentenza.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rivendicato allo
Stato la competenza a provvedere, ai sensi della legge 12 marzo 1968,
n. 316, alla nomina dei componenti le commissioni per la formazione e
tenuta dei ruoli degli agenti e rappresentanti di commercio; ruoli
istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura delle quattro provincie (Trieste, Udine, Gorizia e
Pordenone) della Regione Friuli-Venezia Giulia. Ed ha concluso perché
questa Corte annulli i quattro decreti in data 9 settembre 1969, con i
quali l’assessore per l’industria e commercio della Regione ha nominato
le commissioni nelle provincie suddette, così esercitando i poteri che
l’art. 4 della legge sopra citata attribuisce ai prefetti.
L’Avvocatura generale ha contestato che, ai sensi degli artt. 4 n.
6 e 8 dello statuto speciale (i quali sottopongono rispettivamente alla
potestà legislativa primaria ed alla correlativa potestà
amministrativa regionale la materia dell’industria e commercio),
nonché ai sensi degli artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione
dello statuto speciale (D.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116), possa
ritenersi demandata alla Regione, come invece è da questa sostenuto,
la composizione delle commissioni in questione. Ciò ancorché dalla
legge statale, che le ha istituite, siano disciplinate quali organi
speciali delle camere di commercio, enti pubblici locali che sono
soggetti alla competenza regionale, ma solo nei limiti fissati dalle
norme statutarie e di attuazione.
I ricorsi sono fondati.
3. – La legge 12 marzo 1968, n. 316, la cui applicazione, per
quanto attiene alle commissioni predette, dà luogo al presente
conflitto di attribuzioni, è volta a stabilire, come si evince dai
lavori preparatori (ed in ispecie dalle relazioni alle proposte di
legge di iniziativa parlamentare, che, congiuntamente discusse, hanno
condotto all’approvazione del testo attuale), una efficace ed organica
regolamentazione della professione degli agenti e rappresentanti di
commercio, idonea a soddisfare varie aspettative, comprese quelle della
categoria, e ad integrare la disciplina, ritenuta insufficiente,
risultante dalla legislazione in vigore. In particolare, la legge in
esame ha inteso tutelare gli interessi professionali degli agenti e
rappresentanti di commercio e, al tempo stesso, gli interessi di quanti
partecipano ai settori della produzione e degli scambi. Ha creato,
infatti, un sistema che non è diretto soltanto a dare pubblica notizia
dei soggetti esercenti l’attività intermediaria, costituente, come è
scritto nella relazione ad una delle proposte di legge (documento n.
539, 4ª legislatura, Camera dei deputati), “importante anello di
congiunzione tra le fonti di produzione e l’apparato commerciale di
distribuzione”, ma è volto principalmente ad accertare i requisiti di
idoneità morale e tecnica dei soggetti predetti. Ciò, come sembra
evidente, in considerazione sia del carattere fiduciario dell’attività
da essi svolta nell’interesse degli imprenditori e della pubblica fede,
sia delle esigenze del mercato internazionale, in particolar modo di
quello della Comunità economica europea, nei cui confronti vigono per
lo Stato italiano speciali impegni.
L’accertamento summenzionato, nel sistema della legge, ha natura
giuridica di atto avente funzione costitutiva della legittimazione
all’esercizio dell’attività professionale e si estrinseca nella
delibera di iscrizione nel ruolo articolato in due elenchi, l’uno
transitorio, l’altro effettivo.
Per l’iscrizione nel ruolo, istituito presso la camera di commercio
di propria residenza, occorrono nel richiedente (e, quando si tratti di
società, nei legali rappresentanti di essa) la qualità di cittadino
italiano, o, se straniero, l’appartenenza a Stato membro della C.E.E.,
ovvero la residenza in Italia, nonché il godimento dei diritti civili,
il non essere interdetto o inabilitato, fallito o condannato per
determinati gravi reati, il possesso del titolo di studio di scuola
secondaria. È inoltre prevista qualche incompatibilità e preclusione
(artt. 5 e 6 della legge). La prima iscrizione ha luogo nell’elenco
transitorio; la seconda in quello effettivo, dopo il decorso di un
biennio dalla prima e la dimostrazione da parte dell’interessato di
avere effettivamente svolto l’attività di agente o rappresentante.
Come emerge dall’art. 9 della legge, che nel terzo comma prevede
per i contravventori sanzioni penali, è fatto divieto, a chi non è
iscritto nel ruolo, di esercitare le attività predette e sono, del
pari, “vietati i contratti di agenzia o rappresentanza nei quali
l’agente o il rappresentante non sia iscritto nel ruolo”.
La formazione e la conservazione del ruolo provinciale è demandata
alle commissioni sopra ricordate, alle quali è attribuito il potere,
non discrezionale, di ricognizione dei titoli il cui possesso è
richiesto dalla legge per l’iscrizione, con effetti i quali incidono
sul diritto alla esplicazione delle attività lavorative. Diritto
suscettibile, sotto l’aspetto pubblicistico, soltanto di controlli
autoritativi iniziali, al momento della iscrizione, e di controlli
successivi, a seguito dei quali può anche essere disposta la
cancellazione dal ruolo (art. 7, commi quarto, quinto e sesto).
In relazione alle accennate finalità, l’avere il legislatore
affidato la tenuta dei ruoli provinciali alle commissioni predette,
aventi sede presso le camere di commercio, risponde semplicemente ad un
criterio generale di organizzazione dei relativi servizi e di opportuna
ripartizione, su base territoriale, degli accennati compiti di
accertamento e vigilanza sui componenti la categoria professionale,
residenti nella provincia.
Non mancano, d’altra parte, nella legge in esame, e ciò è molto
significativo, norme volte ad assicurare la uniforme applicazione della
disciplina professionale nel territorio della Repubblica, garantendo a
tutti gli interessati parità di trattamento, nel rispetto dei principi
di legalità amministrativa, in ordine all’esercizio della propria
attività professionale, anche fuori dell’ambito regionale.
Agli stessi interessati, infatti, è accordato il diritto di
proporre, contro le deliberazioni non definitive delle commissioni
provinciali, e che negano la iscrizione o dispongono la cancellazione,
ricorso alla commissione centrale presso il Ministero dell’industria
(art. 8 della legge). Ed alla stessa esigenza di uniformità risponde,
altresì, l’attribuzione al prefetto, quale rappresentante del Governo
nella provincia, del compito di nominare, con suo decreto, il
presidente (che è lo stesso presidente della camera di commercio o un
suo delegato) ed i membri effettivi e supplenti delle commissioni
provinciali, scelti fra agenti e rappresentanti di commercio, che siano
in possesso dei requisiti per la iscrizione nel ruolo effettivo, su
designazione delle organizzazioni provinciali aderenti alle
organizzazioni nazionali firmatarie degli accordi economici collettivi
della categoria.
Ovviamente (come è confermato dalla prassi che viene citata dalla
stessa difesa regionale) nell’esercizio delle attribuzioni affidategli
il prefetto agisce in base a direttive impartite dal Ministero
dell’industria.
4. – Le precedenti considerazioni dimostrano che la materia della
disciplina della professione di agente e rappresentante di commercio,
dettata in modo unitario ed organico dalla legge statale in esame,
risponde alla tutela di interessi generali che spetta soltanto allo
Stato di perseguire, secondo i precetti di cui agli artt. 3 e 120,
terzo comma, della Costituzione: interessi tali che non possono essere
oggetto di provvedimenti diversi da regione a regione. La materia
esula, quindi, dall’ambito regionale e deve ritenersi che non possa
essere compresa ed inquadrata nelle attribuzioni, legislative e
amministrative, della Regione Friuli-Venezia Giulia: precisamente in
quelle concernenti l’industria e commercio, di cui all’art. 4, n. 6, in
correlazione con l’art. 8 dello statuto speciale ed agli artt. 8 e
seguenti delle norme di attuazione più volte citate.
5. – Non valgono in contrario gli argomenti che la difesa
regionale, richiamandosi anche al disposto dell’art. 32 n. 3 del testo
unico approvato con R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, sui consigli
provinciali dell’economia (ora camere di commercio), fonda sull’asserto
che vari ruoli, elenchi ed albi di operatori economici sono tenuti
presso le camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia da commissioni
costituite con provvedimenti degli organi della regione. Si tratterebbe
di professioni, come quelle degli stimatori e pesatori pubblici, dei
periti ed esperti, dei mediatori, degli agenti marittimi, degli
spedizionieri, aventi, secondo la difesa regionale, affinità con
quella di agente o rappresentante di commercio.
Orbene tali situazioni hanno rilievo di mero fatto e non possono,
quindi, fornire argomenti per la soluzione, nel senso indicato dalla
Regione, del presente conflitto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo stato la nomina delle commissioni prevista
dall’art. 4 della legge 12 marzo 1968, n. 316, concernente la
disciplina della professione di agente e rappresentante di commercio;
annulla pertanto i decreti dell’assessore per l’industria e
commercio della Regione Friuli-Venezia Giulia, nn. 417,418, 419 e 420,
in data 9 settembre 1969.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.