Sentenza N. 86 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
17/04/1969
Data deposito/pubblicazione
17/04/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
02/04/1969
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
della legge 6 ottobre 1962, n. 1493 (modifiche e interpretazioni di
norme legislative in materia di agevolazioni tributarie nel settore
dell’edilizia), promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1967 dal
tribunale di Terni nel procedimento civile vertente tra Pierini Giulio
ed altri ed il Comune di Terni, iscritta al n. 276 del Registro
ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 24 del 27 gennaio 1968.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 20 marzo 1969 la relazione del
Giudice Ercole Rocchetti;
udito il vice avvocato generale dello Stato Dario Foligno, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel corso del procedimento civile promosso da Pierini Giulio ed
altri nei confronti del Comune di Terni, per ottenere la restituzione
delle somme da essi pagate a titolo di imposta sui materiali da
costruzione relativi alla parte di un edificio non destinata ad
abitazione, la difesa del Comune eccepiva la irripetibilità
dell’imposta pagata dagli attori, invocando il disposto dell’art. 1,
capoverso, della legge 6 ottobre 1962, n. 1493, ai sensi del quale
“restano salvi gli accertamenti già effettuati e divenuti comunque
definitivi, né si fa luogo alla restituzione delle imposte già
pagate”.
Il tribunale di Terni con ordinanza 24 novembre 1967 ha proposto di
ufficio, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la
questione di legittimità costituzionale del capoverso dell’art. 1
della legge n. 1493 del 1962 nella parte in cui dispone “né si fa
luogo alla restituzione delle imposte già pagate”, con riferimento
agli artt. 3 e 113 della Costituzione, e, sospendendo il giudizio in
corso, ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale.
Sotto il profilo della rilevanza, il tribunale osserva che la legge
n. 1493 del 1962, sebbene abbia carattere innovativo, trova
applicazione nella fattispecie sottoposta al suo esame che riguarda un
rapporto in contestazione e perciò non ancora definito.
Alla stregua delle norme contenute in quella legge, risulta,
secondo il tribunale, che l’imposta percetta dal Comune dovrebbe
ritenersi non dovuta, ma che all’accoglimento della domanda di
ripetizione proposta dagli attori si oppone il disposto del citato art.
1, capoverso, nella parte in cui stabilisce che non si fa luogo “alla
restituzione delle imposte già pagate”.
Per quanto attiene alla non manifesta infondatezza, il giudice a
quo osserva che la norma denunciata comporta una ingiustificata
disparità di trattamento tra i contribuenti che abbiano già pagato
l’imposta e coloro che ancora non l’abbiano fatto; in quanto la
differenza tra le due situazioni viene fatta dipendere da una
circostanza priva di rilievo giuridico, quale il minore o maggiore
intervallo di tempo intercorso tra il provvedimento di imposizione
tributaria e la emanazione della legge di esecuzione. Di qui la
violazione del principio di eguaglianza, sancito dall’art. 3 della
Costituzione. Inoltre, secondo il tribunale di Terni, la norma
impugnata si pone in contrasto anche con l’art. 113 della Costituzione,
in quanto la sanzione della irripetibilità è tale da svuotare di ogni
contenuto la tutela che la Costituzione assicura senza limitazione ai
cittadini contro gli atti della pubblica amministrazione.
L’ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 27 gennaio 1968.
Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri a mezzo della Avvocatura generale dello Stato, con atto
dell’intervento e deduzioni depositato il 16 febbraio 1968.
L’Avvocatura dello Stato osserva che la questione di legittimità
costituzionale proposta dal tribunale di Terni va diversamente
impostata a seconda che la norma impugnata venga considerata
interpretativa o innovatrice.
Nel primo caso nessuna questione di costituzionalità può sorgere,
in quanto la norma si limita a ribadire, in conformità di un principio
generale del nostro ordinamento, la intangibilità di rapporti divenuti
comunque definitivi ed è a ritenersi che in tal caso non escluda il
rimborso dei pagamenti già effettuati per rapporti che non siano
ancora divenuti tali.
Invece, nel caso in cui si ritenga che la norma denunciata abbia
carattere innovativo, l’Avvocatura ammette che il rimborso non sia
ammissibile in ogni caso, e che si profila perciò una disparità tra
il contribuente che, in base ad accertamento non definitivo, abbia
pagato prima dell’entrata in vigore della legge impugnata e il
contribuente che, non avendo ancora pagato il tributo, venga a godere
delle agevolazioni previste dalla legge. Tuttavia, l’Avvocatura
afferma che ciò non dà luogo ad una lesione del principio di
eguaglianza, perché, di fronte a una immutazione della normativa
anteriore, il diverso trattamento si risolverebbe in una mera ed
inevitabile disparità di fatto.
L’Avvocatura infine esclude che la norma denunciata violi l’art.
113 della Costituzione, perché essa non limita o impedisce il diritto
di difesa del contribuente contro gli atti della pubblica
amministrazione, dal momento che non incide in alcun modo sui rimedi
predisposti per la impugnabilità degli atti suddetti.
Pertanto l’Avvocatura conclude chiedendo che la Corte dichiari
inammissibile e infondata la questione di legittimità costituzionale
proposta dal tribunale di Terni.
Allo scopo di promuovere l’incremento edilizio, e riparare così
alla carenza di alloggi, particolarmente grave dopo le distruzioni
della guerra, la legge 2 luglio 1949, n. 408, concedeva l’esenzione da
varie imposte per le costruzioni di nuove “case di abitazione, anche se
comprendenti uffici e negozi” (art. 13). Dalla terminologia usata,
alquanto vaga ed imprecisa, nessun altro elemento emergeva circa la
proporzione da tenersi, ai fini dell’esenzione, tra i due tipi di
utilizzazione consentiti, oltre quello della prevalenza da assegnarsi
alle abitazioni, dovendo gli edifici costruendi avere, nel loro
complesso, la natura e la destinazione qualificante di a case” secondo
la espressione usata nel testo del citato art. 13.
In mancanza di più precise indicazioni circa i criteri cui
riferirsi per determinare tale prevalenza due interpretazioni emersero,
quella dell’amministrazione finanziaria che, ispirandosi al disposto
dell’anteriore norma dell’art. 7 della legge 11 luglio 1942, n. 843,
riteneva doversi tale prevalenza desumere dal reddito dei locali da
accertarsi in sede fiscale, e quella della magistratura ordinaria, che
si riferiva al più concreto e certo elemento quantitativo tratto dai
volumi delle costruzioni.
Tale contrasto interpretativo accompagnò in modo insanabile tutta
l’applicazione della legge n. 408, seguitando a permanere anche quando,
scaduta col 31 dicembre 1959 l’ultima proroga concessa alla sua
efficacia dalla legge 10 dicembre 1957, n. 1218, essa seguitò ad
applicarsi alle sole costruzioni completate entro quel termine e alle
relative numerosissime pratiche pendenti giacché, per le costruzioni
successive, vennero poi introdotte nuove e differenti agevolazioni
tributarie, a mezzo della legge 2 febbraio 1960, n. 35, che non si
sovrappone né si riconnette alla n. 408 del 1949 e segue poi vicende
diverse.
Quanto alla n. 408, il legislatore, nell’intento evidente di
dirimere quel contrasto interpretativo, emanò, inserendola nella legge
6 ottobre 1962, n. 1493, che, per vari argomenti, si riferisce al
settore dell’edilizia, la disposizione contenuta nell’art. 1 con la
quale si precisava che “le agevolazioni fiscali previste per le case di
abitazione non di lusso dalle leggi 2 luglio 1949, n. 408” (e dalle
altre successive di proroga) “sono applicabili anche ai locali
destinati ad uffici o negozi quando, a questi ultimi, sia destinata una
superficie non eccedente il quarto di quella totale dei piani sopra
terra”.
La nuova norma, che era accompagnata, nel capoverso dello stesso
articolo, dalla disposizione con la quale si stabiliva che restavano
salvi gli accertamenti già effettuati e divenuti comunque definitivi,
né si faceva luogo alla restituzione delle imposte già pagate, venne
interpretata, sia in sede amministrativa che giurisprudenziale, nel
senso che la parte da assegnarsi agli uffici e negozi, insieme
considerati, e da valutarsi in base alla superficie, non dovesse
eccedere il quarto, perché la locuzione “questi ultimi” che,
grammaticalmente invero sembrava dover riguardare i soli negozi, venne
invece riferita ai negozi e agli uffici insieme.
Così considerata, la norma del 1962, avente efficacia retroattiva
perché volta a disciplinare fattispecie già perfette al 31 dicembre
1959, sembrò una norma innovativa, come riducente, dalla metà meno
uno a un quarto, l’estensione degli anzidetti locali di uso diverso
dall’abitazione e come tale è stata ritenuta anche nell’ordinanza del
giudice a quo.
Il contenuto delle norme venne però ulteriormente precisato
attraverso la legge 2 dicembre 1967, n. 1212, il cui unico articolo
stabilisce che: “l’art. 1 della n. 1493 del 1962 deve intendersi nel
senso che le agevolazioni fiscali menzionate nell’articolo stesso sono
applicabili anche ai locali destinati ad uffici o negozi, quando ai
negozi sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella
totale dei piani sopra terra”. Ed aggiunge ancora lo stesso articolo
unico anzidetto che, per le concessioni delle suddette agevolazioni, è
pertanto necessario e sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le
seguenti condizioni:
a) che almeno il 50 per cento più uno della superficie totale dei
piani sopra terra sia destinata ad abitazioni;
b) che non più del 25 per cento della superficie totale dei piani
sopra terra sia destinato a negozi.
Cosicché la legge n. 1493 del 1962, letta per così dire nel nuovo
testo della n. 1212 del 1967, non pud apparire che quale essa intendeva
essere, e cioè una legge interpretativa della n. 408, con sola
precisazione e non immutazione dei criteri in base ai quali doveva
determinarsi la prevalenza degli alloggi sugli altri locali, restando
fisso per quelli il limite originario del 50 per cento più uno.
Essendo inserita in un testo cui il legislatore ha voluto
attribuire carattere “interpretativo”, la disposizione contenuta nel
capoverso dell’art. 1 della legge del 1962, che fa salvi gli
accertamenti già effettuati e divenuti comunque definitivi e prescrive
che non si fa luogo alla restituzione delle imposte già pagate, deve
intendersi nel solo modo conseguente all’intento interpretativo della
norma che, quanto ai pagamenti, sono irripetibili quelli relativi ad
accertamenti definitivi, mentre sono invece ripetibili quegli altri che
sono stati effettuati in forza di accertamenti non ancora definitivi
alla data della legge interpretativa del 1962 e in rapporto ai quali
questa esplica tutta la sua efficacia.
Ne consegue che la questione di legittimità costituzionale
proposta con l’ordinanza 24 novembre 1967 dal tribunale di Terni deve
essere dichiarata non fondata perché la disposizione dell’art. 1,
capoverso, della legge n. 1493 del 1962, nella parte in cui stabilisce
che “né si fa luogo alla restituzione delle imposte già pagate”
diversamente da quanto ritiene il giudice a quo (la cui ordinanza è
stata emessa prima della pubblicazione della nuova legge di
interpretazione autentica n. 1212 del 1967) non esclude il rimborso
delle imposte pagate in base ad accertamenti non ancora definitivi
all’epoca della sua entrata in vigore.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, con riferimento agli artt. 3 e 113 della
Costituzione e nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, capoverso, della legge 6
ottobre 1962, n. 1493, avente per oggetto modifiche ed interpretazioni
di norme legislative in materia di agevolazioni tributarie nel settore
dell’edilizia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale.
Palazzo della Consulta, il 2 aprile 1969.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.