Sentenza N. 86 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
29/04/1971
Data deposito/pubblicazione
29/04/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/04/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof.
ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
del codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 14 febbraio 1969 dal tribunale di Roma nel
procedimento civile vertente tra Curotto Ivo e la Federazione italiana
consorzi agrari, iscritta al n. 221 del registro ordinanze 1969 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 2
luglio 1969;
2) ordinanza emessa il 13 marzo 1969 dal tribunale di Firenze nel
procedimento civile vertente tra Corti Vezio e la società cooperativa
Argo, iscritta al n. 312 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 207 del 13 agosto 1969;
3) ordinanza emessa il 27 ottobre 1969 dalla Corte di cassazione –
seconda sezione civile – nel procedimento civile vertente tra Cumar
Caterina e la Cassa di risparmio di Gorizia, iscritta al n. 22 del
registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.
Visti gli atti di costituzione di Curotto Ivo, di Cumar Caterina,
della Federazione italiana consorzi agrari e della Cassa di risparmio
di Gorizia;
udito nell’udienza pubblica del 13 gennaio 1971 il Giudice relatore
Giuseppe Verzì;
uditi l’avv. Luciano Ventura, per il Curotto, e l’avv. Francesco
Sepe Quarta, per la Federazione italiana consorzi agrari.
Nel corso del procedimento civile vertente fra Curotto Ivo e la
Federazione italiana dei consorzi agrari, in merito a crediti vantati
dal prestatore d’opera nei confronti del datore di lavoro, il tribunale
di Roma, con ordinanza del 14 febbraio 1969, ha sollevato la questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2946 del codice civile, in
riferimento all’articolo 36 della Costituzione.
La stessa questione è stata sollevata dal tribunale di Firenze con
ordinanza del 13 marzo 1969, emessa nel procedimento civile vertente
fra Corti Vezio e la società cooperativa Argo, in merito a
risarcimento di danno, ai sensi dell’art. 2116, secondo comma, del
codice civile, non essendo l’INPS tenuto a corrispondere all’attore la
pensione di anzianità per mancato versamento da parte del convenuto
datore di lavoro dei prescritti contributi previdenziali.
Inoltre la Corte di cassazione, con ordinanza del 27 ottobre 1969
emessa nel procedimento civile vertente fra Cumar Caterina e la Cassa
di risparmio di Gorizia in merito al collocamento in pianta stabile
dell’attrice nella organizzazione della menzionata Cassa di risparmio
di Gorizia, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2946 in relazione all’art. 2935 del codice civile. Ha
aggiunto che le norme impugnate lasciano non infondatamente ravvisare
anche una violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3
della Costituzione nonché del precetto dell’art. 24, che assicura a
tutti il diritto di agire in giudizio.
Dei tre giudizi instaurati presso questa Corte vi è stata
costituzione di parti nel primo e nel terzo. In nessuno poi è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
Tutte e tre le ordinanze premettono che con la sentenza n. 63 del
1966 questa Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale, in
riferimento all’art. 36 della Costituzione, degli artt. 2948 n. 4, 2955
n. 2, e 2956 n. 1 del codice civile, relativamente alle prescrizioni
brevi ed alle prescrizioni presuntive, in quanto queste, decorrendo
durante il rapporto di lavoro, producono quell’effetto che l’art. 36
della Costituzione ha inteso precludere, vietando qualunque tipo di
rinunzia, compreso quello che (attesa la particolare situazione
psicologica del lavoratore, contraente più debole) può essere
implicito nel mancato esercizio del diritto.
Tale argomentazione sembra debba valere anche per l’articolo 2946
del codice civile (prescrizione ordinaria) nella parte in cui consente
che la prescrizione dei diritti di credito vantati dal prestatore
d’opera subordinata nei confronti del datore di lavoro decorra durante
il ripetuto rapporto.
In particolare il tribunale di Firenze osserva che – secondo la
giurisprudenza della Corte di cassazione – la responsabilità del
datore di lavoro per il mancato versamento dei contributi previdenziali
contro l’invalidità e la vecchiaia dà luogo ad un danno attualmente
risarcibile per il quale la relativa azione è immediatamente
proponibile, anche se non si sono verificate le condizioni necessarie
per la percezione della prestazione assicurativa; che conseguentemente
non bisogna fare riferimento al compimento dell’età pensionabile come
inizio del termine prescrizionale, ma al primo giorno dal quale il
diritto poteva esser fatto valere, o comunque, al momento in cui
l’omissione contributiva era terminata. Pertanto, la prescrizione
comincia a decorrere durante il rapporto di lavoro.
L’ordinanza della Corte di cassazione rileva che il diritto del
lavoratore ad essere assunto in pianta stabile, pur non concernendo
direttamente la retribuzione, si riverbera su di essa, in quanto questa
è in funzione dello stato giuridico del dipendente. Tale diritto
soggiace al termine di prescrizione di cui all’art. 2946 del codice
civile, termine che comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
stesso poteva essere fatto valere, cioè durante il rapporto di lavoro,
ove questo perduri, così come aveva avuto inizio, non in pianta
stabile.
Nell’atto di costituzione e nelle memorie illustrative, la difesa
del Curotto e della Cumar osserva che la dichiarazione di
illegittimità di cui alla sentenza n. 63 del 1966 si risolve nella
enunciazione di un principio di diritto, applicabile anche alla
prescrizione ordinaria, sicché il tribunale di Roma avrebbe potuto
decidere il caso senza rimettere gli atti a questa Corte. Insiste,
comunque, sulla illegittimità della norma impugnata.
La Federazione italiana dei consorzi agrari rileva che il principio
affermato nella ripetuta sentenza non è riferibile alla prescrizione
ordinaria. Perché in questa i termini consentono al creditore margini
di tempo maggiori, eventualità di occasioni favorevoli, lontananza
dall’inizio del periodo in cui il diritto può essere esercitato.
Sottolinea, poi, che dal momento della pronuncia della Corte ad
oggi, quelle limitazioni di fatto che si intesero rimuovere accordando
la tutela al contraente più debole, sono state, se non eliminate del
tutto, certamente in gran parte ridotte dal processo di rafforzamento
delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, dalla legge 13 luglio
1966, n. 604, e dalla legge 20 maggio 1970, n. 300.
Per la Cassa di risparmio di Gorizia, la difesa osserva che, se
può ritenersi che ragioni di equità militino per le prescrizioni
brevi o presuntive, non altrettanto può affermarsi per la prescrizione
ordinaria, la quale, nel caso di rapporto di lavoro, attiene ad ipotesi
eccezionali di costituzione del rapporto stesso e non a pretese
dipendenti o connesse con il suo svolgimento.
1. – Le tre ordinanze di rimessione del tribunale di Roma, del
tribunale di Firenze e della Corte di cassazione sollevano la stessa
questione di legittimità costituzionale del l’art. 2946 del codice
civile nella parte in cui consente che la prescrizione ordinaria dei
diritti di credito vantati dal prestatore d’opera subordinato nei
confronti del datore di lavoro decorra durante il rapporto di lavoro. I
giudizi possono quindi essere riuniti e definiti con unica sentenza
2. – La questione viene proposta con riferimento alla sentenza di
questa Corte n. 63 del 1966, in quanto le ragioni, che hanno indotto a
dichiarare la illegittimità degli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2 e 2956 n.
1 (prescrizione breve e prescrizione presuntiva), sussisterebbero anche
per la prescrizione ordinaria. Affermando che lo stato psicologico del
lavoratore dipendente (contraente debole) è di ostacolo alla
decorrenza, durante il rapporto di lavoro, del corso della
prescrizione, la Corte avrebbe enunciato un principio di carattere
generale che dovrebbe trovare applicazione anche per la prescrizione
ordinaria
3. – La questione è inammissibile. In tutti e tre i pro cedimenti
in esame, il giudice a quo può definire il giudizio principale
prescindendo dalla risoluzione della questione di legittimità
costituzionale relativa al decorso della prescrizione ordinaria durante
il rapporto di lavoro.
Il giudizio promosso da Ivo Curotto contro la Federazione italiana
dei consorzi agrari davanti al tribunale di Roma ha per oggetto il
pagamento di stipendi, indennità varie ed indennità per cessazione
del rapporto di lavoro, tutti diritti soggetti a prescrizione breve o
presuntiva disciplinati dalle disposizioni degli artt. 2948, n. 3 e 4,
e 2955, n. 2, del codice civile, sicché si tratta di materia estranea
alle norme che regolano la prescrizione ordinaria.
Il tribunale di Firenze deve decidere su una fattispecie di
risarcimento di danni ex art. 2116 del codice civile per irregolare
versamento da parte del datore di lavoro di contributi di assicurazione
contro l’invalidità e la vecchiaia. Orbene, il corso della
prescrizione può essere sospeso, durante il rapporto di lavoro, solo
allorquando si tratti di prestazioni salariali che godono della
speciale garanzia derivante dall’art. 36 della Costituzione, per il
quale l’esercizio del diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del lavoro non può tollerare alcuna rinunzia, sia
pure implicita.
Poiché l’eventuale accoglimento della questione di legittimità
costituzionale potrebbe portare ad una dichiarazione di illegittimità
solo nella parte in cui essa si riferisce alle vere e proprie
retribuzioni, la questione stessa risulta irrilevante Il giudizio
davanti alla Corte di cassazione è stato promosso contro la Cassa di
risparmio di Gorizia, e cioè contro un ente che si inquadra fra gli
enti pubblici economici.
La sentenza di questa Corte n. 63 del 1966 pone una netta
differenza fra lavoratori dell’impiego privato e lavoratori dipendenti
da enti pubblici: per i primi soltanto sussiste quel timore del
licenziamento che possa indurre il lavoratore alla rinunzia ai propri
diritti, mentre per i secondi, che sono garantiti dalla stabilità
dell’impiego e dai rimedi giurisdizionali contro l’illegittimità di
una risoluzione del relativo rapporto, non sussiste alcun motivo che
possa indurre a derogare alle normali disposizioni in materia di
prescrizione. E la sentenza di questa Corte n. 143 del 1969 ha ribadito
gli stessi concetti.
Per quanto sopra, l’eventuale dichiarazione di illegittimità della
norma contenuta nell’art. 2946 del codice civile potrebbe riferirsi
soltanto al rapporto di impiego privato: il che vuol dire che la
questione è irrilevante anche in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, perché nella specie si tratta di rapporto di impiego
pubblico
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2946 del codice civile nella parte in cui consente che la
prescrizione del diritto di credito, del diritto al risarcimento del
danno ex art. 2116 del codice civile e del diritto all’assunzione in
pianta stabile vantato dal prestatore d’opera subordinato decorra
durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, questione sollevata in
riferimento agli artt. 3, 24 e 36 della Costituzione dalle ordinanze in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1971
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.