Sentenza N. 87 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
10/06/1970
Data deposito/pubblicazione
10/06/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
03/06/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
lg. lgt. 9 aprile 1946, n. 212 (assistenza malattia per i lavoratori in
agricoltura), promosso con ordinanza emessa il 12 novembre 1968 dal
tribunale di Terni nel procedimento civile vertente tra Carloni Giulio
contro l’INAM, iscritta al n. 276 del registro ordinanze 1968 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 del 12
febbraio 1969.
Visti gli atti di costituzione di Carloni Giulio e dell’INAM e
l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 1970 il Giudice relatore
Giuseppe Verzl’;
uditi gli avvocati Paolo Barile e Franco Agostini, per Carloni, gli
avvocati Michele Giorgianni e Giorgio Foà, per l’INAM, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Nel corso del procedimento civile promosso da Carloni Giulio contro
l’I.N.A.M., il tribunale di Terni, con ordinanza del 12 novembre 1968,
ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4 del D.Lg.Lgt. 9 aprile 1946, n. 212, in
riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione: perché l’assistenza
in caso di malattia dei lavoratori alle dipendenze altrui sarebbe
regolata diversamente, a seconda che si tratti di dipendenti da imprese
industriali, per i quali il diritto sussiste per il solo fatto di
prestare un lavoro subordinato – e dei dipendenti da imprese agricole,
per i quali la norma impugnata dispone che il diritto alle prestazioni
assistenziali sorge con la iscrizione negli elenchi nominativi di cui
al R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, e decorre dalla data di validità
di tali elenchi. Tra le due categorie di prestatori d’opera non è dato
cogliere una distinzione di condizioni personali e sociali, per quanto
attiene all’assistenza mutualistica in caso di malattia, onde il
trattamento differenziato non sarebbe affatto giustificato. Inoltre non
sarebbe assicurata l’assistenza mutualistica per tutto il periodo di
lavoro dei lavoratori in agricoltura.
Avanti questa Corte si sono costituiti il Carloni e l’INAM ed è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato la prestazione d ‘opera
in agricoltura presenta la particolarità di essere, durante l’anno,
non solo discontinua, ma anche conseguente ad una pluralità piuttosto
rilevante di rapporti correnti con datori di lavoro diversi. La
difficoltà di individuare tali singoli rapporti ai fini della
costituzione della posizione previdenziale di ciascun lavoratore ha
indotto il legislatore a creare una vera e propria anagrafe di
lavoratori agricoli, mediante la formazione di elenchi nominativi con
validità quinquennale, da aggiornarsi ogni tre mesi (art. 12 R.D. 24
settembre 1940, n. 1949) riflettente la situazione lavorativa di
ciascun iscritto. L’iscrizione in detti elenchi, non essendo rimessa ad
un apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione, ma
conseguente all’accertamento della effettiva occupazione di ciascun
interessato, non attribuisce alcun diritto al lavoratore, ma si risolve
in un atto ricognitivo prima, e dichiarativo poi, del possesso da parte
del prestatore d’opera di specifici requisiti condizionanti il sorgere
di determinati diritti. Il che è confermato dal disposto del quarto
comma dello stesso art. 4, per il quale, malgrado la non iscrizione,
l’interessato può conseguire ugualmente le prestazioni, purché
esibisca un certificato dell’organo preposto alla formazione degli
elenchi, attestante il titolo dell’interessato stesso ad esservi
incluso, titolo che, senza alcun dubbio, è costituito dalla
prestazione di lavoro subordinato in agricoltura. Da tutto ciò
consegue che la diversità di regolamentazione tra i lavoratori
dell’industria e quelli dell’agricoltura non attiene al presupposto
(prestazione di lavoro subordinato) del diritto all’assicurazione
malattia, ma soltanto all’accertamento di tale presupposto,
accertamento che è diverso nei due casi per la diversità di
situazione. Poiché tale diversità giustifica la disciplina adottata
dal legislatore, non sussisterebbe la violazione del principio di
eguaglianza.
La citata disposizione del quarto comma dell’art. 4 convince
altresì che non vi è neppure violazione dell’art. 38 della
Costituzione. La mancata iscrizione negli elenchi non preclude infatti
il diritto a conseguire le prestazioni di malattia, se, anche in
mancanza di tale iscrizione, l’assistenza è dovuta sol che si esibisca
l’attestato della esistenza del rapporto di lavoro subordinato. Va
rilevato infine che la disciplina dettata dall’art. 4, si risolve in un
vantaggio, almeno per le categorie di lavoratori agricoli classificati
eccezionali ed occasionali, per la modesta attività da essi svolta. Ed
invero, qualora al sistema degli elenchi nominativi si sostituisse il
sistema proprio di altri settori, detti lavoratori potrebbero vedere
grandemente scemato il diritto alla assistenza malattia.
Anche secondo la difesa dell’INAM la questione sarebbe infondata.
Nel settore dell’agricoltura, l’attività lavorativa è caratterizzata
– particolarmente in alcune regioni – da notevole mobilità e
saltuarietà, sicché l’accertamento della sussistenza del rapporto di
lavoro al momento della malattia avrebbe presentato difficoltà
insormontabili, ed avrebbe avuto effetti pregiudizievoli per lo stesso
prestatore d’opera. Disponendo l’iscrizione degli aventi diritto negli
elenchi dei lavoratori dell’agricoltura, il legislatore non ha creato
una condizione che si aggiunga a quella del rapporto di lavoro comune a
tutti gli altri prestatori d’opera, ma ha adottato una formalità per
l’accertamento della esistenza di tale rapporto. Anche se la
formulazione della norma impugnata può far sorgere qualche equivoco,
deve ritenersi però che gli elenchi costituiscono il mezzo di prova di
quel rapporto dal quale sorge il diritto del lavoratore, tanto che,
indipendentemente dalla iscrizione negli elenchi, l’interessato può
sempre provare il suo diritto all’assistenza previdenziale esibendo una
attestazione del servizio contributi unificati.
Invece, secondo la difesa del Carloni, sarebbe irragionevole la
disparità di trattamento fra lavoratori dell’industria e lavoratori
dell’agricoltura. A termini della norma impugnata, il diritto alla
prestazione previdenziale sarebbe condizionato alla iscrizione
nell’elenco, o quanto meno, alla presentazione del certificato. La
iscrizione avrebbe pertanto carattere di atto amministrativo di
accertamento costitutivo e non semplicemente dichiarativo e sarebbe
quindi un requisito attinente alla esistenza del diritto e non alla
modalità della prova. La questione di costituzionalità prenderebbe
inoltre rilievo – sempre secondo la difesa del Carloni – in relazione
ai principi affermati dalla Cassazione che, non è possibile
prescindere dal momento in cui acquistano validità gli elenchi, e che
inoltre nel caso di rilascio di certificato provvisorio, il diritto
alle prestazioni decorre dalla data di tale rilascio. Il certificato,
dunque, avrebbe valore costitutivo, determinando il diritto dal momento
in cui viene rilasciato e non potendo sanare i casi di malattia
precedenti al rilascio pur quando sussista il presupposto del rapporto
di lavoro assicurabile ed assicurato. Questa sola differenza porrebbe
in evidenza la sostanziale discriminazione a danno dei lavoratori
agricoli, perché, fra l’altro, in tal modo restano fuori tutti i casi
urgenti di malattia in cui il lavoratore non ha materialmente il tempo
di munirsi del certificato.
La stessa difesa contesta, infine, l’affermazione di parte avversa
che l’attuale disciplina legislativa attui un trattamento più
favorevole per i lavoratori agricoli.
1. – L’ordinanza di rimessione, dopo aver premesso che per i
lavoratori dell’industria il diritto all’assistenza mutualistica per
malattia sorge al momento dell’inizio del rapporto di lavoro, e per il
solo fatto della sussistenza di un vincolo di subordinazione, mentre
per i dipendenti delle imprese agricole l’art. 4 del D.Lg.Lgt. 9 aprile
1946, n. 212, dispone che lo stesso diritto sorge con la iscrizione
negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, e
decorre dalla data di validità degli elenchi medesimi, impugna questa
norma per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione; la impugna
sia sotto il riflesso del diverso trattamento derivante dalla
iscrizione negli elenchi anagrafici, sia perché la decorrenza della
assistenza malattia dalla data di validità degli elenchi stessi priva,
per un certo periodo di tempo, il lavoratore della assistenza garantita
dall’art. 38 della Costituzione.
La questione non è fondata.
A differenza di quel che avviene nel settore industriale, nel quale
i rapporti fra datori di lavoro e lavoratori sono relativamente
continui e stabili, l’attività dei lavoratori in agricoltura è, per
lo più, discontinua, legata a pluralità di rapporti con datori di
lavoro diversi, e tale da rendere difficile la costituzione della
posizione assicurativa di ogni singolo lavoratore. Questo particolare
stato di cose, dipendente anche dalle speciali esigenze
dell’agricoltura, e dalla stessa struttura delle aziende, specie in
alcune zone del territorio nazionale, ha posto il problema
dell’accertamento della effettiva qualità di lavoratore agricolo,
anche ai fini di evitare possibili frodi. E tale problema il
legislatore ha risolto con la formazione di elenchi di lavoratori
agricoli aventi diritto alla assistenza malattia. Questi elenchi sono
compilati per ciascun comune dagli uffici provinciali dell’ispettorato
per i contributi unificati in agricoltura, sono sottoposti all’esame di
commissioni comunali, sono pubblicati negli albi del comune e
periodicamente aggiornati con elenchi suppletivi contenenti le
variazioni e sottoposti a revisione generale ogni cinque anni (artt. 4
e 12 del R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, con le modifiche apportate
dall’art. 4 del D.L. 8 febbraio 1945, n. 75, e dall’art. 4 del D.L. 7
novembre 1947, n. 1308): il sistema risponde perciò a principi di
razionalità.
Dunque, la differente situazione fra lavoratori dell’industria e
lavoratori in agricoltura, sia rispetto alla organizzazione delle
imprese, sia rispetto ai presupposti del diritto alla assistenza
mutualistica, giustifica la diversa disciplina legislativa. Per altro,
in un sistema previdenziale assai vasto quale è quello istituito a
favore di tutti i lavoratori dipendenti, una uniforme regolamentazione,
che non tenesse conto di tali differenze, violerebbe, sotto l’aspetto
contrario, il principio di eguaglianza.
2. – Riconosciuta la legittimità degli elenchi anagrafici, va
osservato che le norme speciali sulla validità di essi e sull’inizio
della assistenza mutualistica sono conseguenza diretta del sistema e
trovano piena giustificazione per il fatto che gli elenchi valgono a
provare la qualità e la quantità del lavoro effettuato ai fini delle
prestazioni dell’assicurazione malattia. Infatti, a tali fini, i
lavoratori agricoli sono distinti in varie categorie (salariati fissi,
braccianti, partecipanti permanenti, abituali, occasionali, od
eccezionali, coloni e mezzadri); e sono considerati braccianti agricoli
soltanto quei lavoratori che dedicano ai lavori agricoli più di 51
giornate all’anno (art. 3 del D.Lg.Lgt. n. 212 del 1946).
L’ordinanza, però, ritiene che l’art. 4 del D.Lg.Lgt. n. 212 del
1946 violi il principio fissato nell’art. 38 della Costituzione
disponendo che il diritto alle prestazioni sorga con la iscrizione
negli elenchi e decorra dalla data di validità degli stessi. Quale
che sia l’espressione usata dalla legge, appare certo che il diritto
alle prestazioni sorge in ogni caso dalla situazione di lavoratore
subordinato, mentre gli elenchi assolvono la funzione specifica di
fornire la prova della sussistenza di tale diritto. Si può aggiungere
che il cosidetto automatismo dell’assicurazione malattia di tutti i
lavoratori, sancito dall’art. 11, terzo comma, della legge 11 gennaio
1943, n. 138, è garantito anche per i lavoratori in agricoltura,
perché, anche per costoro, si prescinde dalla costituzione della
posizione assicurativa e dal pagamento effettivo dei contributi dovuti
dal datore di lavoro. Ma al concetto di automatismo è estraneo il
principio che le prestazioni siano dovute in conseguenza del solo
rapporto di lavoro e non possano essere invece subordinate
all’esistenza di altre condizioni, come quella relativa alla data di
validità degli elenchi; data che del resto il lavoratore può
anticipare richiedendo il certificato di cui al quarto comma della
norma impugnata.
3. – Quanto a tale comma, ritiene la Corte che neppur esso, nella
parte in cui dispone che il diritto alle prestazioni decorre dalla data
del certificato, sia viziato di illegittimità per violazione dell’art.
38 della Costituzione. È certo che il rilascio del certificato
attestante che il lavoratore possiede i requisiti occorrenti per
l’ammissione alle prestazioni di malattia può avvenire immediatamente
e – qualche volta – dopo un certo tempo. Ma è eccezionale il caso che
l’insorgere della malattia coincida con l’inizio del lavoro, sicché
l’interessato ha tutto il tempo per regolarizzare la sua posizione
assicurativa. La legge appresta quindi il mezzo idoneo perché al
lavoratore sia assicurata l’assistenza. Ché, se poi si verificano
ritardi nel rilascio del certificato per colpa del servizio degli
uffici dei contributi unificati, oppure per inerzia dell’interessato,
tali ritardi spostano la questione in altro campo e non possono essere
assunti a motivo di illegittimità costituzionale della norma.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4 del D.Lg.Lgt. 9 aprile 1946, n. 212 (assistenza malattia ai
lavoratori agricoli), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 38 della
Costituzione dall’ordinanza del tribunale di Terni del 12 novembre
1968.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 giugno 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.