Sentenza N. 83 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
26/04/1971
Data deposito/pubblicazione
26/04/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/04/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 7
maggio 1969 dal tribunale militare territoriale di Bari nel
procedimento penale a carico di Festa Vincenzo, iscritta al n. 217 del
registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 165 del 2 luglio 1969.
Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1971 il Giudice
relatore Francesco Paolo Bonifacio.
1. – Con ordinanza del 7 maggio 1969 – emanata nel procedimento
penale a carico di Vincenzo Festa – il tribunale militare territoriale
di Bari, accogliendo un’eccezione sollevata dalla difesa dell’imputato,
ha proposto, in riferimento all’art. 25, primo comma, della
Costituzione, una questione di legittimità costituzionale concernente
l’art. 350 del codice penale militare di pace.
Premesso che l’istruttoria relativa al processo de quo si è svolta
col rito sommario e che, non ricorrendo le ipotesi di arresto in
flagranza o di confessione, deve ritenersi che il pubblico ministero
abbia scelto tale procedura “valutando evidente la prova o avvalendosi
della facoltà di cui al capoverso dell’art. 350 c.p.m.p.”, il
tribunale, richiamata la sentenza n. 117 del 1968 di questa Corte,
osserva che la disposizione impugnata conferisce all’organo requirente
una insindacabile discrezionalità nella scelta del tipo di istruzione
e si pone perciò in contrasto col principio del giudice naturale
precostituito per legge, enunciato nell’art. 25, primo comma, della
Costituzione.
2. – Innanzi a questa Corte non si è costituita la parte privata e
non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. La causa,
pertanto, viene decisa, ai sensi dell’art. 26, secondo comma, della
legge 11 marzo 1953, n. 87, con la procedura di camera di consiglio.
1. – L’art. 350 del codice penale militare di pace prescrive, nel
primo comma, che, al di fuori dei casi nei quali in forza dell’art. 324
è obbligatoria l’istruzione formale (reati punibili con l’ergastolo o
procedimenti nei quali occorra tutelare il segreto politico o
militare), si proceda con istruttoria sommaria quando ricorrano le
circostanze e le condizioni in presenza delle quali tale rito è
previsto dall’art. 389 del codice di procedura penale; lo stesso
articolo, nel secondo comma, stabilisce che in ogni altro caso il
procuratore militare possa richiedere l’istruzione formale ovvero
procedere in via sommaria.
Ad avviso del tribunale militare di Bari l’art. 350, a causa
dell’incompatibilità fra l’insindacabile potere discrezionale concesso
al pubblico ministero nella scelta del rito sommario ed il principio
della precostituzione del giudice per legge, violerebbe l’art. 25,
primo comma, della Costituzione. Deve essere peraltro precisato che,
come risulta con certezza dalla motivazione dell’ordinanza di
rimessione, il primo comma dell’art. 350 non è stato denunziato nella
sua totalità, ma solo nella parte concernente il caso ” in cui la
prova appare evidente”.
2. – In base alle considerazioni esposte da questa Corte nella
sentenza n. 117 del 1968, alla quale l’attuale ordinanza esplicitamente
si richiama, perché il potere del pubblico ministero di procedere con
istruttoria sommaria non si ponga in contrasto col principio secondo il
quale “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito
per legge ” è necessario che il concreto suo esercizio possa essere
oggetto di controllo giurisdizionale, volto alla verifica
dell’effettiva sussistenza dei presupposti o delle condizioni che lo
rendono legittimo. In questa affermazione è implicita la premessa che
la legge deve fissare con sufficienti delimitazioni le ipotesi nelle
quali si debba procedere col rito sommario: è evidente, infatti, che,
perché la riserva di legge risulti rispettata, il solo sindacato
giurisdizionale sull’uso del potere non basta, se per legge non sono
predeterminati i casi nei quali questo è consentito. Ciò posto, è
agevole constatare che il secondo comma dell’art. 350 c.p.m.p. non pone
al potere del procuratore militare di scegliere l’istruttoria sommaria
altro limite se non quello, puramente negativo, costituito dalle
ipotesi per le quali l’articolo 324 prevede come obbligatoria
l’istruttoria formale, e ciò fino al punto che, ove quella scelta sia
stata operata, non è dato neppure di accertare (e l’accertamento
sarebbe, peraltro, del tutto irrilevante) se essa si giustifichi in
base alle previsioni contenute nel primo comma dell’articolo ovvero in
base all’assoluta libertà di determinazione che in proposito il
secondo comma lascia al procuratore militare. Di tal che è chiaro che
quest’ultima disposizione contrasta con la norma costituzionale di
raffronto non perché difetti la possibilità di un successivo
controllo giurisdizionale (al che si potrebbe porre rimedio con una
dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale analoga a
quella pronunziata, a proposito dell’art. 389 c.p.p., con la sentenza
n. 117 del 1968), ma perché manca addirittura ogni e qualsiasi
concreta ed obiettiva delimitazione dei casi nei quali si debba
procedere con istruttoria sommaria e dei casi nei quali, invece, si
debba richiedere l’istruzione formale, sicché il potere conferito in
proposito al procuratore militare è del tutto svincolato da quella
predeterminazione delle fattispecie legali che sarebbe necessaria per
il rispetto dell’articolo 25, primo comma, della Costituzione.
Il secondo comma dell’art. 350 deve essere pertanto dichiarato,
nella sua totalità, costituzionalmente illegittimo.
3. – Diverso è il discorso per quanto riguarda il primo comma,
che, come innanzi si è detto, è stato denunziato solo nella parte in
cui esso prescrive che (fuori delle ipotesi previste dall’art. 324) si
proceda con istruttoria sommaria nel caso in cui la prova appare
evidente. La questione è del tutto identica a quella relativa alla
corrispondente parte dell’articolo 389 c.p.p., risolta con la ricordata
sentenza n. 117 del 1968: il contrasto con la norma costituzionale di
raffronto dovrebbe riconoscersi solo limitatamente all’esclusione del
sindacato giurisdizionale sulla effettiva sussistenza dell’evidenza
della prova. Ma prima di giungere a siffatta conclusione si rende
necessario verificare se, in base all’ordinamento ora vigente, tale
sindacabilità non debba esser ritenuta già operante.
A questo proposito è certo che nessuna incidenza sulla perdurante
rilevanza della questione può avere la sopravvenuta legge 7 novembre
1969, n. 780, che, modificando il testo dell’art. 389 c.p.p., ha
previsto un particolare sistema di controllo giurisdizionale sulla
scelta del rito sommario operata dal pubblico ministero. Vero è che
l’art. 261 c.p.m.p. dichiara in generale applicabili ai procedimenti
penali militari, salvo che la legge non disponga diversamente, le
disposizioni del codice di procedura penale; ma è vero altresì che la
istruttoria, alla quale il giudice a quo fa riferimento nel proporre la
questione, era già stata compiuta prima dell’entrata in vigore di
quella legge, e pertanto non si può neppure porre un problema di
riesame della rilevanza in relazione al ius superveniens.
Sembra, invece, che una diretta influenza sul merito della
questione debba essere riconosciuta alla già richiamata dichiarazione
di illegittimità costituzionale dell’art. 389, terzo comma, c.p.p.
“nei limiti in cui esclude la sindacabilità, nel corso del processo,
della valutazione compiuta dal pubblico ministero sulla evidenza della
prova”. In conseguenza di questa pronunzia della Corte – e degli
effetti che le si riconnettono in virtù dell’art. 136 della
Costituzione e dell’art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – a
partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione la
legittimità dell’operato del pubblico ministero soggiace al controllo
del giudice. E questa regola processuale, in forza del rinvio alle
disposizioni del codice di procedura penale (operato, come già si e
accennato, dall’art. 261 c.p.m.p.) si applica anche al procedimento
penale militare.
La questione, nella parte concernente il primo comma dell’art. 350,
deve essere pertanto dichiarata non fondata.
4. – In coerenza con la dichiarazione di illegittimità
costituzionale del secondo comma dell’art. 350 deve essere dichiarata,
ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 324, secondo comma, dello
stesso codice, che stabilisce che il procuratore militare, non
ricorrendo uno dei casi nei quali l’istruttoria formale è
obbligatoria, può tuttavia richiederla “ai sensi del secondo comma
dell’art. 350”.
Val la pena di mettere in evidenza che per effetto delle
dichiarazioni di illegittimità costituzionale pronunziate con la
presente sentenza nessun vuoto legislativo verrà a crearsi. Vero è
che nel codice penale militare di pace resteranno espressamente
stabiliti solo i casi nei quali si deve procedere con istruttoria
formale (art. 324, primo ed ultimo comma) e le ipotesi nelle quali, non
ricorrendo alcuno dei suddetti casi e verificandosi le circostanze e le
condizioni enunciate nell’art. 389 c.p.p., si deve procedere con
istruttoria sommaria. Ma ciò non comporta che venga a mancare ogni
regola per le fattispecie diverse da quelle esplicitamente previste
dagli artt. 324 e 350 c.p.m.p. Poiché in base al già ricordato
disposto dell’art. 261 il processo penale militare, salvo che sia
diversamente stabilito, soggiace alle disposizioni del codice di
procedura penale, l’interpretazione sistematica deve indurre alla
conclusione che, ove non ricorrano le circostanze e le condizioni
enunciate dall’art. 389 c.p.p. ed alle quali fa rinvio l’art. 350
c.p.m.p., il procuratore militare debba sempre richiedere l’istruttoria
formale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 350, comma
secondo, del codice penale militare di pace;
b) ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 324, comma secondo, dello
stesso codice;
e) dichiara non fondata – nei sensi di cui in motivazione – la
questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 350, primo
comma, dello stesso codice, nella parte relativa al “caso in cui la
prova appare evidente”, sollevata dall’ordinanza indicata in epigrafe
in riferimento all’art. 25, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIOVANNI BATTISTA
BENEDETTI – FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI.